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Ai nastri di partenza una nuova fase climatica? – Parte II

Con il precedente articolo abbiamo osservato gli andamenti dell’anomalia della temperatura globale, l’anomalia della copertura nevosa dell’emisfero nord negli ultimi quattro mesi e l’anomalia della copertura nevosa in zona euroasiatica a partire dal 1967.

 

La temperatura globale a partire dal 1880 (inizio serie del dataset dell’NCDC) ha subito due aumenti importanti, il primo tra il 1912 e il 1944 (32 anni) e il secondo tra il 1977 e il 1998 mantenendosi tale fino al 2010 (33 anni). Tra il 1944 e il 1977 (33 anni) si è invece osservato un periodo in cui le temperature hanno subito una lieve flessione. Per quanto riguarda la copertura nevosa in zona euroasiatica abbiamo osservato una tendenza netta alla diminuzione dal 1967, inizio serie, fino al 1990-1991. A seguire, pur rimanendo sostanzialmente sotto media, si è registrata una tendenza ad una timida ripresa.

01_copertura_nevosa_nam

 

Il 2007 sembra essere l’anno della svolta. Infatti a partire da quella data la copertura nevosa è andata crescendo in maniera vertiginosa e già nel 2009 aveva superato il valore medio portandosi nell’ultimo inverno (2012-2013) ad un dato sorprendente di anomalia positiva. Comparando i dati del nord America con gli andamenti riferiti all’eurasia e alla loro sommatoria, come da figura 2, possiamo fare alcune evidenti riflessioni.

 

02_copertura_nevosa_nam_euroasiatica

 

Per prima cosa si nota la buona correlazione positiva (R=0,625) tra gli andamenti delle due macro zone. Ciò testimonia che le fasi di contrazione o estensione della copertura nevosa sono governate da fenomeni almeno di tipo emisferico e praticamente quasi mai ad esclusiva causa regionale. La linea rossa rappresenta la sommatoria delle due variabili che dimostra che la sensibilità emisferica della copertura nevosa è in massima parte attribuibile alle vicende euroasiatiche.

 

Secondariamente si evidenza come l’aumento della copertura nevosa sia partito in anticipo in nord america ma si consolida a partire dal 2007 quando anche il continente euroasiatico inverte il trend con un rapido incremento.

 

La terza riflessione è quindi conseguenza delle precedenti e soprattutto della prima, ovvero, sembra evidenziarsi un cambio nella circolazione generale a livello emisferico. Questa affermazione, sia pur in veste attuale di puro sospetto e che quindi approfondiamo, ci è fornita proprio dalla diversa anomalia riguardante i due continenti. Spieghiamo meglio: se da un lato si evidenzia una ottima correlazione sugli andamenti si osserva una netta differenza sulle anomalie di tendenza in senso assoluto. Dalla figura 3 possiamo osservare l’andamento della variazione della copertura nevosa rispetto l’anno precedente e si osserva come la linea blu inerente il continente nord americano oscilli in maniera molto più regolare lungo la linea della media climatica mentre la zona euroasiatica presenta una variazione molto più accentuata.

 

03_variazione_annuale_copertura_nevosa_nam_eurasia

 

Da ciò deriva l’attribuzione al continente euroasiatico di un peso maggiore nella variazione complessiva delle anomalie di copertura nevosa. Ovviamente tale variazione non dipende dalla diversa estensione dei due continenti (nettamente maggiore l’euroasiatico) in quanto i dati elaborati si riferiscono alle anomalie di ciascuna zona e non del totale assoluto per area. Quanto evidenziato ci suggerisce un’altro elemento, ovvero il fronte polare evidenzia delle oscillazioni latitudinale maggiori rispetto al continente nord americano. Per accertarci di quanto sospettato dobbiamo avvalerci delle mappe di reanalisi dell’NCEP a cui faremo riferimento concentrando la nostra attenzione alla quota isobarica di 500hPa con riferimento all’altezza di 5550 metri. Per prima cosa selezioniamo dei periodi che rappresentano una certa omogeneità di tendenza così come evidenziati in figura 4 e riassumibili in:

 

  • 1967-1975 (periodo con anomalie positive);
  • 1976-1991 (periodo con anomalie negative crescenti);
  • 1992-2007 (periodo con anomalie negative decrescenti);
  • 2008-2012 (periodo con anomalie positive).

 

 

04_anomalia_copertura_nevosa_nam_euroasiatica

 

Tra l’altro notiamo che il periodo contrassegnato da anomalie negative ha avuto una durata di circa 32 anni. I dati a disposizione sono veramente pochi per cercare di individuare frequenze di medio e lungo periodo comunque teniamo conto di una apparente frequenza di circa un sessantennio.

 

Fissiamo il periodo con la massima tendenza all’anomalia negativa ovvero il periodo compreso tra il 1992 e il 2007, così come da figura 5.

 

05_GPH500hPa_posizione isoipsia5500

 

Le linee blu, verde, rossa e viola rappresentano la posizione della pressione di 500hPa all’altezza geopotenziale di 5550 metri riferite rispettivamente ai periodi sopra indicati. Si nota abbastanza agilmente come le massime variazioni si registrino proprio sul continente euroasiatico con uno spostamento latitudinale tra i periodi 1967-1975 e 1992-2007 di circa 4° con la posizione più bassa raggiunta nel primo periodo. L’oscillazione più ampia si registra proprio nel Mediterraneo centrale con uno spostamento in latitudine di circa 500Km su una media nel resto del continente euroasiatico di circa 400Km. Anche il lato nord americano ha una variazione simile ma interamente a carico della metà occidentale in quanto la parte orientale ha subito delle oscillazioni quasi impercettibili. Altro luogo dove si possono registrare delle variazioni più importanti sono nella zona del Pacifico settentrionale e segnatamente nord orientale.

 

Probabilmente è il fattore che induce a quei cambiamenti di circolazione che poi alterano la circolazione regionale del nord Pacifico con l’innesco delle variazioni conosciute e rappresentate dall’indice PDO. Il periodo 2008-2012 ha assunto una posizione molto simile a quella raggiunta nel periodo 1976-1991 ma con la differenza che il primo periodo ha guadagnato latitudine rispetto al 1992-2007. Il periodo 2008-2012 evidenzia una lieve perdita di latitudine sul lato asiatico mentre si evidenzia una perdita di circa 2° di latitudine proprio nel Mediterraneo centrale. La perdita di latitudine nel comparto euroasiatico comporta due conseguenze. La prima legata all’aumento della copertura nevosa ben riscontrato dai precedenti dati, mentre la seconda rappresentata da un incremento della pressione al suolo dell’anticiclone siberiano causato dal conseguente raffreddamento di tutto il comparto interessato. Quest’ultimo fatto deriva dalla tipicità fisica di un anticiclone termico dal cuore freddo. Infatti queste strutture, tipicamente invernali, dovute al forte irraggiamento sono costituite da aria più fredda nella loro parte centrale rispetto a quelle circostanti e non si spingono oltre i 2-3000 metri di quota. In queste condizioni la circolazione anticiclonica si attenua con la quota fino a diventare ciclonica.

 

La conferma di quanto appena affermato la possiamo riscontrare nel grafico in figura 6 che vede l’ottima correlazione positiva (R=0,86) tra la copertura nevosa in zona euroasiatica e la pressione al suolo in area asiatico-siberiana.

 

06_Anomalia_copertura_nevosa_SLP_asiatica

 

In conclusione di questa seconda parte del nostro articolo possiamo già abbozzare una ipotesi suffragata dai dati fin qui analizzati circa l’incipiente avvio di un cambio di circolazione che i dati esaminati vanno palesando. Sembra in atto un inizio di abbassamento latitudinale del fronte polare che causa una maggiore ingerenza dei fronti perturbati nelle medie latitudini. In particolare nella zona euroasiatica si associa alla flessione dei geopotenziali un netto aumento della pressione al suolo risalente all’anticiclone termico asiatico ed un incremento delle precipitazioni nevose.

 

Nel nostro terzo e ultimo articolo esamineremo con più attenzione la variabile anomalia della temperatura globale cercando di capirne l’evoluzione.

 

(continua)

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Published inAttualitàClimatologia

3 Comments

  1. donato

    Articolo molto interessante e ricco di spunti di
    riflessione. L’elemento che maggiormente mi ha colpito è
    rappresentato dalla durata del periodo caratterizzato da anomalie
    negative della copertura nevosa nord eurasiatica: 32 anni. Questo
    numero, ultimamente, è notevolmente ricorrente qui su CM. 🙂 Ieri
    Franco Zavatti, nel suo post, ha individuato nel record delle
    temperature strumentali ed in quello delle TSI delle variabilità
    caratterizzate proprio da una periodicità di 32/33 anni. Stesso
    periodo è stato individuato da C. Colarieti Tosti nel suo post a
    partire dal 1912 (32 anni di aumento di temperatura, 33 anni di
    diminuzione o staticità e 32 anni di aumento). Sarà una
    coincidenza, ma il periodo di 32 anni in cui la copertura nevosa ha
    manifestato un’anomalia negativa quasi coincide con quello
    caratterizzato da temperature in crescita . Avendo a che fare
    continuamente con i numeri sono perfettamente consapevole che, a
    volte, si verificano ricorrenze particolari frutto di pura
    casualità, però, mi è piaciuto sottolineare questa coincidenza
    numerica nei periodi di tre grandezze (TSI, temperature e copertura
    nevosa) cui sono arrivati indipendentemente due diversi
    osservatori. Ciao, Donato.

    • Donato, aspettavo questo commento. Sono curioso di sapere cosa ne pensa Franco. E il meglio, cioè la terza parte, deve ancora venire. Lì troveremo i punti di raccordo con molte delle discussioni e delle analisi fatte su CM. Dagli shift di cui parla spesso Luigi Mariani, alle periodicità individuate da Franco Zavatti nei dati NOAA, per finire con le forzanti planetarie di Nicola Scafetta. Grande assente, la CO2. Vabbe’, non se ne sentirà la mancanza.

    • Che cosa ne penso? Quello che scrive Donato, compreso il
      suo “warning” sulla numerologia. Comunque questi 30 anni si sentono
      nominare troppo spesso, sia da sviluppi teorici che da osservazioni
      anche estemporanee come quella del mio post, dove ho elencato un
      po’ di “cose” a 30 anni. Anche nella fig.4 di questo post di Carlo,
      nelle bande gialla e avana, di 30 anni complessivamente, vedo
      qualcosa che mi ricorda il cammino del Sole (della Terra, ovvio)
      dal nodo discendente o punto Omega al nodo ascendente o punto
      Gamma, passando per il solstizio d’inverno, cioè, nel nostro caso,
      per il minimo della copertura nevosa. Come scrive Carlo, abbiamo
      pochi dati per qualsiasi conclusione però l’idea della ciclicità mi
      è venuta ugualmente. Aspetto con ansia la terza parte. Tutto questo
      mi rende sempre più perplesso sulla mancanza del periodo di 30 anni
      nei dati noaa. Ah, Guido, non commettiamo lo stesso errore dei
      “warmisti”: io la mancanza di CO2 la sentirei eccome perchè non
      voglio “vivere” (si fa per dire) a una temperatura media di 18
      gradi sotto zero! Anche un eccesso mi va bene e quello di cui non
      sento la mancanza è la ben nota associazione.:-) (per la prima
      volta in vita mia ho provato a giocare con le faccine, spero di
      aver fatto bene). Franco

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