Salta al contenuto

Chantal, Kerry Emmanuel e il Carpe Diem

Quella in corso dovrebbe essere una stagione degli uragani particolarmente attiva, spceialmente per l’area atlantica e quindi per la costa est degli USA e i paesi del Golfo del Messico. Almeno così recitava l’outlook della NOAA uscito a fine maggio, giusto pochi giorni prima dell’inizio nominale della stagione. Nel frattempo, altri centri di prognosi, allora in accordo con la NOAA, hanno rivisto leggermente al ribasso i loro outlook. Tra questi l’ECMWF, il centro di Reading al cui mantenimento partecipa anche il nostro Paese. Il modello di reading, tra l’altro, si è dimostrato parecchio più performante di quello della NOAA in occasione del passaggio dell’uragano Sandy, prevedendone con molto più anticipo la deviazione che poi lo avrebbe portato ad interessare le coste USA, sebbene scendendo allo stato di Post-Tropical Storm, cioè sotto la categoria 1 della scala Saffir Simpson, usata appunto per misurare l’intensità di questo tipo di eventi.

 

 

Ma questa è un’altra storia, ora nel giro di un mese arriverà la fase clou – come climatologia insegna – della stagione 2013. Una stagione sin qui tutt’altro che emozionante, ma del resto è ancora presto. Sta di fatto che appena a sud-est di Cuba, alle Barbados, si è formata la tempesta tropicale Chantal. Attualmente la NOAA non prevede che Chantal possa raggiungere l’intensità di un uragano, ma il percorso che dovrebbe seguire la porterà comunque a centrare in pieno la Repubblica Dominicana, sfiorare la costa sud-est di Cuba e colpire poi le Florida Keys. Il tutto nel giro di 4/5 giorni.

 

150933W5_NL_sm

 

Senza indugiare più di tanto, i media americani si sono gettati sull’osso. USA Today ha pubblicato un articolo in cui da’ conto di un paper fresco di stampa firmato da Kerry Emmanuel, esperto della materia, riportando anche i pareri di Judith Curry, climatologa alquanto eretica e Roger Pielke Junior, anch’egli impegnato nella ricerca in questo settore.

 

Lo studio di Emmanuel, uscito sui PNAS ha il titolo che segue:

 

Downscaling CMIP5 climate models shows increased tropical cyclone activity over the 21st century

 

Un titolo che non lascia adito a dubbi. Riducendo la scala di riferimento dei modelli climatici impiegati per il progetto CMIP5, quelli usati per il redigendo 5° Report IPCC, salta fuori un probabile aumento dell’attività dei cicloni tropicali nel corso di questo secolo. Naturalmente sotto i colpi di maglio della CO2 e in conseguenza di un altrettanto martellante futuro riscaldamento.

 

Ora, sicuramente i risultati dello studio di Emmanuel mostrano questo potenziale aumento dell’attività degli uragani in conseguenza di vari cambiamenti. Nell’abstract si parla di un indice di potenziale genesi di questi eventi. Su tutto, naturalmente, un incremento dello squilibrio del bilancio radiativo, ma ci saranno anche il wind shear, le temperature medie e, ovviamente le temperature superficiali degli oceani, la vera benzina degli uragani. Al riguardo sorgono alcuni dubbi. 1) che affidabilità può avere la proiezione delle dinamiche di eventi il cui innesco è legato a doppio filo con le temperature degli oceani basata su modelli che le temperature degli oceani non le riescono a simulare? 2) Che affidabilità può avere la proiezione di eventi fortemente condizionati dal segno dell’ENSO basata su modelli che non riescono a simulare il comportamento dell’ENSO? 3) che affidabilità può avere una proiezione basata su modelli climatici di cui è nota l’incapacità di scendere alla scala regionale nel simulare eventi che avvengono in areali poco superiori alla mesoscala, cioè poche centinaia di chilometri?

 

Temo molto poca, come sottolinea anche la Curry nel suo breve contributo. Ma, una cosa è certa, considerato il fatto che sono anni (record assoluto) che un uragano di intensità 3 o superiore non tocca le coste USA, presto  tardi succederà qualcosa di grosso, è un semplice fatto statistico, come ricorda Roger Pielke Jr nel suo intervento. Per cui, nell’immaginario collettivo, la previsione/proiezione di Emmanuel farà comunque centro, perché anche un solo evento farà la differenza. Emmanuel lo sa, lo sanno probabilmente anche quelli di USA today, lo sapranno, purtroppo, anche quelli che dovessero aver a che fare con un evento del genere. Tra cent’anni poi sapremo se la previsione/proiezione era giusta, nel frattempo qualcuno sarà già passato alla cassa del casinò con largo anticipo.

 

Ad ogni modo, posto che le temperature superficiali dell’Atlantico tropicale in questa stagione sono certamente idonee alla formazione di uragani (la stagione non a caso va dal 1 giugno al 30 novembre), vale la pena controllare se nel corso dei ruggenti anni del riscaldamento globale e dell’altro ruggente squilibrio del bilancio radiativo, siano  meno aumentate le temperature superficiali della zona dove Chantal ha ed avrà il suo corso. Lo ha fatto su WUWT Bob Tisdale, quindi vediamo.

 

figure-23
Zona di formazione di Chantal, anomalie SST di giugno e della prima settimana di luglio
figure-33
Prima parte del percorso pevisto di Chantal, anomalie SST di giugno e della prima settimana di luglio
figure-42
Seconda parte del percorso previsto di Chantal, anomalie SST di giugno e della prima settimana di luglio
figure-52
Ultima parte del percorso previsto di Chantal, anomalie SST di giugno e della prima settimana di luglio

Sicché, nella zona di genesi le temperature di superficie dell’oceano sono più alte di ben 0,22 e 0,12°C dal rispetto al periodo base 1971-2000 (trentennio ufficiale OMM). Nella zona intorno a Cuba e davanti la costa della Florida sono più basse di 0,23 e 0,27°C rispetto allo stesso periodo.

Non mi pare ci sia molta benzina in più di quella che dovrebbe essercene normalmente. Anzi, direi che ce n’è di meno. Sarà colpa della crisi. Speriamo che la cosa non peggiori, anche perché sulla rotta di Chantal ci sono delle piattaforme petrolifere. Se subiranno dei danni, sarà di certo colpa del riscaldamento globale!

NB: per una panoramica sulle performance dei modelli del progetto CMIP5 in merito alle temperature di superficie degli oceani potete dare un’occhiata a questo post del 3 aprile scorso.

 

 

 

 

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualitàClimatologiaMeteorologia

Sii il primo a commentare

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »