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Anche se non c’è l’AMO i pesci abboccheranno lo stesso

Spero vogliate perdonarmi il gioco di parole nel titolo, lo faccio per gioco ma poi finisco sempre per rendermi la vita difficile, per esempio quando mi viene la malsana idea di tornare a cercare dei post specifici e provare a dedurne l’argomento dal titolo. Vabbè, portate pazienza, oggi se non altro sappiamo già chi sarà il protagonista principale.

L’AMO (Atlantic Multidecadal Oscillation), è un’oscillazione di lungo periodo delle temperature superficiali della porzione dell’Oceano Atlantico che giace nell’emisfero nord. Un ciclo intero dura circa 60-70 anni, tra un massimo e un minimo ci passano più o meno 30-35 anni e circa 1°C di differenza di temperatura. Sembrerebbe cosa da poco ma non è così, basta pensare alla scala spaziale convolta nella variazione per farsi un’idea. E, infatti, è cosa nota che le oscillazioni dell’AMO, se opportunamente ripulite dal trend di più lungo periodo, sono ottimamente correlate con le temperature di superficie di tutto l’emisfero nord e ben correlate con quelle globali, anche queste ovviamente detrended. Qui, la NOAA spiega più o meno le stesse cose, aggiungendo anche che trattasi di una oscillazione naturale che ora accentua, ora mitiga gli effetti del forcing antropico sulle temperature globali.

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Ho coniugato i verbi al presente ma forse avrei dovuto utilizzare il passato, perché, secondo Michael Mann, noto e controverso personaggio del mainstream scientifico, in realtà l’AMO deve essere definita diversamente e la sua correlazione con le temperature dell’emisfero nord e globali, va letta con un contributo negativo che sarebbe all’origine dell’attuale stop del riscaldamento globale. Il paper in cui Mann affronta questo tema è quello qui sotto. Qui è disponibile una copia pre-print.

On Forced Temperature Changes, Internal Variability and the AMO

Nel paper in realtà si parla anche di molto altro oltre all’AMO. La base di partenza è infatti l’impiego di diverse configurazioni di modelli di equilibrio radiativo semplici per trovare una soddisfacente replica della variabilità interna del comportamento delle temperature dell’emisfero nord. Le forzanti sono bilanciate in modo da produrre delle repliche diverse ma tutte soddisfacenti in qualche modo l’andamento delle temperature dell’emisfero nord. Tra i forcing, naturalmente, anche quello antropico. Basandosi sulla statistica così ottenuta della variabilità naturale, si genera un ensemble con il quale si dimostra che:

  1. L’attuale pendenza (assente) del trend delle temperature superficiali rientrerebbe nella variabilità decadale del sistema.
  2. La procedura solitamente impiegata di detrending del segnale dell’AMO sarebbe errata perché restituisce un segnale periodico che da’ l’impressione sbagliata di aver fornito un contributo all’aumento delle temperature globali nelle ultime decadi del secolo scorso; al contrario, il segnale dell’AMO derivato dall’ensemble (differenced-AMO), ovvero ottenuto con la stima della presunta variabilità naturale, starebbe dando un contributo negativo alle temperature, cioè sarebbe in parte all’origine dello stop del global warming.
  3. Gli studi di teleconnessione di lungo periodo (il riferimento è al paper The stadium Wave cofirmato da Judith Curry), sarebbero degli artefatti dell’errata procedura di definizione dell’AMO.

In pratica secondo Mann sarebbe tutto da rifare, anche se nella fattispecie il lavoro nuovo lo avrebbe già fatto lui, derivando un segnale dell’AMO dalle simulazioni e applicandolo alle osservazioni, pensando così di ottenerne la natura reale. Che sarebbe tale se le simulazioni fossero efficaci, per esempio nel replicare l’AMO stessa, senza pretendere che lo siano nel replicare le temperature medie globali, cosa per la quale sono nate ma che proprio non riescono a fare.

Nic Lewis ha dedicato a questo paper di Mann un lungo post piuttosto critico di cui vi consiglio la lettura (su Climate etc, WUWT e Climateaudit), una critica ben rappresentata da questo breve estratto:

Si tratta certamente di un approccio insolito. Definendo l’AMO come parte di una variazione delle temperature simulata dai modelli non osservata, il problema dei modelli che si riscaldano troppo velocemente dal 2000 circa scompare rapidamente. E altrettanto accade per la scomoda possibilità che il veloce riscaldamento simulato dai modelli degli anni ’80 e ’90 possa essere riprodotto nel mondo reale soltanto grazie ad un significativo contributo dell’AMO.  L’AMO differenziata di Mann è il sogno dei modellisti di un clima ad elevata sensibilità.

Si rientra tanto per cambiare nella solita logica metodologica di vedere la realtà come un’eccezione rispetto alle simulazioni assumendo che queste siano perfette. Una sorta di ribaltamento del metodo sperimentale. Se fosse stato uno scettico a proporre qualcosa del genere, si sarebbe detto che l’AMO è una realtà climatica ben compresa e sulla quale esiste un ampio consenso. La realtà però, specie se rappresentata dalle osservazioni, ha smesso da tempo di trovar dimora in certi ambiti scientifici.

Comunque, sono curioso di vedere cosa succederà alla pendenza dell differenced-AMO se e quando le temperature superficiali dovessero tornare a salire. 😉

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