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New York, riflessioni dopo una tempesta mancata

Questo articolo è uscito in origine su La nuova Bussola Quotidiana

La tempesta di neve in arrivo a New York è un evento checonferma l’aumento dell’intensità dei fenomeni meteorologici estremi legato all’incremento della temperatura globale”, questo quanto ha affermato il Prof. Giampiero Maracchi, il 26 gennaio, dopo aver saputo che il sindaco della Grande Mela, Bill de Blasio aveva avvisato la popolazione dell’arrivo imminente della più grande tempesta nella storia della citta’ di New York, imponendo il blocco delle attività in città. Altri esperti hanno seguito Maracchi con analoghe certezze.

La previsione successivamente si è dimostrata molto peggiore di quanto accaduto, sono sorte molte polemiche e discussioni sull’attendibilità delle previsioni ed il catastrofismo di alcuni allarmi, i meteorologi hanno chiesto scusa affermando: “Ok, se le previsioni devono essere sbagliate preferisco lo siano per esagerazione. Così ci sono meno rischi per la vita delle persone”. Il Direttore del Servizio Meteorologico Nazionale americano ha dato parte delle colpe all’uso nell’occasione del modello europeo invece di quello degli USA (un po’ come se l’agriturismo accusato di vendere vino non buono si scusasse dicendo che quello fornito è quello comprato dal vicino e non quello prodotto in casa); il Sindaco della Città ha risposto alle accuse di catastrofismo affermando: “Abbiamo schivato un proiettile”,  “E’ uno scenario del meglio prevenire che curare” e precisando di avere fatto “quello che era necessario per tenere tutti al sicuro”.

Quanto accaduto negli USA può portare ad alcune ulteriori sintetiche osservazioni volutamente provocatorie, che andrebbero ulteriormente sviluppate.

La logica di alcuni climatologi è singolare. Emessa la previsione di un evento estremo, se si verifica la causa è certamente il riscaldamento globale, se invece non si verifica non si può per analogia dedurre che non c’è riscaldamento globale: in quest’ultimo caso è il modello ad essere errato e la certezza nel riscaldamento globale rimane.

La società a rischio zero è una dannosa illusione. “Scusate tanto per il danno creato in buona fede ma anche le attuali previsioni meteorologiche possono sbagliare, la scienza non può tutto, cercheremo di fare tesoro in futuro degli errori e sicuramente faremo di tutto per migliorarle”; queste le parole che potevamo aspettarci dal Sindaco. Invece le dichiarazioni sono state: ”è meglio poter dire di essere stati fortunati che pentirsi per aver sottovalutato la minaccia, l’eccesso di prudenza che piangere dei morti”. Fortunati? Nel paese più evoluto al mondo si parla di fortuna come nelle antiche civiltà pagane? La morte è sempre una tragedia, però se la logica da seguire fosse sempre semplicemente scegliere “l’eccesso di prudenza”, per evitare il rischio di morire si dovrebbe bloccare il traffico tutti i giorni, proibire le scalate in montagna, le corse in moto, il rimanere in casa dove gli incidenti domestici sono più frequenti di quelli all’aperto, etc.  E’ lo stesso “eccesso di prudenza” che giustifica i No tav, No nucleare, No pale eoliche, No discarica, No termovalorizzatori, No strade, No centrali, No carbone, No bocciati, No triv, No tut?

Tornereste dal vostro medico che dopo avervi detto che avete un tumore ed avervi fatto prendere costose medicine, accortosi che non avete nulla di grave concludesse dicendo: “è meglio poter dire di essere stati fortunati che pentirsi per aver sottovalutato la minaccia, l’eccesso di prudenza che piangere dei morti”? Nel 1986 Ulrich Beck scrisse un famoso saggio dal titolo “La società del rischio” che descriveva cosa stava accadendo nella “seconda modernità”;  nel post-moderno sarebbe interessante che qualcuno notasse che siamo illusoriamente entrati nella “Società del rischio zero”, quella tecnologica, quella che ricerca non la giusta ma l’estrema igiene, quella del vivere “naturale” (nel senso di non artificiale/omeopatico/biologico). In questa società c’è sempre un prodotto, un comportamento o un servizio che potrebbe salvarci ed allungare la vita fino ad arrivare ai 120 anni “in salute”. Basta però una piccola catastrofe naturale, una previsione sbagliata, un terremoto, un’eruzione vulcanica, una malattia, un meteorite, e perdiamo tutte le nostre certezze nella tecnologia e scienza, la natura prende il sopravvento, si torna a parlare di fortuna (recentemente è accaduto anche per le cause dei tumori).

Quello delle Istituzioni non è mai meteoterrorismo. Meteoterrorismo è il termine utilizzato recentemente per indicare la diffusione di previsioni pessimistiche, specie da siti privati, che causano danni economici (specie al settore turistico). Quando la previsione errata, per pessimismo, è emessa da un’Istituzione, pur causando un danno economico non si può definirla meteoterrorismo, in questo caso non è l’aspetto economico ad essere messo in mostra ma il comportamento precauzionale. Ad esempio per Luca Mercalli “la chiusura preventiva di strade, ponti e metropolitane è apparsa esagerata ai più, il provvedimento ha perlomeno scongiurato incidenti e guai peggiori”. Come mai nessuno nota che le previsioni pessimistiche per il mare, evitando gli spostamenti, scongiurano incidenti e guai peggiori? Come mai solo questo tipo di previsioni errate innescano azioni legali?

Crediamo più alle previsioni a 100 anni che a 7 giorni. Nonostante gli enormi miglioramenti degli ultimi anni, essendo verificate tutti i giorni, è diffusa la convinzione che le previsioni meteorologiche hanno un indice di affidabilità, che diminuisce allungando la scadenza. Pertanto, molti sono convinti che prendere delle decisioni utilizzando previsioni oltre i 3-5 giorni è poco saggio. Sorprendentemente però in molti si fidano ciecamente delle previsioni climatiche a lunga scadenza, fino ad un secolo, senza domandarsi l’affidabilità di queste come è stimata. Basandosi su di esse si stanno prendendo importantissime decisioni e chi ha dei dubbi è ritenuto o poco saggio o in malafede.

L’illusione che pubblico e sempre meglio di privato. E’ diffusa la convinzione che le previsioni meteorologiche emesse da Enti pubblici siano sempre ed ovunque più affidabili di quelle effettuate da privati, molti sono convinti che quest’ultimi sono sempre e solo guidati dal nefasto profitto mentre i primi dai principi. La realtà è molto più complessa, basta dare un’occhiata al sito “forecast advisor”, dove c’è il confronto delle previsioni su una località negli USA scelta dall’utente . Ad esempio per New York, il 28 gennaio 2015, il “Servizio Meteorologico Nazionale” a livello mensile su 10 provider è settimo. Attenzione però, il Pubblico è insostituibile nella parte di meteorologia generale di base che, essendo in remissione, non trova nessun privato disponibile ad effettuarla pur essendo indispensabile alla collettività.

Dopotutto stavolta con le previsioni meteorologiche è andata bene. Quando si verificò il “Great Blizzard” del 12 marzo 1888 per New York fu previsto:” Neve leggera, poi una schiarita. Bel tempo, temperature più basse” . Ci furono 400 morti, nonostante all’epoca non c’era l’allarme attuale per il riscaldamento globale.

La neve a New York non è una rarità, altri eventi epocali sono stati “The great snow” del 1717, la tempesta del secolo del 1993, la “Big Snowstorm” del 12 febbraio 2006, altri eventi di minor intensità, seppur significativi, sono troppo numerosi per riportarli. Comunque negli ultimi anni ad ogni nevicata si sono utilizzati nuovi nomi tranquillizzanti, del tipo: Snowmageddon, Snowpocalypse e Snowzilla. Per chi è sempre alla ricerca del record, anche l’ultima nevicata potrebbe essere un evento da far rimanere nella storia, basta che nelle registrazioni non si usino i titoli del tipo “Fra le più grandi nevicate del millennio” ma un finora più corretto “Fra le più grandi nevicate del nuovo millennio”. Nessuno potrà dir nulla.

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Published inAttualità

4 Comments

  1. Giusto per informazione.
    La tempesta del secolo (ma non si sa di quale) è al 41mo posto per impatti provocati. Ciò significa che eventi anche più intensi avvenuti in epoche precedenti quando non c’era niente da impattare, non entrerebbero nemmeno in classifica. Ad ogni modo, la differenza trama numero 1 e quella dei giorni scorsi in termini di neve caduta e area interessata è abissale. Roba di chissà quando? No, del 1993. Possibile che al NWS non ci sia nessuno che lavorava già allora?
    Questo ed altro qui, sul blog di Roy Spencer http://www.drroyspencer.com/2015/02/the-historic-blizzard-of-2015-ranked-41/
    gg

  2. Roberto Breglia

    Avrebbero certamente fatto una figura migliore se avessero ammesso di aver sbagliato la previsione,cercare inutili scuse e arrampicarsi sugli specchi per giustificare il loro abbaglio è patetico! Accusare addirittura il prestigioso modello di Reading (che sicuramente è altrettanto performante di quello americano,se non addirittura superiore) è qualcosa di scandaloso!
    Recitassero un bel mea culpa e basta!!
    Buona domenica
    R.B. ☺

  3. Uberto Crescenti

    Ottimo articolo che condivido totalmente. Purtroppo coloro che credono cecamente nelle previsioni non riflettono sulle “bugie” di Bernard Show, ma trovano sempre le scuse per continuare nei loro convincimenti. L’esempio di New York, che non è un caso raro, dovrebbe insegnare ai meteo-climatologi che l’argomento trattato deve essere affrontato con molta prudenza nelle conclusioni e che non si possono trovare dubbie motivazioni sugli insuccessi delle previsioni.

  4. Fabio Vomiero

    Sempre molto interessante seguire le osservazioni e le considerazioni di Fabio Spina. Il pezzo poi è talmente poliedrico che è anche difficile da commentare. Ma a parte la condivisione più o meno significativa dei vari aspetti trattati, vorrei sottolineare l’importanza dei concetti emersi che riguardano la probabilità, la statistica, il rischio, il caso. Sono concetti certamente legati anche allo stato di conoscenza-ignoranza delle cose, ma sono comunque dei concetti scientifici e strumenti concettuali potentissimi. Ecco, secondo me, sarebbe molto utile che le persone cominciassero in qualche modo a masticare questi concetti essenziali, si eviterebbero anche lo svilupparsi di molte dinamiche sociali sciocche e polemiche rivolte alle sfere scientifiche spesso immotivate. Le persone in genere spesso hanno una percezione “fai da te” di questi concetti, non si vuole il termovalorizzatore o gli OGM, ma poi allo stesso tempo si gioca il superenalotto, si continua a fumare o si criticano a prescindere le previsioni del tempo, per esempio. Mi riferisco anche a questa casistica (in realtà infinita) quando penso ad una solida cultura scientifica di base per tutti, la società in generale avrebbe soltanto vantaggi significativi. Saluto sempre tutti cordialmente.

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