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Il Global Warming c’è, sopra le nuvole

L’immagine in testa a questo post, sebbene piuttosto nota a chi ci segue abitualmente, necessita di una spiegazione per i non addetti ai lavori. Tutte quelle linee colorate si chiamano in gergo ‘spaghetti’ e ognuna rappresenta l’uscita di un modello climatico globale sulle temperature della media troposfera intertropicale. La linea nera un po’ più grande è la media di tutti i modelli. I quadratini sono invece le osservazioni ricavate dai palloni sonda e i cerchietti infine quelle rilevate dalle sonde satellitari.

 

Quelli rappresentati sono i modelli utilizzati per il 5° report IPCC, forzati con uno scenario delle emissioni (rcp8.5) in cui nulla o quasi viene fatto per abbatterle, cioè con un aumento della concentrazione di CO2 molto veloce e significativo (qui sugli rcp). Appare chiaro che non c’è un modello che riesca ad avvicinarsi efficacemente alla realtà osservata, specialmente in questi ultimi tre lustri. Da notare che se la realtà delle temperature globali è ben lontana da quella prospettata dai modelli, la concentrazione di CO2, nonostante i molti sforzi comunque quasi tutti nominali e inefficaci, continua a crescere senza dar segni di rallentamento. L’unica eccezione l’hanno fatta segnare i primi due anni della crisi economica mondiale.

 

Alcuni giorni fa, mentre un gruppo di impavidi ricercatori coadiuvati nei loro intenti di dar testimonianza della scomparsa del ghaccio antartico da alcuni turisti e da un paio di giornalisti veniva evacuato da una nave bloccata dallo spessore e dall’abbondanza del ghiaccio marino, usciva un articolo su Nature in cui pare sia stato risolto il rebus della differenza ormai incolmabile tra modelli e osservazioni. Ci credereste? L’arrosto planetario sarà peggio del previsto, cioè all’aumentare della concentrazione di CO2 la temperatura media del pianeta aumenterà più di quanto non abbia fatto finora. In pratica i risultati ottenuti alzano parecchio la cosiddetta sensibilità climatica, ossia l’aumento di temperatura atteso per un raddoppio della concentrazione di CO2 rispetto ai livelli preindustriali. L’articolo è quello qui sotto:

 

Spread in model climate sensitivity traced to atmospheric convective mixing (Sherwood et al, 2014)

 

Cioè, intervenendo sul rimescolamento convettivo, ossia sul trasporto di vapore acqueo lungo la verticale nei modelli climatici, si riduce lo spread tra i modelli sull’output della sensibilità climatica. Nell’ultimo report IPCC, tale spread o range, se preferite, va da 1,5°C per i modelli con la sensibilità climatica più bassa a 5°C per quelli che invece prevedono un riscaldamento decisamente più consistente. L’intervento, come si legge anche dall’abstract, consiste nell’aver ‘nutrito’ i modelli con dati osservati (in realtà si tratta di rianalisi, cioè dataset di dati osservati i cui ‘buchi’ vengono riempiti con simulazioni modellistiche) del rimescolamento negli strati più bassi dell’atmosfera. Qui, su Science Daily, una spiegazione del procedimento da cui estraiamo la parte più saliente:

 

Quando si correggono i modelli climatici in modo da riprodurre le osservazioni del mondo reale, i modelli producono cicli che portano il vapore acqueo ad un più ampio range di altezze nell’atmosfera, facendo sì che si generino meno nubi mentre il clima si riscalda.

Questo aumenta la quantità di luce solare e calore che entrano nell’atmosfera e, come risultato, aumentano la sensibilità del nostro clima all’anidride carbonica o ad ogni altro genere di fattore perturbante.

Il risultato è che quando si rappresentano correttamente i processi relativi al vapore acqueo, la sensibilità del clima ad un raddoppio dell’anidride carbonica — atteso in 50 anni — implica che ci si può attendere un aumento della temperatura di almeno 4°C per il 2100.

 

Molto interessante anche la chiosa che Sherwood ci regala su Science Daily:

 

Agli scettici climatici piace criticare i modelli climatici per i loro errori e noi siamo i primi ad ammettere che essi non sono perfetti, ma quello che abbiamo trovato è che gli errori li fanno quei modelli che prevedono un riscladamento inferiore, non uno più accentuato.

 

E così, dopo numerosi lavori che hanno abbassato la sensibilità climatica usciti recentemente, eccone un altro che torna ad alzarla. Sicché nel 2100 dovrebbe far caldo, molto caldo. Nel prossimo lavoro, ne siamo certi, Sherwood et al. ci spiegheranno come mai negli ultimi 17 anni, stanti questi elevati valori di sensibilità climatica, la temperatura non sia affatto aumentata pur in presenza di un forcing persistente. Ma, soprattutto, ci spiegheranno una cosa che i vari media che hanno ripreso il comunicato stampa di Nature  e gli editori di Nature stessa si sono ben guardati dal fare, ossia spiegare il reale significato di questo lavoro, che appare essere il seguente. Sappiamo che la differenza tra le simulazioni climatiche e la realtà aumenta ogni giorno che passa, perché ci sono molti processi non correttamente rappresentati, perché molti altri non lo sono affatto, perché siano gli aerosol, sia lo scambio di calore tra l’atmosfera e gli oceani, sia quel che sia, non si riesce a capire come mai, se la teoria è giusta, nonostante la persistenza del forcing la temperatura abbia smesso di aumentare. Questo potrebbe voler dire che la teoria è sbagliata, del tutto o almeno in una parte consistente, ma lasciamo stare, poniamo invece che sia giusta. Secondo i risultati di Sherwood et al., i modelli con sensibilità climatica più elevata, cioè quelli attualmente più lontani dalla realtà, sono quelli che meglio riproducono una parte della realtà stessa, cioè lo scambio di vapore acqueo lungo la verticale. In poche parole, i modelli con l’errore più grande sono quelli che funzionano meglio. Come contino di uscir fuori dal labirinto in cui hanno cacciato la comunità scientifica con questo paradosso non è dato saperlo, certo non credo lo si possa fare annunciando arrosti prossimi venturi con il forno spento, ovvero come, con il solito stile da allarme rosso, ha titolato La Repubblica un paio di giorni fa: “Entro il 2100 temperature saliranno di 4 gradi: sarà un’apocalisse“. Complimenti.

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Published inAttualità

7 Comments

  1. donato

    Seguendo il link all’abstract dell’articolo di Sherwood et al., mi sono imbattuto in un interessante articolo che dibatte dello iato, pausa o come diavolo la vogliamo chiamare, nel riscaldamento globale:
    http://www.nature.com/news/climate-change-the-case-of-the-missing-heat-1.14525
    .
    L’articolo mi sembra piuttosto equilibrato ed illustra in modo alquanto chiaro alcuni meccanismi naturali che sembrano essere in grado di influenzare le temperature terrestri. In particolare appare estremamente importante la PDO e le sue oscillazioni sembrano essere in grado di spiegare sia i periodi di riscaldamento che quelli di raffrescamento o di stasi nelle temperature globali verificatisi nel corso dell’ultimo secolo.
    In parole povere l’articolo esamina le diverse posizioni in campo e, pur evidenziando una spiccata preferenza per la tesi “riscaldista” 🙂 , non evita di rendere conto che un certo numero di scienziati comincia a dubitare fortemente della bontà degli scenari delineati dai vari modelli climatici. Rende conto, inoltre, del fatto che una sempre più importante parte della comunità scientifica reputa tali modelli da migliorare notevolmente per consentir loro di tenere nel debito conto le molteplici grandezze fisiche in grado di quantificare il grado in cui le cause naturali e non influenzano il clima terrestre.
    Addirittura si parla di una ricerca di Mark Cane, climatologo della Columbia University di New York che, utilizzando elementari modelli climatici regionali, sin dal 2004 aveva previsto un raffreddamento del Pacifico e la fine del riscaldamento globale iniziato dopo il 1976: lo switch, a suo giudizio, era stato l’evento EL NINO del 1998. Una previsione particolarmente azzeccata, a mio parere.
    La cosa, però, messa in questi termini, sarebbe stata troppo semplice e avrebbe cozzato con la linea di pensiero dominante. Ecco, quindi, il solito pedaggio all’attuale paradigma climatologico: il GW ritornerà alla grande a breve. Oggi, infatti, gli alisei hanno accumulato nelle aree oceaniche a ridosso dell’Indonesia, una quantità di acqua calda tale da far aumentare di circa 20 cm il livello locale del mare. Poiché questo accumulo di acque calde (che spiegherebbe anche il recente tifone che ha funestato quelle aree) non può continuare all’infinito, a breve esse ritorneranno da dove sono venute (nel Pacifico orientale) determinando una nuova impennata delle temperature globali: parola di Trenberth.
    .
    Il commento è un poco OT, ma, onestamente, l’abstract dell’articolo di Sherwood et al. non mi ha particolarmente entusiasmato per cui avevo poco da commentare. Una considerazione, però, devo farla.
    Sherwood et al. hanno cercato di dimostrare che le revisioni al ribasso della sensibilità climatica sono frutto del fatto che i modellisti non hanno tenuto conto del contenuto di vapor acqueo dei vali settori atmosferici e del modo in cui esso varia con la temperatura. I bassi valori della sensibilità climatica calcolati negli ultimi tempi, in altri termini, sarebbero il frutto di un errore. Domanda sciocca, da scettico che cerca sempre i cavilli e da dilettante allo sbaraglio: perché questo meccanismo non ha funzionato negli ultimi 15/17 anni?
    Detto in altre parole se la sensibilità climatica è quella calcolata dai nostri autori, perché di fronte ad un aumento costante della concentrazione di CO2 le temperature non sono aumentate come prevedevano i modelli ad alta sensibilità climatica?
    .
    Come vedete, molto meglio l’articolo che vi ho segnalato (nonostante la conclusione) 🙂 .
    Ciao, Donato.

  2. alessandrobarbolini

    Dipende per esempio da che parte si guarda una stagione…vista da un americano il GW non esiste,visto da un italiano,si ci crea l,alibi per crederci….ma solo se si e degli sprovveduti

  3. Luca

    Salve, si legge di tutto e di più da parte di tanti professionisti del settore, ma non erano 16 anni che la temperatura media aveva smesso di crescere? ma non si sono sempre alternate ere “fredde” a ere “calde”? perchè sulle proiezioni future non si guarda mai al passato? Il Clima per quanto ho letto ha dei cicli che si ripetono e anche le peg (peg, non glaciazioni) ci sono sempre state, credo in corrispondenza dei minimi solari, e se non sbaglio il sole è appena entrato in uno di questi… Volevo comunque chiedere una cosa che con il GW non c’entra… giorni fa si prevedeva un riscaldamento della stratosfera con conseguente possibile split del vortice polare verso le basse latitudini per il mese di febbraio ora questo sembra in parte ritrattato, qual’è attualmente la possibile evoluzione per il proseguo dell’inverno?

    • giovanni p.

      Evidentemente il sistema economico-finanziario funziona un po come la scoperta dell’america dell epoca colombiana. L’america esiste da quando é stata scoperta dagli europei, al punto che non si sono fatti tanti problemi a sterminare intere popolazione e adepredare di ogni bene il territorio nel modo piu barbaro che possa eistere, lo stesso discorso si potrebbe fare rispetto al colonialismo in africa, la schiavitu e anche l’attuale voglia di salvare popoli che stavano meglio prima deel’arrivo degli europei. Nello stesso identico modo, indipendentemente dal fatto che per molti scienziati e studiosi sia un fatto assodato da tempo che il clima sia sempre variato nel passato in maniera multiciclica, con variazioni naturali di gran lunga piu catastrofiche di quelle preconizzate dei santoni dell’IPCC, ora la scoperta da parte dell’uomo europeo che si occupa di fare soldi del fatto che il clima cambi equivale alla scoperta che il clima cambia solo da adesso, di tutto il resto viene fatta tabula rasa. Quale miglior modo di fare soldi giocando sulla paura dell gente?, sulla voglia di ambiente e natura che evidentemente alberga sempre in piu persone costrette ad una frenetica cementata e sintetica vita di città?
      Per rispondere anche a Uberto Crescenti rispetto al club degli ctici, nonsoono per niente d’accordo. La parola scettico é una nomeo derisoria che viene affibiata per screditare chi non la pensa in maniera confrome al pensiero unico massificato senza argomentare sui fatti. Sulla necessità invece di fare (contro)informazione o vera informazione e di unire sotto un unico cappello scienziati, geologi, fisici e gente pensante che esprime un pensiero divero, questo penso che sia doveroso e necessario, qualcosa un po piu simile all NIPCC americano, con tanto di tioli e noli di aderenti. Infine sempre per esperienza personale una tale organizzazione sarebbe anche utile per quei ricercatori che subiscono pressioni per dare un certo indirizzo alle loro pubblicazioni o quelli che pubblicano e poi sono obbligati a mettere nelle conclusioni che anche se i dati smentiscono l’AGW questo in fondo esiste davvero, e ce ne sono parecchie di pubblicazioni in questo stile.

  4. Uberto Crescenti

    Sono totalmente d’accordo con quanto riferito da Guido e giovanni p. Sono sconcertato nel leggere questi lavori dei catastrofisti che non vogliono tenere affatto conto del comportamento climatico del nostro pianeta nel passato e attualmente, che contraddice in maniera evidente le loro previsioni. Come difendersi da questa situazione che trova nei mass media e nei politici grande accettazione. Ho provato ad inviare copia del volume su “Clima: quale futuro?” a tutti gli attuali Ministri, segretari di Partiti, alle principali redazioni di Giornali e TV; nessuna risposta, neanche di buon ricevimento dell’omaggio! Forse sarebbe opportuno costituire “Il club degli scettici” come esiste in Australia.

  5. giovanni p.

    Bene ottimo, penso che gli scienziati della Chiesa di epoca Galileiana fossero meno dogmatici e ottusi di quelli attuali. IL quesito che sorge spontaneo a questo punto pero’ é com’épossibile che simili articoli ( e altri del passato tra cui per me rimane insuperabile quello dello studio sulle scoregge dei mammuth e i cambiamenti climatici ) siano accettati, pubblicati e certificati (peer reviewed) dalle massime riviste di scienza e dei titolati che ci stanno dietro. Io personalmente la risposta ce l’ho, basata sulle mie esperienze personali passate di mondo accademico e di “pubblicatore”. La sintesi delle mie esperienze é semplicemente che la revisione certificata e le “prestigiose riviste” stile nature non sono altro che un sistema di certificazione del percorso seguito per pubblicare e del fatto che si citino certe pubblicazione precedenti piuttosto che altre, sulla base dell’appartenenza ad una corrente di pesniero piuttosto che ad un’altra del revisore. Insomma uno status simbol, un po come il SUV, o come il circolo di golf o la palestra Virgin. AL di la di questo se passiamo alla sostanza dei fatti tutto questo revisionare e accettare non entra mai nel merito della validità o della sensatezza dello studio. Grosso modo é la stessa cosa che sto osservando da professionista nel mondo lavorativo con le certificazioni. Un procedimento certificato da ISO o da altro non mi da nessuna garanzia sul fatto che chi é certificato sia anche piu affidabile di chi non lo é, semplicemente chi é certificato sulla carta certifica di percorrere sempre lo stesso cammino per arrivare ad un risultato, se poi questo cammino sina nella sostanza sbagliato o se vi si un vizio di fondo nella procedura che falsa tutti i risultati questo non emerge. Allo stesso modo una pubblicazione certificata puo permettersi di sostenere che i modelli che piu si discostano dalla realtà sono in realtà quelli piu prossimi ad essa senza che nessuno dica BEH.
    Penso che gran parte del mondo accademico( chiamarlo scientifico mi sembra un insulto alla Scienza) sia ormai ridotto ad un club privé che vive su cavilli e dogmi granitici che diventano tabu intoccabili, una “setta” che fa ricerca sterile e infruttuosa , coperta da e difesa da grandi nomi e grandi titoli di cartone. INsomma una casta, anche questa arroccata e chiusa nel suo castello che si trincera da tutti gli attacchi dietro la parola scienza, me ne ricora un’altra che spesso utilizza(va) la parola “fede”. Insomma tutta una questione di credo.

    MI spiace solo che la mia visione, frutto di una sintesi di esperienze personali e non solo, risulti, agli occhi di un osservatore esterno o di un membro della setta di cui sopra, solo una semplice espressione di qualunquismo.

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