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Tre cose da leggere

La quotidiana ricerca di novità sui temi climatici è oggi particolarmente fruttuosa. Sulla newsletter di Science Daily sono apparsi tre articoli di cui due in particolare davvero interessanti. Il terzo, beh, il terzo lo è un po’ meno, ma ce ne faremo una ragione.

Cominciamo dalla traccia dell’attività vulcanica nella porzione settentrionale della circolazione oceanica in Atlantico. Un gruppo di ricercatori ha isolato nei dati di prossimità provenienti dalla Groenlandia gli effetti delle eruzioni vulcaniche più imponenti, tra cui si ricordano quella del Monte Agung, Indonesia, nel 1963 e quella del Pinatubo, Filippine, nel 1991. Gli effetti di breve periodo delle eruzioni più potenti sono abbastanza noti: il particolato lanciato in alta atmosfera scherma la luce solare e provoca un raffreddamento che può durare anche 2/3 anni. Ma, quello che non si aspettavano di trovare nell’analizzare la serie storica, era un’accelerazione del ramo settentrionale dell’AMOC circa 15 anni dopo le eruzioni, un rallentamento dopo 25 anni e una nuova accelerazione dopo 35 anni. Un ritmo che finirebbe per scandire delle oscillazioni ventennali della velocità della corrente – quindi del trasporto di calore ad essa collegato – imprimendo una variabilità di pari periodo anche alle condizioni climatiche dell’area europea, almeno per quel che concerne il contributo dell’oceano.

Bidecadal North Atlantic ocean circulation variability controlled by timing of volcanic eruptions – Nature Communications – Qui, l’articolo su SD.

A seguire, si parla ancora di paleoclima, ma analizzandone alcuni aspetti che possono davvero essere considerati attuali. Lo studio in questione riguarda infatti la correlazione tra la frequenza del cicloni tropicali, gli eventi alluvionali e le oscillazioni dell’ENSO, ossia l’alternarsi di condizioni di El Niño e La Niña. Le due fasi, positiva e negativa, dell’ENSO, sono note per avere effetti piuttosto tangibili sulla frequenza dei Cicloni Tropicali (Uragani in Atlantico e Tifoni nel Pacifico e nell’Oceano Indiano), un effetto che in gergo tecnico si definisce teleconnessione. Seguendo nei dati di prossimità (stalattiti e stalagmiti) gli eventi alluvionali più importanti degli ultimi 2.000 anni in Australia, gli autori hanno individuato delle fasi di maggiore o minore frequenza di occorrenza di Tifoni, giungendo così a definire anche un ‘calendario’ dell’alternarsi di El Niño e La Niña.

Extreme rainfall activity in the Australian tropics reflects changes in the El Niño/Southern Oscillation over the last two millennia – PNAS – Qui l’articolo su SD.

E, per finire, la temperatura che non segue l’aumento della concentrazione di gas serra. O, meglio, non sempre. Un altro studio di recente pubblicazione che analizza il lag temporale che intercorre con segno positivo e negativo tra le oscillazioni della temperatura superficiale globale e la concentrazione di gas serra, nominalmente anidride carbonica 8anche se il più importante è senz’altro il vapore acqueo). Sembra che a guidare le danze siano a volte i gas serra a volte la temperatura, ma, chi lo avrebbe mai detto, l’effetto finale è comunque quello di un riscaldamento che genera un effetto sui gas serra che poi amplificano la loro causa, cioè appunto il riscaldamento. Il tutto però, state sereni, alla scala temporale glaciale e interglaciale, cioè migliaia di anni. Non è una cosa di domani mattina quindi.

Causal feedbacks in climate change – Nature Climate Change – Qui l’articolo su SD.

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Published inAttualità

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