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Ossigeno per il clima

La storia delle ere geologiche parla chiaro, la variazioni della percentuale di ossigeno nella nostra atmosfera hanno modellato la vita su di essa. Un gruppo di ricerca dell’università del Michigan ha appena pubblicato su Science uno studio sulle variazioni della quantità di ossigeno in atmosfera durante il Fanerozoico. Da wikipedia: Durante il Fanerozoico si sono avuti l’evoluzione e lo sviluppo di un gran numero di phyla animali; l’evoluzionee lo sviluppo delle piante terrestri; lo sviluppo di piante complesse; l’evoluzione dei pesci; la comparsa di animali terrestri; e infine l’origine e lo sviluppo della fauna moderna (e dell’Homo sapiens).

Nessuno però aveva ancora provato a leggere queste variazioni in chiave climatica, appunto il tema centrale di questo nuovo paper:

Long-term climate forcing by atmospheric oxygen concentrations

Prima un paio di disclaimer derivati dal paper stesso:

  1. Lo studio si applica alla scala temporale geologica;
  2. Le variazioni climatiche identificate in funzione delle variazioni della quantità di ossigeno non hanno nulla a che vedere con quelle attuali;
  3. Il forcing esercitato dall’ossigeno è meno significativo di quello esercitato dalla CO2.

Bene, ora che ci siamo messi tranquilli possiamo vedere di che si tratta.

Secondo le simulazioni che hanno fatto, infatti, una diminuzione della pressione parziale dell’ossigeno comporta un aumento della profondità ottica dell’atmosfera, che diviene meno densa e più sottile e quindi più facilmente penetrabile dalla radiazione solare a onda corta. Questo comporta una maggiore evaporazione, quindi un aumento delle precipitazioni ma, soprattutto, un aumento del ‘lavoro’ compito dal vapore acqueo in termini di effetto serra. Il risultato è che le temperature aumentano. Per cui con poco ossigeno (10-35% a fronte dell’attuale 21% è il range di variazioni che ci sarebbero state all’inizio del Fanerozoico, 541 milioni di anni fa) le temperature aumentano; con molto ossigeno invece diminuiscono.

Il meccanismo enunciato tiene conto del feedback del vapore acqueo e di quello delle nubi, con riferimento a queste ultime soprattutto sul mare. Così uno degli autori su Science Daily:

La concentrazione di ossigeno può aiutare a spiegare degli aspetti nelle serie paleoclimatiche altrimenti inspiegabili con le variazioni della concentrazione di anidride carbonica, e devono essere prese in considerazione se vogliamo comprendere appieno il clima del passato… Tuttavia, le variazioni nel livello di ossigeno non sono un fattore importante nei cambiamenti climatici attuali.

Un altro tassello in un mondo che a quanto pare non è mai stato (né lo è ora) interamente dipendente dalla CO2.

NB: la figura in testa al post viene dal materiale supplementare al paper (il testo integrale è a pagamento) e rappresenta le variazioni del ciclo dell’acqua (Precipitazioni) per diverse concentrazioni di ossigeno (10-21-35%) e per due diverse concentrazioni di CO2 (1120 e 2240ppmv).

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Published inAttualità

Un commento

  1. luigi mariani

    Grazie per l’interessantissima segnalazione.
    Sono corso subito a consultare il lavoro di Poulsen et al ed ho trovato non solo l’articolo ma anche, qualche pagina prima, il commento di Peppe e Royer dall’evocativo titolo “Can climate feel atmospheric pressure?”.
    In quest’ultimo lavoro si pone l’accento sul fatto che l’elemento chiave dell’effetto ossigeno evidenziato da Poulsen et a con l’ausilio di un GCM sarebbe la variazione di pressione media al livello del mare (vedi tabella 1 di Poulsen) che passa dai 1013 hPa con l’ossigeno al 21% a 1023 hPa con ossigeno al 35% e a 889 hpa con ossigeno al 10%.
    Ciao.
    Luigi

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