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L’Inghilterra ci ripensa, e noi?

Problemi politici ma soprattutto economici quelli alla base delle recenti dichiarazioni del Primo Ministro inglese David Cameron, dichiarazioni però che, con riferimenti ai temi ambientali sono decisamente in controtendenza. Quelle che seguono le sue parole (da GWPF):

 

Abbiamo bisogno di rivedere alcune delle regolazioni ambientali e tasse che spingono verso l’alto le nostre bollette. Sappiamo tutti chi le ha generate.

 

Al di là del sapore squisitamente politico e propagandistico della seconda frase, che evidentmente punta il dito sulla fazione politica avversa, resta il fatto che il governo britannico, come molti altri in Europa, ha un serio problema energetico. Si profila quindi un allontanamento definitivo dalle regole del mercato come spiegava Carlo Stagnaro dell’Istituto Bruno leoni qualche giorno fa.  In sostanza, quello che si profila all’orizzonte, e qui si aprirà un interminabile dibattito tra chi è pro e chi è contro, è un ritorno all’energia nucleare con la collaborazione della Cina e dei cugini francesi di EDF, i quali hanno però preteso un prezzo minimo garantito circa doppio rispetto al valore di borsa dell’elettricità.

Il ripensamento quindi, non sembra essere quello di una nazione che si è data degli obbiettivi di riduzione delle emissioni troppo ambiziosi (molto più di quelli della UE per esempio, di per se’ già draconiani) e cerca di fare dei passi indietro, quanto piuttosto quello di una nazione che, proprio per raggiungere quegli obbiettivi – e forse smettere anche di pagare l’anergia a peso d’oro – vuole sviluppare tutte le tecnologie a bassa intensità di carbonio, compresa appunto quella nucleare. Agli ambientalisti duri e puri la faccenda non piacerà, anche perché, sepmre come scrive Stagnaro, si dovrà decidere se per l’ambiente è più pericoloso il riscaldamento globale, da combattere senza se senza ma con l’abbattimento delle emissioni, oppure l’energia nucleare, che malgrado i fatti di Chernobyl e Fukushima, sembra essere l’unica fonte energetica capace di far raggiungere il livello di decarbonizzazione desiderato.

 

Tempi diversi, attegiamenti molto diversi nei confronti del mercato, ma scelte simili a quelle con cui sempre dall’Inghilterra, negli anni della Tatcher (poi forse redenta), nacque e si diffuse nel mondo la preoccupazione per il riscaldamento globale indotto dalla concentrazione di CO2, culminata proprio con un grosso contributo britannico nella nascita dell’IPCC e del suo gruppo di lavoro che fornisce le basi scientifiche del lavoro del Panel, tradizionalmente identificato con l’Hadley Centre, il centro di ricerca sul clima dello UK Met Office fondato proprio dalla Tatcher alla fine degli anni ’80.

 

Che siano mosse da motivazioni ambientali o economiche, più probabile la seconda, che vogliano riparare i danni o ne generino altri, le scelte di cui sopra rappresentano comunque delle indicazioni in materia di politica energetica, se non altro una direzione nella quale andare.

 

Nel frattempo gli USA hanno raggiunto il più basso livello di emissioni dal 1994, senza aver mai ratificato il Protocollo di Kyoto e avendo rapidamente disinnescato il mercato delle emissioni di CO2, pur con lauti guadagni di chi lo aveva messo in piedi, che ha evidentemente raggiunto il suo scopo.

 

E noi dove andiamo? Si potrebbe dire che andiamo da dove veniamo e non è un bell’andare, come spiega Assoelettrica. Primi nella classifica degli importatori netti di energia, terzi in quella degli importatori di gas naturale, settimi per le importazioni di petrolio e noni per quelle di carbone, con circa il 20% della bolletta che se ne va in incentivi per le rinnovabili, per i quali spenderemo 220 miliardi di Euro di qui al 2020.

 

No, non è prorpio un bell’andare.

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Published inAttualità

14 Comments

  1. federì

    ciao a tutti,
    una semplice domanda..sono stati annessi i costi di smaltimento dei vecchi reattori? giusto così..nel dubbio della solita privatizzazione dei profitti e socializzazione degli scarti.
    Perchè qui leggo:
    “In totale, nei prossimi 10 anni potrebbero essere collegati alla rete 65 nuovi reattori, con 70 GW di nuova potenza installata. Ciò che il quotidiano inglese dimentica però di dire è che nello stesso periodo andranno probabilmente in pensione oltre 110 reattori costruiti negli anni ‘70, con una perdita di potenza complessiva pari a 77,6 GW.”
    http://www.ecoblog.it/post/115985/energia-nucleare-il-picco-della-potenza-globale-verra-raggiunto-prima-del-2020

    • Non lo so. Quel che si vede però, pur al netto di una riduzione della potenza instalata, non mi pare una rinuncia al nucleare…
      gg

  2. maurizio rovati

    Hmmm… Correlazione: forse che tutti quelli celebri che fanno Cameron di cognome sono di orientamento warmist?
    Scherzi a parte.
    Un altro passo indietro porta alla Thatcher… Per far fuori i minatori usò anche lei l’arma della CO2.
    Correlazione: forse che ai politici piace il motto Machiavelliano: “Il fine giustifica i mezzi”?

  3. Piero

    bbiamo bisogno di rivedere alcune delle regolazioni ambientali e tasse che spingono verso l’alto le nostre bollette. Sappiamo tutti chi le ha generate.

    ECCO IL PUNTO ———> CHI LE HA GENERATE?

    Un passo indietro siamo nel 2007 cosa leggo?

    ..grande sforzo degli ultimi mesi dal suo leader David Cameron per introdurre la lotta al riscaldamento globale fra le priorità della destra britannica. ..

    http://www.europaquotidiano.it/2007/09/15/i-tory-di-cameronscelgono-il-verde/

  4. giovanni p.

    Ecco che si avvera l’equazione tanto preconizzata. Visto che le centrali nucleari non emettono CO2 allora esse sono “pulite”. QUindi costruiamo centrali nucleari per risolvere il (falso) problema dell’inquinamento ( legato alla CO2). Degli altri tipi di inquinamento poco ci interessa.
    Io personalmente sono da sempre contro le centrali nucleari per innumerevoli motivi di carattere tecnico, economico, ambientale e sanitario, oltre al famoso problema delle scorie. LA cosa che veramente mi inorridisce é che per combattere 300 ppm di CO2 gas utile alla vita sulla Terra come non mai, si possa trovare come rimedio una catastrofe come le centrali-. Ora aspetto solo l’avallo degli amibentalisti, di Greenpeace e del WWF, che dirà meglio 40 chili di plutonio che 10 ppm di CO2.
    Personalmente pesno che le strad da percorrere non siano molte.
    1) Delocalizzazione della produzione, piccole centrali adeguate ai consumi locali ( zone industriali, agricole, residenziali, commerciali ecc.), invece che una rete unica con colossali sprechi negli elettrodotti
    2) Utilizzo di energia rinnovabile da eolico a solare a idroelettrico adeguato al tipo di consumo ( inutile fare andare l’Ilva con i pannelli solari). Evitale la gestione mafiosa e a solo scopo di profitto privato di questi sistemi ( come dimostrano i campi fotovoltaici e eolici sorti un po ovunque in Italia che nel 99% dei casi si vede lontano un chilometro che sono stati oggetto esclusivamente di lucro e speculazione). Evitare anche la gestione religioso ambientalista .
    3) Utilizzo di centrali a gas, e calbone, con tecnologie moderne atte a ridurre o azzerare le emissioni nocive ( non quelle di CO2 per intenderci).
    4) Risparmio e consumo energetico intelligente.
    L’uomo é andato sulla Luna ha fatto incredibili scoperte, dai che ce la puo fare a trovare un sistema civile di sviluppo degno della nomea che vorrebbe avere.
    QUesto é il mio pensiero

    • gbettanini

      I colossali sprechi negli elettrodotti sono pari a ben il 6% e delocalizzare vuol spesso dire avere impianti piccoli con un rendimento più basso di (impianti grandi + reti).

    • giovanni p.

      D’accordo il 6 % vale per le linee ad alta tensione ( elettrodotti) poi abiamo il resto della rete. Allora visto che si fanno i salti mortali per ridurre le emissioni di CO2 di qualche decina di ppm, e non si puo tirare lo scicquone per risparmiare circa 0,1 % del consumo di acqua, penso che risparmiare 6 o forse 10 & di energia elettrica, che comprimao dall’estero puo essere una strada percorribile, senza interssi economici o ideologici dietro.

    • gbettanini

      No, il 6% è la differenza tra l’energia netta prodotta e l’energia elettrica consumata dalle utenze. Quindi tiene conto delle perdite nelle linee in alta, media e bassa tensione.
      Nel 2011 sono stati immessi 334,6 TWh nelle reti e sono stati consumati dalle utenze 313,8 TWh di energia elettrica.

    • maurizio rovati

      Interessante, si potrebbe anche considerare che una centrale da 1000 costa meno di 2 da 500 e ancora meno di 10 da 100, sia in termini di costruzione che di gestione.
      Poi le centrali nucleari sono molto meno inquinanti di quelle termiche, anche escludendo la CO2 che è sostanzialmente innocua a parte le supposte conseguenze dell’effetto serra, e le scorie sono per buona parte riciclabili.

  5. flavio

    “i quali hanno però preteso un prezzo minimo garantito circa doppio rispetto al valore di borsa dell’elettricità”

    doppio di oggi, all’epoca, con la carbin tax sull’energia da carbone, potrebbe essere in linea o anche la metà
    esiste un mercato a termine dell’energia elettrica o un future o una roba del genere?
    andrebbe confrontato con quello, non col prezzo spot di oggi

  6. gbettanini

    Beh, si può anche dire che gli elevati costi del nucleare siano in qualche modo colpa della liberalizzazione del mercato.
    In un mercato libero per costruire una centrale nucleare un’azienda elettrica deve investire alcuni miliardi di euro di capitale (magari spalleggiata da banche od investitori istituzionali) , esborso che deve essere fatto nell’arco della costruzione che può durare anche 10 anni. I ricavi cominciano a vedersi solo quando la centrale comincia a produrre ed il grosso dei costi che pesano sul chilowattora sono proprio i costi finanziari dei capitali necessari a costruire la centrale. (Per la cronaca Edf si aspetta sul proprio capitale un ritorno del 10% annuo) da cui prezzi del’ordine dei 100 €/MWh.
    In assenza di mercato liberalizzato uno Stato potrebbe destinare dei prelievi in bolletta per coprire la costruzione di centrali, in questo modo si azzererebbero i costi finanziari l’energia nucleare costerebbe molto meno. Discorso che varrebbe anche per il costo delle energie rinnovabili…. se la loro installazione fosse stata pianificata ed effettuata con i soldi delle bollette e poi magari la loro gestione fosse stata affidata alle utilities od operatori privati mediante aste avremmo molti più impianti, acquistati a prezzi ragionevoli e più gestibili.
    Che dire….. it’s the market baby.

    • flavio

      oppure si potrebbe pensare che, esattamente all’opposto, siano colpa della NON liberalizzazione
      che quei dieci e passa anni si potrebbero dimezzare o anche più, parimenti abbattendo gli oneri finanziari, ottimizzando le operazioni, a cominciare dal mettere un freno alla dittatura dei comitati contro

      perchè possono anche promettere di comprare la corrente a 100’000£/MWh per 100 anni, ma se rimane il rischio che dopo 119 mesi di costruzione qualcuno blocchi tutto nessuna azienda privata lo farà mai
      e se a farlo fosse lo stato, bhè ancora peggio sarebbe per quei contribuenti

    • Filippo Turturici

      Io punterei invece su altri due fattori, uno in parte correlato ed in parte anticorrelato al mercato, ed uno anticorrelato:
      1- volonta’ di ritornare dell’investimento nel piu’ breve tempo possibile; questo, e’ vero, puo’ essere un effetto deleterio del “libero mercato”, che spinge per guadagni alti a breve termine; ma puo’ anche essere un effetto dovuto alla condizione di insicurezza cui l’opinione pubblica e di riflesso la politica ci hanno abituato, dove tempi e costi non possono piu’ essere programmati a 60 anni (vita utile della centrale, costruita oggi, e prolungabile ad 80), ma possono cambiare nel giro di 5-10 anni a secondo di eventi, mode e governi;
      2- EDF non e’ una compagnia privata, ma parastatale: questo le permette di presentarsi sul mercato, protetta dal proprio governo (protezione sia politica che finanziaria), pur mettendo sul piatto un reattore che sarebbe altrimenti scarsamente appetibile nel vero “libero mercato”, essendo estremamente complesso e dispendioso.
      Insomma, non incolpiamo sempre il mercato, quando esso non e’ realmente libero!

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