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Il Global Warming è vivo e lotta insieme a noi

Alcuni giorni fa è uscito sulle pagine di Meteoweb un articolo sulla scia di quelli che abbiamo publicato anche sulle nostre pagine negli ultimi tempi. L’argomento è l’inversione di tendenza che si sta notando sia sulla letteratura scientifica che sull’orientamento dei media in ordine ai temi del catastrofismo climatico.

 

Gli amici di Meteoweb, fanno notare come anche il quotidiano italiano più schierato sui temi del disfacimento climatico – La Repubblica – si sia accennato al pezzo dell’Economist sulla sensibilità climatica che ha praticamente dato il via ad un processo che potremmo definire di “mitigazione della preoccupazione”, così, tanto per restare in argomento.

 

Il periodo del pezzo su Repubblica che in apparenza meglio riassumerebbe questo cambiamento dell’orientamento è il seguente (neretto mio):

 

TRA il 2000 e il 2010 100 miliardi di tonnellate di anidride carbonica sono finite nell’atmosfera. Ma la “febbre” del pianeta è rimasta costante. La Terra resta più calda di 0,75 gradi rispetto a un secolo fa ma dal 1998 non ha registrato nessun aumento di temperatura, in barba a tutti i modelli climatici che prevedevano un riscaldamento continuo causato dall’effetto serra.

 

Per la verità, pur condividendo il commento uscito su Meteoweb, la parte che sento davvero di sposare senza riserve è la loro chiosa, perché ovviamente palesa un certo scetticismo:

 

[…] Oggi, però, siamo purtroppo convinti che basterà una normale ondata di calore tra qualche mese, nella prossima estate, per tornare a leggere sempre la solita solfa: moriremo di caldo, il pianeta è infuocato, la desertificazione avanza. E l’articolo [di Repubblica] del 10 aprile? Che importa, la gente ha la memoria corta…

 

Questo perché su Repubblica in realtà non c’è nessuna inversione di tendenza. Quella che si legge è piuttosto un’apertura di credito che potrebbe tornare utile in futuro qualora veramente dovesse essere necessario darsi una calmata. Nel frattempo, per non sbagliare, si forniscono un certo numero di luoghi comuni privi di riscontro scientifico e si riportano i risultati di un paper appena pubblicato nel quale si asserisce che il calore che non ha sufficientemente stimolato i termometri nel corso degli ultimi anni è in realtà negli oceani, più precisamente nello strato compreso tra la superficie e la profondità di 700 metri.

 

Andiamo con ordine. Tra i luoghi comuni troviamo innanzi tutto l’argomento ghiacci. Sono diminuiti, stanno diminuendo, questo è vero, ma, ahimè, il ghiaccio si scioglie a prescindere dalle cause del riscaldamento e se la CO2 in eccesso non riscalda l’atmosfera quanto dovrebbe secondo le previsioni, trovo difficile immaginare come questo calore possa essere passato dall’aria all’acqua, appunto senza palesarsi nell’aria. Poi arriva Sandy, alla quale si affibbia l’etichetta di “regalo dell’aumento dell’intensità degli uragani”. Sarà utile ricordare che che il consenso scientifico che piace tanto ai sostenitori dell’AGW sia orientato verso l’assenza di un segnale distinguibile di aumento dell’intensità e/o frequenza dei cicloni tropicali.

 

E così si arriva al mare, passando per un breve accenno al ruolo delle nubi, altro aspetto delle dinamiche del clima su cui regna l’oscurità, e a quello del Sole, su cui piuttosto regna l’oscurantismo.

 

Il paper cui Repubblica fa riferimento è questo:

 

Retrospective prediction of the global warming slowdown in the past decadeGuemas et al., 2013

 

Senza soffermarci troppo sulle “previsioni retrospettive” che testimoniano come “prevedere sia facile, soprattutto il passato”, nell’abstract c’è praticamente tutto il pezzo di Repubblica. Il core business di questo studio è come detto quello dell’attribuzione del mancato riscaldamento all’aumento della capacità di assorbire calore degli oceani. Quanto avrebbe dovuto scaldare l’atmosfera negli ultimi dieci anni (e non lo ha fatto), sarebbe dunque finito sott’acqua all’inizio del periodo, specie nelle porzioni tropicali degli oceani Pacifico e Atlantico, che avrebbero fatto il 65% del lavoro.

 

Bob Tisdale, su WUWT, ha pubblicato un paio di figure che messe in relazione con questi risultati lasciano alquanto perplessi. Si tratta neanche a dirlo del contenuto di calore di quelle porzioni di oceano per il periodo 2000-2010.

 

figure-1

figure-21

 

Per il Pacifico tropicale il trend del contenuto di calore nel periodo incriminato è negativo. Per l’Atlantico Tropicale è prima positivo e poi, dal 2005, piatto.

 

Ciò significa, sostanzialmente, che dopo aver “catturato” tutto il calore in eccesso all’inizio di questo misterioso periodo di assenza di aumento delle temperature, gli oceani avrebbero uno perso calore e l’altro non ne avrebbe né perso né guadagnato. Tutto ciò, se a qualcuno fosse sfuggito, mentre la CO2, il forcing antropico per eccellenza, continuava ad aumentare. Domanda, per gli autori di questo paper e per Repubblica. Nel recente decennio (ma noi sappiamo che in realtà è dal 1995) le temperature non sono aumentate perché l’oceano, nei primi giorni di bollore si è preso tutto il calore. Che fine ha fatto quello che in ragione della persistenza del forcing sarebbe dovuto arrivare dopo?

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Published inAttualitàClimatologia

7 Comments

  1. […] i due hanno ottenuto con un lavoro che evidentemente faceva molto comodo. In campo climatico invece i media si stanno finalmente accorgendo che la scienza è tutt’altro che definita, ma la strada è ancora lunga, molto […]

  2. donato

    Una volta tanto devo esprimere un parere critico su una parte di questo post: il secondo diagramma (quello relativo al contenuto di calore dell’Oceano Atlantico tropicale) dovrebbe essere letto dal 2000 (come quello del Pacifico equatoriale) e, in questo caso, dimostrerebbe che il contenuto di calore di questa parte dell’oceano è aumentato. Ad occhio mi verrebbe da dire che la pendenza del fit lineare del Pacifico e dell’Atlantico, grosso modo, sono uguali (a meno del segno, ovviamente). Si tratta di un dettaglio che, in termini globali, non modifica i termini della questione, però, mi sembra opportuno precisarlo per evitare le sciocche accuse di “scala mobile” che sono tanto care a Skeptical Science ed accoliti e/o emuli. 🙂
    Ciao, Donato.

    • Donato, ben venga la tua critica. Nel post, tuttavia, ho scritto che nella porzione di Oceano Atlantico cui si fa riferimento, il contenuto di calore è prima aumentato poi rimasto piatto. Gli autori del paper scrivono che la capacità degli oceani di assorbire calore, sarebbe aumentata all’inizio della fase di stasi delle temperature superficiali. Questa accresciuta capacità peró non si è tradotta in riscaldamento, nonostante il forcing. Continuo a non capire come funziona questo meccanismo. Forse con il post che pubblico domani capiremo qualcosa di più.
      gg

    • donato

      Difatti la critica non era rivolta al testo da te scritto, ma al diagramma ed, in particolare, alla didascalia in rosso che enfatizza solo la parte piatta del diagramma e non la parte chiaramente ascendente. 🙂
      Ciao, Donato.

  3. franco bacci

    Gentile Sig. Guidi

    in questo articolo di repubblica si continua a parlare,oltretutto, di ghiacciai artici che si sciolgono,che continuano a sciogliersi; ma dove sono dati seri ,recenti, che dimostrerebbero il loro progressivo scioglimento?
    Al nord se ne sono accorti?
    Qualche tempo fa,in questo 2013,in televisione,forse a giustificare l’attuale ormai passato inverno freddo,il solito “scienziato” televisivo,profetizzava un artico libero dai ghiacci ,con la modifica della corrente del golfo e con l’inevitabile conseguenza di inverni rigidi(come in quel famoso film…)
    Quindi secondo loro se ci sono inverni piu’ freddi è perche i ghiacciai si stanno sciogliendo ecc…
    Riguardo poi a cercare giustificazioni non scientifiche e non provate sul perche’ le temperature non sono aumentate come previsto ,lo trovo molto poco scientifico, poco serio e molto ideologico,quasi ridicolo.

  4. Filippo Turturici

    Ho da poco terminato la lettura di Stato di Paura, di Crichton. Scritto ormai un decennio fa, é ancora tremendamente attuale: miliardi di euro&dollari investiti in ricerca, non hanno risolto alcuno dei dubbi che continuano a “perseguitarci” da almeno 20 anni riguardo alla TEORIA dell’AGW; la quale rimane appunto una teoria; la quale rimane appunto con riscontri piuttosto blandi (per essere buoni) nel presente; ma nonostante ció, ambientalisti ed organizzazioni para-ambientaliste (piú o meno mascherate da consessi scientifici) continuano a richiedere fondi ed a emettere allarmi per auto-giustificarsi. In un decennio non é cambiato nulla, non fosse per la sbornia AGW del 2007 (report IPCC, premio nobel, risonanza sui giornali mondiali e fin nei programmi scolastici), ed il brusco risveglio attuale.

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