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Global Warming, la pausa non c’è, ma c’è la sua spiegazione

Questa è davvero curiosa, anche se ormai dovremmo esserci abituati alle capriol…ehm, ai cambiamenti di paradigma degli esperti di clima che cambia è cambia male.

Doveva arrivare una glaciazione negli anni ’70, ed è arrivato il global warming negli anni ’80. Un’intera generazione, la mia, è cresciuta con l’incubo della desertificazione, ora non sappiamo più dove mettere l’acqua. Doveva finire la neve, ora non si finisce più di spalarla. Doveva fare sempre più caldo, ora se fa freddo è perché fa caldo…e via così, da una verità scientifica acquisita all’altra. Tutte con lo stesso denominatore comune, ossia che chi ci spiega queste cose giura di aver capito tutto.

È così, quando già i futures delle società che producono condizionatori andavano a ruba, ecco che la temperatura media del pianeta ha smesso di crescere. Sotto dunque con una nuova serie infinita di verità assolute. Ma quale pausa, sono solo pochi anni e per di più gli infallibili modelli ne prevedono la possibilità; dovrebbe durare almeno 17 anni, disse qualcuno quando eravamo a 15, per potersi considerare significativa (era, ed è, il capo della Climatic Research Unit inglese).

Poi, piano piano, al compimento della maggiore età, la pausa ha iniziato a godere dell’attenzione degli esperti che, una via l’altra, hanno proposto circa una sessantina di spiegazioni, in larga misura riconducibili ad una variabilità naturale che solo pochi anni prima si diceva inesistente, ovvero relegata al mero ruolo di comprimario. Tutte tranne alcune, che ancora più fedeli al paradigma CO2-centrico, propongono invece di modificare la realtà delle osservazioni, visto che gli schemi virtuali dei modelli non ci vanno d’accordo.

Oggi, per dovere di cronaca, dobbiamo dar conto di due nuovi paper che affrontano questo tema, uno dicendo che forse, sí, insomma, la pausa c’è e potrebbe durare ancora qualche annetto prima che tornino a divampare le fiamme, l’altro che, alla faccia di un altro paradigma, quello logico, dice che la pausa è finta, ma ha una spiegazione.

Quantifying the likelihood of a continued hiatus in global warming – Nature

Atlantic and Pacific multidecadal oscillations and Northern Hemisphere temperatures – Science

Il primo, uscito su Nature (ma uno degli autori lo spiega sul suo blog), compie un’analisi statistica delle simulazioni climatiche focalizzando l’attenzione sulla variabilità naturale e quantificando la probabilità che si verifichino ‘pause’ nel trend di riscaldamento atteso. Il risultato che ottengono è una probabilità del 10% che ci siano pause di dieci anni e dell’1% che ce ne siano della durata di venti anni. Molto poco, specie per la seconda. Ma dato che siamo già in pausa da 15 anni, c’è un 25% di probabilità che si arrivi a venti. Quindi, se il sistema funziona come i modelli lo riproducono, fasi come l’attuale sono molto improbabili ma non escludibili. Stranamente però gli autori non indicano quale sia la probabilità di occorrenza di una pausa come quella che c’è già, ovvero almeno 15 anni. Sorge il sospetto che il numero possa essere un po’ basso per continuare a credere che il funzionamento del sistema sia efficacemente riprodotto. Comunque, che arrivi tra poco o tra un po’ di più, il riscaldamento tornerà, per rilascio di calore subsuperficiale da parte degli oceani e per l’inversione del segno degli indici multidecadali oceanici, soprattutto la PDO.

TabellaAl riguardo vale la pena ricordare che il global warming ruggente, quello delle ultime decadi del secolo scorso, è iniziato proprio quando la PDO ha virato verso il segno positivo. Quando agli albori del dibattito sui blog gli orridi scettici dicevano queste cose i sapientoni ridevano allegramente. Tuttavia, è anche noto che i modelli gli indici multidecadali oceanici non li riproducono, per cui sussistono ancora molti dubbi sul fatto che si possa separare con efficacia il contributo al trend delle temperature della variabilità naturale e di un eventuale forcing di diversa natura.

E questo ci porta al secondo lavoro, quello uscito su Science. Secondo gli autori la pausa attuale è falsa, nel senso che ne sarebbero in larga misura responsabili le oscillazioni multidecadali oceaniche, che però in questo paper vengono ridefinite secondo nuovi parametri, giacché quelli usati da sempre e ufficialmente riconosciuti pare non andassero bene, perché non restituivano il risultato sperato. C’è da dire inoltre che il loro discorso si limita a ‘spiegare’ soltanto cosa sarebbe accaduto nell’emisfero nord, mentre è cosa nota che la pausa c’è anche in quello sud. Infine, forse si dovrebbe prendere atto di una cosa sostanziale: lunga o corta che sia la durata di questo periodo di plateau delle temperature medie superficiali, i modelli non lo avevano previsto in alcun modo e continuano a non farlo anche ora che ci siamo dentro. Forse utilizzarli per capire quello che sta accadendo non porta molto lontano, se non, appunto ad allungare la serie delle verità assolute temporanee, specie nel caso del secondo paper.

Nel frattempo la temperatura…

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Published inAttualità

6 Comments

  1. Teo

    posso essere volgare?
    Da fisico mi sono rotto i coglioni di spiegazioni ad hoc ex post!!! C’è sempre un modo per spiegare dopo! Spiegamelo prima per a miseria!!! Altrimenti il tuo modello climatico la prognosi la va a fare ai bambini con il morbillo e basta. Politica, fottuta politica: ti raccontano dopo quello che non sono stati capaci di prevedere. Quindi punto e a capo: ma andate al diavolo modellisti!!!

    • max

      beh, Luciano, perdonami, ma nello specifico dell’argomento da te linkato (fuori tema rispetto al post iniziale), non c’è bisogno di far parte di quello che tu chiami con disprezzo “verdame”, per conoscere le reali implicazioni di rischio ambientale, in una zona sismicamente attiva e caratterizzata da ipocentri di solito abbastanza superficiali, come questa (avanfossa padano-bradanica);
      stoccare milioni di tonnellate di CO2 in pressione (ridotta allo stato liquido) in prossimità di faglie attive, (proprio nella zona a largo di Senigallia e del pozzo Cornelia passa in profondità il fronte di sovrascorrimento crostale dove si sono accavallati i margini continentali delle zolle adriatica e africana durante l’orogenesi appenninica) e non serve un sisma di M 7 per aprire vie di fuga a fluidi stoccati a 4 km di profondità; oltre ai rischi concreti e già verificatisi in altre parti del mondo di inquinamento per fuoriuscita dei fluidi usati per il fracking propriamente detto;
      Cerchiamo per favore di non fare di tutta l’erba un fascio, ogni questione che tratta di ambiente e territorio merita di essere studiata e analizzata nello specifico, con tutti i distinguo che servono.
      😀

    • Invece la sapevo Max. La newsletter di Nature Climate Change infesta la mia mail. Ti dirò che parlare di accelerazione mentre il tutto continua a frenare è ben oltre il senso del ridicolo.
      Comunque, dirò agli amici esperti che hanno attribuito il ventaccio dell’altro giorno all’energia accumulatasi (sic!) per mancanza di uragani di cercare in Florida, dove pare invece ne siano giunti di apocalittici. Mannaggia però, sta diventando difficile, almeno si mettessero d’accordo tra loro!
      gg

  2. alessandrobarbolini

    Signor guidi…dia retta a paolo ernani

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