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Clima e catastrofi, tira vento di cambiamento…

Alcuni giorni fa abbiamo rilanciato un articolo uscito sull’Economist che con molto equilibrio ha messo in chiaro quale sia lo stato dell’arte della conoscenza in materia di sensibilità climatica, cioè di quell’aspetto cruciale della scienza del clima con cui si dovrebbe quantificare la resilienza del sistema al forcing delle attività umane. La sensibilità climatica è infatti definita come il riscaldamento atteso in ragione di un raddoppio della concentrazione di CO2 rispetto al periodo pre-industriale.

 

Come forse noto, le stime dell’IPCC coprono un range che va da 1,5 a 4°C, con il valore più probabile attorno a 3°C. Già l’ampiezza della forchetta la dice lunga su quanto sia ancora elevata l’incertezza su questo aspetto fondamentale, ma questo non ha impedito al circo clima-catastrofista di fissare in base al famoso quanto assai poco scientifico principio di precauzione il limite massimo del riscaldamento sostenibile dal sistema in 2°C, promuovendo tutta una serie di ancora meno scientificamente solide azioni di mitigazione per limitare eventuali danni indotti da un problema che, evidentemente, si conosce molto poco.

 

Ora sta per uscire il 5° report dell’IPCC e ci sono elevate probabilità che vi siano inseriti i risultati di una serie di studi recenti e scientificamente robusti che puntano decisamente verso una sensibilità climatica più bassa, ovvero molto prossima al valore più basso della forchetta che abbiamo indicato poche righe fa.

 

Accade così che qualcuno stia rivedendo gradualmente le sue posizioni, nel tentativo di riconfigurarsi nei confronti di una discussione che sta prendendo una piega diversa da quella della catastrofe prossima ventura che soltanto pochi anni fa, appunto con l’uscita del 4° report IPCC, molti davano per scontata.

 

L’ultimo della serie è Geoffrey Lean, giornalista ambientale britannico di lunghissima militanza catastrofica. Il suo ultimo post si intitola così:

 

Global warming: time to rein back on doom and gloom?

Climate change scientists acknowledge that the decline in rapid temperature increases is a positive sign

 

Nel testo, che potete leggere interamente qui, tutte le perplessità di cui anche sulle nostre pagine discutiamo da anni e per le quali più di qualche pennuto catastrofista nostrano continua ad assegnarci epiteti di vario genere. Pur con il cronico ritardo che endemicamente caratterizza la nostra stampa – che magari però potrà ridursi grazie alle nuove tecnologie ed al traduttore automatico di google – attendiamo fiduciosi che la questione sia compresa anche dalle nostre parti. Non c’è fretta, facciano pure con comodo.

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