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Il biodinamico sbarca alla Bocconi

Questo articolo è uscito in originale su Agrarian Sciences – 

Mi trovo spesso a riflettere di bio (…dinamico, …logico) con amici quali Francesco Marino, Gaetano Forni, Tommaso Maggiore e Antonio Saltini, con cui è frequente discutere della pletora di concetti pre-scientifici e ascientifici, spesso a base magica, che emergono dalla cultura diffusa se solo si toglie quella lievissima patina di cultura scientifica sedimentatasi a valle delle rivoluzione galileiana. Si tratta di concetti che a volte emergono in modo eclatante, come nel caso del metodo stamina e della cura di Bella, ma che il più delle volte restano lì, ad infiorare le pagine dei media per poi improntare le “decisioni politiche” su argomenti cruciali per lo sviluppo del nostro Paese, com’è di recente accaduto per gli OGM, una tecnologia fantastica proibita per legge.

Motivo incidentale per tornare sull’argomento “bio” su Agrarian Sciences è il fatto che quest’anno, complice Expo 2015, il convegno internazionale di biodinamica, che lo scorso anno si tenne a Firenze, avrà luogo a Milano alla Bocconi (il programma è disponibile qui) ed avrà il significativo titolo nutrire il pianeta senza ogm).

Per ragionare sull’argomento partirò dal lontano 1794, anno in cui moriva ghigliottinato in Francia Antoine Laurent de Lavoisier, uno dei più illustri scienziati del XVIII secolo. Lavoisier – lo si racconta nelle prime lezioni universitarie di chimica generale – fu il vero fondatore della chimica moderna in quanto nel suo testo del 1789 enunciò la legge di conservazione della massa, in virtù della quale gli elementi chimici che si introducono in una reazione sono in quantità gli stessi che si trovano nei prodotti della reazione stessa. Applicata all’agricoltura, tale legge ci dice ad esempio che per produrre 6 t per ettaro di granella di grano duro al 13% di proteine (e cioè al 2% di azoto) occorrono 6*1000*0.02=120 kg di azoto. Se questi 120 kg non li si dà alle piante, queste produrranno poco e daranno prodotto di qualità scadente (es: pasta che scuoce).

Grazie al lavoro di scienziati come Nicolas-Théodore De Saussure, Wöhler, Liebig, Lawes, Gilbert, Haber e tanti altri (per le cui biografie rinvio al sito storiagricoltura), la legge di Lavoisier è da oltre due secoli alla base dell’agire agronomico razionale ed ha portato enormi vantaggi in termini di produttività delle colture, qualità dei prodotti agricoli e sicurezza alimentare. Tuttavia tale legge è oggi ignorata da due “agricolture pre-scientifiche” diffusesi negli ultimi decenni e cioè l’agricoltura biologica e quella biodinamica.

Più in particolare l’ideologia del biologico si fonda sul preconcetto, indimostrabile e dunque non scientifico, secondo cui una molecola d’urea o di ammoniaca prodotta da un essere vivente sarebbe incommensurabilmente migliore di quella ottenuta per sintesi, il che ci riporta alle vecchie teorie vitalistiche imperanti fino al XVIII secolo e sconfitte proprio da Lavoisier e dai grandi chimici ottocenteschi che ho dianzi citato. Da ciò il fatto che il biologico impone ai propri adepti di sopperire al fabbisogno di nutrienti delle piante coltivate rinunciando ai concimi minerali di sintesi e limitandosi al letame ed ai sovesci. In tal modo si ottiene il bel risultato di “affamare” le piante, comportandosi nella realtà da “antibiologici” anziché da “biologici”. Ad esempio nel succitato caso del frumento, l’apporto di azoto (di cui la pianta necessita soprattutto nella fase di sviluppo della spiga) è affidato a letamazioni (che, come sa il contadino, non si possono di regola fare al frumento stesso ma si devono riservare alla coltura da rinnovo che lo precede, con il risultato che gran parte dell’azoto si perde come nitrato prima di giungere al frumento, inquinando le falde) o a sovesci (che di azoto ne apportano pochino). In tal modo il frumento, come si è detto, riceverà pochissimo azoto, il che spiega perché i biologici siano così ansiosamente alla ricerca di varietà antiche, le quali producendo pochissimo (2-3 t/ha anziché le 6-10 t/ha delle varietà “allo stato dell’arte”) si “accontentano” del poco nutrimento che viene loro fornito. E qui sorge il problema chiave: se da 6-10 t per ettaro si passa a 2-3 si potrà magari far la fortuna del singolo agricoltore (sempre che questi riesca a vendere a prezzi da amatore il proprio prodotto, vantando qualità indimostrabili a cittadini creduloni) ma non si risolve certo il problema alimentare globale, con buona pace per le ambizioni di Expo 2015.

L’ideologia che sta alla base dell’agricoltura biodinamica è ancora peggiore di quella alla base del biologico, in quanto impone ai propri adepti di sopperire al fabbisogno di nutrienti delle piante coltivate sfruttando i positivi influssi astrali. E qui non posso che stigmatizzare il fatto che tale deriva magica, già contestata 2000 anni orsono dal grande agronomo romano Columella nel suo Contra astrologos, sia oggi senza alcun senso del ridicolo riproposta in sede di Expo 2015.

Ricordo a tutti, ed in particolare ai colleghi agronomi, che ogni volta che si prende in considerazione il biologico ed il biodinamico senza porsi il problema del mancato soddisfacimento delle esigenze nutritive delle colture, si ghigliottina Lavoisier una seconda volta, facendo un falò di oltre due secoli di scoperte scientifiche che hanno innovato profondamente l’agricoltura, garantendo sicurezza alimentare a fette sempre più vaste della popolazione mondiale, come dimostra ad usura il fatto che il 50% dell’azoto presente oggi nelle proteine umane proviene da concimi minerali di sintesi, per cui rinunciare a tale forma di nutrimento per le colture porterebbe in breve ad una catastrofe alimentare di dimensioni bibliche.

Occorre peraltro precisare che il cittadino o l’agricoltore che abbracciano l’ideologia del biologico o del biodinamico lo fanno il più delle volte in perfetta buona fede: anch’essi infatti condividono con noi l’obiettivo di produrre cibi più sani e di tutelare l’ambiente dai “disastri della tecnologia”. Da parte mia posso solo ricordare che sulla questione dei cibi sani, biologico e biodinamico sono del tutto indifesi dalle tossine prodotte da funghi e batteri, in quanto rinunciano all’uso di fitofarmaci di sintesi (salvo alcune “curiose” incoerenze come quella del solfato di rame in viticoltura, molecola non certo innocua per l’ambiente ed a cui tuttavia i bio non rinunciano, perché altrimenti perderebbero il raccolto a causa di una malattia che non perdona, la peronospora). In ragione di ciò ed in assenza di un sistema stringente di controlli, gli alimenti provenienti da filiere biologiche o biodinamiche sono a rischio quanto o forse più di quelli provenienti da filiere tradizionali, come ci dimostrano i 54 morti ed i 10000 ricoveri in ospedale registrati nel 2011 in Germania per effetto di germogli di fieno greco prodotti da un’azienda biologica e inquinati dal ceppo O104 del batterio Escherichia coli, produttore di tossine (si veda ad esempio Frank et al., 2011. Epidemic Profile of Shiga-Toxin–Producing Escherichia coli O104:H4 Outbreak in Germany, The New England Journal of Medicine, 365, nov. 10, 1771-1780).

Sottolineo inoltre che per superare gli inconvenienti introdotti da una tecnologia che ci consente oggi di nutrire sempre meglio il mondo, l’unico modo sarebbe quello di puntare in modo ancor più deciso e coraggioso sull’innovazione tecnologica. In tal senso si pensi ad esempio al minor impiego di fitofarmaci che si realizzerebbe ove si potessero utilizzare piante geneticamente modificate (OGM) per resistere a parassiti e patogeni a ai vantaggi in termini produttivi legati alla disponibilità di OGM in grado di resistere ad avversità quali siccità, gelo, salinità eccessiva, ecc. Si pensi inoltre a tecnologie quali l’agricoltura di precisione, l’agricoltura conservativa o la difesa integrata orientata verso prodotti chimici di sintesi a sempre più basso dosaggio e sempre più rapidamente degradabili. Occorrerebbe insomma mirare ad una nuova alleanza fra scienza, agricoltura e tecnologia, volta a migliorare la vita di tutti. Un’alleanza che, proprio perché invisa ai seguaci del biologico e del biodinamico, non sarà il cavallo di battaglia di Expo 2015.

Un’ultima considerazione riguardo a questa iniziativa bocconiana. D’accordo che l’economia ed il commercio muovono il mondo e che pecunia non olet; tuttavia debbo confessare che da milanese sento una stretta al cuore nel vedere un’università della mia città ospitare un convegno internazionale di biodinamica ovvero di “magia applicata all’agricoltura”. Come agronomo e come cittadino italiano poi non riesco a rassegnarmi al fatto che Expo, con quello che ci è costata, possa ridursi a cassa di risonanza per simili sciocchezze.

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Published inAttualità

22 Comments

  1. GUIDORZI ALBERTO

    Pur non condividendo per nulla il biodinamico e anche il biologico, io ammetto volentieri che ognuno in casa sua coltivi la terra come gli pare, può anche far crescere le piante con le radici in alto, al massimo gli dirò che non è possibile, ma se persiste lo faccia pure. Quello che non accetto per nulla è che si pretenda che anche altri seguano il loro modo balzano di coltivare e che si lavori sottobanco perchè i decisori politici li sostengano economicamente per un presunto coltivare più etico (per me è più etico aumentare il pane sulle tavole di chi ha fame) o che legiferino in modo da obbligare la maggioranza ad adeguare la loro attività economica di agricoltori alle esigenze artefatte di questi ed a subire perdite economiche. Ad esempio se io faccio un trattamento antiparassitario sul mio campo certamente devo scegliere una giornata non ventosa, ma non mi possono portare in tribunale se una folata di vento determina una deriva. Non solo ma fino ad ora hanno accettato il flusso pollinico di varietà diverse e pure che le api siano libere di vagare trasportando pollini diversi e nessuno mai si è sognato di lamentarsi. Ora tutto ad un tratto, perchè l’innovazione genetica, leggasi PGM, piante geneticamente modificate secondo la definizione restrittiva che la politica ascientificamente ha scelto, mi mette a disposizione una nuova variabilità utile al mio coltivare, non lo posso più fare per il rispetto di una loro fisima alchemica.
    Sono pure disponibile ad accollarmi una banda di rispetto cattura polline sui bordi del mio campo OGM, per me non è un danno anzi è un vantaggio se devo impedire di fare troppa pressione selettiva, ma oltre non non posso andare e quindi, se loro ricercano il rischio zero (dato che non esiste in un nessuna attività umana) devono preoccuparsi loro e non chiedere a me di creare queste condizioni, sempre che ci riescano. Cosa si pretende invece da parte di facinorosi o di benpensanti totalmente ignoranti di agricoltura che la politica m’impedisca di coltivare come è stato fatto per 8/10000 anni. Ma questo diritto dove l’hanno acquisito? Non è invece un diritto che compete per primogenitura alla buona ed ecologicamente durevole agricoltura convenzionale?

  2. Rinaldo Sorgenti

    Un amico mi ha segnalato questo articolo:

    Q U O T E

    http://www.ilfoglio.it/articoli/v/125854/rubriche/gli-ogm-no-ma-il-cornoletame-sbarca-pure-in-bocconi-con-monti-presente.htm
    Gli Ogm no, ma il “Cornoletame” sbarca pure in Bocconi (con Monti presente)

    Il più importante di tutti è il preparato 500, o “Cornoletame”. Si ottiene riempiendo di letame il corno di una vacca che abbia già figliato almeno una volta, si seppellisce il tutto all’inizio dell’autunno, lo si lascia fermentare durante l’inverno e lo si tira fuori nel periodo pasquale. A questo punto si estrae il letame dal corno, lo si conserva in un luogo fresco, possibilmente in un contenitore circondato da torba. I periodi migliori per distribuirlo sui campi sono i pomeriggi nuvolosi, subito prima della semina.
    Non stiamo parlando, come sembrerebbe, di riti sciamanici precolombiani, ma di agricoltura biodinamica. Il Cornoletame è uno dei preparati dei quali le aziende biodinamiche devono fare uso, ma ce ne sono altri, come il 505, “Quercia”: si pialla la corteccia di una quercia, la si trita finemente e la si inserisce nel teschio di un animale domestico (proprio così) attraverso il foro del midollo spinale, che si richiude poi con della creta. Si fa decomporre il tutto ai bordi di uno stagno durante l’inverno, finché in primavera non è pronto all’uso. O il numero 502, per preparare il quale è necessario conservare, prima al sole dell’estate e poi sottoterra, dei fiori di Achillea in una vescica di cervo maschio. D’altronde chi non saprebbe come procurarsene una?
    ARTICOLI CORRELATI Il Consiglio di stato vieta ancora gli ogm in Italia. Un’altra vittoria dell’ignoranza No all’Expo dei luoghi comuni Tra Papa e Ogm, la falsa partenza dell’Expo Ce n’è per tutti i gusti, e se qualche ingrediente dovesse scarseggiare, ci si può rivolgere ad aziende specializzate che promettono di predisporre il preparato secondo il disciplinare, corna di vacca, vesciche di cervo e crani di animali domestici compresi. Un chilo di cacca di mucca, dopo avere subito questo tipo di trattamento, arriva a costare ben 75 euro, Iva esclusa. Non male, davvero, come rivalutazione.
    L’agricoltura biodinamica prese vita grazie a un celebre ciclo di conferenze che il filosofo Rudolf Steiner tenne nel 1924, nel quale concentrò sull’agricoltura le sue bizzarre concezioni esoteriche e che oggi sono conservate in un testo dal titolo “Impulsi scientifico-spirituali per il progresso dell’Agricoltura” (Editrice Antroposofica). Di lì apprendiamo che per scacciare i topi dai campi è necessario spargere la pelle di un topo (giovane) dopo averla bruciata quando Venere è nel segno dello Scorpione, mentre per bruciare gli insetti è meglio aspettare che il Sole vada nel segno del Toro. E che “La vacca ha le corna al fine di inviare dentro di sé le forze formative eterico-astrali, che, premendo verso l’interno, hanno lo scopo di penetrare direttamente nell’organo digestivo” da cui l’importanza del corno della vacca nella preparazione del concime. E che per guarire dal cancro (non il segno zodiacale, in questo caso, ma la malattia) bisognerebbe evitare di mangiare pomodori.

    Insomma, nulla di serio, anzi, uno “sciocchezzario” in piena regola, i cui vantaggi per la salute, l’ambiente e le qualità organolettiche dei prodotti agricoli non sono mai stati dimostrati (e ci mancherebbe il contrario) da nessuno. Eppure, a celebrare le virtù salvifiche dell’agricoltura biodinamica, in questi giorni a Milano, complice l’imminenza dell’Expo dei luoghi comuni, si riunisce un parterre da lasciare a bocca aperta. Il convegno dell’Associazione per l’Agricoltura Biodinamica, infatti, organizzato in collaborazione con l’Università Bocconi (sembra è uno scherzo, ma non lo è – anzi, il convegno si svolge proprio nell’aula magna dell’ateneo milanese), vede prendere la parola il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, Carlo Petrini, Giulia Maria Crespi, Moncalvo di Coldiretti, Salvatore Veca, Gian Antonio
    Stella fino al presidentissimo senatore a vita prof. Mario Monti. E la lista è lunga davvero.
    Perché gli Organismi geneticamente modificati (Ogm) non vanno bene, nella Milano da bere dell’Expo 2015, il Cornoletame e le vesciche di cervo maschio evidentemente sì. Anche all’Università Bocconi.

    • donato

      Mamma come siamo caduti in basso! E poi dicono che CM è un covo di “detrattori della scienza”, o di gente che rende un cattivo servizio alla divulgazione scientifica (come fu definito il sottoscritto, per esempio) o di incompetenti (sempre con riferimento a chi scrive).
      Di fronte a ciò che ci segnala R. Sorgenti mi sa che che l’incompetenza e tutto il resto albergano altrove.
      Ciao, Donato.

  3. GUIDORZI ALBERTO

    Perchè la Vandana (ormai divenuto quasi cittadino onorario italiano….poi ci lamentiamo che l’Italia va a ramengo) non se ne sta in India a contestare il suo presidente Modi, di lavoro di convincimento ne avrebbe tanto da fare, ma forse sa che i contadini indiani le correrebbero dietro con i forconi se lo facesse, vedi questo link

    http://www.reuters.com/article/2015/02/22/us-india-gmo-insight-idUSKBN0LQ00Z20150222

  4. GUIDORZI ALBERTO

    Caro Prof. Mariani

    Totò mi aveva detto della sua intenzione, ora apprendo da lei che il testo che ho redatto può servire a informare delle generazioni che non han vissuto quell’epoca, che tra l’altro è un modo di vivere che, con ben pochi cambiamenti, è durata millenni. Infatti, il motivo che mi ha spinto a scriverne è stato appunto che ero l’ultima generazione che ne poteva raccontare lo svolgersi.
    Sulla falsa riga di questo “amarcord” ho pubblicato anche un altro libro, che ancora esiste in forma cartacea, dal titolo “Le tradizioni del calendario contadino”. Posso inviargliene una copia. La mia mail per inviarmi le sue coordinate la conosce. Ho anche in bozze la prima stesura di un altro testo che ha per titolo provvisorio: IL FRUMENTO – FARINE – PANE – PASTA Epopea di una pianta alimentare (Una storia iniziata 10.000 anni fa e che ancora continua). Sarei onorato se potesse dargli un’occhiata.

    A proposito della storia del mais e del rifiuto delle iniziali modifiche genetiche apportate con la tecnica del DNA ricombinante sto buttando giù una cronistoria dei “rifiiuti” che questa pianta ha ricevuto nella storia della sua coltivazione in Europa, ma anche delle sue accettazioni e e dell’andata nel dimenticatoio di tutte le motivazioni che hanno supportato i rifiuti. Sono convinto che succederà la stessa cosa anche per le Piante Geneticamente Modificate di mais, solo che non avrò la soddisfazione di poter dare qualche pedata nel deretano di chi so io, quando la loro posizione retrograda si rivelerà in tutta la sua antistorica opposizione.

  5. Luigi Mariani

    caro dottor Guidorzi,
    volevo anzitutto dirle che due anni orsono su consiglio del comune amico Tommaso Maggiore ho letto il suo libro “La vita nei campi – il modo rurale nell’Oltrepò Mantovano nelle prima metà del novecento” e che l’ho trovato interessantissimo sul piano storico in quanto inquadra un modo di vita da cui i cittadini sono oggi lontani anni luce e nel quale (anche per memorie familiari: parte delle mie radici sono a Guastalla) , riesco ancora a calarmi. Peraltro su indicazione di Maggiore il libro è stato inserito sul sito del sito del nostro Museo di Storia dell’Agricoltura che è da me gestito (https://sites.google.com/site/storiagricoltura/), a disposizione di chi volesse leggerlo.
    Scrivo queste cose anche per richiamare il fatto che è anche la lontananza dalla terra, dai suoi ritmi e dalle sue esigenze che genera i mostri di cui stiamo parlando. Da noi nessun agricoltore si è suicidato quando sono arrivati i mais ibridi e non si è più potuto (per ovvi motivi) autoriprodurne il seme. In Italia l’industria sementiera è stata vista come un fattore positivo e non negativo come viene oggi spacciata dalla Shiva.
    Da questo punto di vista temo però che la situazione non possa che peggiorare: la percentuale delle popolazione mondiale inurbata è al 54% e dovrebbe superare il 60% nel 2030, per cui le leggende metropolitane fioriranno sempre più senza che nessuno possa contrastarle. D’altronde già oggi il contrasto alle panzane è proibitivo in quanto i media che le divulgano non danno spazio alla critica e lo stesso mondo politico ed accademico è di un’ambiguità che fa spavento (Vandana Shiva non solo è ambasciatrice di Expo 2015 ma fa parte del comitato scientifico riso per Expo 2015 istituito dall’Università di Milano Bicocca).

  6. GUIDORZI ALBERTO

    Noi italiani abbiamo fatto la fortuna di due persone, però credo che in cuor loro sghignazzino per aver trovato dei gonzi di tal fatta

    1° uno è Earl Dedman che coltiva il frumento Khorasan e che da buon yankee ha marchiato questo frumento Kamut. Siamo in cima alla lista dei suoi più affezionati clienti. Capisco che lo fossero gli svedesi, ma non certo noi italiani.

    2° un altro e la Vandana Shiva ( che io ho ribattezzato Panzana Shiva) che tiene conferenze solo al modico prezzo di 40.000 $ e con viaggio di A/R pagato in firsth clas e che le nostre nostre università onorano di “laurea Honoris causa”. Ebbene questa ci ha propinato la panzana che i contadini di fronte all’ introduzione del Cotone Bt in India si suicidavano molto di più. Ebbene se quanto affermato fosse vero dovremmo ammettere che essi non si suicidano per l’indebitamento contratto, bensì per la sbornia di euforia che ne hanno ricavato seminando per il 95% cotone Bt.
    Il grafico riportato nel link ne è una dimostrazione.

    https://twitter.com/AEGRW/status/567957734315855872/photo/1

  7. Rinaldo Sorgenti

    Di possibile interesse:

    Owen Paterson, the former environment secretary, will this week accuse the European Union and Greenpeace of condemning people in the developing world to death by refusing to accept genetically modified crops. In a strongly-worded denunciation of the “green blob” of officials and pressure groups, Mr Paterson will warn that a food revolution that could save Africa from hunger is being held back. He will like Greenpeace to the Luddites who smashed textile machinery in the nineteenth century, and accuse the EU of “neo-colonialism at its worst” by restricting food production within its own borders. — Matthew Holehouse, The Sunday Telegraph, 22 February 2015

    This is also a time, however, of great mischief, in which many individuals and even governments are turning their backs on progress. Not since the original Luddites smashed cotton mill machinery in early 19th century England, have we seen such an organised, fanatical antagonism to progress and science. These enemies of the Green Revolution call themselves ‘progressive’, but their agenda could hardly be more backward-looking and regressive. –Owen Paterson, The Sunday Telegraph, 22 February 2015

    India placed a moratorium on GM eggplant in 2010 fearing the effect on food safety and biodiversity. Field trials of other GM crops were not formally halted, but the regulatory system was brought to a deadlock. But allowing GM crops is critical to Indian Prime Minister Modi’s goal of boosting dismal farm productivity in India, where urbanization is devouring arable land and population growth will mean there are 1.5 billion mouths to feed by 2030 – more even than China. Starting in August last year, his government resumed the field trials for selected crops with little publicity. –Krishna Das & Mayank Bhardwaj, Reuters, 23 February 2015

  8. GUIDORZI ALBERTO

    Vogliamo una buona volta premettere del “quanto” di cui stiamo parlando, quando analizziamo il biologico o del biodinamico, che è una frazione infinitesima del coltivare biologico? Se non ci fossero degli ineffabili signori come la Crespi e altri che hanno solo ereditato della terra e tanto altro da antenati danarosi, di biodinamico non se ne parlerebbe, in quanto, appunto, sono loro che finanziano il tutto e coartano la volontà dei giornalisti a scrivere di biodinamico solo e perchè appunto un loro avo ha lasciato loro in eredità delle azioni di quel giornale.

    Vi è stato un tempo che le aziende agricole condotte come le conduce la Crespi oggi, rientravano nei canoni della legge dell’esproprio fondiario, ma allora esisteva la fame e si gridava “pane e lavoro”! Ebbene sarebbe conveniente ripristinare queste regole, visto che in Italia autoproduciamo a mala pena il 50% di quello che mangiamo.

    Comunque ritornando al mio intendimento iniziale mi permetto mostrare un’analisi che ho fatto sui dati tanto decantati dal MIPAF (o come cavolo si chiama oggi) sul biologico nel 2014 (prego scusare l’autocitazione)

    http://www.salmone.org/le-stranezze-dei-dati-della-produzione-biologica-italiana/

    Vogliamo andare in Francia? Ecco la cronistoria della superficie e se anche qui andiamo ad analizzare la distribuzione della superficie ritroviamo lo stesso fenomeno degli incolti dichiarati a conduzione biologica

    https://twitter.com/AEGRW/status/568736162396946432/photo/1

    Quindi di veramente alimentare il biologico nazionale produce poca cosa sia in Italia che in Francia, certo esiste una crescita marcata di consumatori di biologico (finchè ci sono i soldi…) e la loro domanda è soddisfatta, ci mancherebbe altro, ma dobbiamo essere pragmatici e ammettere che tale domanda fideistica e ideologica è un generatore di truffe (faccio notare che quanto cita il Prof. Milani per i germogli inquinati mangiati in Germania nel 2011 è stato un incidente che ha prodotto morti quanti Chernobyl, non solo, ma che il tutto poteva essere evitato semplicemente lavando i semi prima di farli germogliare con della comune varecchina, ma proibita dai protocolli del biologico).

    Le contraddizioni del mondo del biologico ed anche del biodinamico sono evidenti:

    – Come si può dare credibilità a organizzazioni di certificazione che sopravvivono solo se certificano e si fanno pagare le relative parcelle? Quel povero controllore mal pagato di fronte a un qualcosa di dubbio come si comporterà?

    – come si può dare credibilità ad un tipo di produzione se prescrive che si usi solo letame come sostanza concimante senza che vi sia l’obbligo di produrla in azienda? Poi la sostanza organica da introdurre nel terreno non è per nulla codificata nelle sue caratteristiche ed allora si assiste all’affannosa ricerca di tutto e di più e senza nessuna verifica (basti pensare che certi lettimi della pollicoltura sono un ricettacolo di antibiotici e quant’altro e finiscono nei terreni a conduzione biologica)?

    – Nessuno ha mai riflettuto sul fatto che è più facile coltivare biologico o biodinamico quando il 99% di tutta l’agricoltura convenzionale opera una difesa indiretta del restante 1%.?Vogliamo ipotizzare che il biologico salga al 20% della superficie? Cosa accadrebbe? Non ci vuole un indovino per rispondere: accadrebbe che anche l’80% della agricoltura convenzionale sarebbe indifendibile, come pure il 20% di biologico.

    – E’ possibile accettare che in una azienda agricola si possa destinare solo una parte dell’azione a conduzione biologica ed il restante rimanere escluso e con facoltà di comprare concimi di sintesi e antiparassitari? Cosa ci sono i doganieri in azienda che non permettono il passaggio nelle parte biologica?

    – ma siamo sicuri che non usino per investire i loro terreni di qualcosa di molto simile agli OGM, o meglio esclusi solo per una definizione in politichese? Se ne volete un esempio? Eccolo, la varietà di grano francese Renan e consigliata in granicoltura biologica per le sue numerose resistenze, ebbene se se ne fa la cronistoria della creazione ci si accorge che è la varietà più biotecnologica e Geneteicamente Modificata che si possa immaginare.

    Adesso però mi taccio perchè le mie “cateratte” hanno una portata di contestazioni al biologico ancora enorme.!!

    • Luigi Mariani

      Caro Guidorzi,
      la ringrazio per la lista di magagne. Credo che tutti i fenomeni che lei cita sono espressioni di un peccato originale che sta nella non scientificità su cui si fonda l’agricoltura biologica. E’ chiaro che per tenere in piedi un gigante dai piedi d’argilla si procede in un mare di contraddizioni che solo gente dotata di “fede” può ignorare. In una associazione legata alla museologia agraria mi sono trovato coinvolto in un dibattito con una persona che credeva nel biologico e non ne ho cavato un ragno da un buco, nel senso che posta di fronte alle palesi contraddizioni ha risolto il tutto dicendo che lei aveva fede, ed alle fedi non si comanda.
      Fedi a parte osservo che nella diffusione delle pseudoscenze bio hanno una responsabilità non da poco il mondo accademico (quanti progetti di ricerca sul bio…), il sistema educativo (che mostra qui il suo fallimento) , la politica (che pur di razzolare voti inbarcherebbe anche il demonio) e i media (che da anni fanno da cassa di risonanza a slogan senza senso).
      La saluto Tommaso.
      Luigi

  9. GUIDORZI ALBERTO

    Non so immaginare come si possa discutere con l’amico Totò Maggiore di biodinamica, quello santa su banchi e sedie al solo sentirla nominare. Me lo saluti grazie!

  10. donato

    Scrive Fausto Cavalli:
    “Pertanto la migliore agricoltura è quella integrata, che intelligentemente utilizza tutte le tecniche a disposizione, ma con un occhio al portafoglio (si risparmia) e con una necessaria maggiore consapevolezza da parte dell’agricoltore delle modalità di sviluppo delle malattie o delle malerbe.”
    .
    Io sottoscrivo in pieno questa considerazione. Non come agronomo (non lo sono), ma come coltivatore, anche se a tempo perso, in quanto, per vivere, faccio molte altre cose, ho delle perplessità su alcune altre considerazioni di F. Cavalli.
    Fino a qualche anno fa la pensavo esattamente come lui circa il biologico e mi sono affannato a bandire dal mio piccolo appezzamento di terra diserbanti, fitofarmaci, concimi chimici e via cantando. Ad un certo punto, però, mi sono reso conto che la mia era una lotta impari. Faccio alcuni esempi per chiarire meglio il concetto.
    In merito ai semi autoctoni vorrei fare l’esempio del mais. Per alcuni anni mi sono ostinato a coltivare alcune piante (una sessantina) di mais per le pannocchie da consumare fresche in estate. Nonostante tutte le cure possibili ed immaginabili (sessanta piante si possono curare senza grossi problemi, anche nel mio caso) alla fine ho desistito in quanto il raccolto era praticamente immangiabile: le pannocchie erano una groviera a causa delle infestazioni di piralide. Ho risolto il problema facendo ricorso ad un ibrido e trattando nelle giuste epoche le piante con un insetticida specifico per la piralide. La lotta biologica per 60 piante non era praticabile.
    Altro esempio riguarda le olive (lo stesso discorso, però, vale per le piante da frutto). Non le ho mai trattate ed ho cercato di tenere a bada la mosca olearia con le tecniche tradizionali (potare la pianta, lasciare i rami potati a terra dando tempo alle mosche di depositare le uova nei rami morti e bruciare il tutto). Per alcuni anni ho ottenuto un prodotto accettabile anche se una percentuale considerevole di olive erano state attaccate dalla mosca. Dopo l’esperienza dell’anno in corso, però, ho deciso di trattare le piante in quanto non mi va di perdere di nuovo tutto il raccolto.
    Detto in altre parole sono un “biologico” pentito.
    Per il futuro, quindi, mi atterrò a quanto F. Cavalli nella frase che ho citato.
    Ciao, Donato.

  11. Luigi Mariani

    Gentile dottor Cavalli,
    la ringrazio per le considerazioni, che vedo qui di seguito di discutere.

    Anzitutto sono pienamente d’accordo con lei sul fatto che “la migliore agricoltura è quella integrata, che intelligentemente utilizza tutte le tecniche a disposizione, ma con un occhio al portafoglio (si risparmia) e con una necessaria maggiore consapevolezza da parte dell’agricoltore delle modalità di sviluppo delle malattie o delle malerbe” e, aggiungerei, dei cicli degli elementi (C, N, P, K, ecc.) che in campagna si chiudono -> l’agricoltura se fatta bene è difficilissima ma di grande soddisfazione.
    Per quanto poi attiene azoto organico (da letame, liquame, ecc.) sono pienamente d’accordo con lei che se è disponibile è insensato non utilizzarlo. Il problema è, e qui spero convenga con me, che fra una molecola d’urea di origine organica (frutto del metabolismo animale) ed una di sintesi (prodotta a partire dall’azoto atmosferico) non vi è alcuna differenza apprezzabile, a meno di non voler ritornare al vitalismo, come purtroppo fanno i seguaci del biologico.
    A questo punto, visto che le letamazioni si danno alla coltura da rinnovo (es. mais), se la quota di azotati che giunge dal rinnovo al cereale vernino seminato dopo di esso è, come spesso accade, insufficiente a coprirne il fabbisogno azotato (che come sappiamo è massimo a primavera, fra inizio levata e botticella), come si fa? Il modo razionale mi pare quello di partire dall’idea che concimi minerali di sintesi o concimi organici pari sono e dunque occorre utilizzarli al meglio entrambi, distribuendoli secondo tempi/quantità e modalità ottimali per nutrire al meglio la pianta, evitando al contempo di inquinare le falde. Peraltro tutto il discorso fatto vale per aziende che hanno bestiame; per chi non ha bestiame il problema della carenza azotata si fa molto più difficile operando secondo i dettami del biologico…
    Circa poi la viticoltura biologica, registro l’incoerenza di chi rifiuta ideologicamente i prodotti chimici di sintesi e poi utilizza il solfato di rame come antiperonosporico. Se ho un prodotto antieperonosporico diverso dal rame e che magari ha impatto ambientale inferiore, perché non poterlo usare? Sempre nel caso della vite, perché proibire l’uso di tecniche dì ingegneria genetica per introdurre resistenze alla peronospora prendendole dalle specie americane?
    Circa poi il tema dei semi, le agricolture evolute hanno sempre alle spalle un’industria sementiera efficiente (che non solo riproduce i semi ma ad esempio li concia onde evitare la presenza di parassiti, patogeni e semi di malerbe, dà garanzia di germinabilità ed energia germinativa, ecc.). L’industria sementiera (che in Italia è nata ne primi decenni del XX secolo) occorrerebbe a mio avviso svilupparla anche nei PVS, anche allo scopo di favorire la diffusione delle varietà locali. Peraltro tale industria è necessaria non solo nel caso degli OGM. Ad esempio nel caso del mais è da quando si fanno sementi ibride (in Italia dagli anni 50) che l’agricoltore in moltissimi casi non si autoriproduce più il seme ed è passato a coltivare ibridi perché le varietà tradizionali producono 2 t/ha contro le 13 t/ha di quelle ibride. Se tuttavia l’idea del contadino fosse quella di autoriprodursi il proprio seme , chi potrebbe impedirglielo?

    • Luigi Mariani

      Mi scuso ma per la fretta ho scritto “…li concia onde evitare la presenza di parassiti, patogeni e semi di malerbe…” mentre la frase giusta è “…li concia onde evitare la presenza di parassiti e patogeni; elimina i semi delle malerbe…”
      LM

  12. Fausto Cavalli

    Buongiorno, l’articolo è interessante e ringrazio l’autore, ma in molte affermazioni non mi riconosco, sia pure anch’io agronomo. vado sinteticamente per ordine: questione azoto. Non mi risulta che l’azoto di origine organica non possa essere sufficiente a sopperire ai fabbisogni colturali dei cereali. Anche il mais, notoriamente esigente di azoto (250-300 u.di N ad ettaro) può essere nutrito a liquame o letame con produzioni simili a quelle di sintesi. Quindi non mi riferisco alla questione biologico e non, ma ad una chiave di lettura di tipo economico: l’allevatore dispone di abbondanti quantità di concime organico e perchè dovrebbe spendere per quello di sistesi? Si aggiunga che da una recente indagine condotta dall’ISPRA risulta che l’azoto di sintesi è presente in falda molto di più di quello di origine animale. Riguardo poi al biologico in particolare, non è vero che , se ben condotto, porti a prodotti inferiori in qualità a quelli coltivati con un’agricoltura di tipo industriale, è solo molto più difficile raggiungere qualità eccellenti. Ad esempio nel vino e nell’olio i risultati sono eccellenti. Mi pare molto riduttivo interpretare il biologico in chiave meramente azotata; il biologico è molto di più: no diserbi, lotta biologica, no antibiotici se non strettamente necessari, ecc. E’ difficile, ma non impossibile e i risultati economici possono fare la differenza la sopravvivenza o meno dell’azienda. Riguardo poi alla questione OGM, personalmente aggiungerei a quanto detto dall’autore un aspetto importante: il seme OGM è di proprietà della ditta sementiera e non può essere riutilizzato; questo aspetto ha una certa importanza per le economie agricole povere. Inoltre gli OGM potrebbero facilmente soppiantare per comodità semi autoctoni che hanno una loro valenza genetica, oltre che culturale. In fine gli OGM permettono in alcuni casi un utilizzo molto maggiore di pesticidi e diserbi, e la qual cosa non mi pare utile per combattere l’inquinamento. Sul biodinamico invece, come non essere d’accordo? Pertanto la migliore agricoltura è quella integrata, che intelligentemente utilizza tutte le tecniche a disposizione, ma con un occhio al portafoglio (si risparmia) e con una necessaria maggiore consapevolezza da parte dell’agricoltore delle modalità di sviluppo delle malattie o delle malerbe.
    Fausto Cavalli

  13. luigi mariani

    Caro Paolo,
    viste con l’occhio dell’imprenditore agricolo (che è sempre nel mio cuore) il biologico o il biodinamico possono essere soluzioni interessanti e dunque non mi sento di sconsigliarli a priori (se il mercato richiede e paga, l’imprenditore deve fare il proprio interesse). Non credo che lo stesso si possa dire alla luce dell’interesse generale che è quello di avere per tutti i cittadini cibi di qualità prestabilita e a prezzi contenuti
    In proposito richiamo il fatto che il biologico non è il più delle volte più salubre rispetto al convenzionale in quanto per scelta ideologica si rinuncia a tutte le tecnologie basate sulla chimica di sintesi e che mirano a garantire la salubrità dei prodotti (è come se in medicina si rinunciasse ai farmaci di sintesi….). Pertanto nei prodotti da filiera biologica non è da escludere la presenza di tossine da funghi o batteri. In proposito ricordo il caso dei 54 morti (quasi tutti donne) e dei 10.000 ricoveri in ospedale verificatisi in Germania nel 2011 a seguito di un’intossicazione dovuta a un mutante del batterio Escherichia coli produttore di una tossina mortale e che si era sviluppato su germogli di fieno greco prodotti da un’azienda biologica. E proprio perchè l’intossicazione si sviluppò da prodotti della filiera del biologico alla cosa fu subito messo il silenziatore. chissà perchè?
    Ricordo anche che, proprio perché si “affamano le colture”, la produttività del biologico è di molto inferiore a quella del convenzionale, alla faccia della sicurezza alimentare globale.
    Ricordo infine che i fitofarmaci sono come i farmaci e dunque da usare nelle dosi prescritte, seguendo i modi di applicazione indicati e rispettando i tempi di carenza.
    Sul fatto poi che tutti muoiono per via dei cibi avvelenati dalla chimica (mantra continuamente riportato a destra e a manca), come mai la vita media continua ad aumentare (oggi siamo e non erro a 82 anni) e sempre più spesso trovi persone a 90 anni che sono in ottimo stato di salute fisica e mentale, al contrario di quanto accadeva fino ad una cinquantina d’anni orsono?

  14. Paolo Mezzasalma

    Oggi desidero scrivere in difesa del biologico, per meglio dire, in difesa dei coltivatori di biologico.
    Un coltivatore bio, rispettoso e non truffaldino, coltiva di meno, produce di meno ma guadagna di più. Secondo voi è un fesso?
    Secondo me no.

    Questo discorso si fonda sulla percezione che il prodotto bio tira e permette guadagni migliori.
    Questa mia percezione potrebbe essere sbagliata e Luigi può corregermi, ma la fascinazione culturale per il bio mi pare un dato di fatto.
    Inoltre, dopo aver visto la puntata sul riso bio di Report, capisci che la truffa è sempre dietro l’angolo. Questo però è un altro discorso collaterale.
    Quelli rispettosi, lì intervistati, assicurano che si stavano ammalando e che tutto intorno a loro moriva per colpa dei pesticidi, lasciando lo spettatore con la certezza che non vuole pesticidi per sè e per l’ambiente. Come dargli torto se questo è quello che ti dicono gli esperti e i praticanti?

  15. Uberto Crescenti

    Ringrazio l’amico Luigi per l’articolo veramente rispettoso delle conoscenze scientifiche sull’argomento e per le riflessioni sull’EXPO 2000. Temo che analoghe riflessioni saremo costretti a fare sul tema del riscaldamento globale del nostro Pianeta. L’EXPO è una occasione da non perdere per rafforzatre le tesi catastrofiste.

  16. donato

    Ebbene, lo ammetto, sono un autoproduttore (biologico a metà 🙂 ): uso il letame, ma lo integro con concimi di sintesi e i fitofarmaci (solfato di rame e zolfo, ma anche principi attivi di sintesi ad azione sistemica e non). Posso attestare per esperienza diretta che L. Mariani ha perfettamente ragione: il biologico consente di ottenere prodotti scadenti (in qualità e quantità) in quanto le piante si sviluppano male, sono debilitate e, quindi, facile preda dei parassiti. Non parliamo del biodinamico in quanto è l’equivalente, in agricoltura, dell’omeopatia. Personalmente sono dell’avviso che bisogna utilizzare le risorse che la scienza e la tecnologia ci mettono a disposizione con “grano salis”: detto in altre parole non bisogna esagerare né in un senso, né nell’altro. L’utilizzo razionale dei concimi e dei fitofarmaci consente di ottenere prodotti sani e privi di residui tossici. E’ ovvio che se io tratto una pianta di cetriolo in piena produzione con un aficida sistemico, me lo ritroverò tutto nel piatto, ma questo è un atteggiamento criminale e non razionale. Se utilizzo il prodotto sistemico rispettando i tempi di carenza indicati riesco a tutelare la qualità del prodotto ed ottenere un cibo sano e nutriente.
    Ancora una volta il segreto è nel giusto mezzo. 🙂
    .
    La nostra è comunque una società schizofrenica: se da un lato pretendiamo il biologico, il green, i rimedi della nonna e chi più ne ha, più ne metta purché si tratti di free..(ogm, big farma, TAV, MUOS, campi elettromagnetici, ecc., ecc.) dall’altro non possiamo fare a meno della tecnologia anche dove non dovrebbe proprio entrare. Vedere per credere:
    http://www.repubblica.it/scuola/2015/02/18/news/se_facebook_entra_in_classe_ecco_come_usarlo_a_lezione-107579544/?ref=HREC1-8
    Mah!
    Ciao, Donato.

  17. Rinaldo Sorgenti

    Ho giusto oggi ricevuto questo messaggio a cui lascio altri commentare:

    Q U O T E

    Da: Organic GMO [mailto:organic.gmo@isitorganic.ca]
    Inviato: mercoledì 18 febbraio 2015 3.27
    Oggetto: Anti-GMO Organic Glasshouse

    Dear Sir/Madam:

    There are only two reason organic crops are non-GMO:
    1. Organic activists say they have to be…
    2. We believe them

    A law placing a threshold limit on GMOs will soon be passed in Washington DC, much to the delight of organic activists, marking the first time a federal regulator places a limit on a completely safe field of science simply to appease a vocal, tax-subsidized minority.

    Read this article and help stop the madness:
    “Inside the Organic Glasshouse” on Greener Ideal

    Mischa Popoff
    Greenville TX USA
    903-456-1368
    NO to GMO labelling!

    Let me know what you think. And see where Alan Caruba quotes me in his latest article, “Hating humanity by opposing science,” on RenewAmerica.com

    U N Q U O T E

  18. Rinaldo Sorgenti

    Complimenti per questo interessante articolo che aiuta a capitre quanto male siamo messi in questo Paese, anche su questo versante, dove galleggiamo una marea di pseudo-ambientalisti catastrofisti, che sentiamo peraltro spesso discettare in tivù dove il giornalismo li corteggia.

    Purtroppo, quindi, non sorprende che anche coloro i quali gestiscono e governano l’organizzazione di questo importante evento ne siano rimaste vittima e portino addirittura prestigiosi atenei a fare da cassa di risonanza per fuorvianti teoremi.

  19. Mario

    Scienza applicata all’agricoltura (vedi ogm) NO, magia SI.
    Roba da non credere!
    🙁

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