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Politicizzazione della scienza: anno nuovo vita nuova.

Un autentico sasso nello stagno quello lanciato da Daniel Sarewitz dalle pagine di Nature, tempio della comunicazione scientifica mondiale. L’argomento è tutto nel titolo:

 

Science must be seen to bridge the political divide (La scienza deve essere intesa come ponte per le divisioni politiche).

 

Cosa che, ovviamente, non è. Anzi, lui la definisce un affare dei Democratici, non una cosa democratica, nel senso che ormai, negli ultimi decenni, negli USA come nel resto del mondo (almeno quello in cui sono tangibili e sottoposti al regime dell’alternanza indirizzi politici ascrivibili ai modelli concettuali di destra e sinistra), la scienza, specie con riferimento alle grandi organizzazioni scientifiche, ha deciso di essere in larga parte schierata a sinistra, fondendo pericolosamente l’aspetto ideologico con quello scientifico. Con grave danno, egli dice, per l’autorevolezza del messaggio scientifico. Intendiamoci, lo stesso sarebbe stato, naturalmente, se fosse stata “preferita” l’altra parte, ma questo semplicemente non è accaduto.

E non perché lo dica Sarewitz, che in fondo esprime un’opinione esponendosi al rischio di un proprio condizionamento politico e ideologico, quanto perché lo dicono numeri non suoi ma di altri che si sono occupati dello stesso problema.

Ce li mostra Roger Pielke jr, il più veloce a commentare Sarewitz sul suo blog, ripescando un suo articolo del 2009 in cui si era preso la briga di contare quanti editoriali critici fossero stati pubblicati su Bush durante i suoi due mandati e quanti su Clinton durante i suoi: risultato, 40 a 1. Aggiornando il conto al primo mandato di Obama il conto delle critiche è zero, ma in compenso ce ne sono stati tre di apprezzamento.

 

Questo per i media scientifici ma generalisti. Se ci si sposta nel mondo dei social media, giovani ma ormai di gran lunga più potenti, lo sguardo a sinistra è ancora più evidente, come documentato efficacemente in un paper recente la cui immagine (qui sotto) mette a confronto le risposte a quesiti riguardanti un’auto diagnosi del proprio indirizzo politico concesse da membri dell’AAAS (American Association for the Advance of Science) da un lato e dal pubblico dall’altro.

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A chi giova tutto questo? Al pensiero di gruppo senz’altro, già di per se’ contrario al concetto di scienza, che però non si accorge o magari se ne accorge ma gradisce, di essere diventato addirittura un “pensiero raggruppato”, cioè di rifiutare per ideologia e non per contenuti scientifici opinioni difformi e di vedere per contro le proprie posizioni parimenti rifiutate per le stesse ragioni. Con grave nocumento, naturalmente, per la credibilità del messaggio scientifico in generale.

Infatti, dice Sarewitz, nel passato l’attenzione alla scienza, misurabile con le risorse ad essa rese disponibili, non ha visto oscillazioni collegabili a diverse fasi politiche, quanto piuttosto a periodi di alta o bassa disponibilità delle stesse, in modo assolutamente bipartisan.

 

Per cui, non è dato sapere, ad esempio, perché dozzine di premi nobel debbano aver firmato una lettera di endorsement per uno dei candidati alle ultime presidenziali americane, lanciando al contempo anatemi al suo avversario (non vi dico chi è chi ma mi sembra chiaro). Forse che uno scienziato che eccelle nel suo campo ha per questo automatica e insindacabile capacità di giudizio a prescindere dalle sue idee politiche? Mi pare improbabile, anche solo dando un’occhiata indietro alle magre figure fatte dalla “scienza ufficiale” dell’IPCC, colta a pescare a piene mani negli ambienti altamente ideologicizzati delle multinazionali dell’ambiente. Né pare possibile se si ricorda che il Co-Chair dell’IPCC ha apertamente dichiarato di intendere i summit climatici, che dovrebbero indirizzare le policy sui risultati scientifici, siano da intendere come strumenti per redistribuire la ricchezza sul Pianeta.

 

Roger Pielke jr però, come del resto Judith Curry che ha a sua volta commentato questo articolo di Nature, pur vedendo con favore il fatto che questo problema sia stato sollevato su una testata scientifica così importante, è piuttosto disilluso circa il fatto che questo possa aprire un dibattito o avere alcun effetto, perché dal punto di vista di chi è schierato, l’appartenenza al gruppo è una cosa positiva, non negativa, perciò è necessario esserlo ancora di più e se possibile crescere di numero, per difendere ancora meglio le proprie posizioni, anche se questo è un suicidio. L’esempio viene dalle scienze sociali, che Sarewitz descrive come storicamente invise alla componente Repubblicana, che avrebbero avuto risorse molto limitate e potrebbero averne ancora meno se si dovesse diffondere la convinzione che queste supportano l’opposta fazione politica.

Sicché, come accaduto durante la guerra fredda, quando sono stati cercati canali di comunicazione alternativi per avvicinare le parti, la scienza potrebbe e dovrebbe dare l’esempio per ammorbidire le opposte posizioni dimostrando la sua assoluta imparzialità invece di sposare le tesi e sostenere chi accentua le divisioni.

 

Fin qui, tutto quello che succede oltre oceano. E da noi? Mi piacerebbe sapere cosa ne pensano i lettori di CM. Potremmo anche scoprire che è tutto vero…Mi raccomando però, mi interessa il vostro pensiero sull’argomento, non la vostra posizione politica, alla quale del resto avremo tutti presto l’occasione di dare costrutto.

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Published inAttualità

12 Comments

  1. Piero Iannelli

    DUNQUE il concetto è chiarissimo..:..Co-Chair dell’IPCC ha apertamente dichiarato di intendere i summit climatici, che dovrebbero indirizzare le policy sui risultati scientifici, siano da intendere come strumenti per redistribuire la ricchezza sul Pianeta.

    In linea trovo un’altra chicca.
    “Non importa se la scienza del riscaldamento globale è tutta un falso …i cambiamenti climatici offrono la più grande opportunità di portare giustizia e uguaglianza nel mondo.”
    Christine Stewart, ex ministro canadese dell’Ambiente

    http://scienceandpublicpolicy.org/policy.html

    /———/

    Importante è saperlo .
    Le aziende ne stanno prendendo atto chiudendo o delocalizzando.

  2. La Scienza non dovrebbe mai essere politicizzata e dovrebbe essere sempre indipendente dalla politica. La politica non dovrebbe interferire con la Scienza e viceversa. Il motivo è molto semplice: la Scienza non è democratica. La Terra orbita intorno al Sole e la realtà dei fatti non può cambiare se la gente crede il contrario o se il contrario facesse comodo al capo-popolo di turno, lo stesso vale per ogni altro ambito scientifico: la realtà oggettiva rimane realtà oggettiva, quindi non può essere politizzata.
    Ciò che vedo, specialmente nei campi della genetica, della climatologia e della biologia, è molto preoccupante.

  3. Anna

    Uno dei numerosi esempi estremi di come pregiudizi di carattere ideologico e/o di appartenenza politica siano incompatibili con lo sviluppo del pensiero scientifico è rappresentato da Lysenko, commissario della biologia sovietica. Uomo di scadenti capacità scientifiche, ma riconosciuto come un’autorità dal potere politico impedì lo sviluppo della genetica fino alla fine degli anni ‘50 ostinandosi a non riconoscere, su base esclusivamente ideologica, l’esistenza del DNA e a perseguitare chiunque si discostasse dalla linea di pensiero “politicamente corretta”. Ricordare ai giovani studenti di oggi episodi che hanno segnato in modo così pesante la storia della biologia potrebbe forse far riflettere sulla necessità della libertà di ricerca e indipendenza della scienza.

  4. Alvaro de Orleans-B.

    Proviamo a fare un passo indietro per ampliare la prospettiva.

    Come specie animale, il nostro principale attributo per sopravvivere è la ragione, ma non è istintiva: la dobbiamo applicare coscientemente.

    Applicandola, abbiamo fatto progressi straordinari e negli ultimi due secoli stiamo accelerando, tessendo un rete di disponibilità energetica e di comunicazione inimmaginabile per i nostri avi.

    Uno dei risultati concreti è che in un paio di generazioni siamo aumentati da due a oltre sette miliardi di persone e in media vivono tutte molto meglio e più a lungo.

    Questo “miracolo” ha un nome: il ciclo della ricerca e innovazione — l’uso di risorse per generare nuova conoscenza e l’uso di questa nuova conoscenza per generare nuove risorse.

    Ma questo miracolo NON si conserva da solo: pur così avanzata, la nostra società moderna è forse ancor più suscettibile — epistomologicamente corruttibile, per la precisione — di perdere la comprensione delle fondamenta del suo progresso, dandole per scontate.

    A queste fondamenta dovremmo prestare sempre più attenzione, studiarle e proteggerle come la vera ma mai scontata origine del nostro benessere…

    Oppure, possiamo non farlo e subirne le conseguenze — alla fine, la Realtà si imporrà sempre e determinerà la nostra sorte.

    Politicizzare la scienza è una pratica ragionevole, per aumentare le risorse a sua disposizione.

    Politicizzarne i risultati è irragionevole, perché spezza il ciclo della ricerca e innovazione — nessuno rischierà l’uso di una conoscenza “contaminata” per applicarla produttivamente.

    Se insistiamo ciecamente ci aspetta la fame…

  5. Nota per il moderatore:
    Eviterò di perdere altro tempo con i politicamente corretti.
    Per I miei non commenti non c’è bisogno di moderatori.

  6. donato

    Io, in linea di massima, concordo con quanto ha scritto flavio nel suo commento: l’ambiente scientifico tende a schierarsi con chi gli consente di continuare a fare ricerca e, quindi, con chi distribuisce i finanziamenti al suo particolare settore di ricerca. Debbo aggiungere, però, che noto un certo sbilanciamento a favore delle posizioni cosiddette progressiste in alcuni settori del mondo della ricerca. Credo, comunque, che non si possa generalizzare e, per quanto mi riguarda, al di fuori di quei settori della ricerca scientifica che, per loro natura, sono piuttosto ideologizzati (penso, per esempio, a quelli collegati alle scienze ambientali da un lato, ed a quelli collegati al settore energetico tradizionale, dall’altro), noto una produzione scientifica piuttosto equilibrata sotto il punto di vista delle opposte ideologie. Il ricercatore italiano, in altre parole, lo vedo più come un equilibrista intento a districarsi tra burocrazia, difficoltà economiche, logistiche e di altra natura che come un costruttore di ponti o un terrazziere impegnato a scavare fossati: probabilmente i ricercatori USA se la passamo meglio di quelli nostrani per cui possono dedicare più tempo agli aspetti ideologici della loro attività. 🙂
    Ciao, Donato.

    • flavio

      veramente io quella divaricazione la mettevo a monte, al momento della scelta di dedicarsi alla ricerca e alla motivazione che spinge a quella scelta

      per cui dei vegani non si dedicheranno a ricercare razze bovine più produttive, ed altri convinti che l’unica prevenzione possibile per le malattie veneree sia la castità cercheranno in ogni modo di ostacolare la ricerca sui contraccettivi, e parimenti i partiti e le organizzazioni che propongono la diffusioni dei preservativi

      “al di fuori di quei settori della ricerca scientifica che, per loro natura, sono piuttosto ideologizzati”
      …e potresti indicarmene uno che non lo è?

      e, riguardo ai ricercatori italiani, beato te
      io credo invece che alla gran parte di loro non importi proprio niente di espandere le conoscenze, o migliorare la condizione dell’umanità, e non perderebbero un’ora per buttare a mare uan ricerca per il vaccino contro l’aids o un superconduttore a temperatura ambiente di fronte all’offerta di un posto a tempo pieno ed indeterminato da bidello o impiegato al catasto

    • Io credo invece che con questi giudizi senza appello non si va lontano!
      gg

    • flavio

      non sono giudice, è solo una mia opinione

      magari c’è qualche recondito motivo per cui le televisioni preferivano dare spazio a quei ricercatori che salivano sui tetti per protestare contro il mancato rinnovo dei loro contratti a termine al tempo della riforma gelmini piuttosto che ad altri che scrivevano articoli contro l’abbattimento degli alberi geneticamente modificati della tuscia o il taglio dei fondi ad ignitor, ma la mia mente limitata ritiene che il più probabile sia semplicemente che i primi siano migliaia, se non decine di migliaia, mentre i secondi si contino facilmente sulle dita delle mani

      …pronto, e felice, di essere smentito dai fatti

  7. Luigi Mariani

    Quando si fa scienza ci si dovrebbe a mio avviso mettere in un certo atteggiamento di spirito per delineare il quale non citerò per una volta Galileo (anche se vi sarebbero parecchie sue cose utili allo scopo) ma il Machiavelli (che per inciso era uno scienziato della politica) della lettera a Francesco Vettori: “Venuta la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; e in sull’uscio mi spoglio quella veste cotidiana, piena di fango e di loto, e mi metto panni reali e curiali; e rivestito condecentemente, entro nelle antique corti delli antiqui huomini, dove, da loro ricevuto amorevolmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch’io nacqui per lui; dove io non mi vergogno parlare con loro e domandarli della ragione delle loro azioni; e quelli per loro humanità mi rispondono; e non sento per quattro hore di tempo alcuna noia, dimentico ogni affanno, non temo la povertà, non mi sbigottisce la morte: tutto mi transferisco in loro.” (http://it.wikisource.org/wiki/Lettere_%28Machiavelli%29/Lettera_XI_a_Francesco_Vettori)

    Mutatis mutandis penso allora che far scienza significhi far parlare i dati e ricercare la verità (limitata, parziale, controvertibile fin che vogliamo) in essi racchiusa. Tutto ciò infischiandosene del fatto che il frutto delle tue indagini possa essere poi utile al petroliere o all’ecologista, al governate di destra o di sinistra o di centro. Altrimenti si finisce non solo ad adottare interpretazioni dei dati parziali o false ma addirittura a taroccare i dati stessi (ed in effetti di casi del genere ne abbiamo visti negli ultimi anni…).

    Da questo punto di vista i dati riportati in questo post sono preoccupanti perché pongono di nuovo un problema deontologico ben preciso che poi rimanda alla famosa affermazione di Stephen Schneider (buonanima) sugli “scary scenarios” (http://en.wikipedia.org/wiki/Stephen_Schneider).

    Concludo osservando che è quantomeno curioso che un giornale come Nature, che della politicizzazione del global warming ha fatto negli scorsi anni una vera e propria bandiera, pubblicando articoli a senso unico, lanci ora l’allarme nei confronti della politicizzazione della scienza. Sta cambiandolo linea del giornale? Si stanno forse accorgendo – alleluia – che la green economy (Zapatero docet) è un’enorme bolla speculativa che dilapida risorse e produce disoccupazione?

  8. Non esistono ponti per collegare chi vuole diffondere l’ignoranza per i suoi calcoli di potere.
    Chiedetevi cosa può avere di scientifico la “decrescita felice”.
    E che affidamento possono dare gli architetti laureati con il 6 o 18 politico.
    Per non parlarte poi di coloro che, nonostante abbiano sotto il naso il grafico sotto riportato, continuano a parlare e pretendono di farci spendere inutilmente delle preziose risorse economiche per la riduzione della CO2.
    http://1.bp.blogspot.com/-HQCJE7CYY3o/UHnd4x_Z8TI/AAAAAAAAAZI/ibE693C7w30/s1600/Global+Warming+italiano.JPG
    Per non parlare poi della produzione d’energia elettrica “democratica” per eccellenza: la fotovoltaica che sta sottraendo fior di miliardi di euro ogni anno al bilancio delle famiglie e delle imprese.
    Niente e nessuno potrà convircermi di essere eccessivo quando affermo:
    Siano stramaledetti in eterno i deficienti della […] italiana responsabile prima della fermata del programma nucleare italiano e poi delle politiche folli sullo sviluppo delle rinnovabili.
    Chi si illude vi possano essere ponti di collegamento è bacato al pari dei […].

    ————–
    Commento moderato. Cerchiamo di darci una calmata. Il prossimo lo cancello del tutto.
    Admin

  9. flavio

    “fondendo pericolosamente l’aspetto ideologico con quello scientifico”

    è una relazione biunivoca che si avvita

    se una parte politica blocca la ricerca sulle cellule staminali quei ricercatori appoggeranno l’altra e viceversa chi si oppone, in particolare per motivi religiosi, tenderà maggiormente a concentrarsi sulla teologia

    negli usa sono attivi vari movimenti creazionisti con ampio seguito di popolazione
    e l’ipcc segue convenientemente quel solco

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