Salta al contenuto

La CO2 come fattore d’innesco della rivoluzione neolitica

Questo articolo è uscito in originale su Agrarian Sciences

______________________________________________________________

L’aumento sensibile dei livelli di CO2 in atmosfera registrato nel passaggio da glaciale a interglaciale chiarirebbe il mistero della sincronia con cui poco dopo la fine dell’ultima glaciazione si assiste alla nascita dell’agricoltura nella mezzaluna fertile (civiltà del frumento), in Cina (civiltà del riso) e nell’America centrale (civiltà del mais).

L’agricoltura così come oggi la conosciamo è il risultato di una lunghissima evoluzione segnata da eventi salti evolutivi oggi noti come “rivoluzioni”, alcuni dei quali sono riportati in tabella 1. Tabella – Dieci fra le rivoluzioni tecnologiche che hanno segnato più profondamente la storia dell’agricoltura.

Tabella – Dieci fra le rivoluzioni tecnologiche che hanno segnato più profondamente la storia dell’agricoltura.

La prima rivoluzione tecnologica è quella del fuoco: l’incendio controllato della foresta e della boscaglia che, sviluppando la giovane vegetazione, richiama anche la selvaggina. Essa è databile quantomeno ad alcune decine di migliaia di anni orsono, anche se i progenitori dell’uomo governano il fuoco da oltre un milione di anni.La seconda rivoluzione è quella dell’orticoltura: l’uomo impara a coltivare sui cumuli di rifiuti che si formano in vicinanza degli insediamenti abitativi. Anch’essa è databile ad alcune decine di migliaia di anni orsonoLa terza rivoluzione è la rivoluzione neolitica: nascita dell’agricoltura intesa come semina intenzionale e successiva domesticazione delle piante dopo la fine dell’ultima glaciazioneLa quarta rivoluzione è costituita dalla scoperta dell’aratro e del carro (avvenute in Mesopotamia intorno al 3000 / 4000 a.C.)La quinta rivoluzione è quella del ferro, il cui impiego potenziò l’efficacia degli strumenti già in uso (aratri, vanghe, zappe, ecc.) e permise ad esempio l’introduzione delle falci per la foraggicoltura. Tale rivoluzione ha inizio in medio oriente intorno al XII secolo a.C. ed è agli Etruschi che si deve la sua diffusione in Italia.La sesta rivoluzione, consistette nel perfezionamento dell’aratro mediante la sua trasformazione da simmetrico ad asimmetrico, e nell’introduzione di due importanti accessori (carrello e coltro). Essa è databile fra l’età tardo imperiale romana ed il medioevo. La capillare diffusione di tale nuova tipologia d’aratro è associata al fiorire della civiltà al passaggio fra alto e basso medioevo.La settima rivoluzione è costituita dall’introduzione e dalla diffusione in coltura delle piante originarie del nuovo mondo (mais, patata, pomodoro, fagioli, ecc.) avvenuta in Europa intorno al XVI /XVIII secolo. L’iniziale reazione negativa che si coglie rispetto ad alcune di queste nuove specie (emblematico è il caso delle patata) ricorda per certi versi quella cui oggi assistiamo nel confronti degli OGM

L’ottava rivoluzione ha luogo nella prima metà del XIX secolo ed è legata alla scoperta della nutrizione carbonica atmosferica e della nutrizione radicale con altri elementi chimici (azoto, fosforo, potassio, ecc.). Si tratta di una vera e propria rivoluzione copernicana in quanto vengono superati l’umismo ed i vitalismo, pseudoscienze che all’epoca rallentavano enormemente il progresso del settore agricolo e che oggi rivivono nell’agricoltura biologica e biodinamica.

La nona rivoluzione consiste nella diffusione della meccanizzazione con trattori, trebbiatrici, essicatoi, ecc. ed ha luogo per lo più nel corso del XX secolo

La decima rivoluzione è quella genetica, legata all’applicazione delle scoperte della genetica (leggi di Mendel, tecniche di ingegneria genetica). Essa ha avuto per lo più luogo nel XX secolo.

In particolare balza ai nostri occhi la rivoluzione neolitica intesa come semina deliberata e domesticazione di piante coltivate caratteristiche. E’ grazie alla rivoluzione neolitica che nascono le cosiddette civiltà del frumento, del riso e del mais, civiltà designate con i nomi delle piante di punta di “pacchetti” di specie molto più ampi che furono oggetto di domesticazione. Ad esempio nel caso della civiltà del frumento (medio oriente – mezzaluna fertile) ad essere domesticato non fu solo il frumento ma anche l’orzo e diverse leguminose (pisello, veccia, fava, cicerchia, cece, lenticchia, ecc.). L’accoppiata cereali – leguminose (che furono soia nel caso della civiltà del riso ed il fagiolo in quella del mais) vede la sua ragione nel fatto che le carenze aminoacidiche (i cereali sono carenti in lisina e triptofano mentre le leguminose sono carenti in aminoacidi solfati – metionina e cistina) si compensano dando luogo ad un alimento completo. Importante è anche ricordare che nel caso dei cerali la domesticazione comporta un aumento in dimensione delle cariossidi, il passaggio da rachide fragile a compatto (figura 1) ed il passaggio da “seme” vestito a “seme” nudo.

Fig. 1 – Rachide fragile in un orzo selvatico a confronto con il rachide compatto di un orzo coltivato.

 

Inoltre si assiste ad un rilevantissimo cambiamento nel patrimonio genetico che ad esempio nel caso dei frumenti passa di 14 cromosomi dell’antenato selvatico (Triticum beoticum) e del primo frumento coltivato (Triticum monococcum L.) passa ai 28 cromosomi (es: Triticum durum L., il grano duro) ed a 42 cromosmi (es: Triticum estivum L., il grano tenero). Tale cambiamento è frutto di ibridazone con graminacee del genere Aegilops (A. speltoides L., A. squarrosa L.) seguito da poliploidizzazione è ha dato luogo ad un imponente trasferimento genico intergenerico, il che tranquillizza non poco i tecnici del settore anche rispetto all’assai più limitato trasferimento di geni cui si assiste nel caso degli odierni OGM.

La rivoluzione neolitica, verso la quale la nostra civiltà vanta un debito culturale immenso[1] ebbe luogo in modo relativamente sincrono alla fine dell’ultima glaciazione in tre centri d’origine (centro medio-orientale, centro asiatico e centro americano) molto distanti ed assolutamente non in contatto fra loro.

Più in particolare la bibliografia più recente ci informa che:

  • la domesticazione del frumento sarebbe avvenuta intorno a 10500 anni fa (Salamini et al., 2002; Peng et al., 2011) e sarebbe avvenuta in una zona montuosa della Turchia orientale
  • la prima coltivazione del riso sarebbe avvenuta intorno a 10000 anni fa nella Cina Sud Orientale mentre la domesticazione vera e propria (modifica del genoma) sarebbe avvenuta alcuni secoli più tardi
  • la domesticazione del mais sarebbe avvenuta in Messico intorno a 9000 anni orsono (Heeraarden etal 2011).

Un domanda che assilla da tempo gli studiosi è quale sia mai stata la molla che fece scattare in modo relativamente sincrono la rivoluzione neolitica in luoghi non comunicanti fra loro.

In tal senso occorre rammentare l’ipotesi che indica come fattore scatenante il fatto che alla fine dell’ultima era glaciale si verificò una fase freddo-arida, il Dryas recente, nel corso del quale la produttività delle piante spontanee da cui i popoli di raccoglitori dipendevano per nutrirsi decrebbe al punto di far diventare meno conveniente la raccolta spontanea rispetto alla coltivazione. Tale ipotesi appare fondata nel caso della domesticazione del frumento (avvenuta ad opera del popolo dei Natufiani) ma mi pare più debole nel caso del riso e del mais, in quanto la domesticazione di questi due cereali:

  • sarebbe avvenuta con un certo ritardo rispetto a quella del frumento e rispetto al Dryas recente
  • sarebbe avvenuta in zone tropicali in cui gli effetti del Dryas recente furono meno rilevanti che non alle altitudini medio-alte.
Figura 2 – Plante di Abutilon theophrasti (C3) di età 14 giorni, cresciute in analoghe condizioni di luce, acqua e nutrienti. Foto di Dippery et al. (1995), riportata da Gerhart e Ward (2010).

Più sensata appare invece la teoria proposta da Sage (1995) e che considera come fattore d’innesco del processo di domesticazione l’aumento sensibile dei livelli di CO2 registrato alla fine dell’ultima glaciazione, con passaggio dai livelli propri del glaciale (150/180 ppmv) ai livelli dell’interglaciale (250/280 ppmv), il che si traduce in un aumento della produttività potenziale rilevante (oltre il 30% per le piante C3 come il frumento) e dovuto sia all’effetto nutritivo diretto di CO2 sia al fatto che le piante, riducendo il numero di stomi per unità di superficie in risposta all’aumentato livello atmosferico di CO2, divengono meno sensibili alla siccità. Molto evocativa in tal senso è la figura 2, da cui si coglie la risposta di una nota infestante, Abutilon teophrasti, il cencio molle, a livelli di CO2 crescenti, da quelli interglaciali a quelli attuali ed infine a quelli attesi per la fine del XXI secolo.

In sintesi dunque con la fine dell’ultima glaciazione i livelli di CO2 sarebbero divenuti in breve tempo più favorevoli ad un’attività agricola con livelli di produttività sufficiente e tale “opportunità” non sarebbe sfuggita a popoli che, seppur lontanissimi fra loro, erano accumunati dalla dipendenza da questo gas così essenziale per la vita sul nostro pianeta.

[1] Fra le conseguenze della rivoluzione neolitica è la comparsa di surplus alimentari immagazzinabili e la possibilità con questi di garantire sicurezza alimentare lungo l’intero corso dell’anno. Fu così possibile nutrire anche gruppi sociali non dediti alle produzione agricola, ponendo con ciò le basi di quella specializzazione che è uno dei tratti distintivi di gran parte delle civiltà umane odierne.

Bibliografia

Gerhart L.M., Ward J.K., 2010. Plant responses to low [CO2] of the past, New Phytologist, vol 188,issue 3, 674-695 (http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1111/j.1469-8137.2010.03441.x/pdf) Heeraarden et al 2011 Genetic signals of origin spread and introgression in a large sample of maize landraces, Proceedings of the National Academy of Science, vol 108, Jan. 2011, 1088 – 1092 ( http://www.panzea.org/pdf/vanHeerwaarden_etal_2011_PNAS_108_1088.pdf ) Peng J.H., Sun D., Nevo E., 2011. Domestication evolution, genetics and genomics in wheat, Mol. Breeding (2011) 28:281–301 Salamini F, Ozkan H, Brandolini A, Schafer-Pregl R, Martin W (2002) Genetics and geography of wild cereal domestication in the Near East. Nat Rev Genet 3:429–441 Xin Wei, R. Wang, L. Cao, N. Yuan, J. Huang, W. Qiao, W. Zhang, H. Zeng, Qingwen Yang: Origin of Oryza sativa in China Inferred by Nucleotide Polymorphisms of Organelle DNA, in: Plos One 7,11. 2012. Zhao Z., 2011. New Archaeobotanic Data for the Study of the Origins of Agriculture in China, in: Current Anthropology vol. 52, Supplement 4. Sage R.W., 1995. Was low atmospheric CO2 during the Pleistocene a limiting factor for the origin of agriculture?, Global Change Biology, Volume 1, Issue 2, 93–106.

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...Facebooktwitterlinkedinmail
Published inAttualità

20 Comments

  1. cocco bello

    @Rovati e Botteri. Ovviamente nessuno di voi si è preso la briga di informarsi sulle responsabilità dirigenziali gravissime che hanno portato alla situazione attuale. Il progresso non c’entra nulla, è solo business. E’ tutto documentato basta farsi un ricerchetta su google.

    • Guido Botteri

      cocco bello, su cosa stiamo discutendo, sul progresso o sul caso dell’amianto ?
      Non è chiaro. Per me il caso dell’amianto è un caso particolare. Non conosco la vicenda nei particolari, mi può interessare solo come “caso” su cui eventualmente discutere per capire se e quali errori siano stati commessi, e se individuino responsabilità penali (cosa che non è di mia competenza). Ho fin troppe cose da studiare per interessarmi personalmente più di tanto di quella vicenda. Come cittadino noto solo che qualcuno ha incentivato l’uso dell’amianto (come ora fanno con le rinnovabili) e poi, al momento che sono usciti i guai ha lasciato i cocci da pagare a Pantalone.
      Questo è come la so io; ma non sono un esperto. Il mio discorso riguarda il progresso in generale.
      Ci sono notizie in cronaca che parlano di “affari” a danno dei cittadini in parchi eolici e fotovoltaici.
      In qualsiasi campo può succedere. Mi pare di avere chiaramente detto che se c’è reato, è compito della Giustizia accertare e punire i responsabili. Io sono un oppositore della politica fin qui condotta sulle rinnovabili. Ho sempre detto che è stato un grosso errore incentivare un mercato immaturo che naturalmente è inevitabilmente finito in mani straniere. Avrebbe avuto senso, semmai, incentivare la nostra ricerca. Ma non dirò che una tecnologia sia buona o cattiva perché ci sono degli squali che ci lucrano sopra. Agli squali pensi la magistratura, noi persone di scienza dovremmo essere attenti agli aspetti scientifici della questione. Ma mi fermo qui, perché stento a seguirti e a capire cosa realmente intendi con le tue fumose accuse, e con cosa ce l’hai in concreto.
      Se sarai più chiaro ti risponderò, altrimenti la questione mi sembra che stia andando fin troppo OT.
      Secondo me.

    • cocco bello

      so che è OT, come usate dire voi, ma non ho confuso io progresso scientifico ed utilizzo dissennato dello stesso. Andrei cauto anche sull’utilizzo del termine ‘scientifico’ in quanto, spesso, viene confuso con tecnologico. E’ stato scritto, parlando di amianto, ‘ non è sensato farne un Mostro mediatico http://www.amiantomaipiu.it/custom/home.phpgiudiziario.’ , e io chiedo, senza retorica, perchè no? I toni di quel post, riguardo l’amianto, li ho già sentiti da parte di chi vorrebbe che si stenda un velo su certi argomenti, si cambino le leggi ed i processi da penali diventino civili così che i grossi gruppi industriali non temino di investire da noi. Bene vi invito a leggere questo: http://www.amiantomaipiu.it/custom/home.php. Ci sono anche i dati dei processi.
      Un’ultima cosa, definirsi persone di scienza, mi pare un tantino esagerato, diciamo persone che leggono testi di divulgazione scientifica, così non si offende nessuno.
      saluti

  2. Franco Zavatti

    Ho letto con molto interesse il post, purtroppo in ritardo. Le dieci rivoluzioni sono qualcosa che potevo vagamente immaginare ma che non conoscevo in dettaglio. Grazie per averle illustrate. Il ritardo è dovuto al fatto che stavo scrivendo un altro post che penso uscirà nei prossimi giorni, in cui tratto molto velocemente una parte delle rivoluzioni e credo proprio che avrei fatto bene a leggere prima questo post.

    • Luigi Mariani

      Gentile Franco Zavatti,
      per approfondire i temi trattati in questo post possono essere utili:
      -> la guida al Museo lombardo di Storia dell’agricoltura che si trova qui:
      https://sites.google.com/site/storiagricoltura/download-area/guida_mulsa
      -> la monografia sul tema “CLIMA ED AGRICOLTURA – STORIA, ATTUALITA’ E PROSPETTIVE DI UN RAPPORTO INSCINDIBILE ” che ho redatto nel quadro dell’iniziativa Scienza Attiva dell’Università degli Studi di Torino e che trova qui: http://www.scienzattiva.eu/wp-content/uploads/2014/10/INNO_B_Clima-e-Agricoltura_MARIANI.pdf
      Cordiali saluti.
      Luigi Mariani

    • Franco Zavatti

      Grazie. Ho iniziato a leggere il materiale che credo possa anche “mettere una toppa” alla mia grande ignoranza in fatto di tecniche agricole e di parametri necessari a una corretta crescita sul campo delle specie vegetali.
      Cordiali saluti
      Franco

  3. Maurizio Rovati

    Non che ami l’amianto, però… Il pregiudizio è una cosa brutta, dicono, ma salva la vita. Nel senso che sul momento bisogna pur prendere una misura approssimativa, a occhio, e di solito si ha un atteggiamento conservativo e diffidente… D’altronde si dice l’abito non fa il monaco, o non c’è più la mezza stagione e si stava meglio quando si stava peggio. Cioè la paura è madre del pregiudizio che aiuta, antenati e non, a sopravvivere. Ma è “pre” giudizio, cioè giudizio preventivo basato su di un calcolo in cui dovremmo renderci conto che le operazioni e le quantità non sono ancora ben note… Anche gli antenati che scoprirono il fuoco ne ebbero paura, ma poi si meravigliarono e ne scoprirono l’utilità. Certo i piromani sono sempre stati un problema, ma alla fine il mondo non è mai bruciato. E’ vero che ci si brucia, il fuoco ha anche lui provocato molte morti, ma alla fine il pre-giudizio, quando viene smentito dalla realtà deve cedere il passo al Giudizio operativo e quantitativo. Il male viene quando il pregiudizio sostituisce il giudizio e si autoalimenta falsando l’ambiente operativo e quantitativo magari sfruttando consciamente paura e ignoranza di massa. Come sul nucleare (arsenali, Chernobyl, uranio impoverito) o sull’amianto… che poi, alla fine, li trovi tutti in piazza, e bene organizzati, che vogliono il risarcimento perché lo zio ha il tumore alla prostata… Però, insomma, Hiroshima e Nagasaki non sono mai state disabitate dopo la bomba, Bikini ha visto esplodere decine di ordigni e oggi non è più contaminato, e son passati 50 anni, non 50mila come dicevano quelli del pregiudizio=giudizio… Il mito di Pandora affonda le radici nella paura e nell’ignoranza. Bene io so che ci sono amianto e arsenali, e tante altre cose tra cui il fuoco, e non ho paura. Dipende forse da cosa s’intende per “una persona bene informata”. Ma… informata da chi?

    • cocco bello

      magari sull’amianto andrei cauto e passerei dalle parti di Monfalcone e Casale Monferrato prima di parlare a vanvera!

    • daniele

      @Maurizio Rovati
      “Il male viene qiando il pregiudizio sostituisce il giudizio”. Penso sia uno dei problemi. Chi ritiene ragionevole giocare alla roulette russa con un revolver normale? Chi riterrebbe ragionevole giocare alla roulette russa avendo un revolver con un milione di colpi?  Ovviamente dipende anche dalla posta in gioco. Il problema è stabilire con quale tipo di revolver (tra i due estremi) si passa da paura ragionevole a paura irragionevole. Nel caso del nucleare abbiamo, da un lato, una fonte di energia e dall’altro la possibilità di una catastrofe che potrebbe minacciare anche la sopravvivenza  della stessa civiltà (almeno venivano dipinti scenari piuttosto tetri… non saprei dire quanto attendibili). Nel caso invece degli OGM mi pare che la paura sia irragionevole.

    • Guido Botteri

      Daniele, parlare di energia atomica è quasi OT, non vorrei allargare troppo il discorso, ma una cosa la voglio dire. Vedo che hai un’idea fantasiosa (secondo me, anche se condivisa da molti) dei possibili incidenti atomici.
      // la possibilità di una catastrofe che potrebbe minacciare anche la sopravvivenza della stessa civiltà //
      Io non so in che mondo vivi o credi di vivere, ma credo che faresti bene a ripassarti la storia del nucleare, che attualmente, tra le fonti energetiche serie, è quella che causa “il minor numero di morti” nel mondo (noi l’abbiamo fermato).
      Ma niente niente pensassi che una centrale atomica possa trasformarsi in una bomba atomica, e dal potere distruttivo dell’intero pianeta ?
      Tu forse pensi ad una guerra atomica, che è tutt’altra cosa. Quella, sì, sarebbe una cosa terribile, ma non c’entra niente con le centrali atomiche per uso civile (e pacifico).
      Hai forse paura del ferro, perché con il ferro ci fanno le armi ? Non ci fanno solo le armi.
      Insomma, questa sparata della “sopravvivenza stessa” mi sembra assolutamente fuori luogo e mi fa pensare che tu abbia un approccio emozionale al problema, che ti porti molto fuori strada.
      Secondo me.

    • Maurizio Rovati

      Nel revolver il tamburo gira a caso come nella roulette, nella realtà no o non altrettanto. Che sia nucleare o amianto, sappiamo dove sta il problema e quali saranno gli effetti quando il colpo partirà. Quindi saremo in grado di impostare delle protezioni in grado di fermare il proiettile prima che entri nella testa. Se entra nella testa, perché se entra in una gamba il problema è diverso.
      L’amianto è un materiale utile ma pericoloso. Fortunatamente è anche sostituibile con un costo accettabile. Sappiamo che l’esposizione prolungata e continua alle polveri dell’amianto (assieme ad altri inquinanti come il fumo da sigaretta) causa il mesotelioma pleurico. Sappiamo che vanno prese delle precauzioni e sappiamo il costo delle precauzioni. La scelta di non utilizzare più l’amianto è fondata su ragioni abbastanza sensate. Piuttosto non è sensato farne un Mostro mediatico giudiziario.
      Poi non sempre le cose vanno per il verso giusto. I boosters dello shuttle erano equipaggiati con guarnizioni contenenti amianto. Per adeguarsi alla legge lo hanno sostituito anche lì, ma le guarnizioni senza amianto avevano minor resistenza alle basse temperature e pare abbiano causato l’incidente del Challenger perché lo staff sotto pressione non ne ha tenuto conto.
      Comunque se prendiamo una funivia e si rompe la fune sappiamo che il danno sarà circoscritto, se un 747 cade su una città è lo stesso anche se ci saranno più morti e danni.
      Se gli effetti collaterali negativi che hanno carattere circoscritto diventano politicamente e mediaticamente apocalittici, rischiamo di perdere i benefici di un utilizzo razionale delle risorse disponibili e di pagare (a qualcuno che ha interessi e progetti e che consciamente ne approfitta) costi altissimi per fare cose, se va bene, inutili.

    • cocco bello

      “Piuttosto non è sensato farne un Mostro mediatico giudiziario.” ?? allora i responsabili di tante morti li lasciamo in pace? In nome del progresso o del profitto personale? fate voi

    • Maurizio Rovati

      @CoccoBello.
      A questa domanda retorica non risponderò come non ho risposto al tuo precedente intervento perché se vuoi esser preso in considerazione (da me) devi presentarti almeno con un tono educato.
      Fattela bastare perché non ce ne saranno altre.

    • Guido Botteri

      cocco bello, credo che tu banalizzi troppo la questione.
      Non sono un esperto di diritto, e ci stai portando su un sentiero che non ci compete; mi limiterò a dare la mia personale opinione sul lato “morale” della questione.
      Credo che dove ci sia un “reato” sia giusto che la Giustizia faccia il suo corso.
      Ora si tratta di capire se ci sia davvero un “reato” secondo la sua definizione giuridica (e questo spetta stabilirlo a chi fa della Giustizia il suo mestiere) e se ci sia un “reato” dal punto di vista “morale”.
      Intendo, secondo la “mia” morale, trattandosi della “mia” (personalissima) opinione.
      Faccio questo distinguo per la mia incompetenza giuridica, ma nello stesso tempo perché la tua frase provocatoria conteneva una velata condanna morale che mi sento di respingere.
      Per me, per esserci “reato” penale, deve esserci
      1. comportamento non coerente alle leggi in vigore e causa di danni
      2. consapevolezza (o “dolo”, se vuoi chiamarlo così)
      Chi ha usato amianto quando addirittura era incentivato, è colpevole di cosa, secondo te ?
      Ti sei chiesto se era a conoscenza dei danni che avrebbe causato ?
      Chi dovrebbe pagare gli oneri della rimozione dell’amianto installato su incentivazione ?
      Se domani si scoprisse che i pannelli fotovoltaici fossero dannosi, a chi spetterebbe pagarne la rimozione ?
      Chi ha incentivato l’amianto era obbligato a sapere che in futuro si sarebbe scoperto che era dannoso ?
      Il progresso fa delle vittime, certamente; è inutile negarlo.
      Ma fermare il progresso ne fa molte, ma molte di più.
      Se penso alla Giustizia, io me la figuro come una bilancia (l’idea non è mia) e ci vedo due piatti, non uno solo.
      In conclusione trovo la tua frase, e la tua accusa implicita, semplicistica, e spero di averti offerto qualche spunto di riflessione.
      Secondo me.
      La questione meritava un maggiore approfondimento, ma sarebbe forse stato noioso, e mi fermo qui.

  4. daniele

    Guido Botteri parla di “paura del progresso”.Penso che la paura sia un “istinto” che probabilnente ha aiutato i nostri antenati a sopravvivere. Se pensiamo che il progresso tecnico ci ha messo a disposizione anche arsenali atomici si capisce che qualche motivo per preoccuparci c’è.Dico questo perché non penso che si possa trattare il problema della “paura del progresso” come un mero problema di ignoranza o di irrazionalità (per chiarezza, non dico che Guido Botteri sostenga ciò, ho solo preso spunto); una persona bene informata sa che ci sono arsenali atomici; sa anche che l’amianto ha provocato molte morti… etc. Viene in mente, a proposito del rifiuto della scienza, il mito del vaso di Pandora (a volte capita di sentir dire “beata ignoranza!”).

    • Guido Botteri

      Daniele, la tua osservazione è giusta. Quando si scrive un post non si può scrivere un libro, e molte volte gli argomenti ci si presterebbero.
      Ovviamente il discorso viene un po’ semplificato.
      Non è la sostanza che fa bene o fa male; è la dose che fa il veleno, e questo non vale solo per le sostanze, ma anche per i sentimenti.
      Un po’ di gelosia fa bene all’amore, troppa l’uccide. Un po’ di prudenza è sempre necessaria, troppa paralizza le persone. Un po’ di coraggio è necessario, troppo diventa spericolatezza, e non va bene.
      Senza che mi dilunghi in esempi più o meno significativi, avrai capito dove voglio arrivare; ho inteso parlare della “troppa” paura del progresso, e cioè del rifiuto a priori, non certo di quella giusta prudenza che tutti noi dobbiamo avere.
      Senza rischio non c’è azienda, non c’è impresa, ma rischi sconsiderati di solito portano al fallimento.
      Insomma, tutto dovrebbe essere visto alla luce del buonsenso.
      Buonsenso che si è un po’ perso, secondo me. Almeno per molti.
      Mi pare che dalle durissime e pericolosissime condizioni di quella breve vita che l’uomo riusciva a vivere nella preistoria, si siano fatti immensi passi avanti, che sempre più persone non riconoscono e non accettano, in nome di un naturalismo che esiste solo nella loro fantasia.
      Non solo abbiamo vinto il caldo e il freddo, fame e malattie (per quanto la vittoria sia lontana dall’essere perfetta), ma abbiamo guadagnato tempo libero, diritti, cultura.
      Questo progresso, che non è solo avere più cibo e più beni, viene ostacolato per atteggiamento “culturale” (se si può chiamare così).
      Caro Daniele, c’è differenza, ripeto, tra (giusta) “prudenza” e (troppa) “paura”.
      La gente è frastornata, e invece dovrebbe almeno capire quanti e quali passi avanti abbiamo fatto e perché.
      Ma è più facile instillare odio che cultura. Purtroppo.

    • daniele

      @Guido Botteri
      Concordo con quanto Lei afferma (10:45).Mi scuso per la poca chiarezza: quando faccio l’esempio del nucleare mi riferisco, per quel che riguarda il disastro, alla possibilità di una guerra atomica (non all’uso civile del nucleare).

  5. GUIDORZI ALBERTO

    Una conferma attuale dell’effetto nutritivo della CO2 la troviamo nella bietola da zucchero e che spiega anche la debacle della nostra bieticoltura e l’exploit di quella francese. I francesi (che comunque alla bietola possono offrire un ciclo di organicazione più lungo) hanno modificato la tecnica colturale per raggiungere la copertura del suolo da parte delle foglie il più anticipatamente possibile (semine anticipate di un mese, dal 15 aprile al 15 marzo, ricerca di varietà capaci di germinare anche in condizioni di stress). La copertura anticipata ha comportato la creazione di un’atmosfera permanente tra terreno e copertura fogliare molto ricca di CO2, inoltre la copertura permane tale per tutto il ciclo vegetativo.
    Noi italiani invece, che comunque per le nostre condizioni geografiche possiamo offrire alla chenopodiacea un ciclo più breve, non abbiamo mai fatto nostra, generalizzandola, una semina il più precoce possibile, anzi seminiamo ormai nella stessa epoca dei francesi seppure con vari gradi di latitudine di differenza, inoltre la nostra crisi di estivazione e soprattutto le malattie fungine che non controlliamo a dovere ci eliminano la copertura nel periodo più favorevole alla fotosintesi.
    Risultato: i francesi che che nel 1975 producevano 75 q/ha di zucchero bianco sono passati agli attuali 140, noi, che ne producevamo 40, siamo passati a malapena a 55. Faccio notare che nel raffronto fatto l’incidenza delle condizioni migliori di vegetazione dei francesi sono annullate.
    Aggiungo che gli amici transalpini nel realizzare questo progresso sono anche riusciti a ridurre del 50% l’apporto di concime azotato. Altra dimostrazione che si ricava è che è la ricerca e l’innovazione che rende l’agricoltura durevole o ecologicamente più sostenibile e non certo il ritorno all’agricoltura dei nonni, che tra l’altro non facevano per scelta, ma perchè imposta da motivazioni obiettive e pagavano con tavole non sempre sufficienti in cibo..

    Oggi vi è qualche anima bella che pretenderebbe che il ricercare nel campo dell’agricoltura biologica potrebbe annullare l’handicap con l’agricoltura convenzionale, solo che purtroppo i decisori sono attratti da queste sirene e buttano soldi della collettività per scoprire l’acqua calda.

  6. Guido Botteri

    Come avevo notato anch’io, l’opposizione al progresso (no OGM, no vaccini, no TAV, no scie chimiche, ecc.) ha origini che si perdono nella notte dei tempi; cambiano le forme di progresso a cui si oppongono, ma non cambia la natura di fondo dell’opposizione che è la paura del progresso, unita ad un generico rifiuto della scienza.
    Sembra assurdo, ma dopo tanti successi del progresso i suoi oppositori sono più forti e vitali che mai.
    C’è sempre qualcuno che ci vorrebbe convincere che avremmo delle colpe nei riguardi della Natura, e che vorrebbe riportarci indietro ad uno stadio di vita sempre più preistorico che chiamano “naturale” e che consentiva la vita a poche migliaia di persone.
    Perché con la sola raccolta di ciò che cresce spontaneamente ci sarebbe cibo per pochissime persone.
    Secondo me.

    • Luigi Mariani

      I cacciatori – raccoglitori europei vivevano in piccoli gruppi familiari che dominavano territori molto vasti per procurarsi il cibo. La vita era durissima ed assai breve.
      Il concetto di sostenibilità ambientale andrebbe letto alla luce del fatto che ad esempio le isole britanniche nel paleolitico sostenevano poche migliaia di cacciatori – raccoglitori mentre oggi sostengono 60 milioni di abitanti. Meglio allora o oggi. Io non avrei dubbi nel dire “oggi” ma molti vivono con il mito di un favoloso passato che poi è il paradiso perduto degli ecologisti. Trattasi di un mito che ci tiriamo dietro da millenni, per cui sradicarlo è a mio avviso impossibile, pur essendo quello che è e cioè un mito, che di reale non ha nulla.
      .

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Categorie

Termini di utilizzo

Licenza Creative Commons
Climatemonitor di Guido Guidi è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale 4.0 Internazionale.
Permessi ulteriori rispetto alle finalità della presente licenza possono essere disponibili presso info@climatemonitor.it.
scrivi a info@climatemonitor.it
Translate »