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Siamo sulla quarantina

Per chi scrive passata da un bel po’, infatti non si parla di età. Sono più di quaranta invece le spiegazioni che vari livelli di ricerca scientifica hanno prodotto per spiegare lo stallo del global warming. E con quello anche la differenza ormai macroscopica che sussiste tra le simulazioni climatiche e le osservazioni.

Questa volta si tratterebbe di una sottostima del contributo degli aerosol di origine vulcanica. Recuperato il gap e introdottolo nei modelli a CO2 pare che i conti tornerebbero.

Total volcanic stratospheric aerosol optical depths and implications for global climate change

Abstract

Comprendere l’effetto raffreddante della recente attività vulcanica è di particolare interesse nel contesto del rallentamento post-2000 del rateo del riscaldamento globale. Le osservazioni satellitari della profondità ottica degli aerosol (AOD) sopra i 15Km hanno dimostrato che le eruzioni vulcaniche di piccola entità perturbano in modo significativo la radiazione solare entrante. Si utilizzano osservazioni da lidar, AERONET e radiosonde per fornire evidenza che i database attualmente disponibili trascurano quantità significative di aerosol vulcanici tra la tropopausa e 15 Km alle medie e alte latitudini, e quindi sottostimano il forcing radiativo totale risultante dalle recenti eruzioni. Introducendo queste stime in un modello climatico semplice, si determina il forcing vulcanico globale dal 2000 in −0.19 ± 0.09 Wm−2. Questo si traduce in un raffreddamento globale di 0.05 to 0.12 °C. Si conclude che i recenti eventi vulcanici sono responsabili per una quota maggiore del raffreddamento post-2000 di quanto sia implicito nei dataset che trascurano gli effetti degli aerosol vulcanici sotto i 15 Km.

Due le considerazioni a caldo.

  1. Il rallentamento del rateo del riscaldamento globale post-2000 diviene un raffreddamento post-2000 a distanza di poche righe. Dal punto di vista semantico non è banale.
  2. Se l’aerosol vulcanico (spiegazione numero 40 e oltre per un global warming desaparecido) riconcilia le osservazioni con un semplice modello climatico, vuol dire che questo traduce questo effetto randomico (le eruzioni vanno e vengono) ma naturale in raffreddamento, data la nota proprietà schermante degli aerosol atmosferici. Quindi è arrivata una minore quantità di radiazione fino alla superficie. La CO2 avrà pure fatto il suo dovere, ricordiamo che i modelli vanno a CO2 come le auto vanno a combustibili fossili, ma questo significa che non c’è nessun calore da cercare da nessuna altra parte, in primis le profondità oceaniche, dove una parte consistente del mainstream scientifico ritiene che sia andato a nascondersi il calore mancante, cioè quello che se restituito riconcilierebbe la realtà con le simulazioni.

Suppongo che questo paper fresco fresco sarà messo sotto la lente d’ingrandimento nel prossimo breve futuro, ma il punto numero 2 non mi sembra una cosa da poco.

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Published inAttualità

9 Comments

  1. Alex

    No, io preferisco la teoria di K. Tremberth per cui il calore si e’ inabissato nel profondo degli oceani senza lasciare traccia negli strati superiori. Innazitutto e’ una delle prime in ordine di apparizione tra le 40, e poi mi consola il fatto che se io ne capisco poco di termodinamica, c’ e’ chi ne capisce ancora meno.

  2. Lo studio dell´attivitá vulcanica e il suo effetto sul clima é una labirinto ancora piú intrigato della modellistica. Delle nubi vulcaniche si riesce a sapere molto poco per evidenti problemi tecnici. Una lista delle eruzioni vulcaniche si puó trovare qui http://so2.gsfc.nasa.gov/ ma ovviamente avere una idea del numero non é esaustivo perché l´impatto sul clima dipende da molti fattori spesso quasi impossibili da valutare, quali l´estensione della nube (nello spazio e nel tempo), la potenza dell´eruzione, se é una eruzione di cenere di SO2 (o entrambi), la quota che la nube raggiunge, l´altezza della tropopausa e quindi la possibilitá che l´eruzione possa raggiungere o meno la stratosfera, la possibilitá che la cenere o la SO2 possano raggiungere la stratofera guidate da sistemi convettivi … e molto altro ancora. C´é stata una “simpatica” discussione su Science a fine 2012 inizio 2013 tra Bourassa e Fromm sull´eruzione di Nabro 2011 (come estensione la maggiore eruzione dai tempi di Pinatubo) e nonostante fosse una pubblicazione su Science, non sono riusciti neppure a misurare la quota della tropopausa!! Tra l´altro durante le eruzioni vulcaniche (come durante eventi convettivi) la tropopausa si sposta piú in alto rispetto al livello climatologico. Un paper del genere se non avesse avuto dentro I nomi di Susan Solomon e Vernier e non avesse trovato una delle tante scuse a questo cazzo (scusate ma non riesco a trattenermi) di iato non sarebbe stato preso in considerazione manco da topolino. PS tra l´altro tra le tante eruzioni riportate non vedo maggiore eruzione di cenere degli ultimi anni (Puyehue 2011).

  3. Ma i “recenti eventi vulcanici” sono oltre la media? Perché se non lo sono, mi viene da chiedermi com’è che non li hanno presi in considerazione prima.

    • Gran bella domanda. Qualche geologo che ci da una mano?
      gg

    • Maurizio Rovati

      Sempre ammesso che l’attività vulcanica recente sia fuori dal normale, ma allora anche una ridotta attività vulcanica costituirebbe un segnale di segno opposto, declassando la sensibilità del clima alla CO2, come si disse per la PDO.
      O è della serie: vale solo quando conferma il ruolo CO2-centrico?

      Grazie, le faremo sapere, avanti un altro…
      Quarantuno?

      🙂

  4. Guido Botteri

    Quando parlavamo noi degli aerosol (e non solo) ci deridevano; ora cominciano anche loro a capire che le cose non quadrano se tengono in conto “solo” la CO2.
    Una piccola vittoria, un piccolo passo per la scienza, un balzo avanti per… no, basta mi stavo infervorando 😀

  5. Salvatore

    Salve,
    credo che in effetti i vari modelli devono sempre essere adattati ai risultati sperimentali che rappresentano sempre e comunque la vera fonte di realtà rispetto agli output delle simulazioni. Perchè questo è quello che facciamo ogni giorni noi ricercatori, cerchiamo di modificare i parametri di input dei modelli per capire sotto quali condizioni si conciliano con i risultati sperimentali. Per quanto riguarda l’AOD degli aerosol (che sarebbe meglio tradurre come spessore ottico in italiano) è normale che sia molto variabile in relazione alle eruzioni vulcaniche che chiaramente non sono un evento con una periodicità precisa, ma sono molto variabili come frequenza. E chiaramente un evento random è molto più difficile da gestire con un modello rispetto ad un evento con una periodicità ben definita…

    • agrimensore g

      Giusto, ma per dire che il modello funziona, cioè che l’aggiustamento dei parametri non nasconda un processo che il modello non ha considerato, bisogna verificarlo successivamente. In altre parole, è vero che iI modello va “adattato” ma poi va controllato che l’ “adattamento” non sia solo un gioco numerico di scelta di parametri.

  6. Fabio Vomiero

    Esistono molti lavori in letteratura, sostanzialmente sulla stessa lunghezza d’onda di quello citato, pubblicati ad esempio su Nature Geoscience ad opera di ricercatori come Santer, Solomon o Schurer, e che suggerirebbero una certa importanza del ruolo degli aerosol vulcanici come concausa allo iato recente delle temperature globali. Così come esistono lavori che includono anche una certa influenza da parte degli aerosol antropici, principalmente solfati, in nuovo aumento in seguito allo sviluppo recente dei paesi asiatici, in primis Cina e India. Relativamente al punto 1 evidenziato da Guidi, quindi, credo che l’intendimento della semantica sia da ricondurre ad un effetto di raffreddamento a breve termine degli aerosol su un trend di fondo secolare orientato invece all’aumento a causa dei gas ad effetto serra. D’altra parte il ruolo dei vulcani (vedi Pinatubo, El Chicon ecc.) unitamente alle dinamiche degli indici climatici (PDO, AMO,ENSO), forse attualmente rappresentano gli unici fattori che presentano una vera correlazione sul breve termine con le variazioni delle temperature globali, mentre non mi pare si possa dire la stessa cosa in merito all’attività solare, ad esempio. Personalmente considero l’attività di ricerca sugli aerosol, sia naturali che antropici, una strada molto interessante e promettente ai fini dell’ulteriore comprensione delle dinamiche climatiche sul breve periodo. Saluto sempre tutti cordialmente.

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