Salta al contenuto

Piove tanto. Perché?

La stagione autunnale del 2014 è stata molto piovosa in alcune parti d’Italia. Il mese di settembre ha distribuito piogge abbondanti al Meridione e Adriatico settentrionale, ma è stato secco sul Nord-Ovest e sulle Isole. A novembre, si sono avute piogge non ordinarie su vaste zone del Nord, abbondanti sul versante tirrenico del Centro, scarse in genere altrove. Ottobre, nonostante i nubifragi a Genova, nel grossetano, alessandrino, parmense, ecc., è stato abbastanza secco nella maggior parte delle regioni. Da una prima analisi sui tre mesi, valida per l’intero territorio nazionale, la pioggia sull’Italia è nella media. Media che non tiene conto, però, della distribuzione spaziale e temporale, tanto è vero che, per quella che è la percezione comune e per la descrizione riportata dei media, si dà per assodato che sia piovuto tanto e dappertutto nella penisola. E’ piovuto tanto pure nel mese di luglio scorso (e ci torno dopo), nelle annate 2013-2014 e 2012-2013. Per trovare un’annata secca (scrivendo da Bologna, faccio più riferimento ai miei dintorni), occorre andare indietro al 2011-2012, quando l’emergenza neve di febbraio colpì anche, ma non solo, la Romagna e il Montefeltro (e pure su quest’evento ci torno dopo).

La domanda che tutti ci poniamo è: perché?

Con un certo imbarazzo devo ammettere che ho ascoltato il Tg serale della prima rete pubblica di martedì 2 dicembre. Nell’intervista dai Murazzi allagati da una piena come tante del Po, la seconda per la stagione, un dipendente del CNR (non ricordo né il nome né il titolo, ma non importa) ha spiegato ai telespettatori le cause di tanta acqua: il surriscaldamento globale che provoca una massiccia evaporazione dagli oceani. Punto!

Interpretando liberamente il suo pensiero e il pensiero dominante con cui ho a che fare quotidianamente, negli ultimi anni si assiste a una serie di aventi inusuali (forse mai visti prima), causati dall’eccessivo accumulo di umidità in atmosfera. Cosa di cui gli stessi si dimenticano quando si tratta della nebbia padana. Ho sentito parlare anche di Mediterraneo in ebollizione.

Per cominciare questa indagine sul legame tra gli eventi (per loro) straordinari e la troppa umidità atmosferica, ritorniamo al nevone (così si chiama da queste parti) del 2012. Anche in quella occasione si parlò di riscaldamento globale e dell’umidità in eccesso da esso causato, più il solito discorso che se fa troppo freddo è perché è troppo caldo. In quel periodo la neve fu misurata in metri anche in zone a bassa quota. Già la prima nevicata del periodo fu fenomenale: tra la sera del 31 gennaio e quella del giorno successivo misurai 40 cm di accumulo alla periferia nord di Bologna; tra Forlì e Cesena si arrivò al doppio. La temperatura era sui -2 o -3 gradi e l’umidità relativa tra il 90 e il 100%, cioè la temperatura di rugiada era su valori simili alla temperatura dell’aria. Non c’era instabilità convettiva e la precipitazione era causata da uno spesso strato nuvoloso (aria satura). A vostro parere, quanta umidità in meno ci sarebbe stata durante una nevicata in un periodo più freddo, mettiamo negli anni ’70, con temperature simili. Di più, di meno o la stessa?

Negli anni ’70, le leggi della fisica erano le stesse di oggi. Anzi vi dirò di più, sono le stesse dal principio dei tempi, da ben 14 miliardi di anni! Il valore della temperatura detta la quantità massima di acqua che può contenere un volume di aria. L’aria satura di oggi a 1000 hPa contiene la medesima quantità di acqua di 50 anni fa, e non è che c’è più spazio perché nel frattempo sono trascorsi i decenni.

Consideriamo adesso un episodio recente, i nubifragi estesi sul territorio ligure del 15 novembre scorso: intenso flusso di scirocco e fino a 300 mm nell’entroterra di Genova. A Voltri si registravano 16-17 gradi prima dell’arrivo del nubifragio con temperature di rugiada sugli stessi valori.  Il più disastroso nubifragio della storia recente di Genova, il 7 ottobre 1970, avrà avuto meno umidità per scaricare 900 mm di pioggia, rispetto ai 300 mm di novembre o ai 500 (in 48 ore) del 9 ottobre 2014?

Poniamoci in un caso più generale prendendo in considerazione un ipotetico luogo, in qualche zona delle medie latitudini, dove la temperatura varia idealmente durante il corso dell’anno. In questo luogo le osservazioni eseguite nel corso dei decenni ci permettono di tracciare il grafico della temperatura media, quello che definiamo la climatologia della temperatura di quel luogo in quel periodo (clima t0). I decenni passano, la climatologia cambia e la nuova curva mostra un certo aumento della temperatura media (clima t1).

Fig_1

Ipotizzando un mantenimento dei valori di umidità relativa tra i due periodi climatici (ce lo dicono i climatologi) e poiché è il valore assoluto della temperatura che determina la quantità d’acqua utile alla saturazione e alle precipitazioni, la disponibilità in umidità nel periodo più recente è qualcosa che è già stata registrata nel periodo antecedente, magari su giorni dell’anno differenti. Per essere più chiari, le condizioni medie, che una volta si misuravano il 10 di ottobre, adesso si hanno, per dare un numero, il 20 di ottobre. Nella fase recente, con le ipotesi specificate sopra, non c’è una giustificazione fisica perché i valori di precipitazione di oggi siano nuovi rispetto al passato. Ovviamente, non ci saranno più le condizioni medie di prima nel periodo più freddo (punto di minimo delle curve), ma le condizioni generali sono uguali al clima antico ma su giorni differenti. Tutto uguale tranne che nel periodo di temperature massime, cioè durante un certo intervallo temporale della stagione estiva, quando le temperature medie sono sì una novità e si va in territorio meteorologicamente inesplorato per quella zona geografica.

Quella descritta è una situazione ideale e sono sicuro che qualcuno possa ipotizzare un clima t1 con una curva diversa, con incrementi variabile nel corso dell’anno. Permettetemi la semplificazione.

Concentriamoci sull’estate, sull’incognito, e caliamoci nella nostra realtà: luglio 2014. Almeno in Emilia, Piemonte e in Toscana si sono avute precipitazioni abbondanti, da record per i decenni più recenti. E le temperature? Anche quelle ai massimi come le piogge? No, tutt’altro, su valori da record (recente) sì, ma per il freddo. Quel mese di luglio è esemplare perché ci ricorda, se mai ce ne fosse stato bisogno, che, se in Italia piove molto in estate, fa anche un po’ freddo per la stagione. Non si hanno cumulate abbondanti ed estese quando fa molto caldo. E il motivo è piuttosto ovvio: le temperature alte dell’estate sono causate da un regime anticiclonico stazionario e dall’espansione verso l’Europa della massa d’aria nord-africana. L’abbassamento di latitudine della corrente a getto, invece, ha come conseguenza di far piovere e di abbassare la temperatura.

Quello che si dice, che piove di più perché c’è più contenuto d’acqua nell’atmosfera (umidità assoluta), può valere per quelle zone dove le precipitazioni cadono quando si va al massimo regime, per esempio la zona d’interconvergenza tropicale. Lì, almeno dal punto di vista teorico, la cosa è verosimile. Ma quanto in più può piovere? Non riesco a trovare più il riferimento, ma mi pare che sia stato calcolato, dato l’aumento di temperatura degli ultimi decenni, un incremento vicino al 5%. Se qualcuno avesse il dato preciso, scriva un commento. Secondo i modelli climatici usati nei vari rapporti dell’IPCC, quindi, non si dovrebbe avere fino a oggi un incremento in pioggia molto oltre quel 5% (in media e per l’equatore).

Tornando all’Italia e volendo essere generosi, possiamo attribuire un 5% di quell’acqua al riscaldamento globale. Il 95% va attribuito a vicende meteorologiche di circolazione sinottica e locale. Fate attenzione: 5 a 95, 50 mm ogni 1000 mm di pioggia. Valori un po’ lontani da un’alluvione.

I meteorologi, i fisici dell’atmosfera e i (self appointed) climatologi di casa nostra sembrano dimenticarsi tutte le volte di questa semplice verità. Io non credo che sia una loro dimenticanza, ho un’opinione diversa e peggiorativa della categoria. Ma preferisco mantenere la mia tranquillità e non vado oltre su questo argomento.

Provo adesso a rispondere alla domanda in testa a questo articolo: perché è piovuto tanto (in certe zone)? Si consideri l’altezza della superficie con pressione pari a 500 hPa del mese di novembre.

 

Fig_2

La figura mostra abbastanza chiaramente il veloce flusso proveniente dall’America settentrionale che, dopo aver descritto una campana anticiclonica sull’Atlantico, si getta con correnti da nord-ovest verso l’Iberia e il Marocco. Da quelle zone, poi, il flusso, divenuto sud-occidentale, interessa con aria umida e mite l’Italia centro-settentrionale. Al Meridione, a parte la prima decade di novembre, il resto del mese ha visto correnti in prevalenza più secche, continentali.

Non vi pare che una semplice mappa del flusso getti una luce accecante sulla questione?

E’ la collocazione dei meandri compiuti dalla corrente a getto intorno al vortice circum-polare, solitamente mobili, che determina i singoli eventi meteorologici. Se i meandri persistono per un periodo più lungo, se cioè il flusso è “bloccato”, la successione dei sistemi nuvolosi verso una specifica regione geografica determina l’anomalia complessiva di un mese o, se di maggiore durata, di una stagione intera.

I blocchi nel flusso non sono eventi rari e i motivi per i quali questi si formano non sono ancora chiari, cosa che li rende anche di difficile previsione. Vari studi hanno cercato di attribuire a questo o a quel fattore la causa predisponente, ma nessuna spiegazione è al momento convincente.

Su questo e solo su questo possono trovare appiglio i cultori del disastro climatico di origine umana. Ma, la prossima volta che qualcuno vi parla di oceani in ebollizione, ricordatevi che non sanno di cosa parlano.

Potrei finire qui, ma mi preme parlare anche del Mediterraneo in ebollizione. Gli stessi di prima vi mostrano di solito la mappa dell’anomalia della temperatura superficiale del mare, ben guardandosi dal mostrare la temperatura assoluta che, in ogni caso, continua a calare dopo il massimo di tarda estate. La velocità della diminuzione, però, è inferiore al normale. Questo non vuol dire che se piove molto a Genova è a causa del mare più caldo. Il fatto che piova di più e che il mare sia più caldo sono conseguenza dello stesso motivo: la prevalenza dei venti meridionali che, da un lato, se hanno una componente ciclonica fanno piovere e, dall’altro, non permettono la rapidità usuale nel raffreddamento delle acque superficiali. Sono, infatti, le situazioni di Maestrale che determinano impulsi di rapido raffreddamento. Se in una stagione il vento è in prevalenza di scirocco e, negli altri giorni, vi è assenza di vento, verrà a mancare la componente essenziale che raffredda il Mediterraneo. Il Maestrale raffredda l’acqua non tanto perché è freddo, ma perché è secco e perché richiama le acque profonde nelle zone caratteristiche. Detto questo, l’influenza del mare caldo sulle precipitazioni è fuori discussione: è la caratteristica della stagione autunnale, quando l’atmosfera tende a raffreddarsi più velocemente della superficie marina. Per non parlare delle peculiarità della regione mediterranea, un mare che umidifica i bassi strati ma in cui possano arrivare aria più fredda dalle zone vicine o aria secca in quota dall’Africa, dall’orografia tormentata, che interagisce con l’instabilità atmosferica presente e devia i venti concentrando i flussi d’umidità verso particolari zone (un esempio fra tutti, la presenza della Corsica e la convergenza che si crea nei bassi strati, sottovento a essa).

In conclusione: è vero che la temperatura superficiale del mare è influente, come accade ogni autunno, ma sono le dinamiche di convergenza nei bassi strati a determinare le condizioni locali per gli eventi intensi. Senza dimenticarsi della scala sinottica che detta le condizioni generali affinché il Mediterraneo (e qualunque altra zona) possa diventare sede di precipitazioni. Se qualcuno, dunque, vi dice che è piovuto tanto a Carrara, o altrove, perché ha visto il mare in ebollizione, ricordategli che è il vento meridionale che concentra l’umidità su quel tal posto e che non fa scendere la temperatura del mare. Ricordategli anche che alle nostre latitudini sono i contrasti, le differenze, a produrre le tempeste, molto di più dei valori assoluti.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualità

4 Comments

  1. massimo

    Buona sera. E’ la prima volta che scrivo un commento, nonostante vi segua da parecchi anni. Mi congratulo con l’autore . Condivido pienamente tutto. Ma temo che solo i frequentatori di pochi siti tipo questo, potranno essere critici rispetto alle pseudo informazioni di quotidiani e vari cosiddetti climatologi. Il cittadino comune ahimè ci crede alle bufale! Purtroppo!
    Si può tentare nel proprio piccolo gruppo di conoscenti di cercare di spiegare! Ma non sempre si riesce.
    Comunque grazie per la vostra informazione. Continuate così
    Saluti Massimo

  2. donato

    Articolo di estremo interesse, chiaro ed esaustivo. Grazie.
    Ciao, Donato.

    • luca

      Grazie x l’articolo ben esposto e ineccepibile sulla base delle leggi fisiche. Quello che mi dispiace di certi personaggi, è che sono pagati con soldi pubblici x dire inesattezze…che tristezza

  3. alessandro

    bellissimo, esaustivo, efficace…..l’articolo (-:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »