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Se vedi qualcosa, dì qualcosa…purché sia quello che vedo io

Nel post di oggi, tra le altre cose, avrei una richiesta da fare alla comunità dei nostri lettori, siano essi occasionali o abituali. Non si tratta di una esigenza strettamente funzionale all’argomento, però in qualche modo mi aiuta ad introdurlo. Qualcuno è in grado di spiegarsi come funziona il flusso, se esiste in modo strutturato, delle informazioni scientifiche verso le autorità amministrative nel nostro Paese? Ovvero, come si informano ad esempio i Presidenti delle Regioni, cui è devoluta una parte consistente dell’autorità legislativa in materia ambientale, e il Governo e le Camere, cui spetta quel che resta? Ci sono agenzie che producono dati chiamate ad intervenire in modo regolare o su necessità, ci sono particolari appuntamenti istituzionali in cui si affrontano questi temi, ci sono delle figure professionali utilizzate come consulenti etc etc?

 

La mia curiosità, che penso di condividere con parecchi di quelli che leggeranno, nasce dal fatto che, nel ricercare le informazioni per le nostre pagine, mi imbatto nella maggior parte dei casi in materiale che viene da fonti straniere, soprattutto statunitensi. Da quelle fonti, molto spesso, capita di leggere in occasione della discussione di atti legislativi importanti ora di questa ora di quella audizione alle camere di scienziati e ricercatori dei settori oggetto di quegli atti legislativi. C’è di più, quelle audizioni, probabilmente nel rispetto di un sistema politico tipicamente e saldamente bipolare, avvengono sempre in forma di dibattito tra esperti appartenenti a diverse correnti di pensiero. Le questioni climatiche, strettamente connesse con quelle ambientali, naturalmente non fanno eccezione. Anzi, semmai dato il livello di contaminazione politica del dibattito sul clima che si è raggiunto, sono quelle che ricorrono più di frequente.

 

 

Alcuni giorni fa, infatti, nell’ambito della discussione del Climate Action Plan, il Senato USA ha chiamato a testimoniare, tra gli altri, Andrew Dessler, professore di scienze atmosferiche e Judith Curry, a capo della scuola di scienze della terra e dell’atmosfera del Georgia Institute of Technology. Il primo sostiene dichiaratamente la tesi dell’AGW e delle sue potenzialmente pericolose conseguenze; la seconda, pur riconoscendo – come tutti del resto – l’esistenza di un fattore antropico intervenuto nelle dinamiche del clima, è nota per i suoi studi sull’ampio margine di incertezza che caratterizza molti aspetti della stessa teoria AGW. Per queste loro caratteristiche, i due esperti si sono confrontati da un alto su quello che si sa e che identificherebbe il pericolo e l’urgenza di agire, Dessler, e dall’altro su quello che non si sa e che consiglierebbe di alzare il livello di certezza prima di prendere decisioni importanti, Curry. Per decisioni, è forse bene ricordarlo, si intendono quelle azioni che già conosciamo molto bene anche e soprattutto dalle nostre parti e che finiscono per avere impatto su gran parte delle attività umane.

 

Bene, si suppone che i senatori USA si siano potuti giovare di questi contributi ai fini delle loro decisioni, buon per loro. Ora, non so se sia accaduto già durante l’audizione o immediatamente dopo, Michael Mann, climatologo americano molto impegnato sul fronte dell’AGW, ha twittato così:

 

 

 

Tradotto, Desseler contro Curry, scienza contro antiscienza. Alla faccia del dibattito, verrebbe da dire. Ma poi sorge anche un moto di compassione per i poveri senatori USA costretti a sorbirsi una ricca dose di antiscienza. E che dire poi degli studenti di uno dei più prestigiosi istituti universitari americani, esposti alla pericolosa contaminazione antiscientifica della loro direttrice? Delle due l’una, o c’è veramente qualcosa che non funziona nella scelta degli esperti e nell’assegnazione degli incarichi, oppure Mann ha avuto un clamoroso moto di attivismo, svestendo i panni dello scienziato e indossando quelli dell’attivista o, dato che si tratta di un percorso legislativo, del lobbysta.

 

Un paio di giorni dopo, Mann ha pubblicato un editoriale sul NYT, pezzo al quale ho rubato una parte del titolo: “If you say something, say something“. In pratica una difesa del suo attivismo. Se da scienziato ti rendi conto di qualcosa, è giusto che tu lo dica, nelle sedi opportune come nelle pubbliche piazze, a supporto o a stimolo del processo decisionale. Questo per impedire che altri riempiano il vuoto che verrebbe a crearsi tra chi studia le cose e chi deve farle funzionare. E poco importa se questo coinvolgimento genera un condizionamento, il fine, si direbbe, giustifica i mezzi.

 

Però, quello che vede la Curry e che vediamo tutti, in realtà non dovrebbe avere diritto di audizione in quanto si tratterebbe di antiscienza. Tali sono quindi anche gli studi che hanno abbassato la sensibilità climatica rispetto alle stime precedenti; quelli che affrontano il tema della diversità delle dinamiche delle due zone polari del pianeta, una che si espande e una che si ritira; quelli che – quasi tutta la comunità scientifica – riconoscono l’assenza di collegamento tra riscaldamento globale e eventi estremi etc etc. E’ antiscienza, infine, anche l’editoriale di Nature che ha fatto recentemente notare che forse è giunta l’ora di spiegare perché sono oltre 15 anni che il mondo non si scalda più. Non sapere le cose e riconoscerlo è quindi antiscienza.

 

La Curry, dal canto suo, non si è lasciata troppo impressionare dalla zampata di Mann. Presi carta, penna e calamaio, lo ha pubblicamente sfidato a confutare scientificamente i contenuti della sua audizione. Ad oggi il conta-tweet di Mann gira come sempre a più non posso, ma non mi risulta che la scienza abbia raccolto la sfida. Immagino sia stato impegnato a leggere (e magari far riscrivere) quanto si legge su Wikipedia circa l’antiscienza:

 

 

La questione spesso dipende da quanto gli scienziati sono conformi agli standard ideali di “autonomia, universalismo, imparzialità originalità, e…scetticismo”. Sfortunatamente, “gli scienziati non sempre si adeguano…si appassionano a teorie deboli; si affidano alla reputazione per giudicare il lavoro di uno scienziato; ricercano la fama e il guadagno attraverso la ricerca”. Per cui, potrebbero avere un condizionamento innato nel loro lavoro.

I sostenitori dell’antiscienza spesso attaccano la scienza attraverso:

  • Tentativi di screditare gli stessi scienziati.
  • Tentativi di utilizzare argomenti non validi come argumentum ad populum per dimostrare che una tesi è corretta anche se non ha basi scientifiche. 
  • Tentativi di etichettare teorie scientifiche come cospirazioni.

 

Mi pare che un tweet come quello di Mann sia proprio un attacco volto a screditare. Mi pare anche che la faccenda dell’Hochey Stick, la sua ricostruzione delle temperature basata su una statistica a dir poco fantasiosa, abbia mostrato ad populum decisamente qualcosa che non aveva basi scientifiche solide. E infine mi pare che siano proprio i sostenitori dell’AGW senza se e senza ma come Mann ad essere convinti che dietro lo scetticismo di alcuni dei loro colleghi ci siano i cattivoni delle big oil. Uhm…chi è l’antiscienza?

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Published inAttualità

19 Comments

  1. donato

    @ Maurizio Rovati
    Delinquente! 🙂 🙂 🙂
    .
    Ad onor del vero il dubbio mi era venuto! Comunque i miei complimenti, la regola d’oro ha dato i suoi frutti (ottimi, direi)! 🙂
    Ciao, Donato.

    • Niente da fare Maurizio, è senza speranza. E io pure.
      gg

    • maurizio rovati

      Uomo di poca fede… Invece colà si sta sviluppando un certo dibattito 🙂

    • donato

      Maurizio, con questi link hai fatto aumentare il ranking del sito in questione, però, ne valeva la pena 🙂
      Per l’autore del post sono d’accordo con G. Guidi: è senza speranza e, come dice lui (l’autore), non vale neanche la pena perderci del tempo, ma i commenti sono piuttosto interessanti. Uno dei commentatori, in particolare, mi sembra molto ben informato e potrebbe benissimo far parte della comunità di CM: quello che doveva dire all’autore del post glielo ha detto in modo preciso e circostanziato come avremmo fatto io o tu. Solo che è tempo perso: che vuoi ragionare con uno che ti definisce reazionario di destra ecc. ecc. solo perché ai suoi proclami rispondi con dati e fatti e che invoca il principio di precauzione per mascherare l’ignoranza (per sua ammissione, si badi bene 🙂 ) dei fondamenti scientifici della problematica?
      Ciao, Donato.

    • maurizio rovati

      Hanno un pubblico che li segue, l’obiettivo non è redimere l’invasato ma parlare pacatamente a quelli che leggono in modo che sappiano che esistono delle alternative. Questo non è tempo perso se sei capace di applicare la regola d’oro:
      “Mai discutere con un fanatico, ti trascina al suo livello e poi ti batte con l’esperienza.”
      Quindi resta in argomento e, se ne hai l’occasione, inchiodalo alle sue responsabilità. Se poi si scava la fossa da sè, tanto meglio. 🙂

      Romeo

  2. donato

    Non sono uno scienziato, ma spesso sono chiamato, in qualità di consulente tecnico, ad esprimere dei pareri in merito a problematiche tecniche che riguardano le amministrazioni pubbliche. Che devo dirvi? Da dove comincio? Non è affatto semplice!
    Vabbé, restiamo sul generico altrimenti potrebbero sorgere …. problemi. 🙂
    .
    In genere “l’esperto” viene chiamato per convalidare una tesi che l’amministrazione intende portare avanti e, quindi, ha la funzione di rivestire di autorità qualcosa che questa autorità non la possiede. Se il parere tecnico non è conforme alla linea di pensiero dominante a livello amministrativo, non se ne tiene molto conto o, in casi estremi, si cambia consulente: uno che ti esprime un parere che conforti la tua tesi lo trovi sempre! 🙂
    .
    Esistono, ovviamente, le eccezioni, ma in trent’anni di attività non ne ho incontrate molte.
    In Italia più che alle audizioni di singoli esperti, però, le pubbliche amministrazioni si appoggiano a pareri tecnici espressi da organi collegiali: le commissioni tecniche. Le commissioni esistono ad ogni livello ed anche il più piccolo ente, più o meno pubblico, ne istituisce sempre più di una. E’ in queste commissioni che si svolge il dibattito, ma, molte volte, più che di problematiche tecniche si dibatte di opportunità politica e l’expertise ha una funzione di contorno, diciamo che è di “secondaria importanza”. 🙂
    .
    In teoria la commissione dovrebbe esprimere un parere sulla base di quello che è lo stato dell’arte di quel particolare settore. Siccome il parere è propedeutico ad un atto amministrativo che potrebbe comportare conseguenze patrimoniali, in genere, i pareri vengono resi sulla base della “bibliografia pacificamente accettata”. In altre parole sulla scorta delle posizioni su cui si è formato un notevole “consenso”: è molto difficile, infatti, che un giudice ti condanni se ti sei orientato secondo quella che è la linea di pensiero principale. 🙂
    .
    I pareri resi dalle commissioni, inoltre, in qualche caso non sono neanche vincolanti per cui, motivando opportunamente, il funzionario o il politico possono anche discostarsi dal parere reso dalla commissione. Si tratta, però, di casi molto rari in quanto nessun funzionario (o politico) se la sente di affrontare un magistrato per giustificare un atto amministrativo difforme dal parere reso dalla commissione preposta. 🙂
    Nonostante il tenore necessariamente, opportunamente e volutamente “ermetico” (nel senso del movimento letterario 🙂 ) del commento, spero di aver risposto a G. Guidi.
    Ciao, Donato.

    • Più o meno sì Donato, grazie. È all’incirca quello che mi aspettavo.
      gg

    • teo

      perfetto Donato, direi una descrizione perfetta

  3. virgilio

    Ma no! Questa non è la sede adatta per disquisire sulla figura di Voltaire…ma non è così! Voltaire ha scritto il famoso “Trattato sulla tolleranza” dedicato nel sottotitolo a Jean Calas di Tolosa, mercante di fede ugonotto che fu torturato orribilmente fino alla morte e del quale fu perseguitata anche la famiglia, dal tribunale cattolico dell’epoca per cause, come ormai gli storici riconoscono, religiose. Un altro, più giovane (di cui adesso non ricordo il nome, in quel periodo fu condannato per blasfemia perché non s’era scappellato davanti ad una processione religiosa e fu condannato allo spezzamento delle articolazioni prima dell’esecuzione finale… Il “Trattato…” è un caposaldo della letteratura civile, umanitaria, liberale del nostro continente, Voltaire è autore fra l’altro anche di “Dizionario filosofico”, insomma basta leggere questo paio di cose, senza contare tutte le altre, per trovarvi frasi anche più significative di questa riportata in vignetta. Non so la storia precisa di tal frase ma comunque è certo che rappresenta bene il suo pensiero e il suo operato! Una fra le tante: egli dovette fuggire dalla Svizzera perché quando vi era residente nello scritto “Sui costumi e lo spirito delle nazioni” espresse simpatia per la figura del filosofo e medico, dissidente, Serveto (Miguel Servet) mandato al rogo da Calvino, il riformatore religioso che appunto nel sec. XVI ebbe sede a Ginevra… Il motto su riportato riguarda appunto la necessità, che io condivido in pieno, di schiacciare infine i fanatici persecutori che allora, e in parte ancora, detengono potere politico e giudiziario… E’ vero che qualche volta manifestò disprezzo per gli ebrei, ma ciò è dovuto in parte all’atmosfera antisemita che circolava in Europa da cui rimase probabilmente contaminato e poi perché lui come anche in seguito Nietzsche imputavano agli ebrei, erroneamente, l’ispirazione della religione cristiana con la sua sequela di nefandezze storiche e giuridiche… Comunque informatevi voi direttamente o in libreria od anche sul web, e terminiamo così la polemica che qua non è il caso. Qui dobbiamo fronteggiare il pericolo dei “riscaldatori globali”. Proprio mezz’ora fa ho sbirciato Oggi-Scienza ove si paventa, a causa del GW, la fine delle piantagioni di tè (la bevanda). Comunque invito anche a consultare il sito del noto ingegnere e scrittore
    prof. Roberto Vacca, anch’egli scettico come noi, che riporta osservazioni scientifiche e alternative importanti… Ciao!

    • Luigi Mariani

      Da un certo punto di vista mi verrebbe da dire che la storia grava su noi europei come una coperta soffocante, se è bastata una frase attribuita a Voltaire per scatenare ricordi, considerazioni, idiosincrasie che tutti noi abbiamo. D’altro canto la conoscenza della storia è una grande ricchezza perché ci consente di interpretate il presente. Su Miguel Serveto (Villanueva de Sigena, 19 settembre 1511 – Ginevra, 27 ottobre 1553) ho letto per la prima volta in Opera al nero di Marguerite Yourcenar ed è un esempio estremo dell’intolleranza che dominava l’Europa nel XVI secolo, sia in campo cattolico sia in campo protestante. Infatti fuggì dalla Spagna perché accusato di eresia e dopo varie riparò in Svizzera ove sempre per eresia fu messo a morte dai calvinisti. Circa Serveto consiglio la lettura dela voce di wikipedia http://it.wikipedia.org/wiki/Michele_Serveto, che mi pare molto ben fatta.

  4. Teo

    Ma da noi le commissioni camera e senato sono libere di chiamare in audizione chi vogliono dietro richiesta di un membro e approvazione del segretario…chiunque possono chiamare e spesso è appunto chiunque

  5. Luca

    Chiedo scusa se vado ot ancora una volta, ma vorrei sapere quando sarà il prox aggiornamento meteo, visto che per fine mese comincia ad intravedersi una possibile svolta invernale.

    • Beh, se arriva non è una sorpresa…era nell’outlook 🙂
      gg

  6. Gianni

    Il mio commento riguarda l’immagine in testa al post. Penso sia opportuno fare giustizia dell’opinione comune, secondo cui sarebbe stato François-Marie Arouet, detto Voltaire, a pronunciarla. Ma è noto che il filosofo dei lumi quella frase non poteva nemmeno pensarla visto che, tra l’altro, firmava le sue lettere “écrasez l’infâme !”, dove l’infame da schiacciare era chiunque non la pensasse come lui. Per questo chiese insistentemente alle autorità regie di mettere a tacere i Gesuiti che contrastavano le sue idee. Il suo antisemitismo lo portava a dire che degli ebrei “un popolo ignorante e barbaro, che coniuga da lungo tempo l’avarizia più sordida alla superstizione più odiosa e all’odio più irrefrenabile per i popoli che li tollerano e li arricchiscono”. Questo pero’ non gli impedi’ di mettere in piedi con un amico ebreo una società per il commercio di schievi neri dall’Africa all’America.

    Le parole famose sono in realtà di Evelyn Beatrice Hall, autrice inglese di un libro (The Friends of Voltaire) edito a Londra nel 1906. La scrittrice, che scriveva sotto lo pseudonimo maschile di Stephen G. Tallentyre, in quanto le opere femminili non avevano spazio nella Gran Bretagna di inizio XX secolo, ha quindi “immaginato” che quelle parole fossero usate in Francia nel Settecento e le ha messe in bocca a Voltaire (http://it.wikipedia.org/wiki/Evelyn_Beatrice_Hall). Poi, naturalmente, la propaganda se ne è impossessata per attribuire a Voltaire il principio della libertà di parola. E la propaganda, come si sà, vince spesso sulla realtà.

    • Guido Botteri

      Buono a sapersi, non si finisce mai di imparare, grazie Gianni.
      Questo capovolge l’idea che mi ero fatto di Voltaire, anche se la frase, in sé, indipendentemente da chi l’abbia realmente concepita, resti bella e significativa;
      purtroppo vedo in giro molte persone che identificano “ciò che credono” con la realtà “oggettiva” (di cui spesso sono all’opposto), e credono che la loro stessa idea di aver ragione (non confortata da prove o confronto) ne giustifichi anche un attivismo prepotente o violento, spesso solo sulla carta, ma a volte anche nei fatti.
      Internet potrebbe essere il luogo di incontro delle idee, e del dialogo, consentendo la comprensione reciproca (ed è una potenzialità fantastica);
      purtroppo però essa spesso dà luogo invece ad uno scontro che non è confronto, ma solo lotta per imporre ad altri la propria “idea” (che non può chiamarsi “ragione”);
      La scienza, come internet, è luogo preposto al confronto tra idee e teorie, e dovrebbe essere guidata dall’amore per una maggiore verità;
      invece è diventata luogo di scontri ferocissimi, sempre più estremizzati (questi sì 🙂 )
      Ecco, io vorrei (e mi batto per) una scienza “pulita”, fatta di confronto e di fatti, misure e sperimentazioni…liberata il più possibile da condizionamenti politici e di interesse personale;
      una scienza in cui un aumento o una diminuzione di temperatura (per esempio) possa essere considerata per quello che è.

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