Salta al contenuto

Che tempo farà nel 2018? Nuvoloso ma caldo!

Una previsione per il 2018. Da meteorologo lo considero il sogno di una vita. Irraggiungibile. Da climatologo, quale non sono ma non chiedetemi perché, lo considererei un traguardo irrinunciabile, anche se lontano e molto difficile da raggiungere.

 

Una disciplina scientifica, quale essa sia, deve avere una sua utilità. Per decenni la climatologia, insieme alle altre branche delle scienze naturali, ha avuto lo scopo di spiegarci cosa é successo nel nostro passato. Da una ventina d’anni a questa parte, dopo aver brutalmente sciolto i suoi legami con il resto del mondo scientifico, specie quello geologico evidentemente non molto incline a rinnegare il proprio passato, fare climatologia sembra possa significare esclusivamente fare previsioni o, per usare un vocabolo appositamente generato, proiezioni su scenari. Con un particolare, tali previsioni-proiezioni, non devono essere verificabili, perciò si parla solo di tempi multi decadali o, meglio ancora, secolari.

 

 

Se in apparenza questo approccio può essere animato da un lodevole interesse per le future (molto future) generazioni, in realtà i risultati sono del tutto inutilizzabili, perché, giuste o sbagliate che siano le previsioni/proiezioni, non c’è nessun decisore disposto a farsi carico di un rischio del quale non potrà cogliere gli eventuali benefici. E poi ancora, perché il rischio suddetto, che nella fattispecie sarebbe quello dell’arrosto climatico, è soverchiato da ben altre urgenze endemiche o meno. Fame, povertà, salute, per esempio, ma anche e soprattutto di recente, crisi economica e finanziaria.

 

Fiutata l’aria e spronati dalla società civile a produrre qualcosa di commestibile, già all’indomani del 4^ report IPCC, molti scienziati climatici, naturalmente tutti modellisti, hanno iniziato a pensare a previsioni decadali. Qualcosa, per intenderci, che possa anche rivelarsi utile oltre che interessante dal punto di vista scientifico. Male non avrebbe fatto, per esempio, sapere agli inizi di questo secolo che le temperature medie superficiali globali avrebbero smesso di aumentare. Ancora meno male, anzi un gran bene, avrebbe fatto sapere che dopo anni piuttosto siccitosi, nel belpaese sarebbe tornata tanta acqua quanta non se ne vedeva da parecchio. Tutto questo, naturalmente, mentre le previsioni-proiezioni andavano dritte come fusi verso il caldo sempre più caldo e, per quel che ci riguarda, verso il clima delle palme. Il problema è che i tentativi di arrivare a qualcosa di utilizzabile, che regga cioè alla prova del tempo, sia quello atmosferico che cronologico, almeno sin qui sono stati a dir poco fallimentari.

 

Di questo e molto altro, tra cui una interessante disamina dei diversi approcci sin qui tentati dalla comunità modellistica, parla un interessante editoriale uscito su Nature Climate Change qualche giorno fa. Un editoriale ripreso anche da Judith Curry sul suo blog.

 

Climate change: The forecast for 2018 is cloudy with record heat – Efforts to predict the near-term climate are taking off, but their record so far has been patchy.

 

 

Ora, il problema pare sia sempre lo stesso. Che si tratti di proiezioni secolari o decadali, i modelli climatici CO2-centrici non reggono il confronto con la realtà, neanche quando li si fa partire proprio da situazioni reali, cosa invece normale per i modelli meteorologici, per esempio. Tutte le previsioni decadali, a partire da quelle fatte nel 2007 da un gruppo di ardimentosi ricercatori, riconoscono la realtà di un clima attuale che non si scalda, ma poi lo condannano inesorabilmente ad un brutale e rapido riscaldamento, che però non arriva.

 

E si pone, anche in questo editoriale di NCC, il tema/problema, del calore scomparso, ossia della quantità di calore che tutta la CO2 emessa avrebbe dovuto imprigionare causando un ulteriore riscaldamento ma che invece non si sa dove sia finito, nè, ovviamente, se ci sia davvero.

 

Insomma, se ne avete voglia ve ne consiglio vivamente la lettura, perché per una volta, si ammettono senza riserve i limiti di uno strumento di indagine, la modellazione del clima, che impropriamente usato per la proiezione nel futuro, ha sin qui prodotto molta nebbia e pochissime schiarite, decisamente troppo poche per essere l’unico pilastro su cui poggia tutto l’allarme climatico dei nostri giorni.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualitàClimatologiaMeteorologia

Un commento

  1. Andrea G.

    Fantastico. Il capoverso, e tutto il periodo dopo il grafico, sono assolutamente fantastici. Letteralmente.

Rispondi a Andrea G. Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »