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Mille anni di estati fresche

No, non abbiamo dimenticato né il 2003 né il 2010, quella che leggete qui sopra è una piccola provocazione. Che ha però un fondamento di realtà. Capita infatti che sul Journal of Quaternary Science sia stato pubblicato un lavoro (Esper et al., 2014) in cui con dati vicari (o proxy, se preferite) ricavati dagli anelli di accrescimento degli alberi, è stata ricostruita la temperatura dei mesi estivi sull’Europa settentrionale.

Un lavoro se volete non nuovo, visto che di queste ricostruzioni ce ne sono parecchie, che però ha il pregio di essere stato condotto con un0accurata scelta dei dati, ovvero con l’eliminazione di quelli che potevano generare bias significativi. E così scopriamo che negli ultimi 2.000 anni, la temperatura media estiva in Europa del nord è….diminuita. Già, un trend abbastanza costante di 0.3°C per millennio. Piaccia o no, 2.000 anni fa, secondo i dati di prossimità (anche gli unici disponibili per la verità) la temperatura media era più alta di adesso.

Non solo, nei dati si evidenziano anche delle oscillazioni molto significative, sia a bassa che ad alta frequenza, le prima a testimoniare per l’ennesima volta l’esistenza di un Periodo Caldo Medioevale e di una Piccola Età Glaciale, e le seconde che potrebbero essere utili per identificare gli anni in cui potrebbero esserci state delle importanti eruzioni vulcaniche, che notoriamente hanno un effetto importante ma di breve durata sul clima del pianeta.

Quella sopra è una figura che viene dal paper, di cui trovate qui l’abstract e qui, per chi ne avesse voglia, anche in pdf per intero.

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Published inAttualità

4 Comments

  1. Igor

    Buongiorno, scusate l’ot ma dopo Santo Stefano comincia a delinearsi una discreta situazione per gli amanti della neve, e a questa distanza temporale sinceramente comincio a crederci, anche perchè i vari modelli sono tutti abbastanza concordi. Mi piacerebbe molto leggere una vostra analisi a riguardo

    • Igor,
      in termini generali dopo Natale dovrebbe esserci un cambiamento sostanziale nella modalità della circolazione. In termini deterministici in effetti già quello del 26 sembra essere un passaggio rapido ma efficace in tal senso. C’è però ancora, nonostante la scadenza temporale relativamente prossima, parecchia indecisione (spread nell’EPS) sui run probabilistici. Un’indecisione che riguarda la traiettoria della discesa fredda ma solo di rimbalzo, perché in effetti l’indecisione maggiore è alle alte latitudini atlantiche. Se, come previsto per il lungo periodo già qualche tempo fa, si consoliderà l’anomalia positiva del campo di massa sulla Groenlandia per poi spostarsi verso il Mare del Nord, puoi star certo che la stagione cambierà passo, altrimenti non se ne parla. Per cui, più che al 26 da noi, guarda lassù per i giorni ancora dopo 😉
      gg

  2. Fabio Vomiero

    Mah, io rimango sempre molto scettico e cauto nel valutare lavori di questo tipo, benchè in letteratura ne esistano parecchi di simili. Secondo me il bias è metodologico, ossia considerare che da un semplice esame degli anelli di accrescimento di alcuni alberi si possa ricostruire il clima del passato, in tutta la sua esemplare complessità. A parte poi gli ovvi discorsi sugli aspetti legati alla limitatezza spaziale e temporale di queste osservazioni, nella fattispecie le regioni scandinave. Mi piacerebbe conoscere la barra di errore di tale metodo, a fronte di un risultato che parla di variazioni di soli 0,3°C in 1000 anni, per esempio, e comunque bisogna essere consapevoli che tale tipo di indagine, purtroppo, può portare soltanto ad un certo tipo di informazioni, molto generali e grossolane, e che se invece pretendiamo di ricavare da questi dati informazioni precise e dettagliate, molto probabilmente possiamo rischiare di commettere anche gravi errori di valutazione. Dal mio, per carità modestissimo punto di vista, ritengo sia molto più utile concentrarsi sui tempi recenti (da quando esistono monitoraggi sicuri) e capire perché la temperatura media estiva, e non solo estiva, sia aumentata negli ultimi decenni (sappiamo abbastanza bene di quanto) sia a livello globale, sia in Italia. Ora noi stiamo sperimentando estati mediamente di circa un grado e mezzo (dati CNR) più calde di quelle degli anni settanta per esempio, e parallelamente conosciamo molto delle contemporanee condizioni al contorno, è nei confronti di dati di questo tipo che dobbiamo e possiamo dare una risposta scientificamente valida. Saluto sempre tutti cordialmente.

    • Fabio,
      il tuo discorso è più che condivisibile. Anzi, ha un pregio essenziale, quello si spazzare via ogni discussione sul carattere “unprecedented” di quanto si è osservato (e non si sta osservando attualmente) nelle ultime decadi del secolo scorso. Perché? Molto semplice, se con le uniche cose che abbiamo, i dati proxy, non si può definire cosa è accaduto prima, non ha alcun senso esprimere preoccupazione per quanto recentemente accaduto 😉
      gg

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