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L’Optimum Climatico Medioevale nelle temperature della superficie marina dell’Islanda settentrionale

Il Landnámabók, testo islandese del 1125, narra che Thorkel Farserk, uno dei primi coloni vikinghi a giungere in Groenladia al seguito di Erik il Rosso, non avendo una barca a disposizione nuotò attraverso lo Hvalseyjarfjord per andare a recuperare una pecora abbandonata sull’isola di Hvalsey. La larghezza del fiordo (oltre due miglia) ha indotto il dottor Pugh del Medical Research Laboratories di Hampstead a stimare che la temperatura dell’acqua non potesse essere inferiore ai 10°C, contro i 6°C rilevabili in agosto e nella stessa area in epoca attuale1.

La mitezza delle acque marine dell’atlantico settentrionale durante l’optimum climatico medioevale emerge anche da un recentissimo lavoro di Sicre et al2, pubblicato su Earth and Planetary Science Letters e riferito ad analisi effettuate sui sedimenti prelevati al largo del Nord Islanda3. Tali analisi hanno consentito di ottenere una serie storica di temperatura marina superficiale (SST) di 2000 anni con una risoluzione temporale senza precedenti (2-5 anni).

Circa il sito di prelievo si possono fare due considerazioni. Dal punto di vista climatologico si pone in una regione molto sensibile alla North Atlantic Oscillation (NAO), mentre dal punto di vista oceanografico si colloca nella zona frontale sub-polare in cui le acque superficiali sono influenzate dalla corrente fredda e a bassa salinità della Groenlandia orientale Corrente (EGC) e dalla corrente islandese orientale (EJC). Due correnti entrambe fluenti verso sud che si mescolano con le più calde e salate acque del Corrente Nord islandese di Irminger (NIIC), un ramo della corrente nord-atlantica che circonda l’Islanda da ovest. Grazie a queste caratteristiche, il campione (core MD99-2275) ha offerto la possibilità di studiare i cambiamenti nella circolazione oceanica a scala decadale e di indagare il loro legame con la NAO.

Le temperature marine sono state ottenute analizzando gli alchenoni UK37 (chetoni a 37 atomi di carbonio) prodotti dall’alga marina ubiquitaria Emiliania huxleyi. L’indice di insaturazione di tali composti è legato alle temperature dell’acqua in cui i chetoni sono stati prodotti.

sst_1

Questo diagramma riassume i risultati del lavoro di Sicre et al e ci mostra con evidenza la Fase Calda Romana, l’Optimum Climatico Medioevale, la Piccola Era Glaciale ed infine la fase di riscaldamento attuale. La freccia in rosso aggiunta alla figura originale indica i valori di temperatura media annua della superficie marina registrati attualmente nell’area in esame.

Un aspetto importante della serie storica Nord islandese è il brusco aumento di 1-1,5 °C verificatosi intorno al 980 dC, probabilmente imputabile all’insorgere dell’Optimum Climatico Medioevale, il quale si conclude con il brusco raffreddamento intorno al 1350 dC che segna l’ingresso nella piccola era glaciale. Evidente è anche il breve ma intenso periodo freddo che ebbe luogo intorno al 1250 dC. Tali datazioni trovano conferma sia nelle numerose fonti storiche riferite all’area alpina e citate da Leroy Ladurie (1967) e da Monterin (1937) sia in svariate serie storiche ricavate in aree lontane da quella islandese, come ad esempio:

  • la serie del Mare dei Sargassi (Keigwin, 1996);
  • la serie dell’Atlantico orientale sub-tropicale (deMenocal et al., 2000);
  • la serie da sedimenti di estuario della baia di Chesapeake (Cronin et al., 2005);
  • la serie delle temperature della grotta di Spannagel – Austria (Mangini et al., 2005);
  • le serie dendrocronologiche su ginepro dei monti Alai in Kirgizia (Esper et al., 2003);
  • le innumerevoli serie elencate al sito CO2science4.

La coerenza fra serie e fonti storiche provenienti da diverse parti del mondo documenta il fatto che i fenomeni descritti con la serie nord islandese hanno interessato una vasta area e probabilmente l’intero emisfero nord.

La serie islandese e le altre serie citate indicano che la fase di riscaldamento attuale è tutt’altro che un unicum nell’attuale fase postglaciale nota come Olocene. Al riguardo è bene dare un’occhiata alle temperature per l’intero Olocene ottenute analizzando gli isotopi stabili presenti in una carota glaciale prelevata nel sito GISP2 del centro della Groenlandia5.

olocene_temp_1

Nel grafico (Alley 2000), tracciato su dati provenienti dal sito della NOAA  si indica con 4 la fase calda del grande optimum postglaciale, con 3 l’optimum miceneo, con 2 la fase calda romana e infine con 1 l’Optimum Climatico Medioevale.

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  1. fonte: H.H. Lamb, Climate, history and the modern world, Routledge, 1995 []
  2. Sicre, M.-A., Jacob, J., Ezat, U., Rousse, S., Kissel, C., Yiou, P., Eiriksson, J., Knudsen, K.L., Jansen, E. and Turon, J.-L. 2008. Decadal variability of sea surface temperatures off North Iceland over the last 2000 years. Earth and Planetary Science Letters 268: 137-142 []
  3. core MD99-2275: 66 ° 33N, 17 ° 42W, 470 m, velocità di sedimentazione media 250 cm / 1000 anni []
  4. http://www.co2science.org/data/mwp/regions/europe.php []
  5. fonte: Alley, R.B. 2000. The Younger Dryas cold interval as viewed from central Greenland. Quaternary Science Reviews 19:213-226 []
Published inAttualitàClimatologiaMeteorologiaVoce dei lettori

17 Comments

  1. Giovanni Pellegrini

    @Georgiadis

    Mah, parlando solo di ricostruzioni, per rispondere alla sua domanda sull’optimum medievale direi:

    1) Per quel che riguarda la figura dell’ IPCC, le curve nelle quali si vede meglio l’optimum sono quelle di Moberg 2005, D’arrigo 2006, Esper 2002.

    2) Per quel che riguarda Mann2008, l’optimum lo si vede molto bene nella ricostruzione eiv, che Mann dice di essere la piu’ affidabile.

    In verita’ le curve che ho elencato, piu’ che indicare il PCM, sono quelle con una differenza marcata tra PCM e piccola era glaciale. Studi come Mann98, piu’ che il problema dell’hockey stick, presentavano il problema di eliminare le oscillazioni temporali lunghe per il metodo statistico utilizzato, quindi sopprimendo la piccola era glaciale.

    Che poi la media sia -0.1 e’ possibile, ma a questo punto bisogna vedere se adesso e’ veramente molto caldo, oppure se tutte le ricostruzioni sono sbagliate.

    Cordiali Saluti

    Giovanni Pellegrini

  2. teodoro georgiadis

    @Pellegrini

    Mi scuso per il ritardo nella risposta a domanda diretta causa giornata campale.
    Mann et al. PNAS 2008 deduco essere il “Proxy-based recontructions od hemispheric and global surface temperature variations over the past two millennia”.
    Mi sembra che Mariani abbia gia’ in parte risposto alla richiesta di discussione. Mann anche in questo lavoro mi sembra che continui a sostenere, attraverso ricostruzioni, che i roaring 90’s del riscaldamento globale siano ancora imbattuti per almeno i precedenti 1300, se non 1700, anni.
    Ammetto la mia prevenzione a commentare gli ‘spaghetti plot’ di Mann ma sono disposto a leggere piu’ che volentieri i commenti di altri meno indisposti del sottoscritto.
    La prevenzione sui metodi di Mann mi nasce non come una ingiustificata antipatia personale, ma da un sistematica ‘originalita” nel modo di trattare i dati, e mi spiego meglio:
    Steig et al. (Mann compreso) 2009, Nature doi:10.1038, 459-463 ancora ricostruzione di andamenti di temperatura (Antartide in questo caso)e il risultato, un fuso bello diritto li’ dove noi vediamo break-points come se piovesse.
    Sara’ che e’ sempre vero il “non e’ bello cio’ che e’ bello, ma e’ bello cio’ che piace” e ognuno negli andamenti ci vede quello che vuole.
    Io sulle ricostruzioni quindi ho sempre dei dubbi forti, quando poi ti prendono i modelli e si fa il ‘tuning’ nel passato (model predicted patterns of past climate change) facendo la comparison con una Climate field reconstruction methodology…(mi scuso con GG per i puntini perche’ so’ che non piacciono).
    Mi permetto di domandare a Pellegrini: ma tra la figura 3 di Mann PNAS 2008 ed il capitolo 6 del 4AR a cui facevo riferimento, a parte uno-due spaghetti effettivamente piu’ robusti tra il 1000 ed il 1400, negli altri lei ci vede veramente l’optimum medioevale? Io continuo ad avere una vista baricentrica ed il mio occhio tende a cogliere il centro di massa della matassa che mi sembra muoversi almeno a -0.1 di anomalia rispetto ai 90’s.

    Cordialmente

  3. Giovanni Pellegrini

    PS…
    Pigrizia su pigrizia, il package c’e’ gia!non ho piu’ scuse!!!

    Giovanni Pellegrini

    • Luigi Mariani

      @Gravina

      ho letto anch’io la sua nota riferita ai test eseguiti con R e la giudico di grande interesse.
      Dal mio punto di vista il metodo di Mann fu in sostanza un sistema per levare di mezzo tutte le serie che non si adeguavano all’ideotipo individuato dagli autori. A questo punto la ricostruzione venne pubblicata su Nature e poi diviene patrimonio dell’umanità tramite il report IPCC2001. Il grave è che in tal modo furono spazzati via decenni di lavoro (e quel che ancora mi stupisce è la reazione blanda – quasi sotto traccia – di coloro il cui lavoro veniva così annullato).

      A tali valutazioni ero già attivato nel 2006 dopo aver letto il report della Commissione Wegman (Commissione Ufficiale della Società Americana di Statistica promossa dal Congresso USA) che sull’Hockey Stick (HS) giungeva ad una stroncatura basata su un’analisi di tipo statistico condotta in base alla descrizione che Mann dava su Nature del metodo da lui adottato (per inciso ricordo che Mann si è sempre rifiutato di inviare documentazione del metodo da lui adottato alla commissione Wegman).
      Alla stroncatura la commissione Wegman aggiungeva un pesante giudizio di tipo etico sull’Operato di Mann e della comunità dei paleoclimtologi (cito a memoria: comunità troppo piccola, troppo ignorante di statistica e con una rete di interessi e prelazioni tali da far mettere in dubbio la serenità dei referaggi).
      Il mio stupore fu che gli eclatanti risultati di quella commmissione – se avessero scritto tali cose su di me li avrei come minimo sfidati a duello… – parvero non interessare nessuno e l’andazzo è in sostanza proseguito (Mann ha continuato a pubblicare su Nature, i suoi metodi hanno continuato ad essere applicati, ecc. ecc.).
      Se posso permettermi un consiglio, il report conclusivo della commissione Wegman (www.climateaudit.org/pdf/others/07142006_Wegman_Report.pdf) andrebbe letto con molta, molta attenzione, in particolare nei suoi capitoli conclusivi. Vi si colgono infatti elementi di grande interesse per chi voglia capire l’oggi della paleoclimatologia e della scienza del cambiamento climatico.
      Luigi

  4. Giovanni Pellegrini

    @Gravina

    Molto interessante il lavoro con R. Quando verra’ distribuito come package di Fedora, non manchero’ di installarlo, per il momento la pigrizia e’ mia nemica, e anche il lavoro… Non sono molto esperto di statistica, ma il vostro post sul codice di Jeff ID mi pare un po’ tagliato con l’accetta. Mi spiego meglio:

    1) Mi pare che il problema non sia tanto che si possa far emergere qualsiasi segnale di controllo, ma il fatto che si faccia o no uno screening dei dati.
    2) Tuttavia Mann, nella supporting information affronta questo problema di selection Bias, affermando che circa il 40% dei proxy passa lo screening, mentre se il fenomeno fosse puramente casuale, ci si dovrebbe aspettare un rate di passaggio di circa il 15%.
    3) Nei grafici riportati nel vostro post http://www.climatemonitor.it/?p=3080, si riesce a riprodurre qualsiasi segnale di controllo, ma tranne che per il segnale crescente, dove rimane un 20% di proxy, per i segnali decrescenti e sinusoidali, rimangono pochissimo proxy, 5% e 9%. Non mi sorprende che prendendo un numero di proxy arbitrariamente basso, io riesca a riprodurre qualsiasi tipo di segnale. Sarei molto scettico piuttosto se con un numero di proxy sempre alto (non so, 30-40%), riuscissi sempre a riprodurre il segnale che voglio. Penso che questo sia un aspetto da non sottovalutare. Poi ovviamente il metodo CPS puo’ essere criticabilissimo, ma non sono in grado di dirlo con le mie conoscenze, ma mi pare che sorvolare il punto di cui sopra porti a delle conclusioni errate. Inoltre Mann ricostruisce le temperature con un altro metodo (EIV), e’ soggetto anche questo a questo tipo di errori, visto che anche qui ci sono delle calibrazioni?

    In verita’ questa mia considerazione e’ quasi una domanda, cioe’: la mia osservazione qui sopra e’ priva di senso, oppure ho detto qualcosa di giusto? Perche’ alla fine mi pare impossibile che nessuno abbia pensato a questo problema del CPS, e quindi forse non stiamo capendo qualcosa noi.

    Cordiali saluti

    Giovanni Pellegrini

  5. Luigi Mariani

    Mi pare che il dibattito si sia incanalato su binari di confronto fra teorie diverse il che mi pare del tutto fisologico. Per inciso mi domando perché lo stesso dibattito non possa sussistere in altre sedi ove viene di norma ammazzato da un armamentario retorico condito di “ismi”, pianeti da salvare e scomuniche per i reprobi.
    Circa l’optimum medioevale mi permetto di rimarcare le evidenze circa la presenza di colture in areali oggi ritenuti non idonei. Ad esempio l’olivo da olio, che secondo evidenze documentali sarebbe stato presente in Valpadana e sulle Alpi nel medioevo, ancor oggi manifesta enormi difficltà in Valpadana. Ciò perchè ad esempio negli inverni 2005-2006 e 2008-2009 abbiamo registrato gelate a -14°C, quando l’olivo ha una temperatura critica inferiore (temperatura a cui la pianta muore) di -9°C.

    Ho letto che secondo alcuni queste coltivazioni “fuori zona” erano praticate nel medioevo perchè i nostri antenati erano degli sprovveduti. Questo è assolutamente da contestare. Infatti se oggi una Regione (sprovveduta, questa si) ti da un contributo per impiantare olivo in una zona climaticamente non idonea tu non fai altro che chiamare il vivaista e una ditta che esegue impianti e con un esborso economico risolvi il problema. Nel medioevo la fatica umana era molto più spinta di oggi e chi faceva impianti del genere (in genere erano monasteri, come ad esempio in Val d’Aosta o in Valtellina) doveva avere la ragionevole certezza che tutto avrebbe funzionato per decenni. Ciò immagino portasse a spostamenti degli areali colturali assai più graduali di quanto non avvenga oggi.
    Cosa può allora aver garantito una stabilità climatica al medioevo tanto prolungata (dal 950 al 1250) da favorire spostamenti massicci di colture verso areali oggi non idonei? Io credo una fase a NAO fortemente positivo con afflusso persistente di aria subtropicale da sudovest verso l’Europa. E cosa può determinare la persistenza plurisecolare di un tale regime, che oggi persiste per 20-30 anni e non di più? Su questo dovremmo interrogarci, poichè si sa che NAO è solo un indice, valido per un areale limitato, del comportamento del grande vortice polare, che è il grande regolatore del clima del pianeta.
    Del grande vortice polare si parla pochissimo perchè a tuttoggi non esiste una teoria consolidata in grado di descriverne il comportamento. E come fanno allora i modelli a descrivere in modo algoritmico qualcosa per cui non esiste una spiegazione teorica? Misteri gloriosi.

  6. Giovanni Pellegrini

    @Georgiadis

    La Figura 6.10 riporta le ricostruzioni, nelle quali tra l’altro si vede il PCM, ad esempio in Moberg. La figura 6.13 riporta i modelli. Anche li il periodo caldo si vede. E invece che impiccare Mann e l’hockey stick, se per esempio commentassimo Mann pnas 2008 non sarebbe piu’ interessante? Nel senso che prendersela con Mann 98 o 03 e’ come prendersela col sistema geocentrico…le conoscenze avanzano e gli errori vengono corretti.

    Cordiali Saluti

    Giovanni Pellegrini

  7. Mettiamola così. Tutto si fonda sul comportamento delle temperature (anche perchè in termini di detection ed attribution la teoria fa acqua da tutte le parti), allora si comincia a parlare di riscaldamento globale antropogenico, poi visto che quanto accaduto nell’ultimo secolo sembra essere anomalo solo per gli ultimi trent’anni (ma guarda un pò), si restinge il periodo di criticità appunto alla fase finale del XX° secolo. Poi il sole si prende le ferie, la giostra rallenta, poi si ferma e poi (Teo non capisco perchè non dirlo) comincia pian piano a girare al contrario. Così finisce il global warming e nasce il climate change che è più politicamente corretto. Peccato che parlare di climate change quando mancano le basi perchè questo cambi su forzante antropica (ovvero la temperatura) e cercare di mitigarlo è come parlare del sesso degli angeli. Io con i modelli ci campo, senza di loro sarei (e forse lo sono) poco più di un indovino, per cui spero veramente tanto che questa scienza possa fornire qualcosa di utilizzabile a fini di policy. Oggi è così per le previsioni del tempo, forse domani lo sarà per il clima, ma ora non è così. Rispetto alle previsioni dei modelli del 4AR la temperatura e tutto ciò che ne deriva (ghiaccio, pattern di precipitazioni, vapore acqueo, nuvolosità etc etc) stanno andando per i fatti loro. Possibile che non si riesca a far passare questo semplice ma inequivocabile messaggio?
    gg

  8. teodoro georgiadis

    @Pellegrini

    1- non ho detto che si e’ fermato – ho detto che da 10 anni non cresce . Le previsioni dei modelli dicevano il contrario, dico bene?
    2- secondo lei l’Hockey Stick implicitamente (diciamo anche esplicitamente)non nega che le temperature del PCM siano state molto piu’ bassine di quelle odierne?
    3- figura 6.10 del capitolo 6 Paleoclima del 4AR – Lei vede benissimo il massimo medioevale? Dovro’ andare da un oculista!
    E mi scuso anche con Luigi – Non e’ lui ad andare sgembo, forse sono io che ho bevuto.

    Perdonate ma non capisco.
    1- nel 1998 la temperatura media globale fa registrare una impennata. Tutti si mettono a gridare che le temperature piu’ elevate sono concentrate negli ultimi 20 anni e che con l’ultimo dato e’ evidente un punto di non ritorno.
    10 anni dopo a chi fa rilevare che le temperature sono stazionarie si dice: il periodo e’ troppo breve e non puoi parlare di calo perche’ il 1998 e’ stata una anomalia!
    Ma porcaccia miseria, ma sono d’accordo!!!!
    Non si puo’ parlare di calo perche’ 10 anni sono pochi, ma prima 20 erano di piu’ in senso climatico??? No! Se togliamo il 1998 cosa succede alla serie? e dove e’ andato a finire il punto di non ritorno tanto sbandierato da esimi colleghi?
    Non ho detto che si e’ fermato, ho detto che erano un anticchia tirate le ipotesi precedenti.
    2- L’Hockey Stick ci ha riempito le orecchie del fatto che sempre negli ultimi venti anni bla bla bla.
    C’e’ stato uno scontro incredibile su questo e non possiamo negare che HS avrebbe trasferito alla storia un clima piatto che all’improvviso impenna. McKitrik e McIntyre ha sicuramente contribuito (forse con qualche errore ed omissione, ma sembra con meno errori ed omissioni di Mann) a restituirci un clima variabile.
    3- e qui ho un esempio personale. Convegno Thunderstorm 2007 ad un mio accenno all’HS mi segnala che nell’ultima versione del 4AR moltissimi modelli di fatto replicano l’andamento di Mann (per l’esattezza 12) e mi si fa vedere la figura appunto 6.10.
    Cosa ci dice questa figura? ci dovrebbe dire che se 12 modelli grossomodo vanno di conserva allora. Bene pochi giorni dopo esplode un altra discussione basata sul fatto che i 12 modelli non sono affatto indipendenti e quindi non possono essere utilizzati come base di validazione. Nello stesso periodo diversi ricercatori mettono in discussione l’esistenza dell’optimum medioevale.

    Pellegrini probabilmente non ci eravamo capiti nei post precedenti.

  9. Giovanni Pellegrini

    @Georgiadis

    Ma mi scusi, a me pare che

    1-Il periodo e’ troppo corto per dire che il riscaldamento si
    e’ fermato
    2-Nessuno nega che il PCM sia esistito, e che non sia stato globale, o quantomento emisferico
    3- il periodo caldo medievale nei modelli dell’AR4 si vede benissimo. E senza voler prendere in causa l’IPCC, come avrebbe fatto von Storch a criticare le ricostruzioni di temperatura di Mann, se i modelli avessero dato un output piatto?

    Cordiali Saluti

    Giovanni Pellegrini

  10. Claudio Costa

    @ Luigi Mariani

    “…è quella secondo cui l’Optimum medioevale sarebbe stato un fenomeno locale. Su questa interpretazione viene spontanea la risposta “locale un corno” perché svariate serie che ci si trova a visionare nelle più diverse aree del nostro emisfero mostrano tale fenomeno con valori termici simili e talora superiori a quelli della fase attuale.”

    Infatti e non solo, questi i pochi grafici sull’emisfero sud.

    http://www.wpsmeteo.it/index.php?ind=news&op=news_show_single&ide=814

  11. teodoro georgiadis

    TAR IPCC mazza da Hockey, Mann McIntyre McKitrick diatriba ecc ecc.
    4AR IPCC 12 modelli (mi sembra se non di piu’) diversi (va beh si fa per dire) tutti belli spianati, tavoli da boccette fino all’inizio delle emissioni di CO2 e va-va-vumm l’impennata.
    Ergo: forse Mann avra’ anche fatto qualche piccolo errore ma una paccata di modelli indipendenti alla fine gli danno ragione!!!
    E tu mi vai ancora sgembo??? Ah ma allora lo vedi che alla fine ‘negazionista’ quasi quasi non e’ neanche tanto sbagliato.

    Allora quali sono i punti critici oggi:
    1- da 10 anni le temperature non crescono (lasciamo perdere se calano)
    2- esistono prove paleoclimatiche forti dell’esistenza dell’optimum medioevale
    3- tutti i modelli rifiutano di vedere l’optimum medioevale, ma vedono la continua crescita delle temperature.
    Io la domanda non la vorrei neppure formulare ma per dovere di chiarezza: come si spiegano questi 1-2-3 fatti insieme????
    Io una spiegazione ce l’avrei ma poi mi si dice che non credo nei modelli (appunto).

  12. Luigi Mariani

    In effetti i due ultimi report di IPCC hanno aperto una frattura incolmabile rispetto ai lavori precedenti aprendo la strada alla scienza del cambiamento climatico, che a mio avviso è tutt’altra cosa rispetto alla scienza del clima che fu di Bergeron, Koeppen, Lamb, Pinna, Thorntwaite, Conte, Palmieri e tanti altri.
    La scienza del cambiamento climatico si fonda su:
    – ricostruzioni dei climi del passato su basi nuove rispetto a quelle effettuate in precedenza
    – modelli di simulazione dinamica (GCM) per prevedere i climi del futuro.

    Limitandoci alla sola ricostruzione dei climi del passato, è noto che la giustificazione allo “spianamento” dell’optimum medioevale che Mann e C. operarono con la famosa “mazza da Hockey” che fu il cavallo di battaglia del report IPCC del 2001 (mazza che, lo ricordo, è da considerare un falso operato utilizzando in modo non corretto una metodologia statistica – a dimostrarlo c’è il rapporto finale della commissione della Società Statunitense di Statistica presieduta dal professor Wegman) è quella secondo cui l’Optimum medioevale sarebbe stato un fenomeno locale. Su questa interpretazione viene spontanea la risposta “locale un corno” perché svariate serie che ci si trova a visionare nelle più diverse aree del nostro emisfero mostrano tale fenomeno con valori termici simili e talora superiori a quelli della fase attuale. In proposito si veda ad esempio quanto riporta Loehle nel 2007 (Loehle C., 2007. A 2000 year global temperature reconstruction based on on-treering proxies, Energy and environment, vol. 18, n.7+8, 1049-1057).

    Sempre in relazione alle nuove ricostruzioni dei climi del passato presenti nei due ultimi report IPCC mi stupisco del fatto che gli storici non abbiano battuto ciglio accettando ricostruzioni del clima del medioevo che in sostanza smentiscono un numero elevatissimo di prove documentali (dai vichinghi che allevano bestiame grosso e coltivano cereali in Groenlandia alla coltivazione dell’olivo in Valpadana e sulle Alpi).
    A tale riguardo sono reduce dalla lettura di un articolo in cui Leroy Ladurie esprime la propria adesione alla teoria dell’Anthropogenic Global Warming.
    Leroy Ladurie è lo storico di grande valore che con le sue ricerche originalissime ci aveva donato un lungo elenco di eventi caratteristici dell’Optimum medioevale. Oggi in sostanza egli ci dice che occorre inchinarsi alla gran quantità di scienziati che in sede IPCC sostengono la teoria dell’Anthropogenic Global Warming, quantità che darebbe a suo avviso indice di veridicità della teoria stessa.
    E qui, nonostante l’enorme stima che nutro per il professor Leroy Ladurie, non posso in alcun modo giustificare su base razionale la sua posizione, anche perché non posso scordare le considerazioni di Galileo il quale scriveva (cito a memoria) che fare scienza è assai più un esercizio di velocità che di trazione, per cui un destriero arabo varrà sempre molto ma molto di più di 100 cavalli frisoni (da tiro).

  13. AR4? Cos’è un nuovo modello vintage della gloriosa Renault4?
    😉

  14. teodoro georgiadis

    Luigi io piu’ guardo i tuoi grafici e meno mi assomigliano a quelli del 4AR. Ci sara’ un motivo? Vai sgembo nel disegno?

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