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Chi l’avrebbe detto…forse c’è il Sole nel clima!

E’ un argomento sul quale bene o male si ritorna periodicamente. Le proiezioni climatiche, salvo un timido cambiamento di opinione del mainstream scientifico dell’ultimo periodo, sono costruite assegnando al sole un ruolo assolutamente secondario nelle dinamiche delle temperature medie superficiali globali. Nel novero delle forzanti che agirebbero nel lungo periodo il sole è considerato una costante, laddove la variazione della radiazione solare totale (TSI), varia in effetti molto poco al susseguirsi dei cicli solari.

L’attività solare è però composta da molti altri fattori, primo fra tutti quello magnetico, tracciabile attraverso il numero delle macchie solari che si affacciano sulla nostra stella e scandiscono la sua ciclicità muovendosi sulla sua superficie  e variando di numero e intensità. Ne consegue, come abbiamo più volte spiegato, che il magnetismo solare interagisca con quello terrestre, schermando/consentendo con un numero di macchie solari alto/basso il flusso di raggi cosmici provenienti dallo spazio.

Teoria vuole che questi raggi cosmici abbiano il potere di ionizzare le particelle igroscopiche necessarie al processo di nucleazione, cioè di condensazione del vapore acqueo e quindi formazione delle nubi. Va da se’ che variazioni anche piccole della nuvolosità totale possano avere un impatto significativo sul bilancio radiativo, ossia sula quantità di energia solare respinta (albedo delle nubi) o schermata. Altrettanto significativo può essere quindi l’impatto sulla temperatura media del pianeta, che sebbene in modo molto approssimativo è un tracciante di quel bilancio.

Teoria che però necessita di conferme e sulla quale sono in corso dei programmi di ricerca, il più importante dei quali è al CERN, con il progetto CLOUD. Da questo e dagli altri progetti in corso sono arrivate sia smentite che conferme, a riprova di quanto il settore debba ancora essere approfondito.

E’ uscito di recente un lavoro su Environmental Research Letters che va nella direzione della conferma, e lo fa cercando di simulare proprio il processo di nucleazione facendo uso di un modello. Già, un modello, utilizzato però come sempre dovrebbe essere, ovvero non per immaginare scenari futuribili e inverificabili, quanto piuttosto per testare i processi dei quali si pensa di aver compreso il funzionamento.

Effect of solar variations on particle formation and cloud condensation nuclei

Ecco l’abstract (il resto al link, perché il paper è liberamente consultabile):

L’impatto delle variazioni solari sulla formazione di particelle e nuclei di condensazione (CCN), un passaggio critico per uno dei possibili meccanismi indiretti di forcing solare, è studiato con un modello globale di aerosol ottimizzato per simulare nel dettaglio i processi di formazione e crescita delle particelle. L’effetto delle variazioni di temperatura nell’accentuare il segnale CCN del ciclo solare è qui esplorato per la prima volta. Le nostre simulaizoni globali indicano che una diminuzione nel rateo di ionizzazione associato con le variazioni nel flusso dei raggi cosmici galattici da un minimo a un massimo solare, riduce i ratei medi di nucleazione, il numero dei nuclei di condensazione più grandi di 10 nm (CN10), e il numero della concentrazione dei CCN al livello di supersaturazione dell’acqua dello 0,8% (CCN0.8) e dello 0,2% CCN0.2) nella bassa troposfera rispettivamente del 6,8%, 1,36%, 0,74% e 0,43%. L’inclusione di un aumento di temperatura di 0,2°C accentua il segnale CCN solare di circa il 50%. Il segnale CCN medio annuale ha ampia variabilità spaziale e stagionale: (1) più forte nella bassa troposfera dove si formano nubi più calde, e (2) circa il 50% più forte nell’emisfero nord che in quello sud, e (3) circa due volte più forte durante le corrispondenti stagioni estive emisferiche. L’effetto delle perturbazioni del ciclo solare sui CCN0.2 basati su questo studio sono generalmente più ampi di circa un ordine di grandezza di quelli riportati in numerosi altri precedenti studi.

cosmic_rays_feedback_fig1

Prima di chiudere e rimandarvi alla lettura del paper, vale forse la pena ricordare che per buona parte del secolo scorso, specialmente l’ultima, abbiamo vissuto quello che gli esperti del settore chiamano Solar Grand Maximum, cioè una intensa e prolungata attività solare esplicatasi in numeri molto elevati di macchie solari. Dal ciclo 24, l’ultimo, il numero delle macchie solari è molto diminuito. Guarda caso, nel frattempo l’aumento della temperatura media del pianeta (ovviamente tutto antropico), si è fermato. Sicuramente si tratta di una coincidenza!

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