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Sedimenti di laghi alpini e non

Dopo il post sul lago di Ledro (qui) mi è venuta la curiosità di capire quali informazioni potessero essere derivate dai sedimenti lacustri e soprattutto quali informazioni avrei potuto estrarre dai dataset disponibili al sito NOAA dei dati paleoclimatici relativi ai laghi.
Per questo, oltre ai dati di Ledro, ulteriormente elaborati rispetto al post citato, ho raccolto dati di altri 4 laghi, a nord e a sud delle Alpi e nell’Italia meridionale (Lago Grande di Monticchio, PZ). Per questi laghi i dati disponibili spaziano su periodi di tempo molto diversi e riguardano grandezze misurate di varia natura, dal conteggio dei pollini alla temperatura; dalla frequenza di eventi alluvionali alla suscettibilità magnetica. La tabella successiva riassume alcune informazioni sui laghi e sulle grandezze misurate.

 

Nome Altezza
m slm
Posizione Periodo
osservato
Osservazioni
Allos 2300 Alpi Francesi 650,2009 CE frequenza alluvioni; spessore strati
Ledro 635 Sud Alpi, Garda N. -45,2050 BP frequenza alluvioni; spessore strati
Meerfelder 334.5 Germania 13000,11000 BP spessore strati; Fe da fluorescenza X
Monticchio 656 Sud Italia, PZ 0,102000 BP bio-silica; dry density; loss on ignition;
mag-sus; pollen counts; Ionian δ18O
Silvaplana 1790 Alpi Svizzere,
Grigioni
1175, 1949 CE temp. estiva da spettroscopia a riflessione

 

I grafici, i valori numerici e gli spettri dei singoli laghi e, relativamente ad ogni lago, le elaborazioni delle misure delle diverse grandezze osservate sono numerosi e poco adatti ad essere inseriti nel post, per cui sono quindi disponibili nel sito di supporto. In questa parte iniziale del post voglio fornire qualche caratteristica comune dei laghi e a sottolineare quanto si può estrarre da quello di Monticchio che ha le osservazioni con la maggiore estensione temporale. Per fare questo ho calcolato gli spettri -MEM per i dati a passo costante e Lomb per quelli a passo variabile- di quasi tutte le variabili disponibili, anche se a volte il significato delle singole grandezze non mi è del tutto chiaro.

Dall’insieme degli spettri ho raccolto in bin di ampiezza diversa i massimi spettrali (su 9 classi di ampiezza) sia per tutte le variabili che per le variabili di Monticchio soltanto, data la sua peculiare estensione temporale. La raccolta è mostrata, in forma di istogrammi in fig.1 (pdf) e qui tabulare.

fig1
Fig.1: Istogramma dei massimi spettrali per tutti i dati (13 variabili) e per i dati del solo Lago Grande di Monticchio (5 variabili). L’ampiezza temporale dei bin è variabile: genericamente, i bin con numero d’ordine inferiore hanno ampiezza maggiore. Nella tabella, la seconda colonna è l’intervallo temporale coperto dal bin, in migliaia di anni, e la terza è l’ampiezza del bin in anni. Nei grafici e nella tabella non sono inclusi i massimi spettrali della carota marina del mar Ionio (core M25/4-11) usata solo per confronto.

I dati originali da cui sono derivati gli istogrammi sono disponibili nel sito di supporto (file excel, banda verde in alto). Per il Lago Grande di Monticchio 3 su 5 dataset mostrano massimi spettrali di periodo maggiore o uguale a 100 mila anni e 5 su 5 periodi compresi tra 30 e 50 mila anni, entrambi compatibili con i cicli di Milankovich. Sono presenti in 4 su 5 dataset i periodi 10-15 mila, 2-3 mila, 1300-1400, 100-200 anni. Quest’ultimo intervallo di periodi si osserva anche negli spettri di 12 su 13 dataset del campione totale, forse mostrando una causa comune che si riverbera in situazioni geografiche (spaziali) e temporali diverse. Continuando a riferirsi al campione totale, il periodo di 60 anni, ben evidente in molti e vari dataset, qui praticamente non esiste (2 casi su 13) mentre sembrano ben rappresentati i periodi 10-20 e 5-10 anni (53.8% e 46.2% dei casi, rispettivamente).

Proprio in riferimento alla frequenza di questi due ultimi intervalli che comprendono sia il ciclo di Schwabe (11 anni) che il periodo mareale di Giove e Saturno (9.93 e 11.86 anni) ho utilizzato il lavoro di Scafetta (2012), in cui viene presentato il modello armonico multi-scala, per confrontarlo con i dataset disponibili. Il modello è disponibile in forma numerica in Scafetta (2012) e, per Monticchio, ho calcolato il modello fino a 102 mila anni seguendo le indicazioni di Scafetta.
Anche se in alcuni casi sembra esserci un'”assonanza” tra il modello e i dati osservati, o una buona correlazione, come in fig.2 (pdf) per la frequenza annuale degli eventi alluvionali del lago di Ledro, in generale, secondo me, le osservazioni non mostrano le “firme” astronomiche che hanno generato il modello armonico, come si può verificare dai singoli confronti.

fig2
Fig.2. Confronto tra la frequenza annuale degli eventi alluvionali del lago di Ledro e il modello armonico di Scafetta, 2012. Qui le ampiezze non sono prese in considerazione e quindi vanno confrontate solo le oscillazioni dei due dataset. HM significa Harmonic Model; BCE-CE sono gli acronimi per “Before Current Era” e “Current Era”. Nella legenda del grafico, DACP sta per Dark Age Cold Period (usato in Scafetta, 2012) detto anche Medieval Cold Period (MCP).

Questo significa, come normalmente considerato, che le grandezze misurabili nei sedimenti lacustri sono regolate da strutture meteorologiche a mesoscala e a scala regionale.

Di seguito, alcuni brevi commenti per i singoli laghi.

Allos.
Nel versante francese delle Alpi occidentali, più esposto all’ingresso delle perturbazioni atlantiche. I suoi depositi alluvionali sono interpretati come risultato di intense piogge, più frequenti nel Periodo Caldo Medievale e meno durante la Piccola Età Glaciale. Una conferma viene dalla fig.3 (pdf) perché normalmente un maggiore spessore dei depositi è associato ad una maggiore intensità di precipitazioni.

fig3
Fig.3. Spessore dei depositi nel lago di Allos, confrontato con il Periodo Caldo Medievale e con la Piccola Età Glaciale. Non sembrano essere presenti particolari relazioni con la durata dei minimi solari. Gli spettri della frequeza degli eventi e dello spessore degli strati mostrano similitudini, in particolare nel massimo principale a 1360 anni e nei massimi a ~130, 12, 2.9. Un massimo a 19.5 anni nello spettro della frequenza di eventi non è confermato negli spessori.

 

Ledro.
La frequenza degli eventi (i conteggi) è riportata nei file come somma mobile su una base di 30 anni. Gli autori scrivono nell’abstract (in 00readme.txt): “The all-season flood frequency and, particularly, the occurrence of summer events increased during solar minima, suggesting solarinduced circulation changes…”. Anche in questo caso, come già nel post precedente, non sono d’accordo e la fig.4 (pdf), semmai, mostra una diminuzione della frequenza in corrispondenza dei minimi solari.

Fig.4. Frequenza annuale degli eventi confrontata con i minimi solari. Escluso il minimo di Spörer, negli gli altri minimi solari la frequenza diminusce o, in ogni caso, assume valori bassi. Nel sito di supporto si vede che la stessa cosa succede per le singole stagioni. I rapporti con i periodi caldi e freddi sono stati discussi nel post relativo a Ledro.  Gli spettri dello spessore degli strati in fig.5 (pdf) (Lomb, perché i dati non sono a passo costante) per le stagioni di massima piovosità appaiono diversi, con massimi simili ma raramente assimilabili (ad es. 11.6-11.4; 56.9-60.1).
Fig.4. Frequenza annuale degli eventi confrontata con i minimi solari. Escluso il minimo di Spörer, negli gli altri minimi solari la frequenza diminusce o, in ogni caso, assume valori bassi. Nel sito di supporto si vede che la stessa cosa succede per le singole stagioni. I rapporti con i periodi caldi e freddi sono stati discussi nel post relativo a Ledro.

Gli spettri dello spessore degli strati in fig.5 (pdf) (Lomb, perché i dati non sono a passo costante) per le stagioni di massima piovosità appaiono diversi, con massimi simili ma raramente assimilabili (ad es. 11.6-11.4; 56.9-60.1).

fig5
Fig.5. Spettro Lomb degli spessori di autunno ed estate.

Meerfelder.
I dati per questo lago si riferiscono ai ~2000 anni attorno a 12700 anni fa, durante l’evento freddo detto Younger Dryas, uno dei più netti cambiamenti climatici osservato nei dati paleoclimatici dell’emisfero nord e sono riferiti allo spessore degli strati e al loro contenuto in Ferro. Gli autori scrivono (v. 00readme.txt): “Our data indicate an abrupt increase in storminess during the autumn to spring seasons, occurring from one year to the next at 12,679 yr BP, broadly coincident with other changes in this region.” Dalla fig.6 (pdf), attorno al periodo indicato si nota un cambiamento improvviso ma, a mio parere, nel senso di una diminuzione dello spessore e quindi dell’intensità delle piogge.

fig6
Fig.6. Spessore degli strati per Meerfelder Maar. Attorno a 11600 anni BP c’è un “buco” nei dati. Poco prima di 12700 anni BP si nota la rapida diminuzione dello spessore.

Anche se il confronto con il modello armonico di Scafetta (2012) lascia a desiderare, lo spettro dello spessore degli strati – fig.7 (pdf) – mostra il maggior numero di periodi presenti anche nel lavoro di Scafetta (ad es: 5-6,5.5; 86-83; 175-230,182; 840-1100,1091).

fig7
Fig.7. Spettro degli spessori degli strati.

I dati relativi al ferro (qui ho usato la media mobile su 11 punti riportata nel dataset) si riferiscono ad una estensione temporale di soli 50 anni ma mostrano, in fig.8 (pdf), un aumento praticamente improvviso, da ~1700 a ~3000 conteggi/sec (più del 50%), che conferma quanto dichiarato dagli autori sulla data di un evento improvviso ~12679 anni BP.

fig8
Fig.8. Contenuto in ferro negli strati e fit lineare di due settori del dataset per mostrare la presenza di un break-point a ~12677.7 anni BP. Probabilmente è presente un altro break-point a circa 12663 anni BP, non evidenziato nel grafico tramite un fit.

Monticchio.
Ci si riferisce al Lago Grande di Monticchio. Esiste anche un Lago Piccolo, in comunicazione con il grande tramite un ruscello di portata 57 l/ora. Dal Lago Grande, un emissario scarica nel fiume Ofanto. La temperatura di questi laghi è la più elevata tra tutti i laghi italiani. I dati misurati dagli autori coprono un periodo di tempo di 100 mila anni (l’ultimo periodo glaciale) e sono di tipo fisico, chimico, biologico. Hanno lo scopo di confrontarsi con le carote del nord Atlantico per osservare se quanto osservato nell’oceanoè simile a quanto misurato sul continente europeo o, almeno, nella regione centrale del Mediterraneo.
Dei dati disponibili, presento 5 variabili più la percentuale di pollini arborei (e la complementare percentuale di pollini erbacei che mostrano lo stesso spettro). Per confronto ho calcolato e mostro anche lo spettro del δ18O derivato da una carota marina (mar Ionio).
La fig.9 mostra i dati osservati, compreso il δ18O dai sedimenti marini nel mar Ionio.

fig9
Fig.9. Variabili misurate nel lago di Monticchio e nella carota marina. Il polline (Pollen) si riferisce a tutti i tipi (arboreo e erbaceo) senza distinzioni. Nel sito di supporto viene mostrato il grafico e lo spettro dei tipi distinti. Notare come il grafico del δ18O sia (grossolanamente) in opposizione di fase rispetto a LOI e a Bio-Silica.

Gli spettri Lomb delle stesse grandezze di fig.9 sono mostrati in fig 10.

fig10
Fig.10. Spettri delle 6 variabili considerate. I grafici singoli sono nel sito di supporto.

Pur nella loro ovvia diversità, gli spettri mostrano similitudini che fanno pensare a fenomeni esterni in grado di influenzare (quasi) allo stesso modo le singole variabili. Anche la carota dei sedimenti marini concorre a mostrare un quadro complessivo di influenze, comune tra continente e mare.

Silvaplana.
Lago svizzero, nel Cantone dei Grigioni. Le misure, non distruttive, sono fatte con la spettroscopia a riflessione nel visibile. Gli autori parlano di 6 variabili misurate che mostrano una buona correlazione con le temperature estive (JJAS), ma rendono disponibile solo la ricostruzione delle temperature estive (JJA) su un periodo di 775 anni.
In Fig.11 (pdf) la temperatura mostra una maggiore variabilità durante la seconda metà della LIA, seguita da minori oscillazioni dopo il 1850.

fig11
Fig.11. Temperatura estiva ricostruita. Lo spettro e il confronto con il modello armonico di Scafetta (2012) sono nel sito di supporto. Il modello armonico mostra analogie con la temperatura, soprattutto nella posizioni dei minimi.

 

Tutti i grafici e i dati, iniziali e derivati, relativi a questo post si trovano nel sito di supporto qui

Bibliografia

  1. Allen J.R.M., Huntley B., Negendank J.F.W. 1999. Rapid environmental changes in southern Europe during the last glacial period. Nature, 400, pp. 740-743, 19 Aug 1999. Monticchio.
  2. Brauer A., Haug G.H., Dulski P., Sigman D.M., Negendank J.F.W. 2008. An abrupt wind shift in western Europe at the onset of the Younger Dryas cold period. Nature Geoscience, 1, 520-523. Meerfelder Maar.
  3. Scafetta N., 2012. Multi-scale harmonic model for solar and climate harmonic variation throughout the Holocene based on Jupiter-Saturn tidal frequencies plus the 11-year solar dynamo cycle. Journal of Atmospheric and Solar-Terrestrial Physics,80, 296-311. doi:10.1016/j.jastp.2012.02.016. Full text a arxiv.org/pdf/1203.4143v1
  4. Trachsel, M., M. Grosjean, D. Schnyder, C. Kamenik, and B. Rein. 2010. Scanning reflectance spectroscopy (380-730 nm): a novel method for quantitative high-resolution climate reconstructions from minerogenic lake sediments. Journal of Paleolimnology, December 2010, 44, Issue 4, pp 979-994. DOI: 10.1007/s10933-010-9468-7. Silvaplana.
  5. Wilhelm B., Arnaud F., Sabatier P., Crouzet C., Brisset E., Chaumillon E., Disnar J-R, Guiter F., Malet E., Reyss J.-L., Tachikawa K., Bard E., Delannoy J.-J.. 2012. 1400 years of extreme precipitation patterns over the Mediterranean French Alps and possible forcing mechanisms. Quaternary Research, 78, Issue 1, July 2012, pp. 1-12. DOI: 10.1016/j.yqres.2012.03.003.Allos.
  6. Wirth S.B., Gilli A., Simonneau A., Ariztegui D., Vannière B., Glur L., Chapron E., Michel Magny M., Anselmetti F.S.: A 2000 year long seasonal record of floods in the southern European Alps., Geophysical Research Letters, 40, 1-5. 2013. doi:10.1002/grl.50741. Ledro.
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Published inAttualitàClimatologia

2 Comments

  1. donato

    Stamattina, approfittando di una leggera indisposizione, sono andato a leggere l’articolo di Allen et al., 1999 riportato nella bibliografia dell’articolo di F. Zavatti (http://www.nature.com/nature/journal/v400/n6746/full/400740a0.html ).
    Si tratta di una lettera inviata a Nature e mi è sembrato molto interessante. Nell’articolo i proxy di Monticchio vengono confrontati con i proxy dell’Atlantico del nord e delle carote di ghiaccio della Groenlandia (GISP). Secondo gli autori il clima del Mediterraneo centrale, rappresentato da Monticchio, si presenta piuttosto correlato con quello del nord Atlantico, almeno per gli ultimi 65000 anni. Per il periodo precedente la correlazione è meno evidente forse a causa di errori nelle datazioni delle serie stratigrafiche o per cause non ancora chiare.
    Nella fig. 3 di Allen et al., 1999 ho confrontato le temperature del mese più freddo di Monticchio, il grafico delle temperature annuali maggiori di 5°C, il grafico che tiene conto dell’evo-traspirazione, e le temperature desunte dalla carota del mar Ionio con le temperature desunte da GISP 2 e, effettivamente, per gli ultimi 65000 anni la correlazione mi sembra piuttosto forte (avendo effettuato un confronto a colpo d’occhio le mie conclusioni sono qualitative, ma concordano con quelle degli Autori).
    .
    Allen et al., 1999 nella parte conclusiva evidenzia come il bioma sia in grado di reagire con estrema rapidità alle variazioni climatiche ed alle variazioni ambientali in genere. Gli Autori hanno visto, attraverso le variazioni dei dati multi-proxy, che l’ecosistema intorno al lago di Monticchio ha subito variazioni estremamente rapide (anche a scala secolare) e ciò contraddice chi afferma che gli ecosistemi non sarebbero in grado di adattarsi a variazioni climatiche repentine (a scala secolare).
    .
    La stretta correlazione tra i proxy emisferici e quelli del lago di Monticchio, secondo il mio modesto parere, rende ancora più prezioso il lavoro di F. Zavatti in quanto i sedimenti lacustri conservano grandi quantità di informazioni sul clima terrestre a scala regionale e, in molti casi, sono anche più dettagliati di quelli marini e glaciali (nel caso di Monticchio la risoluzione è di circa 250 anni).
    Quando concludiamo, pertanto, che nei multiproxy non troviamo traccia di alcuni cicli astronomici e/o dei cicli solari, le conseguenze logiche sono molto importanti e dobbiamo tenerne conto nelle nostre considerazioni relative all’evoluzione climatica terrestre.
    La mancanza di questi cicli consente di escluderne l’esistenza? Il fatto che essi esistano in altri insiemi di dati non ci consente di rispondere positivamente a questa domanda, ma conferma la complessità del sistema climatico terrestre e, per quello che mi riguarda, non consente di estrapolare in modo automatico i parametri del clima globale alla scala regionale e viceversa.
    Detto in altri termini non esiste un unico clima, ma un clima continentale, un clima mediterraneo, un clima equatoriale e via cantando, interagenti, ma diversi: come era scritto una volta nei libri di geografia.
    Ciao, Donato.

  2. Donato

    Qualche breve riflessione sull’ottimo lavoro di F. Zavatti.
    .
    Analizzando i grafici sembra assodato che le grandezze prese in considerazione non mostrano grosse correlazioni con le armoniche astronomiche individuate da N. Scafetta e che i loro periodi poco hanno a che fare con quelli astronomici.
    .
    Altro aspetto molto interessante è la mancanza del ciclo di 60 anni in quasi tutti gli spettri delle grandezze prese in considerazione. Particolare meraviglia suscita l’assenza di questo periodo nelle ricostruzioni delle temperature del lago Silvaplana e nelle concentrazioni dell’isotopo 18 dell’ossigeno che è anticorrelato alle temperature. La spiegazione fornita dall’Autore circa l’influenza di strutture meteorologiche a scala regionale e/o a mesoscala mi sembra corretta.
    .
    Franco Zavatti nei dataset esaminati, contrariamente ad altri dataset derivati da sedimenti lacustri (di cui mi sono occupato in passato) relativi a laghi della Scandinavia, non ha trovato evidenze significative di correlazione tra i minimi solari e le precipitazioni (correlate allo spessore dei sedimenti lacustri) o, per essere più precisi, tali correlazioni non consentono di esprimere un giudizio definitivo in quanto non sono univoche.
    In questo senso l’influenza delle ciclicità astronomiche sui fenomeni terrestri ne esce piuttosto ridimensionata ed inferiore a quella di forzanti endogene di vario tipo e non del tutto note. Diverso è il caso delle temperature marine nel nord Atlantico (SST) in cui l’influenza dei cicli solari sembra piuttosto evidente.
    .
    Un’ultima curiosità. I dati relativi alla concentrazione di 18Ossigeno nella carota del mar Ionio sembrerebbero dimostrare la non eccezionalità delle temperature moderne rispetto a quelle del lontano passato e di quello più recente. Esse, per quel che mi sembra di capire, risultano in diminuzione nelle ultime migliaia di anni pur in presenza di oscillazioni ad alta frequenza piuttosto evidenti.
    Il clima è veramente un sistema complesso ed è difficile caratterizzarlo con un unico indicatore come confermano i diagrammi relativi alle grandezze del Laco di Monticchio!
    Ciao, Donato.

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