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Tre grafici interessanti

I cambiamenti climatici sono un problema, questo è il messaggio veicolato a gran voce dai media ogni qual volta viene pubblicato il primo volume di un nuovo report del panel ONU specificatamente istituito.

Quel problema si suppone abbia degli impatti, ma già nel valutarli e nel comunicarne le dimensioni i media iniziano a perdere colpi, giacché scende decisamente la copertura mediatica generalmente dedicata al secondo volume del nuovo report.

Al problema e agli impatti si suppone esistano delle soluzioni, ma nella maggior parte dei casi non se conosce la natura, perché alla pubblicazione del terzo volume di ogni nuovo report l’attenzione dei media crolla miseramente.

C’è dunque un significativo calo di attenzione tra la comunicazione delle basi scientifiche (primo volume), le conseguenze (secondo volume) e le soluzioni (terzo volume). In compenso però la pur scarsa informazione concede molto più spazio allo scetticismo in sede scientifica che nella valutazione degli impatti, ignorando praticamente ogni forma di parere contraio infine per le soluzioni.

Tutto questo nelle tre immagini che seguono e che sono state prodotte da Media Matters, no profit americana che si occupa di monitoraggio dell’informazione.

ipcc3declinefinal ipcc3doubterfinal ipcc3breakdownfinal

Per cui, quando si tratta di dipingere scenari spaventevoli i media vanno a nozze. Quando di ragionarci su cominciano ad annoiarsi. Quando di risolvere eventualmente il problema si addormentano. Eppure con i problemi seri si dovrebbe pensare più alle soluzioni che a tutto il resto. Vuoi vedere che il problema non è serio?

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Published inAttualità

2 Comments

  1. flavio

    semplicemente siamo talmente occupati a PREoccuparci (del cambiamento climatico, della fine del petrolio, della “giustizia sociale”) che non resta più tempo di occuparci dei problemi (non tuffarsi nel fiume se non sai nuotare, tantomeno mezz’ora dopo un’abbuffata, partire tre minuti prima per andare al lavoro senza dover fare mille sorpassi e andare a prendere il pane in bici etcetc)

  2. donato

    Mi sono imbattuto nella recensione, pubblicata su “Le Scienze” di febbraio 2014, del libro di A. Candela – Dal sogno degli alchimisti agli incubi di Frankenstein – F. Angeli editore.
    Il testo tratta della comunicazione scientifica e, in particolare, della narrazione della scienza. Stando alla recensione, l’autore ha individuato nei canoni della narrazione popolare, in particolare della favola, le modalità in cui viene narrata (è il caso di dire così 🙂 ) la scienza dai media.
    .
    Secondo A. Candela la comunicazione scientifica operata dai media soffre di eccessiva semplificazione, sensazionalismo e, soprattutto, della sindrome della “morale della favola”. Questo comporta che il messaggio mediatico si riduce alla ricerca di un significato centrato sui miti nella società che lo attribuisce piuttosto che sulle notizie scientifiche raccontate. In questo contesto la corretta informazione scientifica resta un obbiettivo secondario in quanto la caratteristica ricercata dagli autori è quella di “creare affascinanti suggestioni, mediaticamente più efficaci”.
    Come si può venire fuori da questa situazione? Attraverso un’accurata istruzione scientifica, ovviamente, ma per come è strutturata la scuola italiana, questo è un ossimoro. 🙂
    Ciao, Donato.
    .
    p.s.: mi propongo di approfondire la questione leggendo il testo.

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