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CICERO pro domo sua

CICERO sta per Centre for International Climate and Environmental Research, centro di ricerca norvegese affiliato all’università di Oslo di dichiarato impegno salvifico in materia di cambiamenti climatici. Poteva mancare la sua voce nei tumultuosi giorni dell’ennesima adunata climatica globale fatta di marce, previsioni del tempo a cent’anni, annunci di partecipazione e ritrattazioni e pura propaganda a suon di riti tribali?

Così, ecco la dotta spiegazione dell’ennesimo report che certifica l’inarrestabile crescita delle emissioni. Il grafico in testa a questo post è, per così dire, self explanatory. Già, ma che spiega? Sostanzialmente quello che nessuno si ricorda di far notare in questi giorni di rinnovato entusiasmo salva-pianeta al traino di una rediviva politica ambientale statunitense: quelli che si vedono sono gli RCP (Percorsi Rappresentativi di Concentrazione della CO2 nella nostra lingua), cioè gli agglomerati di tutti i possibili futuri scenari di emissione o, se credete, dei futuri mondi possibili che la fantasia di fior di professionisti del pronostico ha saputo immaginare. Si son messi al lavoro di buona lena i previsori, incuranti del fatto che mentre si spremevano le meningi gli sfuggiva l’insignificante particolare che di lì a mezza giornata sarebbe arrivata la peggiore crisi economica degli ultimi cent’anni. C’è da fidarsi di questi pronostici.

Comunque, quel che conta è altro. Secondo questi RCP, il mondo starebbe pericolosamente seguendo lo scenario peggiore, cioè quello di un mondo ad elevato tasso di emissioni da cui inevitabilmente scaturirebbe un riscaldamento ben oltre i fatidici 2°C stabiliti per editto in una delle ultime adunate. Anzi, il limite sarebbe raggiunto in poco più di 15 anni, con i paesi ‘più cattivi’, per esempio la Cina, che avrebbero già esaurito il bonus, nel senso che anche solo per iniziare a pensare di ridurre le emissioni già dovrebbero smettere di farle crescere da domani.

C’è da credere che li staranno a sentire. E non è da meno l’Europa, dove Germania, Polonia e Finlandia guidano un gruppetto di rinnovati fedelissimi del carbone e tutti gli altri arrancano sull’erta della crisi con le emissioni che scendono perché sale la fame. Gli USA, dal canto loro, con un buon 50% e oltre della classe politica e intellettuale che sgomitava per farsi notare nella manifestazione tenutasi a New York per aprire le danze del summit, son tornati a crescere economicamente e a far salire le loro emissioni.

Quando saranno terminati i riti tribali è probabile che un po’ di politica del mondo reale intervenga a sgonfiare gli entusiasmi. Nel frattempo, con le luci sul palazzo di vetro tutte accese, registriamo che dal grafico degli RCP mancano le temperature reali, che incidentalmente stanno seguendo un pattern sotto all’RCP più draconiano. In sostanza la CO2 aumenta e la temperatura non più, da almeno 15 anni, ma c’è chi dice che ci siano in giro dei maggiorenni che non hanno di fatto visto il riscaldamento globale.

Dubito che qualcuno farà il benché minimo cenno a questo piccolo particolare in questi giorni di mea culpa globale, molto più efficace ballare intorno al vitello d’oro, anche se oggi è fatto di CO2.

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