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Dall’ENSO agli uragani, che il clima cambi o no, c’è sempre una spiegazione

Solo qualche giorno fa abbiamo commentato l’outlook della NOAA sulla stagione degli uragani appena iniziata. Tra i tanti elementi che è necessario prendere in considerazione per fare una prognosi sull’argomento, tra l’altro molto difficile, l’ENSO è il fattore climatico che gioca il ruolo più significativo. Quest’anno, con l’ENSO che sta virando decisamente verso il segno positivo, il collegamento tra le vicende delle temperature superficiali dell’Oceano Pacifico e lo sviluppo dei cicloni tropicali sembra essere abbastanza chiaro, almeno nelle previsioni.

Del probabile innesco di una fase di El Niño, si è iniziato a parlare già parecchi mesi fa, dapprima solo in termini di ipotesi corroborata soprattutto dalla statistica, poi, benché con sapevoli del limite imposto dalle dinamiche della stagione primaverile (tecnicamente si chiama spring barrier), gli esperti del settore hanno iniziato a mettere in fila i vari segnali che il sistema climatico stava mandando, e la previsione è divenuta via via più attendibile e condivisa. Non solo, proprio da quei segnali, primi tra tutti un paio di bruschi rallentamenti degli Alisei e la nascita di una Kelvin Wave nelle acque del pacifico, è stata tratta inizialmente l’indicazione che il prossimo El Niño avrebbe potuto essere anche piuttosto intenso, forse paragonabile al super evento del 1997-98.

Ora ci stiamo lasciando alle spalle la spring barrier – giugno sarà il mese decisivo – e il paragone di cui sopra, pur restando tra le possibilità, tende via via a perdere di consistenza. Sembra infatti che la componente atmosferica delle dinamiche dell’ENSO (la maggior parte del lavoro la fa il mare, ma anche l’atmosfera ha un ruolo importante) non stia rispondendo secondo le attese. Per componente atmosferica si intende il comportamento della pressione atmosferica misurata tra Darwin e Tahiti, una misura riassunta in un indice che si chiama SOI (Southern Oscillation Index), il cui segno negativo si associa alle condizioni di El Niño, mentre il suo territorio positivo va di pari passo con condizioni di neutralità o di La Niña. Il SOI è rimasto positivo sia nel mese di aprile che nel mese di maggio, fatto che potrebbe voler dire che l’atmosfera non sta supportando efficacemente lo sviluppo di un El Niño intenso, o che, addirittura, potrebbe spegnere del tutto l’evento prima del suo innesco definitivo.

Con tutte queste cose in ballo, stanno circolando molte analisi che tornano a spiegare quali siano e quanti siano gli effetti di un evento di El Niño sul clima globale di medio periodo, effetti o teleconnessioni, che possono realmente sconvolgere in positivo e in negativo l’andamento climatico di mezzo mondo. Al due esperti della NOAA e uno dell’IRI, hanno iniziato a popolare le pagine di un blog con articoli molto interessanti. C’è per esempio un post in cui vengono spiegate e anche rappresentate graficamente (immagine sotto) le teleconnessioni più significative, e ce n’è un altro in cui vengono spiegati i meccanismi di accentuazione/soppressione del wind shear verticale che sono all’origine della diminuzione/aumento delle condizioni favorevoli allo sviluppo di uragani in Atlantico in relazione alel fasi di ENSO positivo/negativo.

IRI_ENSOimpactsmap_lrg

Come si vede le teleconnessioni sono molto numerose. Benché tra queste sussista anche una grande variabilità sia in termini spaziali che temporali, è ben evidente come il Mediterraneo sia un’area dove le evoluzioni dell’ENSO non si avvertono direttamente. Nei prossimi mesi quindi sarà bene diffidare da eventuali collegamenti tra i pattern atmosferici che ci interesseranno e le dinamiche del Pacifico tropicale. Tornando agli esperti del blog, uno di loro ha pubblicato su Vimeo il video qui sotto con cui spiega perché secondo lui quello che sta per svilupparsi non sarà un El Niño particolarmente intenso.

May 2014 Climate Briefing Highlights, with Tony Barnston from IRI on Vimeo.

Infine Bob Tisdale, che ha dedicato anni e anni allo studio dell’ENSO, sta continuando la sua serie di post su quello che sta accadendo ultimamente nelle acque del Pacifico. Tra le sue riflessioni mi è sembrato molto interessante il riferimento alla PDO, cioè all’oscillazione di lungo periodo delle temperature di superficie del Pacifico settentrionale, un pattern climatico che è associato nella sua fase positiva ad una maggiore frequenza e intensità di eventi di El Niño e nella sua fase negativa a più probabili condizioni di La Niña. Non è stato un caso infatti, per tornare al titolo di questo post, se con il passaggio avvenuto nel 1976 da PDO- a PDO+, si sia entrati in un’era dominata da El Niño, e con il successivo nuovo switch dei primi anni 2000, siano tornati ad essere più frequenti gli eventi di La Niña. Anche questo, se vogliamo, è un segnale che abbassa (ma non elide) le probabilità che il prossimo El Niño possa essere molto intenso. Vedremo.

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