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Consenso che passione!

Non ci sono state molte novità in materia di scienza climatica negli ultimi tempi. Difficile attendersene del resto, visto che il problema è davvero molto complesso. A ben vedere, le cose nuove più significative sono venute dalla serie di studi che hanno abbassato parecchio il valore stimato della sensibilità climatica, ossia del riscaldamento atteso per un eventuale raddoppio della CO2 atmosferica rispetto al periodo pre-industriale. Questo non solo potrebbe significare che il disastro è di là da venire, ma significa anche che quanti si sono dedicati a questo genere di studi ultimamente, pur sostenendo la teoria del contributo umano al riscaldamento globale, ritengono che questo sia meno significativo del previsto e, quindi, anche meno pericoloso. Sono quindi ricercatori che aderiscono al consenso sui contenuti scientifici del tema dibattuto, ma rigettano quello della catastrofe prossima ventura.

 

Eppure, se queste pubblicazioni fossero soggette ad uno scrutinio come quello recentemente condotto da John Cook, fondatore e animatore del noto blog catastrofico Skeptical Science, il loro contributo sarebbe classificato a favore del consenso, non nella forma in cui lo abbiamo appena descritto, quanto piuttosto nella sua accezione catastrofica. A ben vedere, questo è esattamente quello che è appena accaduto. Vediamo come.

 

Considerate la sostanziale assenza di novità e la crescita costante della distanza tra la realtà osservata e quella attesa sulla base delle simulazioni climatiche, la divulgazione del messaggio catastrofico si concentra sul consenso: se tanti scienziati aderiscono alla teoria dell’origine antropica del riscaldamento globale vuol dire che la teoria è solida, nonostante sia ben lungi dal reggere il confronto con la realtà. Ma perché questa distanza? Semplice, perché il problema non è se, ma quanto le attività umane possono incidere sul sistema.

 

Chi scrive, per esempio, aderisce al consenso. Nel senso che, pur senza alcuna pretesa di essere annoverato tra le fila di color che tutto sanno (non ho né i titoli né il pedigree scientifico del resto), penso che le attività umane abbiano avuto e stiano ancora avendo un ruolo sostanziale nella modifica delle condizioni a contorno di tutte le realtà densamente urbanizzate e in molte aree dove è stato modificato in modo importante lo stato del suolo. E dal momento che queste realtà accolgono la più elevata densità di osservazioni, queste modifiche incidono sul segnale a livello globale. Quanto non lo so, perché questo contributo si è sommato ad un trend sottostante di riscaldamento di lungo periodo che può avere origini naturali miste ad antropiche, quindi anche gas serra, e che viene modulato da oscillazioni di medio periodo, queste sì, certamente naturali, facilmente riconoscibili negli indici oceanici multidecadali. A queste, infine, si sommano e si elidono eventi climatici di breve periodo, comunque capaci di far risultare un anno più caldo del precedente o viceversa. Il risultato di tutto questo è un andamento delle temperature superficiali globali che ha visto un forte aumento nei primi ani del secolo scorso, una fase di raffreddamento dal secondo dopoguerra alla metà degli anni ’70, un altro forte riscaldamento fino alla fine del secolo e poi ancora una fase stazionaria o di lieve diminuzione nei primi anni del secolo corrente. Visto? Anche se quelli bravi mi vedono come il fumo agli occhi, anche io aderisco al consenso, però non penso che finiremo tutti arrosto. Infatti, nella prima di queste fasi le attività umane non sono state neanche lontanamente paragonabili alle attuali, per cui non è dato sapere come possano aver avuto un ruolo; nella seconda hanno iniziato ad essere più tangibili, ma non c’è stato il risultato atteso; nella terza contributo antropico e temperature hanno avuto lo stesso segno; nella quarta la situazione si è di nuovo invertita: tanta CO2, scarsi effetti sulle temperature. 

E allora che bisogno ha John Cook di fare le sue campagne divulgative? Ancora semplice, sono campagne molto efficaci, servono a tener vivo un movimento che si nutre di catastrofi prossime venture. Infatti, presi 12.000 e più studi in materia climatica, valutato il loro contenuto sulla base di una serie di “paletti” forniti ad un certo numero di “volontari indipendenti” (frequentatori, moderatori e amici vari di SkS), risulta che il 97,1% di questi studi aderisce al consenso. Ergo, chi scrive di quà e chi twitta di là. Efficace. L’Ansa ha titolato “Per scienza variazione clima colpa uomo” (devono però aver finito gli elettroni, sarà la crisi…). La Repubblica invece ha fatto meglio, titolando Clima, l’uomo è colpevole dei cambiamenti: scienziati d’accordo, popolazione scettica“. Barack Obama, che non credo legga né l’Ansa né Repubblica, ha invece twittato “Il 97% degli scienziati è d’accordo, il cambiamento climatico è vero, pericoloso e causato dall’uomo“.

 

In effetti, uno dei risultati dell’indagine di Cook e compagni è proprio questa percentuale schiacciante. Curiosamente però, di risultato ce ne sarebbe anche un altro. Tra le opzioni che era possibile scegliere per “valutare” i paper, ce n’è una che rimanda alla quantificazione del contributo umano al riscaldamento globale e, più precisamente, suggerisce di segnalare quei paper per cui questo contributo è superiore al 50% del suddetto riscaldamento. Se si impiega quella opzione per fare una ricerca sui documenti valutati, esce fuori il numero 65. Bassino non è vero? Addirittura più basso del misero 0,7% di paper che invece rigettano l’ipotesi del contributo umano, che sono 78. Sicché, quando si arriva al “quanto”, che, sinceramente, mi sembra molto più importante del “se”, nell’enorme mole di lavori di scienziati consenzienti, ce ne sono di più che rigettano l’ipotesi di quanti invece si spingano a sostenere chiaramente che quel contributo è significativo oltre una certa soglia.

 

Questo, naturalmente, non vuol dire che non ce ne siano molti altri che pensano che il contributo sia molto importante ove non addirittura totale, solo che non dicono quanto, perché non lo sanno, perché non è affar loro, lo ha scritto qualcun altro e tanto basta. Alla faccia del consenso, che a questo punto non si capisce proprio più cosa sia se non un modo per rispondere comunque ad una domanda che la scienza oggi non è in grado di dare. Si potrebbe dire quindi che quei 65 hanno un’idea, giusta o sbagliata che sia, mentre gli altri semplicemente la accettano. Il numero del consenso cresce ma non aggiunge proprio niente all’idea.

 

Ok, è tardi ed è il momento di chiudere, almeno per me. Per quanti avessero invece avuto la pazienza di arrivare fin qui c’è invece ancora un po’ da fare. Si tratta di leggere l’opinione di un luminare delle scienze atmosferiche. Prima a capo del settore ricerca e poi direttore dell’ECMWF, poi ancora direttore del Max Planck Institute, Lennart Benngtson, ha scritto un pezzo tutto da leggere, di cui vi anticipo qualche riga:

 

La domanda veramente importante è sapere quanto più caldo sarà e quanto velocemente questo è probabile che accada, dal momento che questo determinerebbe una realistica ragione per agire. A dispetto di tutta la ricerca e sperimentazione modellistica, siamo oggi meno sicuri di quello che accadrà di quanto possa apparire da tutti i rassicuranti report che dominano i media.

 

Ah…quanto mi piace il consenso…

 

NB: in testa al post, i luoghi del consenso imperiale, dal Museo dei Fori Imperiali.

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Published inAttualità

9 Comments

    • donato

      Leggo “Le Scienze” da circa venti anni e, onestamente, non mi era mai capitato di leggere un articolo più stupido, ideologico, antiscientifico di quello citato da Marco Della Rocca. Pur cosciente della scarsa rappresentatività del campione, della debolezza della correlazione e di tutta una serie di limiti dello “studio” citato, l’autore dell’articolo non ha il minimo pudore a sciorinare tutta una serie di considerazioni che dire folli è un complimento. Appena finito questo commento mi riservo di scrivere una lettera di protesta al direttore della rivista: come rimpiango i tempi del prof. Bellone!!!
      Ciao, Donato.

  1. donato

    Ho letto l’articolo del prof. Lennart Bengtsson tutto d’un fiato e, successivamente ho salvato il testo in quanto ho intenzione di rileggerlo con maggior attenzione. E’ un ottimo articolo e, personalmente, ne condivido quasi tutto il contenuto. Alcuni aspetti dell’articolo, però, mi lasciano qualche dubbio (ecco il motivo per cui è necessario rileggerlo ancora 🙂 ). Ciò che mi ha particolarmente colpito riguarda la sintesi: l’autore è riuscito a condensare in poche righe (meno di sette cartelle, si sarebbe scritto un tempo 🙂 ) concetti che si trovano diluiti un po’ dappertutto (anche in molti post e commenti qui su CM e su altri blog mainstream e non). Con semplicità disarmante L. Bengtsson ha espresso concetti estremamente importanti:
    “To significantly reduce or eliminate fossil fuel is not feasible on a time-scale shorter than several decades, as it requires fundamental technical breakthrough in energy generation or alternatively a major change in our life stile”
    o, ancora:
    “Since the end of the 19th century the global warming amounts to about ¾ °C. This is a very modest increase in view of the fact that the greenhouse effect has increased by almost 80% or with about 3W/m2 …..”
    oppure:
    “The lack of any significant warming in the tropical troposphere since the beginning of space observations in 1979 is particularly intriguing in particular as present models show a warming trend over the same time of 0.3-0.4°C in the average … . Such results, scientifically very puzzling as they are, have hardly received any media attention but instead the public has been overwhelmed in recent years by excessive reports of a rapid and threatening global warming very soon running out of control, unless the most drastic steps are taken to stop it.”
    E potrei continuare ancora per molto.
    Le considerazioni che Bengtsson illustra nel suo articolo riguardano dati di fatto, non teorie, ipotesi o similia. E appare incredibile che esse siano oggetto di derisione da parte degli esponenti della linea di pensiero dominante. Bengtsson, a mio giudizio, ha scritto ciò che molti pensano, ma che non possono scrivere o dire in quanto verrebbero posti a margine della comunità scientifica uniformata al consenso. I suoi ragionamenti sono di una lucidità e razionalità coinvolgenti e dovrebbero essere di monito a quanti si dedicano alla ricerca in campo climatologico: prime fra tutte le considerazioni sui modelli di circolazione globale scritte da uno che i modelli ha contribuito a crearli e di cui, quindi, conosce benissimo i limiti (guarda caso proprio gli stessi che tante volte sono stati illustrati qui su CM).
    E, infine, come non condividere le opinioni di Bengtsson sui media e su coloro che ideologicamente si occupano di climatologia (senza essere climatologi, tra l’altro, ma attivisti più o meno impegnati)? Solo qualche mese fa ne abbiamo avuto una testimonianza diretta nel contraddittorio tra G. Guidi e una giornalista che, glissando sugli aspetti scientifici e quantitativi connessi alle tematiche climatologiche con la scusa di non essere competente in materia scientifica, si aggrappava solo ed esclusivamente ai luoghi comuni del consenso per sparare le sue bordate polemiche e propagandistiche.
    Ciao, Donato.

    • giovanni pascoli

      Donato mi permetto di dirti che quello che tu mostri come dato di fatto riportato da un professore, studioso o qualsivoglia come Benson per gente appartenente alla setta dell’IPCC o di Skeptical Science ( che si dirama in enti universitari, riviste scientifiche ecc.) non é altro che un opionioe di un amatore. QUesto é il punto di partenza che imedisce ogni altra discussione. QUanti sono gli scienziati , studiosi, professori ex climatologi esperti che dopo le dimissioni in dissenso con le politiche dell’IPCC, della NASA e di altri enti “di riferimento” sono diventati dei traditori al soldo dei petrolieri? Basta andare a vedere su internet per accorgersi che gli studiosi che hanno firmato in qualche maniera contro l’AGW sono migliaia o meglio decine di migliaia. Qui uno spunto da cui partire per vedere chi e quanti sono.
      http://www.pensee-unique.fr/paroles.html
      Purtroppo la presa di posizione di 10000 persone fatta in maniera autonoma e consapevole, non vale il “consenso silenzio assenso” di centinaia di migliaia di ricercatori nel mondo. L’importante é “fare massa”.
      Poi basta leggere altri siti di propaganda tali oche e bardi dove qualunque difformità dal loro pensiero unico é tacciata come non scientificità. Loro si sono autonominati scienziati e hanno in mano loscettro, gli altri sono eretici pezzenti. Vorrei anche ricordare il caso di Marcott, mi sono scaricato la tesi on line su internet, ho visto i grafici esposti e li ho confrontati con quelli della successiva pubblicazione peer-rewived. Una cosa scandalosa, manipolazione di dati allo stato puro, reciclaggio di dati di altri studi scartati perché non affidabili, utilizzo della tristemente nota cross hokey di mann come dato! per le temperature attuali. ( Quando nella tesi era presentato come modello erroneo). E questi sono gli scienziati. Senza contare i dati del prossimo rapporto IPCC trafugati e messi on-line, tutti i modelli sono completamente fuori ripstto alle misure e alle osservazioni…in questi mesi cercheranno di trovare il modo di manipolarli e di renderli nuovamente catastrofisti a loro uso e consumo, tanto basta una “correzione” matematica, e un bel nuovo modello che ridisegna la curva e “corregge i dati a piacimento”. Questa é la penosa e tristissima realtà. E personalmente mi rendo conto di fare discorsi quasi estremisti e qualunquisti ma di fronte a cotanta sfrotatezza e falsità diventa difficile conservare il bon-ton.

    • donato

      Giovanni, il tuo sfogo mi trova perfettamente consenziente, ma io continuo a reputare in massima parte condivisibile l’articolo di Bengtsson. Non mi interessa che venga considerato un “traditore della patria” o, peggio, un “vecchio bacucco rincitrullito” da coloro che si sentono depositari della Verità Rivelata: ciò che dice è logico, è razionale, in poche parole è scientifico. Del resto anche J. Curry è considerata una “traditrice” e, secondo qualche starnazzo nostrano, un membro del tea party solo perché mette in dubbio alcuni dogmi del credo AGW. Per non parlare di N. Scafetta che nonostante abbia elaborato un modello che riesce, ameno per ora, a rappresentare in modo piuttosto fedele (in ogni caso meglio degli scenari IPCC) gli andamenti della temperatura superficiale e, ultimamente, di altri modelli che replicano in modo piuttosto fedele l’andamento del livello dei mari, viene additato come uno scienziato di “secondo ordine” e questo solo perchè ha osato (dimostrandolo, tra l’altro) scrivere che i modelli GCM sono inadeguati a descrivere il sistema climatico terrestre: in poche parole le stesse cose che scrive Bengtsson. E, fino ad ora, ho citato tre eminenti fisici dell’atmosfera e tali restano per me checché ne dicano i soliti noti con la puzza sotto il naso, perché essi riescono a convincermi con i loro ragionamenti, con le loro equazioni, con i loro diagrammi, in altre parole con l’armamentario tipico della scienza. Ciò che, però, mi convince di più quando leggo le argomentazioni di Bengtsson, Scafetta e Curry (ma anche di tantissimi altri) è il fatto che essi tengono presenti i dati derivati dalle osservazioni e mettono a confronto con questi dati empirici (si, empirici) i risultati delle loro equazioni e dei loro modelli matematici. E’ questo, purtroppo, ciò che non riesco a vedere nei risultati degli studi di molti altri ricercatori: molte volte, come anche tu giustamente sottolinei nel tuo commento, accade il contrario cioè i dati vengono adattati agli output dei modelli. E questa, almeno per me, non è buona scienza perché contraddice in toto il metodo galileiano.
      Con questo non voglio dire che Bengtsson, Scafetta e Curry dicono solo ed esclusivamente verità inconfutabili in quanto, essendo esseri umani, anche loro potrebbero sbagliarsi, ma lo sbaglio è strettamente connaturato al metodo scientifico che progredisce per tentativi ed errori così come la conoscenza. Io diffido, invece, di chi parte dalla presunzione di non POTER sbagliare perchè sostiene cose che fanno parte della linea di pensiero dominante. Tanto per farti un esempio, seguendo le tracce di un link che faceva riferimento a qualche articolo pubblicato qui su CM, mi sono imbattuto in un sito in cui un utente, per sostenere le sue tesi scettiche, faceva riferimento agli articoli pubblicati su CM. Un suo contraddittore, per confutarne le tesi, non ha trovato niente di meglio che far riferimento a: consenso del 97% (sic), sovvenzioni delle Big oil ai curatori di blog, siti e ricercatori che sostengono le tesi scettiche e, alla fine, lo stramaledetto principio di precauzione ed il solito pistolotto politicamente corretto che gli scettici non hanno a cuore il futuro delle nuove generazioni: roba da farti venire il voltastomaco!
      Ciao, Donato.

  2. […] scientifici del tema dibattuto, ma rigettano quello della catastrofe prossima ventura. continua : Consenso che passione! | Climatemonitorriporto una parte del commento sotto che mi trova completamente concorde: " Dal momento in cui la […]

  3. giovanni pascoli

    Per me Skeptical Science non é altro che un sito di propaganda mascherato da sito scientifico. IL consenso storicamente per l’uomo è quella cosa che ha permesso la nascita delle dittature, la messa al bando di persone come Galileo, l’uccisione nelle pubbliche piazze di persone magari innocenti e il rogo delle donne, lo svolgersi delle guerre eil mandare al sacrifico milioni di persone. QUindi io in genereo sto alla larga dal consenso. Il consenso nel mondo animale é quello che fa spiaggiare balene e delfini, che fa pèrecipitare in un burrone i lemming e/o le pecore.
    AL giorno d’ggi la quantità di carta peer rewiwed prodotta forse supera quella della carta igienica. La pubblicazione e la revisione fanno ormai parte di un metodo in gran parte industriale di fare scienza. E infatti per me quella non é scienza, é un lavoro da impiegato o da fabbrica come tanti altri. Dal momento in cui la ricerca e la scienza sono state assoggettate alle regole dell’economia e del profitto esse hanno finito di esistere. LA realtà sta smentendo i modelli fatti da bravissimi matematici-informatici ma da pessimi scienziati della Terra. Purtroppo come mostrato in una memorabile puntata di South Park sull’argomento quando moriremo di freddo penseremo che si tratti di ustioni provocate dal sole e quando moriremo di caldo ci diranno che sono i sintomi estremi del congelamento. La nostra società urbano tecnocratica é sempre piu slegata dai ritmi naturali della vita e della geologia del nostro pianeta e ormai l’approccio della massa rispetto a quest’ultimi é equivalente a quello di un troglodita di fronte a un’eruzione, un uragano o un terremoto, con la differenza che noi abbiamo tanti tanti dati ma non sappiamo assuoltamente cosa significano.
    P.S: il meteo non é il clima, comunque siamo a fine maggio e la neve sulle alpi si trova a partire dai 1800 metri, le colture sono tutte in ritardo e continua a nevicare, i mari non alzano la temperatura media globale é uscita dal range minimo dei modelli e i ghiacci antartici sono in espansione ( anche alcuni ghiacciai alpini si stanno riprendendo).

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