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La supercazzola fotovoltaica

La notizia è la seguente (Ansa):

Solare produce piu’ di quanto consuma

Bilancio positivo tra produzione e uso per costruire pannelli

ROMA – L’industria fotovoltaica mondiale ha raggiunto l’obiettivo di produrre piu’ energia di quanta ne viene consumata per fabbricare e installare i pannelli fotovoltaici. A dirlo e’ una ricerca della Stanford University pubblicata sulla rivista Environmental Science & Technology.Se cinque anni fa l’energia necessaria per costruire e mettere in funzione i pannelli era superiore al 75% rispetto a quella prodotta sfruttando il sole, secondo i ricercatori ora esiste una buona probabilita’ – superiore al 50% – che il fotovoltaico sia passato, nel 2012, a produrre piu’ di quel che consuma.Negli ultimi anni il mercato del fotovoltaico ha visto una crescita esponenziale. Secondo l’ultimo rapporto dell’European Photovoltaic Industry Association, l’anno scorso gli impianti hanno superato i 100 gigawatt di potenza installata nel mondo, attestandosi poco sopra i 101 GW, grazie a un incremento annuale annuale record intorno ai 30 GW registrato nel 2011 e nel 2012.Stando alla ricerca, se si proseguisse con un tasso di installazione elevato, l’industria fotovoltaica potrebbe ripagare il suo ”debito”, cioe’ il maggior quantitativo di energia consumata rispetto a quella prodotta negli anni scorsi e le conseguenti emissioni di Co2, tra il 2015 e il 2020.

 

Fino a ieri mi sembrava di aver capito che ogni KWh di corrente prodotta con le rinnovabili portasse ad un risparmio di emissioni. Se il bilancio è stato sin qui negativo qualcosa non torna, tralasciando il fatto che l’eventuale passaggio ad un bilancio positivo  è definito “probabile”. Infatti, andando a cercare l’articolo originale, si scopre che il discorso è parecchio più articolato.

 

 

Ve ne raccomando la lettura, tenendo presente che il break-even è stimato tra il 2006 e il 2015, per questo al 2012 si assegna un 50% di probabilità di averlo raggiunto. Il payback, sempre secondo le stime, dovrebbe durare fino al 2018 e, se continuano a scendere i costi di produzione dei sistemi FV, se continua a scendere l’energia necessaria alla produzione dei sistemi FV, al 2020 si potrà parlare di net-producer. Un po comica, ma tragicamente realista, la chiosa virgolettata dell’articolo di Science Daily:

 

Il tempo di payback dell’energia può anche essere ridotto installando pannelli FV in luoghi con risorse solari di alta qualità, come il deserto del sud-est negli Stati uniti e nel Medio Oriente. “Attualmente, la Germania ha circa il 40% del mercato installato, ma il sole in Germania non è un gran che, ” ha detto Dale [autore del paper] “sicché, dalla prospettiva del sistema, sarebbe meglio sviluppare sistemi FV dove c’è più sole.”

 

Al di là dell’ovvietà di queste considerazioni, che comunque dovrebbero far riflettere anche sulla scarsa attenzione prestata in questi primi anni di impiego delle fonti rinnovabili all’effettiva possibilità di trarne un beneficio, si deve anche precisare che il payback energetico racconta solo metà della storia. Infatti, come si dice, senza denari non si cantano messe, e per quelle realtà dove sono state praticate delle politiche incentivanti insostenibili, come la nostra, il payback economico è molto lontano, ove non del tutto irragiungibile. Divero, forse, il il discorso per chi ha volato più basso con gli incentivi, come ad esempio gli Stati Uniti.

 

Alla fine, di tutta questa storia, quel che più colpisce è il candore con cui vengano sbandierati gli strabilianti successi delle fonti rinnovabili, senza porsi mai il problema di quanto poi effettivamente venga a costare l’energia prodotta, come se questo non fosse un fattore determinante, sia per l’implementazione delle tecnologie, sia per quello che dovrebbe essere il loro scopo ultimo, quello di garantire energia abbondante e a basso costo a tutti. Chissà, magari è perché si pensa a pochi, ma questa è un’altra storia…

 

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NB: Grazie a Giulio Bettanini per la mano che continua a darmi nel comprendere questo intricatissimo settore della conoscenza.

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Published inAttualitàEnergia

10 Comments

  1. donato

    “La Commissione Ue ha deciso di imporre dazi provvisori sui pannelli solari cinesi che partiranno dall’11,8% a decorrere da domani sino al 6 agosto, poi da quella data aumenteranno al 47,6%.”
    .
    Requiescat in pace. (il fotovoltaico, ovviamente) 🙂
    .
    Non so se sarà o meno un fatto positivo, mi limito ad una semplice constatazione basata su considerazioni economico-finanziarie: gli incentivi si riducono, i costi, inevitabilmente, aumenteranno per cui cesserà la convenienza economica ad installare pannelli. Fine dell’ubriacatura generale.
    Ciao, Donato.

    • Piaccia o no il sistema da un punto di vista economico è fallito e, pur con la reattività bradipica della UE, con i tempi che corrono non se ne può che prendere atto. Dal punto di vista climatico, è evidente, non ha mai funzionato (vedere rateo CO2 per credere). Non è ben chiaro con quali altri mercati del carbonio si vorrebbe interagire dal momento che quello europeo è l’unico rimasto in piedi (solo perché sostenuto da provvedimenti che ora, per realismo, sono venuti meno). Non credo sia un problema di risveglio, finché c’era da prendere il lobbysmo finanziario ha preso, sostenuto candidamente e (forse) inconsapevolmente da quello ambientalista. Ora non ce n’è più e ci si avvia alla chiusura. Sotto con la prossima emergenza planetaria.
      gg

    • Maurizio Rovati

      Manca l’acqua, è già tre giorni che non piove…

    • donato

      Era nell’ordine delle cose che prima o poi il bubbone scoppiasse. Il mercato era drogato e non poteva assolutamente autosostenersi. La crisi economico-finanziaria non ha fatto altro che far precipitare gli eventi.
      Meraviglia la “meraviglia” di molti osservatori: nel mondo dell’economia si era sempre saputo che questo sarebbe stato lo scenario finale, strano che nessuno degli “esperti” se ne fosse accorto! 🙂
      Ciao, Donato.

  2. Guido Botteri

    io trovo semplicemente vergognoso che solo ora, spacciandolo per un fatto positivo, si venga ad ammettere quello che noi dicevamo da tempo, che la tecnologia fotovoltaica lavorasse in perdita.
    Continuavamo a dire che buttavamo i soldi dalla finestra mentre altri vantavano gli straordinari vantaggi che avremmo avuto dal fotovoltaico.
    Fare ricerca è un conto (ho sempre detto di sì alla ricerca), ma incentivare nel MERCATO una tecnologia in perdita è una colossale sciocchezza che stiamo pagando proprio perché più di altri abbiamo dato ascolto a gente che ci ha fatto lavorare in perdita !
    Vergogna !

    • Cesare, prometti di non farlo più! Scherzo naturalmente.
      Ho letto sia l’articolo su Il Fatto che quello cui si rimanda alla fine su Climalteranti. Che dire? Non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Andiamo con ordine.
      L’articolo su Il Fatto è un concentrato di luoghi comuni che si appoggia sul paper di Marcott et al., per lamentare l’assenza dei temi del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici dall’agenda dei saggi di recente redazione. Penso sia giusto sottolineare che gli Eurobond non sono commestibili, ma non lo sono neanche i luoghi comuni. Però non entro nel merito politico-climatico, preferisco quello scientifico del paper-appoggio. E’ uno studio che ha suscitato molto interesse e molte critiche, il primo sui media e le seconde nella blogosfera climatica di orientamento scettico. L’autore dell’articolo sul Fatto finge di non sapere che dopo le critiche gli autori del paper hanno dichiarato che la parte della loro ricostruzione afferente al periodo recente, quella cioè che vede il picco di caldo e che fornisce l’appoggio, non è statisticamente robusta e che nessuna delle loro conclusioni si basa su quella. Buono, forse, per sapere che è successo parecchi anni fa, inutile, di sicuro, per sapere cosa è successo nei tempi recenti. Risultato, i media si sono sgolati per nulla e Marcott et al., non ha aggiunto niente di nuovo a quello che già si sa o, meglio, non si sa, cioè se il passato relativamente lontano abbia visto episodi di riscaldamento paragonabili a quello delle ultime decadi del secolo scorso.
      Su Climalteranti fanno meglio. C’è un cenno alle critiche ricevute dal paper (che sono fondate, prova ne sia che non ne tentano la negazione) ma l’atteggiamento al riguardo è quello tipico del “circolare gente, qui non c’è niente da vedere”. Meglio guardare la big picture, che secondo loro sarebbe quella di un placido mondo che non ha mai visto oscillazioni della temperatura fino a che non hanno iniziato a produrre i SUV. Affermare che Marcott et al., mostra che il riscaldamento attuale non ha precedenti negli ultimi 1500 anni è sbagliato, ma anche comodo. Sbagliato perché circa l’attualità quel paper non dice nulla di solido (leggi sopra), comodo perché è un modo poco comprensibile per dire che invece prima di 1500 anni fa qualcosa del genere potrebbe anche essere accaduto, ma allora nessuno aveva il SUV, quindi meglio non pensarci. Segue poi la tirata sul futuro. Ora, posto che un lavoro di ricostruzione del passato non ha un accidente a che vedere col futuro perché quest’ultimo si basa piuttosto sulle proiezioni, continuare a far finta di nulla ignorando il fatto che più passa il tempo e più la realtà si allontana da quanto previsto è a mio parere sbagliato, sia dal punto di vista scientifico, sia da quello deontologico. Ma ognuno è libero di pensarla come crede, il tempo, quello cronologico, deciderà chi ha ragione e chi ha torto. Spero soltanto di esserci ancora quando sarà il momento di tirare le somme.
      Grazie per la domanda, come vedi ho gradito.
      PS: su CM abbiamo parlato a lungo del paper di Marcott et al., se metti il nome dell’autore nel search della home page trovi tutti i post e i commenti.
      gg

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