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Il record del ghiaccio antartico e il millechiodi atmosferico

Lo avevamo anticipato qualche giorno fa, ora è ufficiale: l’estensione del ghiaccio marino antartico anche quest’anno ha segnato un record positivo. Il giro di boa è arrivato qualche giorno fa, di qui in avanti, con la buona stagione dell’emisfero australe, il ghiaccio tornerà a sciogliersi fino al marzo 2015.

Ne danno notizia varie fonti, Science Daily, naturalmente, ma soprattutto quella che in genere prendiamo a riferimento, l’NSIDC. Curiosamente però, benché il minimo dell’estensione del ghiaccio artico sia giunto da una ventina di giorni e se ne sia già parlato, per ‘salutare’ il record del ghiaccio nell’emisfero sud gli amici dell’NSIDC decidono sia nel lancio d’agenzia che nell’articolo pubblicato sulle loro pagine, di fare l’esegesi del minimo stagionale dell’estensione dei ghiacci artici, che non ha fatto segnare alcun record ma si è posizionata al 6° posto di questa speciale classifica, e chiudere con solo poche righe dedicate ai ghiacci artici. Tra l’altro avanzando una serie di ipotesi tutte AGW-oriented circa le possibili cause di questa stabile tendenza alla crescita.

All’inizio del lancio, per esempio, ci spiegano perché è importante l’estensione estiva del ghiaccio artico, quella appunto in diminuzione. I mesi estivi sono quelli in cui il sole supera l’orizzonte alle alte latitudini, cioè quelli in cui la presenza o meno di ghiaccio regola la quantità di energia che viene riflessa e quindi restituita nella forma di onda corta allo spazio, o assorbita e quindi riemessa nella forma di radiazione infrarossa. Vi sembrerà strano, ma la stessa cosa succede anche nell’emisfero australe, dove anche l’estensione minima del ghiaccio marino è in aumento da anni. Ciò significa che c’è più ghiaccio e meno acque libere, più radiazione riflessa e meno assorbita. Quindi, ai fini del bilancio radiativo, l’aumento dei ghiacci antartici è importante come la diminuzione di quelli artici. Le due tendenze probabilmente si elidono, anche se è probabile che sia maggiore il peso dei record antartici positivi  rispetto a quelli artici negativi, perché nell’emisfero sud il ghiaccio arriva a latitudini più basse e quindi è più lungamente esposto alla radiazione solare.

Comunque, tant’è, registriamo il fatto che l’estensione dei ghiacci antartici è giunta a quattro deviazioni standard dalla media di riferimento, che è poi la media del periodo di utilizzo dei rilevamenti satellitari e teniamoci il barlume di realismo di quanti hanno commentato la vicenda per l’NSIDC: “quel che stiamo imparando è che abbiamo molto da imparare”.

Sempre a proposito di cose da imparare, anzi, da capire sulla complessità del sistema climatico, c’è un’altra interessante segnalazione di Science Daily.

E’ un articolo uscito sui PNAS che riguarda il ruolo di alcune sostanze nel processo di nucleazione, cioè nella formazione delle nubi. E’ una materia piuttosto complessa e ostica, per cui non scenderei più di tanto nel particolare (tra l’altro disponibile ai link). La formazione, l’aggregazione e la crescita di sostanze igroscopiche attorno alle quali si possono formare le goccioline e quindi la dinamica dei meccanismi di formazione delle nubi però, è uno dei settori dove c’è maggiore incertezza scientifica ed è al contempo anche uno dei più importanti, perché le nubi hanno un ruolo determinante sempre ai fini del bilancio radiativo. Anche in questo settore, tuttavia, c’è lo zampino delle attività umane, perché le sostanze oggetto dello studio, come l’acido solforico, hanno al giorno d’oggi una prevalente origine antropogenica. In pratica gli autori di questo studio riportano di essere riusciti a osservare la crescita fino a dimensioni che permettono al nucleazione di cluster di particelle formati da acido solforico, ammina e dimetilammina, con quest’ultima ad agire da super collante e ad impedire che le particelle evaporino impedendo ai cluster di crescere a sufficienza. Il tutto in una camera sperimentale ma in condizioni di concentrazione degli ‘attori’ paragonabili a quelle della libera atmosfera.

Qui trovate il pezzo di Science Daily e qui sotto, invece il titolo e il link all’articolo sui PNAS.

Neutral molecular cluster formation of sulfuric acid–dimethylamine observed in real time under atmospheric conditions

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Published inAttualità

7 Comments

  1. Manuel Guzzi

    Complimenti per il blog e per il grande livello delle discussioni e dei partecipanti.
    Da profano assoluto della materia, mi piacerebbe avere un parere dal col. Guidi e dagli altri esperti sul problema dei ghiacci polari non marini, ma continentali, che i serristi dichiarano in netta diminuzione.
    E’ vero, e se sì, è ciò ancora una conseguenza dell’aumento delle temperature avvenuto fino al 1998, o ci sono altre spiegazioni logiche compatibili con la chiara stasi attuale della temperatura globale?
    Grazie mille.

    • donato

      Disclaimer: non sono un esperto di glaciologia. 🙂
      A parte gli scherzi, da semplice appassionato, posso dirti che i ghiacci continentali sono in fase di diminuzione di volume (stando alle rilevazioni satellitari dell’esperimento GRACE e dell’esperimento CryoSat).
      Secondo i comunicati stampa dei responsabili di CryoSat, la diminuzione dei ghiacci continentali è di circa 500 chilometri cubi all’anno, di cui 375 km cubi relativi solo alla calotta glaciale groenlandese.
      In termini assoluti è come se le calotte glaciali si assottigliassero ogni anno di circa 15 cm (nel caso della Groenlandia) e di circa 9 mm (nel caso dell’Antartide). Considerando lo spessore delle calotte glaciali a questi ritmi la Groenlandia dovrebbe perdere la sua copertura glaciale in 7500 anni e l’Antartide in circa 25000 anni.
      .
      A parte i numeri che ho dato fino ad ora, è necessario considerare che la perdita del ghiaccio non avviene allo stesso modo dappertutto, ma in alcuni “hot spot” (Groenlandia meridionale ed occidentale ed Antartide occidentale) per cui in queste aree la perdita di massa glaciale è molto più accentuata. In altre aree, invece, la diminuzione di ghiaccio è molto più lenta o addirittura assente ed in alcune aree dell’Antartide orientale lo spessore delle calotte glaciali sembra essere in aumento.
      (fonte: http://www.esa.int/Our_Activities/Observing_the_Earth/CryoSat/Ice_sheet_highs_lows_and_loss ).
      .
      In merito all’attribuzione della riduzione della massa glaciale delle calotte all’aumento delle temperature atmosferiche ho fortissimi dubbi.
      Per quel che riguarda il continente antartico sembra che le cause più probabili debbano essere ricercate nelle correnti oceaniche che fondono dal basso le piattaforme glaciali. Tali piattaforme rappresentano una specie di tappo che rallenta lo scarico a mare delle calotte interne, per cui, una volta scomparsa la piattaforma glaciale (ghiaccio galleggiante ancorato a terra), aumenta il tasso di diminuzione del volume di ghiaccio. La temperatura atmosferica c’entra poco o niente. Secondo alcuni ricercatori l’incremento delle temperature atmosferiche avrebbe modificato le correnti oceaniche e quelle atmosferiche, quindi, in un certo senso potrebbe influire sulla diminuzione di volume dei ghiacci antartici: si tratta, però, solo di ipotesi e null’altro.
      Più complesso è il discorso per la Groenlandia. Si ipotizzava, in passato, che la fusione degli strati di ghiaccio superficiali determinasse un aumento dell’acqua di fusione che, a sua volta, agendo da lubrificante, accelerava lo scarico a mare dei ghiacci continentali. Tale ipotesi, però, ultimamente è stata messa in dubbio. Per maggiori chiarimenti in proposito ti rinvio a questo post qui su CM: http://www.climatemonitor.it/?p=36576 .
      Ciao, Donato.

    • Manuel Guzzi

      Grazie mille, Donato, della puntuale ed esauriente risposta.

  2. neve video

    dal 15 ottobre in via sperimentale sul canale 971 parte una tv dedicata ad immagini video e foto sulla neve……vi aspettiamo

  3. Guido Botteri

    Non lo sai che l’Antartide fa parte di un altro pianeta ? Essa non partecipa al clima terrestre, fa clima a sé. E come no ? Anche se io, ingenuamente, ho l’impressione che l’Antartide sia su “questo” pianeta, ma devo sbagliarmi io, evidentemente.
    Domani, mentre viaggerò verso la Sicilia, nelle mie brevi soste cercherò di scrutare il cielo, per vedere dove sia quest’altro pianeta dove è collocata l’Antartide 😀
    Eppure, quando ho studiato io, i libri dicevano che quel continente desertico, freddo e arido (per fortuna, se no sai quanto più ghiaccio ci sarebbe) si trovava anch’esso su questo pianeta, ma devono averlo spostato quelli dell’IPCC 😀
    L’ho detto altre volte, e continuo a pensarlo, che per valutare un fenomeno di aumento o diminuzione dei ghiacci, visto anche che essi sono in opposizione a Nord e a Sud, andrebbe calcolato quello che succede nel totale del pianeta e per un tempo adeguato.
    Tra l’altro, l’emisfero meridionale è quello che si trova più vicino al Sole durante la sua stagione calda (d’estate siamo più lontani dalla nostra stella), e questo, a parità di tutti gli altri parametri, dovrebbe riflettersi in una maggiore energia ricevuta dal Sole, rispetto all’emisfero settentrionale, ma forse questo parametro è meno importante di quel che verrebbe da pensare, e prevalgono altri fattori.
    Secondo me.

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