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Sulla via di Damasco

Susan Solomon, già nota alle cronache climatiche per il suo attivismo sfrenato nella lotta al riscaldamento globale, deve essere stata improvvisamente folgorata. Il cognome biblico c’è, per cui può anche darsi che sia accaduto sul serio. Data la sua attitudine al catastrofismo però, tutto sommato ci credo poco.

E’ uscito su Science un articolo che la scienziata americana ha co-firmato con Gabriele Hegerl del Grant Institute dell’università di Edimburgo: Risk of Climate Engineering, ovvero i rischi della geo-ingegneria climatica. Tutte o quasi tutte le azioni di ampio respiro che si propongono di mitigare gli effetti dell’accresciuta efficienza dei gas serra in atmosfera con contromisure di stampo ingegneristico sono decisamente da bandire. Inseminazione artificiale delle nubi, immissione di pulviscolo schermante in atmosfera, fertilizzazione degli oceani etc etc.

Secondo i due autori questo genere di contromisure volte a combattere un fenomeno di respiro globale finirebbero per avere pesanti ripercussioni sulle condizioni climatiche a scala locale, accrescendo il rischio di siccità. I due probabilmente sono animati dall’intenzione di evitare che si diffondano idee più concilianti nei confronti della riduzione delle emissioni, evidentemente ritenuta essere l’unica panacea di tutti i mali.

Sul fatto che la geo-ingegneria sia da evitare non si può che essere daccordo, ma occorre fare qualche distinguo. Innanzi tutto il riscaldamento è molto più locale che globale, e l’effetto serra c’entra probabilmente molto meno di quanto prospettato dalle simulazioni climatiche di cui gli stessi autori hanno spesso fatto ampio uso. La “lotta” alle emissioni, in quanto globale rientra quindi nella categoria delle contromisure inefficaci e, visto quanto costa già ora, più che la siccità porterebbe la fame. Questo però hanno dimenticato di dirlo.

Se volete saperne un pò di più, ne ha parlato anche La Stampa qualche giorno fa, evidenziando alcuni passi dell’articolo in questione, con cui i due tornano a pescare a piene mani nel catastrofismo e nelle minacce di sventura. Fa decisamente sorridere la chiosa del pezzo uscito sul quotidiano torinese che suona più o meno così: L’ottimismo nei confronti della geo-ingegneria va attenuato in attesa di ricerche più attendibili. Senti chi parla, sono anni che ci propinano profezie di sventura basate su un livello di comprensione delle dinamiche del clima poco più che elementare! Ma loro no, loro sono sicuri di aver capito, per cui non c’è bisogno di ricerche più approfondite.

Niente da fare, anche questa volta Damasco è ancora lontana.

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