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Diritto di replica e tanta pazienza

Qualche giorno fa abbiamo discusso dello ‘scambio di battute’ avvenuto su WUWT tra Nicola Scafetta e Willis Eschenbach. I nostri lettori hanno fatto i loro commenti ed espresso le loro opinioni. Ora, com’è giusto che sia, Nicola dice la propria riguardo i contenuti dello scambio e noi lo ospitiamo più che volentieri. Per chi volesse, qui c’è la versione in inglese del testo che segue.

gg

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Su climatemonitor c’e’ stata una interessante discussione “Il click della domenica“.

Guido ha voluto affrontare un tema importante, cioe’ la critica che Willis Eschenbach ha fatto al mio lavoro su WUWT. La critica poggia su due punti principali:

 

  1. Il modello di Scafetta avrebbe troppi parametri (sto fittando un
    elefante?)
  2. Il modello di Scafetta non avrebbe sufficiente basi fisiche.

 

La critica #1 non ha fondamento matematico. Ho usato 6 oscillazioni con periodi di circa 9, 10-11, 20, 60, 115, 1000 anni. Si puo’ rispondere osservando due punti.

 

  • modelli di regressione lineare non hanno un limite al numero dei costituenti che si usano. La famosa frase “dammi 4 parameteri e ti fitto un elefante, dammene 5 e gli faccio muovere la proboscite” e’ un eufemismo che non e’ fondato su teoremi matematici. I modelli di regressione lineare possono usare quanti parameteri uno vuole, anche 1000 o 10000. La sola condizione è che le funzioni constituenti non siano collineari, cioè nessuma funzione deve potere essere scritta (neppure approssivamente) come combinazione lineare di altre funzioni usate come costituenti lineari del modello nell’intervallo che si vuole analizzare. E’ chiaro che le sei armoniche che uso non sono collineari. L’unico problema potrebbe essere con i cicli di 9 e 10-11 anni, ma sto analizzando 160 anni di dati che sono sufficienti per separare i due cicli. Quindi, contrariamente a quello che dice Willis, un problema di “overfitting” non esiste nel mio modello.
  • Il secondo punto che Willis non capisce e’ che nel mio modello le fasi e le frequenze sono ottenute da una corrispondenza tra i patterns dei dati della temperaura e dei cicli astronomici dovuti alla luna ed al sole. Gli unici parametri veramente liberi sono le 6 ampiezze dei cicli che devono essere necessariamente calibrati sulla temperatura perche’ non deducibili da principi fisici.

 

Che la critica di Willis sia solo polemica e dimostri solo la sua ignoranza matematica è dimostrato dal fatto che i modelli di regressione armonica usati per prevedere le maree usano non 6 armoniche come io ho usato, ma 30-40 armoniche e molte di queste armoniche sono estremamente vicine le une alle altre. Vedete qui, dove ad esempio ci sono ben 12 armoniche con periodi tra 11.6 ore e 12.8 ore. Secondo Willis, i modelli delle maree, che tra l’altro sono gli unici modelli geofisici che funzionano per previsioni a medio lungo periodo, dovrebbero essere rigettati ancora di più del mio modello.

 

La critica #2 non ha fondamento scientifico. In scienza una teoria non è “sbagliata” semplicemene perche’ i meccanismi fisici microscopici non sono già noti. I meccanismi fisici microscopici non sono conosciuti in una infinità di casi, da come funziona l’aspirina a quali sono i “meccanismi” che spiegano la gravità, ecc…

In scienza una teoria è valida se riproduce i dati e li predice. Nei miei lavori propongo numerosi test di “hindcasting” che il modello passa. Ad esempio calibro il modello nel periodo 1850-1950 e verifico che esso riproduce il periodo 1950-2010 e viceversa. Inoltre per le frequenze più lunghe vado indietro di migliaia di anni. Inoltre nei miei studi sto anche proponento modelli fisici di come il sole possa essere modulato dall’azione dei pianeti attraverso una amplificazione nucleare delle perturbazioni gravitazionali e poi il clima è regolato da nuvole che si formano a seconda delle proprietà fisiche della eliosfera che è modulata da sole e pianeti.

 

Riguardo I meccanismi, è utile ricordare che le maree sono state associate alla luna sin dai tempi antichi ben prima di Newton. Questo e’ quello che dice Keplero nel 1600:

 

The Moon presents another physical cause for predictions. It has been proved by experience that all things swell with moisture as the Moon waxes and subside as it wanes. This one thing has been the cause of very many choices and predictions in economics, farming, medicine, and navigation. Physicists consider that the reason for this influence is not yet perfectly known. Yet the virtue of the Moon is two-fold: the first is the monthly one of which I have already spoken, depending on the mutability of the face of the Moon; the second a semi-monthly one, and on that account even semi-ebb and flow of the sea, (tides) which will be dealt with below…….”

 

Quindi secondo Keplero il fatto che I “fisici” non sapessero le “ragioni” che spiegassero l’influenza della luna non invalidava di per se la teoria lunare delle maree. Questo detto da uno dei padri fondatori della scienza moderna la dice lunga su come la scienza deve essere interpretata. Personalmonte, ho piu’ fiducia in Keplero che in Willis Eschenbach.

 

Il problema con WUWT è che per ragioni che non capisco Anthony Watts ha una ostilità preconcetta contro la teoria che il clima senta le “armonie delle sfere” come Keplero diceva. La teoria che cerco di sviluppare non è mia, ma è antica. Tutte le civilta’ hanno notato una certa correlazione tra i cambi climatici e le armoniche astronomiche. Ad esempio il ciclo di 60 anni di cui parlo è persino presente nei calendari cinesi ed indiani ed è chiamato il ciclo di Giove. Purtroppo Anthony non permette una discussione pacata sull’argomento, ma permette a personaggi come Willis e Leif di confondere le persone ed alla fine non si capisce niente e si diffama solo.

 

In ogni caso, la ricerca su questi temi va avanti.

E ricordo, che uno dovrebbe leggere i miei lavori per capire cosa dico.

Nicola Scafetta 

———————–

 

Per info, su Tallbloke, che pure ha ospitato una discussione sull’ultimo lavoro di Nicola Scafetta, c’è un’altra replica interessante.

 

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Published inAttualità

17 Comments

  1. Premetto che sono ingegnere informatico: per quanto riguarda il campo specifico di cui mi occupo raramente uso, sin dall’epoca della tesi, operazioni più complesse della divisione 😉

    Credo che qui dobbiamo capirci su cosa si intenda per scienza esatta e che valore dare ai numeri. Mi sembra che ci sia consenso sulla posizione dell’ultimo commento, qui sopra, di Scafetta, che condivido anch’io.

    Se per “fede sui numeri” prendiamo il risultato dei modelli matematici che certa climatologia (ma non solo) ci propina, sono d’accordissimo. Infatti sono numeri divinizzati, non validati dalla verifica sperimentale. La verifica sperimentale è la chiave di tutto e per certe discipline non può che essere basata sui numeri. Prima parlavo della mia professione e certamente per misurare la qualità di certi software non si può non basarsi su stime e misurazioni della capacità di reagire in certi tempi, gestire un certo numero di utenti contemporanei, eccetera. Se dobbiamo parlare di ingegneri, ti dirò che purtroppo ci sono fin troppi colleghi che non sono stati educati a ragionare in questo modo (non tutta l’informatica è fatta da ingegneri; ma gli informatici propriamente detti derivano da una disciplina che è una branca della matematica e il discorso non cambia…) e i danni di questa lacuna si vedono ogni giorno.

    Sono i numeri che ci dicono che la temperatura media è più bassa di un gran numero di modelli climatici “AGW-like” e sono proprio quei numeri che mi permettono di dire che i modelli non sono affidabili. Giovanni, parli di politici che si affidano ai numeri? Ma dove? Anche qui è il caso di capirci. Si affidano a numeri scribacchiati a caso e che comodano per giustificare una linea politica. Ma se fossero numeri derivati dalla misura sperimentale e fossero usati per validare la bontà di una politica (almeno per quelle parti misurabili, certamente la politica è in gran parte non misurabile) saremmo in un paese migliore.

    Poi, parlavi di economia. Ma non è certo una scienza esatta. Quale economista è stato mai in grado di fornire un modello che abbia previsto una crisi macroscopica? E ancora a distanza di ottant’anni non c’è neanche un giudizio concorde su come gli USA siano usciti dalla recessione del ’29.

    Eppure in economia i numeri sono fondamentali. Chi di voi affiderebbe i propri investimenti ad un operatore che non sia in grado di fornire un modello numerico ragionevole sulla prospettiva di guadagni?

  2. donato

    “so bene che lei é ingegnere e per questo capisco il suo disaccordo rispetto quanto da me affermato ( anche per i rapporti che ho avuto mi malgrado con ingegneri per questioni lavorative). Le consiglio di cercare di abbandonare un po la perfezione dei numeri per meglio apprezzare la bellissima imperfezione della natura”
    .
    Giovanni, vedo che hai un poco il dente avvelenato con gli ingegneri :-).
    Io, invece, ho un ottimo rapporto professionale con i geologi (anche da un punto di vista umano, comunque 🙂 ) in quanto considero le due figure complementari: la rigidità fisico-matematica della mia categoria professionale è temprata dall’empirismo di quella cui tu appartieni. Fino ad oggi (e parlo di circa 30 anni di attività professionale) siamo sempre riusciti a condurre in porto tutte le nostre collaborazioni e con reciproca soddisfazione. Mi rendo perfettamente conto che lo studio geologico si basa su osservazioni a macro e micro scala, ma alla fine noi abbiamo bisogno di numeri: verificare la stabilità di un muro di sostegno, per esempio, richiede dei parametri numerici senza i quali io non potrò mai produrre un progetto conforme alla legislazione vigente. Nella fattispecie questi numeri, basati, però, su prove di laboratorio e, quindi, sulla realtà sperimentale, hanno anche un preciso significato fisico. Concordo con te che alcune verifiche di stabilità (come quelle dei versanti, per esempio) sono abbastanza campate in aria e il numero finale (coefficiente di sicurezza alla stabilità globale, per restare sull’esempio dei muri di sostegno) in molti casi è un numero e basta in quanto i parametri in gioco sono talmente tanti e tali da impedire la rispondenza del modello fisico-matematico al fenomeno reale.
    Non puoi negare, però, che i modelli matematici deterministici che gli ingegneri utilizzano per progettare edifici, infrastrutture, macchine ed impianti sono piuttosto efficaci visto come i prodotti da noi progettati (sempre in generale, badiamo bene 🙂 ) reagiscono alle sollecitazioni presenti al di fuori dei calcolatori elettronici su cui girano quei modelli. Allo stesso modo, consentimelo, non potrai negare che alcune sistemazioni di versanti in frana previste e realizzate dai geologi hanno avuto esiti poco felici (anche in questo esempio mi riferisco a casi particolari e senza generalizzare).
    La matematica, secondo me, è essenziale anche nella vita di tutti i giorni e se io salgo su un’automobile e riesco ad andare da Roma a Reggio Calabria o a Milano significa che tanto l’automobile quanto la strada e le relative infrastrutture (progettati sulla base di modelli fisico-matematici) non sono proprio da buttare.
    Io, personalmente, mi fido dei risultati (numeri, ovviamente) generati dai modelli che uso: ho progettato oltre un centinaio di edifici civili e svariate decine di infrastrutture civili ed industriali ed il fatto che stiano tutti in piedi e non presentano danni di alcun genere mi conforta in questa fiducia. Per ognuno di questi, inoltre, mi sono affidato ad un geologo e ho sempre tenuto in grandissima evidenza le sue considerazioni (empiriche e non) circa la caratterizzazione geologica del terreno su cui ho realizzato l’opera: lo studio geotecnico da me effettuato, infatti, non è mai stato slegato dagli esiti della consulenza geologica.
    Per concludere questo discorso, credo che l’esperienza empirica, la pratica quotidiana, la comprensione fisica del fenomeno siano importanti, ma altrettanto importante credo che sia la prevedibilità matematica di quel particolare fenomeno: io, per esempio, andrei in galera se qualcuno dovesse morire sotto le macerie di un edificio crollato perché, in fase di progetto, non ho previsto il suo comportamento sotto l’azione del vento, del sisma e/o di altri fenomeni naturali. E prevedere senza numeri ed equazioni credo sia un esercizio che sconfina nella magia 🙂 .
    Per quel che riguarda i GCM e le critiche che anch’io rivolgo ad essi, mi sembra che ciò che manca ai loro risultati numerici è la corrispondenza con la realtà: al di là di ciò, personalmente, non ho nulla contro di essi. Anzi, se nei prossimi anni le previsioni dei modelli fossero suffragate dalla verifica sperimentale, posso assicurarti che non avrei alcun problema ad ammettere i miei errori ed allinearmi a quella che oggi è la linea di pensiero principale. 🙂
    Ciao, Donato.

    • Guido Botteri

      Personalmente, considero la matematica un ottimo, indispensabile strumento. Ma come tutti gli strumenti va usato nel modo giusto, e bisognerebbe conoscerne i limiti.
      Se il mondo fosse razionale ed esistessero e fossero conosciute le leggi esatte che lo reggessero (cosa di cui è lecito dubitare), sarebbe possibile calcolare qualsiasi evento con l’uso di un adatto super-arci-stra-computer 🙂
      Ma visto che un “buontempone” di nome Heisenberg demolì la concezione razionalista dimostrando il principio di indeterminazione… non è più lecito avere fede cieca nelle capacità della matematica di calcolare tutto.
      Più volte ho cercato di mostrare che c’è differenza tra la matematica e la natura. Ma non è colpa della matematica, secondo me, è colpa di come essa viene male usata.
      In matematica è possibile dividere un segmento all’infinito;
      in Natura, se divido un segmento di ferro, ad un certo punto (per esempio a livello dell’atomo) arrivo a non poter più dividere, semplicemente perché quello che ottengo NON è più ferro…
      Tutti i minerali che sono nel nostro corpo sono tossici, in eccessive quantità. Ma se estrapolassimo questo concetto, con un metodo tipo LNT, e ne deducessimo che i minerali sarebbero tossici in qualsiasi quantità, faremmo una operazione matematicamente lecita, ma assurda dal punto di vista della Natura, visto che ferro, selenio, calcio, magnesio, potassio, cloro, zolfo, rame, zinco, fluoro, iodio, e tutti gli altri sono talmente importanti e necessari, che una loro quantità insufficiente viene giustamente chiamata “carenza” e dà luogo a effetti dannosi per il nostro corpo. Quindi la legge matematica non funziona di per sé, ma la matematica può invece aiutarci a descrivere il mondo, purché sia la matematica ad adattarsi alla Natura, e non si pretenda che la Natura si pieghi ad una matematica che spesso descrive bene certi effetti in certi intervalli, ma che poi fallisce spesso se viene sottoposta ad estrapolazioni senza base scientifica.
      Una delle cose che viene insegnata a noi ingegneri è la paura di estrapolare. E sarebbe bene che tanta prudenza accompagnasse anche gli studi fantasiosi di altri studiosi.
      Questo discorso mi permette di spiegare ancora una volta la mia diffidenza per i modelli climatici.
      Sarebbe come pretendere di sorvolare l’oceano Pacifico con l’aliante o il Flyer dei fratelli Wright; cosa buona e giusta è fare esperienza, ricerca, migliorare dei modelli climatici che, a mio parere, sono ancora lontani da una prestazione sufficiente; ma da questo a credere di condizionare la politica economica del mondo, con una modellazione ancora immatura, ce ne passa.
      Non è colpa della matematica se i modelli non hanno rispondenze adeguate in Natura; semmai è colpa dell’uso improprio di essa. Come nella soluzione di un problema, non è colpa della calcolatrice, se il problema è stato impostato male…
      Secondo me.

    • donato

      Guido, condivido le tue considerazioni circa un uso ragionevole della matematica e, come te, condanno gli eccessi che si fanno del suo uso .
      Una considerazione, però, mi sento di condividere in modo particolare:
      .
      “Una delle cose che viene insegnata a noi ingegneri è la paura di estrapolare. E sarebbe bene che tanta prudenza accompagnasse anche gli studi fantasiosi di altri studiosi.”
      .
      E’ questa maledetta voglia di estrapolazione che rende inaffidabili gli esiti dei modelli matematici (climatici e non solo 🙂 ) !
      Ciao, Donato.

    • giovanni p

      non è la prima volta che concordo pienamente con quanto scrive….

    • giovanni p

      Egregio DOnato
      risposta inecepibile la sua, che ho già sentito 1000 volte da colleghi o conoscenti ingengeri. 😉
      Comunque non ho il dente avvelenato, anzi ho anche amici ingengeri ( piu ing. informatici meccanici e elettronici che civili o ambientali comunque). IL punto è molto semplice se non ci fosse l’ingegneria non ci sarebbero macchine stade ponti apparecchiature elettrche auto treni navi aerei ecc.ecc. per cui non discuto dell’improtanza dell’ingegnerianella storia umana e nel suo progresso. E rispetto a quanto da lei detto condivido le sue affermazioni. So beniismo che serve un numero per poter costruire, progettare, realizzare. Il punto è che a volte la roccia il sedimento, la frana, la falda, la faglia ecc. quel numero non ce l’hanno proprio oppure ne hanno tanti insieme tutti diversi e qui che si crea la spaccatura tra l’igegnere che vuole il numero e il geologo che se lo deve “inventare” quasi per fare un piacere o per dimostrare che sa fare il suo lavoro. QUante relazioni geologiche studi di tunnel dighe centrali idroelettriche che dopo mesi di rilievi misure analisi profili geologici sondaggi si concretizzano un una tabellina con dei numeri…..
      Penso che la migliore risposta alle sue osservazioni che condivido pienamente è quella scritta qui sotto da Guido Botteri ( anche lui ingegnere a quanto pare), immagini che l’abbia sottoscritta pure io.
      Buona domenica a tutti

  3. Credo che I commenti di Giovanni siano interessanti. Ma cerco di metterli nella giusta prospettiva.

    Il problema e’ come interpretare I sistemi complessi che siano essi geoficisi oppure biologici oppure altro non ha importanza.

    Chedo che Giovanni giustamente metta in risalto I limiti di un approccio “riduzionista” che finisce per tradire la fisica del sistema. Essenzialmente, l’approccio riduzionista e’ quello che usa l’IPCC nei suoi modelli climatici. Tutti I dettagli sono “modellati” da equazioni fisiche e per questo motivo questti modelli danno l’impressione di essere molto “scientifici”. Purtroppo poi questi modelli falliscono nell’interpretare la natura.

    La soluzione del problema non e’ rinunciare alla modellistica matematica ma usarla in un modo ragionevole. Questo significa che I sistemi complessi sono meglio descritti da modelli semi-empirici. Qui la matematica e’ usata solo per modellare quello che e’ piu certo e poi si usano calibrazioni per modellare quello che non e’ certo. Questi modelli semi-empirici funzionano bene se fatti a modino.

    Il modello delle maree e’ un modello semi-empirico e funziona bene. Anche I miei modelli sono semi-empirici e seguono la stessa logica.

    Quindi la matematica non va abbandanata, ma usata con saggezza.

    • giovanni p

      Ritengo quanto detta da Nicola Scafetta alquanto saggio e sensato. Concordo perfettamente con l’affermazione
      la matematica non va abbandanata, ma usata con saggezza. Anzi ritengo che sia uno strumento indispensabile e irrinunciabile
      nello specifico contesto della ricerca attuale direi che c’è una tendenza ad attribuire al numero al calcolo al grafico, un potere quasi divinatorio, visto che ormai si cercano numeri e statistiche per dare peso a qualsiasi cosa. Proprio perchè la matematica è uno strumento inventato dall’uomo per l’uomo tale deve rimanere, se si sostituisce alla realtà crea problemi. E personalmente ritengo che sul dibattito climatico si sia arrivati a questo punto proprio perchè si è data piu importanza al modello al calcolo del computer piuttosto che a lunghe difficili e pedanti osservazione e descrizioni dei fenomeni naturali. E questo putroppo vale in molti campi in ambito universitario dove si privilegiano pagine e pagine di numeri grafici e analisi piuttosto che, parlo per la geologia , incentivare gli studi sul terreno. Per farla breve si va sul terreno giusto per campionare materiale da analizzare senza fermarsi troppo a vedere i rapporti geologici delle rocc e altre migliaia di cose. Poi arrivati in laboratorio si usano grandi e costosi strumenti per fare analisi banali che non sarebero nemmeno necessarie se si avessero maggiori conoscenze di base. Per finire i non addetti i lavori spesso pensano che il risultato di una macchina sia piu perfetto di quello umanoi non sapendo pero che per un risultato corretto è necessaria una corretta interpretazione di un operatore umano che deve avere le basi e le conoscenze adatte, altrimenti anche il risultato della macchina non vale assolutamente nulla, un puro numero o grafico sterile.

  4. giovanni p.

    Ho apprezzato la replica pacata di Scafetta. Quello che mi lascia sempre un po perturbato ( e qui mi rivolgo anche a Scafetta) é questo approccio forzatamente matematico, modellistico che é ormai obbligatorio per fare “scienza” soprattutto parlando di scienza dei fenomeni naturali. Come geologo devo dire che la matematica , la statistica ecc. mi sono servite fino ad un certo puto per comprendere, descrivere i fenomeni naturali. Spesso inoltre il numero serve per dialogare con lingegnere che non capisce il significato di una faglia di un corpo di frana, della qualità di una roccia che viene trivellata se non tramite numeri schemi e tabelle. Come dive lo Stesso Scafetta molti fenomeni naturali 8come le maree) erano conosciuti da secoli senza per forza averli provati con formule o modelli. Inoltre gran parte della comprensione dei fenomeni naturali, dalla fossilizzazione degli organismi, alla tettonica delle placche ai meccanismi erosivi e deposizionali sono stati scoperti descritti capiti e anche modellizzati senza bisogno di ricorrere a formule, modelli di regressione, calcoli ecc.
    Trovo che in questo periodo storico ci sia una religione della scienza che vede nel numero, nel calcolo nella formual e nel modelli informatico/matematico il DIo che detiene la verità e le risposte. Bene la storia delle scinze naturali ci insegna che proprio il contrario, la comprensione di questi fenomeni si innanzitutto attraverso una formazione, una cultura e uno studi approfondito a livello universitario e oltre poi dopo avere acquisito le basi, il linguaggio dei fenomeni naturali dopo di che tramite osservazioni, descrizion e studi sul terreno si comprendono i fenomeni in maniera locale e reale; il laboratorio e la parte matematica sono strumenti secondari che possono servire per cercare di modellizzare dei fenomeno che spesso non lo sono. Non mi servono formule matematiche per vedere una frana, una zona di faglia, un sovrascorrimento, serve aver studiato e capito che cosa sono questi fenomeni.

    • Sono in grande disaccordo con quanto dice – o meglio, dipende dai contesti. Non sono geologo, quindi non metto in dubbio quanto dice, che il suo mestiere si può benissimo svolgere come ha scritto. Ma nel campo della fisica, francamente non vedo come sia possibile non fare ricorso alla previsione quantitativa. Una volta c’era la separazione tra “scienze esatte” e non, che oggi non ha più senso nella formulazione originaria, ma senza dubbio certe discipline non possono non essere strettamente legate ai numeri, mentre altre possono esserne più libere.

      Oltretutto qui non stiamo parlando solo di scienza, ma di ricadute pratiche politiche ed economiche, e i numeri sono fondamentali. Senza numeri ognuno potrebbe dire quello che vuole.

    • giovanni p.

      Io penso invece che la differenza tra scienze esatte e non, vi sia e vi debba essere e purtroppo é proprio il bisogno , la necessità dei nostri sistemi economici finanziari e speculativi di rendere tutto matematico e numerico a creare i grossi problemi che vi sono oggi, dalle questioni climatiche alla fame nel mondo.
      Il grosso problema é proprio il fatto che le scienze esatte si arroghino il diritto di spiegare le scienze inesatte. E che i nostri politici economisti e altro abbiano piu fiducia in un numero, in un modello che in un ragionamento partorita da un cervello umano e pensante. Non vedo perché una mia descrizione geologica di una roccia o di un sedimento debba essere meno valida di un numero uscito da una formula di parametri geotecnici, anzi direi proprio il contrario, non capisco come un numero possa essere considerato piu solido di una descrizione multifattoriale. Forse perché il numero lo capisce anche un bambino di prima elementare, forse perché permette di semplificare realtà complesse e trovare soluzioni semplici la dove non ci sono?
      Di per se l’economi e la finanza sono 2 “scienze molto esatte e ineccepibili”peccato che esse siano anche alla base di molti problemi e diseguaglianze del nostro mondo attuale. E’ il famoso discorso per cui piu’ incidenti piu’ morti fanno aumentare il Pil e dunque il benessere, matematicamente ineccepibile. La stessa economia si basa su rapporti costi benefici ben esplicabili matematicamente e graficamente, peccato che poi detro i grafici ci sono magari persone che muoiono di fame o di lavoro.
      Quindi dal mio punto di vista la sua ultima frase, “Senza numeri ognuno potrebbe dire quello che vuole”, é purtroppo smentita dalla realtà quotidiana e da lettore di questo sito lei dovrebbe averlo capito anche rispetto all’IPCC e all’AGW. E’ proprio grazie ai numeri che ci troviamo ad avere grandi esperti che dicono quello che vogliono in ogni campo e che basano la loro forza proprio sui numeri. Peccato che i numeri in se non sono nulla, sono una mera creazione spirituale della mente umana come l’etica, la filosofia, il diritto ecc.
      Mentre le dinamiche terrestri, la tettonica, le glaciazioni, l’evoluzione del sistema solare e dell’univero sono la da sempre, esistono indipendentemente dall’uomo e dalla sua scoperta della matematica. Quello che dovrebbe essere chiaro rispetto alle scienze naturali o inesatte é che i fenomeni esistono indipendentemente dalle formule mtematiche che cercano di descriverli. . LA frana si muove senza sapere qual’é il suo angolo di attrito interno e senza calcolare se l’ha superato. L’uomo ha purtroppo la tendenza all’egocentrismo e all’onnipotenza per cui crede (come se fosse lui Dio) che le cose esistano solo dal momento che esse vengono scoperte. I cambiamenti climatici ci sono sempre stati (personalmente in Africa centrale ho trovato sedimenti ricoducibili a morene e datati presumibilmente a 700-800 milioni di anni fa) con variazioni tali che il cosiddetto AGW o l’optimum mediovale o la PEC di cui oggi stiamo discutedo sono delle inezie, delle quisquiglie, sono delle gocce d’acqua in un fiume in piena. E direi che proprio alla fede nel numero si stanno mettendo in discussione fatti assodati a facilmente dimostrabili dalle evidenze geologiche presenti sul pianeta. Se io domani volessi fare il fisico astronomico, o il matematico avrei l’accortezza almeno di studiare i meccanismi di funzionamento e di apprendimento di queste discipline. Non capisco perché invece economisti, geografi, matematici ecc. Possano invece arrogarsi il diritto di diventare espertidel clima, o comunque di fenomeni naturali solo grazie alla « forza » di steri numeri ed equazioni.

      La matematica in se é ineccepibile e perfetta perché creata con questo scopo. Una pietra preziona naturale si riconosce da una sintetica proprio perché la prima avrà sempre delle imperfezioni mentre la seconda creata dall’uomo sarà perfetta. Lo stesso vale per i processi naturali, non vi sarà mai formula matemaica o legge fisica che si possa adattare alla perfezione nel spazio e nel tempo. Se Dio ha creato tutto questo si differenzia dalle creazioni dell’uomo proprio perché Dio é capace di essere imperfetto nella sua grandezza mentre l’uomo puo raggiungere la perfezione assoluta solo nei suoi limiti.
      Io credo che la nostra società e la nostra educazione avrebbero bisogno di piu scienza inesatta e meno matematica e modelli, questo aprirebbe sicuramente molto di piu le menti evitando di avere poi cosiddetti scienziati e ricercatori che pubblicano numeri su numeri senza mai scoprire nulla o aggiungere una sola virgola alla conoscenza della realtà.

    • giovanni p.

      p.s. so bene che lei é ingegnere e per questo capisco il suo disaccordo rispetto quanto da me affermato ( anche per i rapporti che ho avuto mi malgrado con ingegneri per questioni lavorative). Le consiglio di cercare di abbandonare un po la perfezione dei numeri per meglio apprezzare la bellissima imperfezione della natura

  5. Guido
    grazie per il post.

    Riguardo il punto

    “Mi sembra che allo stato attuale dei giochi il suo unico appiglio sia la richiesta: ” Dacci I dati ed I codici e facci vedere I calcoli” a cui NS risponde: “Nel mio paper c’ e’ tutto, I calcoli fatteli da solo se ne sei capace”. ”

    il comportamento di Willis e Anthony e’ infantile. Prima criticano I miei lavori e poi scoprono di non sapere neppure che dati ho usato e che modelli matematici ho usato e li pretendono da me nonstante il fatto che tutto e’ gia’ scritto nel lavoro in dettaglio. Questo comportamento e’ molto buffonesco.

  6. Non mi stupisco dei battibecchi personali – credo che viviamo una delle epoche più litigiose di sempre, per quanto riguarda i rapport interpersonali.

    Ho apprezzato molto questo ultimo post di Scafetta, perché è stato capace di spiegare bene certe sue posizioni con analogie comprensibili anche ai non addetti ai lavori (come l’aver citato il numero di parametri usati per la modellazione armonica delle maree). Sono proprio curioso di vedere come controbatte Eschenbach su questo punto.

    • Maurizio Rovati

      Le analogie hanno i loro limiti, a volte, se usate in modo improprio, tendono a nascondere invece che a svelare gli arcani.
      Le maree hanno cadenze giornaliere, mensili e annuali, scandite da fenomeni ciclici astronomici talmente evidenti e precisi da non poter essere messi in dubbio facilmente anche se supportati solo da un’analisi empirica.
      Non esiste, che io sappia, un equivalente mareale delle glaciazioni e degli interglaciali, tanto per fare un esempio.
      Le maree sono anche condizionate da altri fattori che sono costanti come le caratteristiche geografiche, o variabili come quelle metereologiche (per esempio il fenomeno dell’acqua alta di Venezia è riconducibile a entrambi).
      Quindi non penso di essere in errore se ritengo che una modellizzazione matematica delle maree su base empirica possa condurre a predizioni accurate e, soprattutto, verificabili in un arco di tempo parecchio inferiore a quello della vita umana.
      Questo anche a precindere dall’arbitrarietà dei parametri introdotti e comunque ricordando che le maree sono calcolabili con precisione localmente.
      Il problema di fondo della spegazione delle maree è la legge fisica di base, quella di Newton. Senza quella abbiamo dei cicli molto evidenti e predicibili matematicamente, ma in fondo non sappiamo bene perchè succede.

      Il clima è assolutamente diverso sia per la durata dei “cicli” (minimo 30 anni ma solo per “definizione”. Che sia 1/2 del ciclo di Giove?) che per causa, tant’è che alcune cause sono messe in dubbio perchè non è chiaro il meccanismo di fondo e/o la bontà dei dati a disposizione.
      I cicli climatici si svolgono su scale temporali talmente ampie rispetto alla vita umana, alla raccolta dati e ai moderni metodi di analisi tecnico scientifici da richiedere tempi di validazione assai più lunghi, e si è comunque a rischio di prendere lucciole per lanterne dato che alcune ciclicità potrebbero non essere tali ma solo fluttuazioni casuali di un sistema caotico.

      Con questo penso di aver chiarito che l’analogia tra maree e clima ha i suoi limiti logici. Va bene per impostare una ricerca ma non dovrebbe funzionare al contrario condizionando il metodo di analisi necessario e la validità dei risultati ottenuti per il sistema climatico.
      Allora?
      Qual’è la risposta alla domanda fondamentale sul sole, le maree e tutto quanto?
      Ovviamente è 42, tra un milione di anni e anche senza conoscere la domanda, che avrebbe comunque faciitato il calcolo. (http://it.wikipedia.org/wiki/Risposta_alla_domanda_fondamentale_sulla_vita,_l%27universo_e_tutto_quanto)
      SAP
      In altre parole…
      Dato che il processo di trasmissione dell’energia dal nucleo alla superficie del sole richiede circa un milione di anni, i presunti effetti mareali/energetici amplificati di milioni di volte nel nucleo solare, non dovrebbero giungere in superficie appunto con un milione di anni di ritardo?
      A questo punto quali sono i cicli mareali efficaci nel sole?
      Quelli attuali basati sulle posizioni astrali di oggi o quelli esercitati da Giove&C un milione di anni fa?
      O c’è ancora qualcosa che non quadra…

  7. A. de Orleans-B.

    Mi riferisco solo alla forma, non al merito.

    La risposta di Nicola Scafetta alla critica un pò troppo sarcastica (“supercilious”, direi in inglese) di Willis Eschenbach è molto elegante.

    Una forma corretta “pesa”, perché implica rispetto per le tesi altrui, tolleranza, fiducia in se stessi e agevola fortemente il confronto.

    Una vera lezione di stile — grazie!

  8. Alex

    Premetto che le mie arrugginite conoscenze matematiche non mi permettono di entrare autonomamente nel merito della questione e tantomeno commentare l’ eleganza o meno del metodo Scafetta. Comunque da ossrvatore interessato e non completamente sprovveduto vorrei invece commentare il tono della discussione su WUWT.

    Innanzitutto sono rimasto stupito dalla veemenza dell’ attacco di Willis, che in genere seguo e mi piace. Leggendo il suo articolo sembrava che parlasse non di un illustre accademico ma del Mago Otelma (che lui per sua fortuna non conosce). Solo dopo le precisazioni del Dott Scafetta ha dovuto mangiare una notevole quantita’ di “humble pie” (come dicono dalle sue parti).

    Mi sembra che allo stato attuale dei giochi il suo unico appiglio sia la richiesta: ” Dacci I dati ed I codici e facci vedere I calcoli” a cui NS risponde: “Nel mio paper c’ e’ tutto, I calcoli fatteli da solo se ne sei capace”. Insomma un vero e proprio “Mexican stand off” ed io, data la premessa al mio intervento, non sono in grado di giudicare..

    Non capisco la posizione di Anthony Watts, ma piu’ che un’ antipatia per le teorie propugnate da Scafetta, mi sembra che voglia spalleggiare uno dei suoi piu’ prolifici e seguiti collaboratori.

    Diversa e’ la posizione di Leif Svalgaard, che, come avevo gia’ notato in altri, interventi, si ritiene il solo depositario del verbo per quanto riguarda la fisica solare e redarguisce con sicumera e sufficienza tutti coloro parlano del sole senza chiedere il suo preventivo permesso.

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