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Antartide, il ghiaccio resta, il puzzle pure

Appena qualche giorno fa, abbiamo pubblicato un post per commentare una notizia interessante, per certi versi un fatto che cambia le carte in tavola. Si parlava – e continuiamo a farlo anche oggi – del bilancio di massa dei ghiacci antartici. Non estensione del ghiaccio marino quindi, perché quella notoriamente e alquanto cocciutamente aumenta da quando la si misura in modo oggettivo nonostante il riscaldamento globale, quanto piuttosto il volume. Allo stesso tempo, si sa, il ghiaccio marino artico invece diminuisce in modo significativo.

 

 

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La notizia è la seguente: una parte consistente del segno negativo del bilancio di massa dei ghiacci antartici è da ascrivere allo scioglimento basale, cioè a quella porzione di ghiaccio che si perde in quanto a contatto con l’acqua. Questa, da par suo, è ovviamente più calda del ghiaccio ma, se diventa anche più calda di se stessa, scioglie più ghiaccio di quanto non ne arrivi dall’entroterra dove, un po’ incredibilmente e nonostante il riscaldamento globale, la produzione non accenna a rallentare, anzi.

 

Per acqua, nella fattispecie, si intende quella dell’Oceano Meridionale, cioè di quella vasta porzione di mare che circonda il continente e che, a seconda dei quadranti, è parte di questo o quell’altro oceano. Ma, a ben vedere, alla fine si tratta di una porzione degli oceani che ha una storia a se’, proprio come quella del continente antartico.

 

Siamo quindi oggi in grado di comprenderla e, soprattutto, di proiettarla nel futuro questa storia? L’informazione potrebbe essere utile, magari da questo, proprio come hanno fatto gli autori del paper che ha ispirato la notizia di cui sopra, si potrebbe trarre qualche indicazione anche sul futuro bilancio di massa del ghiaccio antartico. Ecco qua, dunque, quella sotto è la comparazione tra i trend previsti e osservati della temperatura superficiale dell’oceano meridionale nel periodo 1980-2013 (le osservazioni satellitari del ghiaccio sono iniziate nel 1979, quelle del volume appena qualche anno fa).

 

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Sicché, neanche a dirlo, secondo la media dei modelli che saranno impiegati anche per la stesura del prossimo report IPCC, le temperature di superficie dell’oceano meridionale sarebbero dovute aumentare. Nella realtà, invece, sono diminuite. Come questo possa aver indotto una modifica al contributo delle temperature dell’acqua al bilancio di massa resta un mistero. Forse c’entra il fatto ricordato nei commenti al nostro precedente post, ossia l’affidabilità e rappresentatività della misura, che presenta un margine di incertezza pari a quello che si vorrebbe misurare.

 

Non stupisce affatto, quindi, che altri modelli, impiegati invece per simulare proprio la quantità di ghiaccio presente sulle calotte polari, sbaglino anch’essi completamente i conti per il ghiaccio marino antartico, sottostimando invece la perdita di ghiaccio in zona artica. Come se non bastasse, in questo puzzle climatico-modellistico-osservativo, sempre secondo i modelli il ghiaccio antartico sarebbe dovuto diminuire più di quello artico.

 

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La situazione non mi pare molto chiara, voi che ne dite?

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NB: Grafici e conti vengono da qui.

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Published inAttualità

Un commento

  1. donato

    Uno degli utilizzi dell’esperimento GRACE della NASA è la stima della massa totale delle calotte polari terrestri (groenlandesi ed antartiche) e, quindi, della sua variazione. I dati ottenuti da GRACE, però, non possono essere utilizzati nella forma grezza, ma vanno inseriti in un modello matematico (mi dispiace, ma i modelli sono presenti anche in questo caso 🙂 ) che sulla base delle debolissime anomalie rotazionali rilevate da GRACE, determina le variazioni di massa del ghiaccio. Ebbene, le anomalie rotazionali rilevate da GRACE sull’Antartide sono affette da un errore sistematico che si manifesta con una variazione del campo gravitazionale terrestre con trend secolare. Questo trend è un artefatto strumentale che, quindi, non ha significato fisico se imputato esclusivamente alla variazione di massa glaciale, ma dipende in misura maggiore o minore, a seconda dei vari studi pubblicati, dall’aggiustamento isostatico post glaciale (GIA). La comunità di ricercatori che si occupa di GRACE non ha raggiunto alcun accordo circa il valore della correzione da apportare: si sa solo che la perdita di massa dei ghiacci antartici è quasi uguale all’errore strumentale stimato. Questo è quanto ho capito dallo studio di Cazenave et al., 2009 (OCEANOBS 2009 – Plenary Paper on “SEA LEVEL RISE: Regional and global trends”).
    .
    Sulla base di altre campagne di telerilevamento satellitari, però, la comunità dei glaciologi che si occupano delle calotte glaciali antartiche ha raggiunto un discreto consenso (anche in questo caso, in mancanza di dati certi, il consenso è un requisito essenziale per accertare la veridicità di un’ipotesi 🙂 ) circa l’aumento della perdita di massa dei ghiacciai antartici continentali. Il motivo è, in linea di principio, quello indicato da G. Guidi nel suo post: le correnti oceaniche e la temperatura dell’acqua marina che indeboliscono le basi delle lingue glaciali che drenano verso il mare i ghiacci terrestri. Se come si vede dai grafici le temperature marine sono stabili o addirittura sono diminuite, la responsabilità dell’aumento della perdita di massa glaciale postulato dai ricercatori ricade interamente sulle correnti oceaniche, posto che la lubrificazione basale provocata dall’acqua di fusione della parte superficiale dei ghiacciai che penetra nel corpo glaciale attraverso i crepacci, nell’Antartide non esiste (Alley et al., 2007, 2008).
    A questo punto, però, mi viene un dubbio. Le correnti oceaniche sono influenzate dal GW? Mi spiego meglio. La circolazione termoalina è determinata da differenze di salinità e di temperatura delle acque marine. La temperatura, a sua volta, dovrebbe dipendere dal contenuto di calore degli oceani che aumenta, ma molto meno di quanto dovrebbe sulla base delle previsioni modellistiche (il calore che manca, infatti, si dovrebbe trovare nelle profondità abissali dove, per ora, non riusciamo a misurarlo). Ammesso che il contenuto di calore degli oceani sia aumentato ed il calore mancante si sia inabissato, dovrebbe essere diminuito il gradiente di temperatura superficie-profondità marine per cui uno dei principali motori della circolazione termoalina dovrebbe aver rallentato. Se il mio ragionamento è corretto le correnti oceaniche dovrebbero essere meno veloci e, quindi, dovrebbero consumare meno ghiaccio basale. Dovrebbe succedere un po’ come per gli eventi estremi: riducendosi il gradiente termico polo-equatore, dovrebbero diminuire le perturbazioni violente.
    Se ho ragionato in modo corretto ho l’impressione che la diminuzione della massa glaciale antartica deve essere imputata a qualche altra causa, oltre quelle indicate. In merito all’accelerazione della diminuzione preferisco sospendere ogni giudizio in quanto ho la netta impressione che non abbiamo dati oggettivi su cui basare questa congettura (è un po’ lo stesso discorso della velocità di variazione del livello del mare).
    .
    Come si vede il puzzle tende a complicarsi ancora di più man mano che si scava. L’unica speranza è che i ricercatori riescano a individuare un modo oggettivo per misurare le variazioni di massa dei ghiacciai continentali. Se, però, questo accadrà, saremo anche in grado di misurare più precisamente le variazioni di massa degli oceani e quantificare meglio l’aumento del livello medio del mare. Purtroppo, però, siamo ancora piuttosto lontani da questo traguardo per cui, oggi come oggi, teniamoci cari i nostri modelli e, soprattutto, il consenso 🙂 .
    Ciao, Donato.

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