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Una semplice domanda…a cui non giungerà risposta

L’amico Fabrizio Giudici mi ha segnalato un articolo uscito tra le inchieste del quotidiano la Repubblica. Nel pezzo si lamenta l’arresto dei provvedimenti normativi con cui si dovrebbe cercare di fronteggiare il disfacimento climatico giudicato ormai in atto sul nostro territorio.

 

Uragani nel Mediterraneo e alluvioni lampo Senza fondi il piano per il clima impazzito

 

E’ un classico caso di consulenza scientifica verso i decisori, ossia nei confronti di chi fa le policy. Nell’occhiello una parte ‘saliente’ del pezzo. Vediamola:

 

 

“Dal 2008 a oggi l’aumento dei temporali molto intensi è stato netto”, ricorda il climatologo Vincenzo Ferrara. Inoltre si è registrato un fatto inedito: l’arrivo dei medicanes, gli uragani del Mediterraneo, vortici di 200 chilometri di diametro al posto di trombe d’aria larghe 500 metri. E tutto si abbatte su un paese già segnato dal dissesto idrogeologico.

 

Domanda. La consulenza scientifica si suppone sia suffragata da letteratura scientifica, ovvero da studi, ricerche e campagne di osservazione i cui risultati siano stati raccolti, ordinati e soggetti a referaggio per successiva pubblicazione su riviste scientifiche, ovvero perché il grande pubblico, interessato e non, possa acquisire conoscenza sicuro di avere a che fare con notizie la cui autorevolezza non è nel nome di chi li presenta, ma nel processo scientifico che le ha generate. Sicché, al giornalista scientifico che riporta il virgolettato e all’esperto che lo pronuncia chiediamo: dove sono i dati, le misure, gli studi e le ricerche da cui si evince l’incontrovertibile “netto aumento dei temporali molto intensi“?

 

Dato il titolo di questo post mi rispondo da solo, felice di essere eventualmente smentito. Non ci sono. Con la letteratura scientifica disponibile attualmente, tra l’altro piuttosto scarsa e con analisi dei dati ferma alla fine del secolo scorso quindi ben prima del 2008, si giunge alla conclusione che le precipitazioni sono leggermente diminuite in valore assoluto, mentre la loro concentrazione in tempi brevi ha visto un altrettanto lieve trend positivo. Si potrebbe anche dire che da allora le cose sono ancora cambiate, ma sarebbe speculativo in assenza di dati oggettivi. Di qui a dire che sono aumentati i temporali molto intensi c’è una bella differenza. Se poi si vuole che questo sia accaduto a partire da un dato momento la differenza diventa enorme.

 

E quella differenza la fanno le misure, per esempio sul rain rate, parola difficile ma che chi suggerisce policy dovrebbe conoscere: è la quantità d’acqua che cade in un dato lasso di tempo. Dopodiché, magari, sarebbe anche interessante sapere come, quando e perché sarebbero avvenute delle modifiche al gradiente termico verticale, all’energia disponibile per le precipitazioni, alla quantità di vapore disponibile (che è il vettore di quell’energia) e alle condizioni di circolazione atmosferica che ne favoriscono la dissipazione attraverso le piogge. Infine, ultimo ma non meno importante, sarebbe bello conoscere come queste modifiche sono attribuibili ad un trend delle temperature medie superficiali positivo, posto che questo abbia del tutto o in parte origini antropiche e non naturali. Insomma, vorremmo tanto fare il salto della lunghezza giusta che serve per passare dalla climatologia di un singolo paramentro, la temperatura superficiale, alla meteorologia, cioè alla dinamica ed alla fisica degli eventi atmosferici. Siamo ansiosi di passare le prossime dieci, cento, mille notti a leggere la gran messe di lavori che pioverà sulle nostre povere teste.

 

Infine, circa gli uragani nel Mediterraneo, vi consiglio la lettura delle bellissime pagine create da Daniele Bianchino sull’argomento, di gran lunga più esaustive e chiarificatrici del concetto di “trasferimento dei tropici a casa nostra” espresso nell’articolo.

 

Ah, dimenticavo…se qualcuno volesse rispondere siamo qui eh?

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Published inAttualitàMeteorologia

12 Comments

  1. Salve a tutti, mi dispiace leggere questi commenti soltanto dopo un anno, ma non mi ero proprio accorto di questa pagina.
    Luigi Mariani: Caro Luigi, non metto in dubbio la sua preparazione ovvia, ma su questo fatto alcuni ancora la pensano come lei, sempre meno per fortuna, ma non è un attacco, capisco lo scetticismo indotto da anni di vecchi studi. Che alcuni cicloni tropicali si formino in area sub-tropicale, non è una teoria, ma è un dato di fatto da quando esistono i satelliti metereologici. Il 95% dei cicloni si crea in area tropicale ovviamente, ma una piccola parte si forma in area sub-tropicale-temperata con un origine inizialmente extra-tropicale. E’ un dato di fatto che alcuni cicloni extra-tropicali o sub-tropicali si trasformino in cicloni tropicali (tropical transition). Cicloni Tropicali come Karl’1980, Vince’2005, Grace’2009, Charly’2012 hanno avuto tutti un origine inizialmente non tropicale, tutti alle stesse latitudini del Mediterraneo, tutti occorsi nei mesi autunnali, su temperature marine simili e tutti con grandezza ed intensita’ limitata (causa temperature marine non eccessive ovviamente); sono solo avvenuti ad owest della penisola iberica, mentre i medicanes avvengono ad est della stessa. Del resto il Mediterraneo non è altro che una propaggine (ormai semi chiusa) dell’ Altantico subtropicale; sono lo stesso identico fenomeno 2000-4000 km ad est. Un fenomeno naturale se ne infischia del luogo geografico, si forma quando trova condizioni adatte al suo sviluppo. Secondo la terminologia metereologica il ciclone tropicale è un ciclone a cuore caldo, non frontale, con convezione temporalesca centrale e venti chiusi attorno ad un centro ben definito, originatosi su acque tropicali o subtropicali del pianeta. Non ci sono quindi limiti geografici, di temperatura, di tempo, di spazio; importante avere quelle condizioni, che a volte, in precise circostanze, avvengono anche sul Mediterraneo. Il suo legame a vecchi studi e pensieri è racchiuso nell’ affermazione ” le temperature autunnali dei mari tropicali sono tutt’altra cosa rispetto a quelle raggiungibili nel Mediterraneo”.. frase corretta, ma che non smentisce il formarsi di cicloni tropicali in area sub-tropicale/temperata. I vecchi pensieri scientifici vedevano il formarsi di cicloni tropicali “solo” su acque superiori a 26,5°C. Questa regola è stata smentita da decine di ciloni tropicali occorsi. Karl nel novembre del 1980 si sviluppa su acque di 20°C. Grace nel Ottobre 2009 su acque di 21°C. Vince ottobre 2005 mare di 23-24°C. Il ciclone Mediterraneo del Settembre 1983 su acque di 25°C, il ciclone Mediterraneo del Ottobre 1996 su acque di 23-24°C. Ripeto, in alcune circostanze, un fenomeno naturale come un ciclone non è fiscale sui limiti di temperatura teorizzati da noi umani.

    Franco Zavatti e donato: Ciao ragazzi, diversi anni fa, i casi noti erano soltanto 4 o 5. Oggi
    parecchi di piu’; io personalmente ho perso ore ed ore a cercare possibili casi negli archivi satellitari del noaa, ma per quanta passione sia è abbastanza stancante. Sono stato comunque premiato con decine di nuovi casi; C’erano molti cicloni non noti, perche’ non grandiosi al satellite o perche’ hanno avuto il loro massimo sviluppo in mare aperto, e quindi non hanno causato danni o alluvioni; Altri, seppur potenti enormi e spettacolari appartenevano al gruppo dei cicloni extratropicali, e non sono stati quindi inclusi; sono stato molto fiscale. Ho altri eventi da aggiungere, ogni tanto costruisco la scheda di un nuovo anno, ma lavorando anche 12h al giorno non ho quasi mai tempo.
    L’archivio satellitare noaa parte dal 1981, quindi è ovvio che tutto quello che è avvenuto prima io non posso saperlo; E’ chiarissimo che ci sono stati altrettanti eventi negli anni 20,30,40,50,60,70 ma non li sapremo mai. Oggi i satelliti li abbiamo 24h su 24h, è normalissimo che trovata fenomeni in crescita negli ultimi anni, ma in realta’ credo siano avvenuti da sempre con la stessa frequenza.

    Riccardo Biondi: Non credo nemmeno io che questo tipo di cicloni siano aumentati; Il mio elenco, proprio come avete notato, non è completo, e non puo’ esserlo, per i motivi appena spiegati sopra; Come tu scrivi, ci sono stati eventi gravi anche su terraferma, in altre circostanza (temporali supercellulari, bombe d’acqua, alluvioni, ecc.) ma il mio sito è mirato solo a ciclogenesi (di tipo tropicale / sub-tropicale), non parla di eventi eccezionali in genere. Per un quadro completo generale su eventi gravi, un eventuale studio dovrebbe sommare gli eventi del mio sito a molti altri eventi gravi avvenuti in Italia; Molti dei cicloni da me riportati non hanno nemmeno causato danni, perchè hanno avuto il loro massimo potenziale in mare aperto. Nel mio sito ad esempio, sono riportate le alluvioni causate direttamente o indirettamente da questo tipo di cicloni (es: Genova 2011), ma non altre alluvioni accadute in altre circostanze (es: Sarno 1998).

    giovanni p. :Sono daccordo con te giovanni, non è piu’ come una volta, non si studia piu’ come una volta, come non si fa piu’ giornalismo come una volta e gli stessi studi scientifici, a volte, non sono piu’ come quelli di una volta. Soventemente si sentono dire baggianate basilari da geologi e metereologi in televisione, che uno si chiede “se dimostra ignoranza lui come fa a stare li”? Aggiungo che al giorno d’oggi i piu’ ignoranti usano internet quasi in maniera “terrorista”, si divertono a distorcere la realta’, a farci credere a complotti segreti, alieni al governo, terremoti creati dall’ uomo, tempeste create dall’ uomo o dalle scie chimiche, cambiamenti climatici imminenti catastrofici, astronavi e citta’ aliene su Marte e sulla Luna..e la cosa peggiore è che moltissime persone “abboccano” , credono in queste storielle, storielle che vengono spesso divulgate su giornali, siti, video, e vengono date quasi per certe. Ricordo ancora il 2012 quando migliaia di persone credevano nella fine del calendario Maya e del MOndo, dell’ avvicinarsi del pianeta “Nibiru” e difendere in maniera assurda le loro fantasiose teorie; decine di pagine a scrivere che il pianeta Nibiru non esiste, che se esistesse e fosse cosi’ vicino sarebbe stato gia visto dai telescopi gia decine di anni fa..è inutile dilungarmi troppo..oggi io continuo a scrivere, quelle centinaia di persone tacciono; sono semplicemente state fuorviati da cattive e false notizie del web.

    Daniele Bianchino
    Roma

  2. Marcello Miglietta

    A proposito di Medicanes, e del loro cambiamento di intensità e numero nel clima del futuro,
    segnalo un paio di articoli, uno appena pubblicato (Romero and Emanuel, 2013
    http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/jgrd.50475/abstract) l’altro di prossima pubblicazione
    (Cavicchia et al., 2013) che concordano, pur utilizzando metodologie diverse,
    nell’indicare una riduzione del loro numero ma anche un aumento della loro intensità per fine secolo,
    suggerendo pertanto una probabilità maggiore di importanti impatti economici e sociali.
    Marcello

  3. robertok06

    Abbiate pazienza, cercate di capirlo… Cianciullo ha una laurea in lettere, non si puo’ pretendere troppo.

    Quanto al numero e tipo di disastri, climatici e non, un interessante sito…

    http://www.cred.be

    Roberto

  4. Quando ho letto quell´articolo di repubblica mi son fatto una risata anche io, poi son andato a guardare il CV di Vincenzo Ferrara e mi e´ venuto da piangere pensando che e´ considerato uno dei maggiori esperti nel settore dai policy makers 🙁
    Un altro sito, non esaustivo, ma utile sui medicanes e´ questo: http://www.uib.es/depart/dfs/meteorologia/METEOROLOGIA/MEDICANES/
    Per quanto riguarda le statistiche riportate da Franco Zavatti non credo siano molto significative, sia perche´ (come ha rilevato Donato) vengono prese in considerazione medicanes, tempeste e depressioni senza nessuna distinzione, sia perche´ l´archivio di Bianchino (sicuramente utile) non puo´ esser considerato completo. Sistemi convettivi di intensita´ (magari non delle stesse dimensioni) pari alle tempeste/depressioni considerate per questa statistica si possono sviluppare anche su terra provocando anche maggiori danni. Riguardo ad una intensificazione e all´aumento dei casi ci andrei molto cauto, sono anni che sento le stesse cose sui cicloni tropicali e non esiste assolutamente nessuna evidenza scientifica che lo confermi.
    Le uniche differenze tra “oggi” e il passato sono:
    – oggi e´ piu´ semplice monitorare questi eventi e catalogarli grazie ai satelliti e ai computer
    – oggi e´ piu´ semplice venire a conoscenza di cio´ che accade grazie alla maggior diffusione dei media
    – i danni provocati aumentano (economicamente) anche perche´ c´ ´e una maggiore impatto antropico nella gestione del territorio
    Sia chiaro, magari i medicanes sono veramente aumentati, ma ad oggi dal punto di viste scientifico sono solo chiacchiere.
    Saluti a tutti.

  5. crescenti uberto

    Ho letto con evidente interesse sia l’articolo che i vari commenti. Condivido del tutto con quanto riferito, in particolare con l’intervento di giovanni p., come me geologo. Probabilmente l’approccio storico-geologico con le vicende passate del nostro Pianeta ci porta a conclusioni comuni. Desidero ricordare che ogni volta che in questi ultimi decenni si verifica in Italia una catastrofe idrogeologca (frane ed alluvioni in particolare) si grida sempre che è colpa del riscaldamento globale del nostro Pianeta ed in articolare della CO2 immessa in atmosfera dall’Uomo. La strumentalizzazione delle catastrofi per fini diversi è così soddisfatta. Non voglio con questo dire che l’articolista di Repubblica è influenzato dal proprietario che con la Sorgenia ha bisogno di valorizzare le energia alternative che ci “proteggono” dalla CO2, però qualche dubbio è opportuno porselo. Ricordo che in occasione dell’alluvione che nel 2009 colpì il Piemonte, il coro mediatico sull’attribuzionedella catasdtrofe al riscaldamento globale, ed in particolare all’uomo, fu per me assordante per non dire irritante. Preparai così un documento che inviai a varie testate di giornale e della televisione, senza avere nessun riscontro, pur essendomi firmato come professore di geologia applicata e past-President e della Società Geologica Italiana. Nell’occasione ricordai un documentato lavoro pubblicato da Tropeano e Turconi dell’IRPI (Istituto di Ricerca Protezione Idrogeologica) di Torino (pubblicazione n.2058 del Gruppo Nazionale Difesa Catastrofi Idrogeologiche del CNR) in cui si riferivano eventi del tutto simili accaduti in secoli precedenti in Piemonte.

  6. Luigi Mariani

    Caro Guido,
    io sono fieramente contrario a confondere la ciclogenesi mediterranea (che rientra a tutti gli effetti fra i fenomeni exrtatropicali) ed i cicloni tropicali. D’altronde le temperature autunnali dei mari tropicali sono tutt’altra cosa rispetto a quelle raggiungibili nel Mediterraneo. Inoltre nell’uso del termine ciclone colgo una deriva ansiogena rispetto a fenomeni da sempre presenti nel nostro bacino, con i quali conviviamo da millenni e che vanno trattati come peculiarità del nostro clima (che come ben sappiamo è un unicum a livello globale).
    L’unico modo per approcciare il problema delle frequenza dei fenomeni di ciclogenesi nel nostro bacino è ragionare in termini di climatologia dinamica e su questo ricordo che sulle aree ciclogenetiche del Mediterraneo ci sono lavori oltremodo interessanti già negli anni 50 e 60, fatti da ricercatori operanti presso l’UK Metoffice o presso il nostro Servizio meteorologico dell’Aeronautica.
    Ragionare di climatologia dinamica significa guardare le carte meteorologiche, cercarsi i minimi chiusi sul nostro bacino o nelle aree circostanti e verificarne le traiettorie. Ci sarebbe da fondare un’associazione per fare questi lavori che nell’era dei GCM sono disdegnati dai più perchè non sono ben visti sulle riviste scentifiche in quanto considerati poco innovativi.
    Luigi
    PS: Circa infine le affermazioni del grande climatologo Vincenzo Ferrara, mi limito a dire che ci vuole un bel coraggio a parlare di trend di rilevanza climatologica su archi di tempo quinquennali… Quella a casa mia si chiama variabiità interannuale.

  7. Franco Zavatti

    Donato, hai ragione. Gli eventi evoluti in medicane sono 1 o nessuno in tutti gli anni considerati. Spero che Bianchino possa completare l’ottimo lavoro integrando i dati raccolti finora. Certo, i venti a 145 km/h di Cornelia (’96) sono stati terribili, ma credo che non sarei stato molto contento di trovarmi sotto i 480 mm di pioggia in 4 giorni (di cui 285 solo il 4 ottobre) di Samir, anche se il primo evento era un medicane e il secondo una tempesta tropicale. Per questo ho usato tutti i dati che Bianchino ha ritenuto di dover (o poter) registrare: sono eventi che in Mediterraneo possono accadere e sono accaduti anche quando Petrarca non aveva il SUV ma, date le frequenze, non sono certo eventi normali, medicane o tempeste tropicali che siano.
    Ciao
    Franco

  8. Franco Zavatti

    “…bellissime pagine create da Daniele Bianchino…”
    E’ vero, sito molto bello e documentato che smentisce l’eccezionalità “antropogenica” dei cicloni mediterranei. Però dal suo elenco (in costruzione) dei cicloni del Mediterraneo risulta una loro crescita costante dal ’76 al 2011.
    http://www.webalice.it/franco.zavatti/www/clima/medicanes.pdf

    • donato

      Franco, ho notato, però, che mentre negli anni ’70 e primi anni ’80 sono stati classificati solo eventi che sono evoluti fino al livello di medicanes, negli ultimi anni, nei grafici, si notano anche eventi che evolvono fino allo stato di tempeste tropicali mediterranee o depressioni tropicali mediterranee senza mai raggiungere lo stato di medicanes (nel 2011, infatti, non si vede alcun medicane). Il trend che tu hai trovato è riferito all’insieme di tutti questi eventi ciclonici. Sarebbe interessante sapere se negli anni ’70 ed ’80 si sono verificate anche tempeste e depressioni tropicali mediterranee perchè se, per esempio, all’epoca non si dava importanza a questi fenomeni (diciamo più “normali”) il trend potrebbe non essere significativo. La mia, ovviamente, è solo un’ipotesi e potrebbe rivelarsi del tutto falsa. Spero che qualcuno possa chiarire la questione.
      Ciao, Donato.

  9. giovanni p.

    Quando ho fatto i miei studi universitari in geologia nei lontani anni 90, era sulla bocca di tutti i docenti che si occupavano di fenomeni geologici profondi e superficiali il termine “tempo di ritorno”. Il concetto di evento collegato ad un tempo di ritorno era una cosa chiara e assodata e come tale ci é stata insegnata. In linea di massima il concetto é che qualsiasi evento é ciclico e l’intervallo tra un evento e quello successivo é definito come tempo di ritorno. Ora in linea di massima piu l’evento é intenso ed estremo piu il tempo di ritorno é lungo, si puo passare dai misi agli anno ai milioni di anni e piu a seconda che si parli di frane uragani terremoti eruzioni vulcaniche glaciazioni granid e piccole, cicli orogenici ecc.
    Per cui all’epoca, finiti gli studi era chiaro che eventi alluvionali come ad esempio quellio di piemonte e valle d’aosta degli anni 90che causarono morti e devastazione furono considerati da tutti come eventi “normali” solo particolarmente intensi e con tempi di ritorno pluridecennali. Infatti andando a guardare la letteratura storica e anche le evidenze geologiche dei sedimenti fluviali recenti ed attuali a tutti era chiaro come questi eventi si fossero ripetuti da sempre nel passato storicoo e preistorico della regione. Semplicemente i tempi di ritorno di questi eventi essendo meidamente di 20-30 anni erano tali che l’uomo nel frattempo si era dimenticato della lezione della storia e aveva costruito dove non doveva. Infatti i provvedimenti presi furono quelli di rifare la cartografica geologica geomorfologica e di designare delle zone di territorio a riscchio ( le famose classi di edificabilità che esistono tutt’ora). Bene ora tutto questo modo di vedere, affrontare ed impostare le problematiche é completamente cambiato, evidentemente tutti gli esperti attuali hanno seguito atri corsi e altra formazione, non sento piu parlare di ciclicità, di tempi di ritorno, di abusi fatti dall’uomo che costruisce dove non si puo, sento solo piu parlare di eventi eccezionali di cose mai viste, di ppm di CO2 che causano ogni tipo di disastro e fenomeno su questo pianeta. Mi sembra che ormai gli esperti attuali siano stati formati tutti in una scuola creazionista in cui si apprende che all’inizio c’era il paradiso o l’Eden, tutto era perfetto e armonico, poi un giorno mangiando una mela avariata si creo’ unproblema di aerofagia che inquino’ l’ambiente di CO2 e causo la devastazione del paradiso trasformandolo in un inferno, quello attuale in cui viviamo noi. L’approccio mi sembra quello degli sciamani piuttosto che quello famoso del metodo scientifico.
    Evidentemente troppa informatica, troppi pc troppi modelli stile video games nuocciono gravemente alla salute neuronale di chi dovrebbe fare scienza e ricerca, evidentemente ad un certo punto della storia recente a livello universitario globale ci dev’essere stato un cataclisma che ha spazzato completamente il modo di fare ricerca e di pensare sostituendolo con questa cieca fede nei modelli. La memoria storica e non solo é cancellata, si guarda solo al futuro con queste previsioni sintetiche e si dimentica competamente il passato e la storia sia umana che geologica.
    A questo va agguinto che ormai da decenni si é completamente dimenticato il concetto di abuso sul territorio sulle risorse da parte dell’uomo, perisno da parte degli stessi ambientaliti per i quali ormai il solo problema é la CO2. Nessuno dice piu che se manca acqua é perché é aumentato a dismisura il suo consumo ( o perché le reti sono dei colabrodi), o che i fiumi srimangono secchi per gran parte dell’anno perché sono prosciugati dall’uomo che utilizza le sue acque a partire dalla sorgente. Oppure pensare che se si costruisce nelle aree di espansione fluviale o a valle di una frana o si imbrigliano e canalizzano i corsi d’acqua o si disbosca senza ritegno succederanno prima o poi delle catastrofi senza se e senza ma. L’unica colpa dell’uomo é la CO2, tutto il resto va bene. Come uno che si butta dal balcone si frattura le ossa e dice “che sfiga!”.
    Io non so veramente dove andremo a finire, con questa cecità dilagante attendo uno sviluppo futuro in cui torneremo a fare sacrifici umani per placare la collera degli dei ad ogni temporale, alluvione e frana ma nel frattempo l’alveo del po sarà diventato un bellissimo centro commerciale con 10 sale cinema fitness solarium e area giochi per i piccoli.

  10. Mi permetto di porre una nuova domanda 🙂 Visto che la catastrofe è imminente, abbiamo solo dieci anni di tempo, eccetera, perché – come dice Guido – non ci sono analisi dei dati dal 2000 ad oggi? Nessuno ha avuto voglia o tempo? Oppure c’è qualche motivo che mi sfugge?

    • Luigi Mariani

      Caro Giudici,
      quando si parla di aumento degli eventi estremi nel Mediterraneo si fa sempre riferimento all’articolo di Alpert et al. del 2002 riferito al periodo 1951-1995, un lavoro che tempo mi lascia perplesso sia per il fatto che alcuni grafici attestano la presenza di outlyers nelle serie analizzate (in particolare il grafico dei trend per l’area italiana ha dei dati che non stanno nè in cielo né in terra) sia per il titolo in puro stile catastrofico:

      Alpert P., Ben-gai T., Baharad A., Benjamini Y., Yekutieli D., Colacino M., Diodato L., Ramis C., Homar V., Romero R., Michaelides S., Manes A., 2002. The paradoxical increase of Mediterranean extreme daily rainfall in spite of decrease in total values, Geophys. Res. Lett., 29, 1536, doi:10.1029/2001GL013554.

      Stanti questi presupposti, io e l’amico Simone Parisi ci siamo messi in testa di verificare la bontà del lavoro di Alpert et al. A tale scopo abbiamo investito alcuni mesi di lavoro nell’analisi delle serie storiche di precipitazione sull’intero bacino del Mediterraneo (135 in tutto, che poi sono quelle che sono rimaste dopo aver escluso le stazioni con troppi dati mancanti o con outlayers) e per un periodo che va dal 1973 al 2011, alla ricerca di trend negli eventi estremi. Per far ciò abbiamo applicato lo stesso metodo utilizzato da Alpert et al. La nostra fatica (che non parla solo di eventi precipitativi estremi ma anche di climatologia dinamica) sta ora per uscire per i tipi del Springer per cui non posso anticipare molto, se non alcuni brevi brani tratti dalla conclusione e cioè:

      “The results referred to averages show that for the whole dataset and for western stations the trend is not significant for the main part of the rain classes, testifying the substantial stability of phenomena. ….
      The above-described behaviour of the whole basin and of the western sub-basin seems to confute the “paradoxical increase of Mediterranean extreme daily rainfall” claimed by Alpert et al. 2002″

      Mi pare che questo la dica lunga sul fatto che lavorando sui dati in modo serio ed aplicando metodologie ormai consolidate si possano sfatare luoghi comuni che sono fondati su lavori vecchi e di qualità dubbia.
      Voglio infine ricordare che l’amico Parisi ed io facciamo queste ricerche per hobby, forse perchè vittime dalla pubblicità dell’amaro Montenegro….
      Questo per dire che prima o poi ci stancheremo di impiegare il nostro tempo libero a combattere i mulini a vento e lasceremo il campo ai veri professionisti del clima.

      _________________________________
      Luigi, ho sistemato il commento.
      gg

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