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L’Overshoot Day sul Fatto Quotidiano: Vai avanti tu che a me scappa da ridere

Ebbene sì, ci torno su, anche se mi ero ripromesso di non farlo, perché a volte non c’è niente di più efficace dell’indifferenza. Ma non ho resistito.

Per ‘celebrare’ l’Overshoot Day Il Fatto Quotidiano si pone il quesito se l’uomo sia o meno compatibile con la Terra. Una cosuccia da niente. Certo, si legge, il problema non è banale, servirebbero delle politiche economiche molto stringenti ed efficaci, le uniche in grado di portare verso la panacea di tutti i mali, la decrescita. Però, attenzione, pare che si possa anche far molto singolarmente. Ecco cosa (sic!)

Innanzitutto, possiamo non mettere al mondo figli, o, al massimo uno. Possiamo usare la bicicletta od i mezzi pubblici per gli spostamenti. Possiamo stare al freddo o quasi d’inverno, ed ovviamente non comprare un condizionatore d’estate. Possiamo non mangiare carne. Possiamo prendere in affitto un fazzoletto di terra e fare un orto sinergico. Quando non addirittura scegliere la vita agreste. A livello individuale possiamo indubbiamente fare molto. E se tutti facessero così, sicuramente l’overshoot day slitterebbe o balzerebbe ogni anno in avanti. Chi ha un po’ di sensibilità può agire concretamente. Ma la massa che non avverte alcun problema?

Già, la massa? Quelli che non leggono Il Fatto, per esempio? Potrebbe mai, la massa, fare a meno di questi illuminati suggerimenti dovendo per esempio rinunciare alla comunicazione globale? Chissà se il suggeritore se lo è chiesto…

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Published inAttualità

17 Comments

  1. simone gioppo

    Caro Fabrizio, leggo sempre con piacere i tuoi commenti,dal momento che mi danno spesso l’occasione per approfondimenti e nuove letture. tuttavia,pur provando piacere dal rigore della tua logica, credo che sia proprio quell’incertezza di fondo in merito a ciò che abbiamo a disposizione, che dovrebbe farci procedere cauti nei consumi.mi spiego meglio: l’energia a basso costo è una gran cosa e ci ha fatto arrivare fin qui, ma metterla in un suv da 400cv ,specie con le tragedie che ci sono in giro per il mondo, mi sembra quantomeno infantile.( e Freud potrebbe sicuramente aggiungere qualcosa!).
    detto questo,i più cordiali saluti a te e a tutti coloro che frequentano il blog.di sicuro è fra quelli con minor incidenza di baggianate!

    • Simone, come potrei non essere d’accordo? Ma qui parliamo di cose semplici: tranne casi particolari (persone che vivono in campagne isolate, accessibili su strade problematiche, eccetera) un SUV da 400cv non è realmente utile più di una macchina con il motore più economico; se non per mettersi in mostra, s’intende. Parimenti, se le finestre isolanti mi fanno risparmiare un po’ di gas per il riscaldamento, oppure un po’ di elettronica mi spegne le luci nelle stanze dove non c’è nessuno, è evidente che sono d’accordo: si tratta di fare le stesse cose con meno energia. Aggiungiamoci pure gli sprechi alimentari: sono tra quelli che si accertano di non buttare mai via il pane secco (che si può riusare in mille ricette) e danno qualche testata nel muro quando scoprono di aver fatto scadere qualcosa nel frigo. Fino a qui, è semplice buon senso e stiamo parlando di “minimi sistemi”, comunque in tutti questi accorgimenti certamente riduco i consumi locali. Ho qualche dubbio su quanto può essere l’impatto effettivo di questi comportamenti sull’ecosistema, se qualcuno non mi mostra un modello quantitativo e verificato che fa il calcolo (*); ma almeno la cosa serve moralmente a darsi un limite e a riflettere sul proprio rapporto con le risorse, che poi è il senso del tuo commento, credo. Sicuramente non sono comportamenti che possono fare danno. D’accordissimo.

      Già però quando mi sento dire “risparmiate acqua perché nel mondo scarseggia” inizio a sentire puzza di scemenze. Se vivo in una zona soggetta a carenza idrica, ok, ma non è “il mondo”. Se invece non sono soggetto a carenza idrica, attendo ancora che qualcuno mi spieghi come un litro risparmiato nel tiro di uno sciacquone possa aiutare un bambino che soffre la sete in Africa. Non mi risulta infatti che l’Africa importi acqua dall’Europa, né che i consumi locali incidano sulla distribuzione delle piogge world-wide.

      Come vedi, il discorso è chiaro: quando si passa un certo limite della dimensione del “sistema” che vogliamo controllare, si perde il senso di quello che stiamo facendo (ovviamente, sempre perché manca un modello quantitativo ben sperimentato: se ci fosse – ammesso che si possa fare – cambierei registro). Solo ieri, sul Corriere, leggevo di una presentazione che il CNR farà oggi ad Expo sulla desertificazione che attende il mondo e l’Italia in particolare: questo pochi giorni dopo la “previsione” del mare a Milano. Oppure un tizio americano che denuncia il footprint dell’insalata: ma come, dopo che ce l’avete menato con la carne, ora manco più l’insalata? Capisci che siamo all’assurdo.

      Figuriamoci poi quando si parla di controllo delle nascite, pianificazione pesante dell’economia, interventi radicali sull’agricoltura, cose che coinvolgono alcuni tra i diritti più fondamentali dell’uomo (quando la cosa non si limiti ad una questione di educazione) e possono mandare in rovina interi popoli.

      (*) A proposito della mia “ossessione” per la misurazione delle cose… ti dò uno spunto reale. Io sono ingegnere del software e uno dei problemi della mia professione è l’ottimizzazione, ovvero proprio il far sì che una certa applicazione faccia le stesse cose con meno risorse (tempi, memoria, disco, uso della rete, nel caso dei dispositivi mobili consumo della batteria). Se parliamo di software oggi parliamo di sistemi complessi, non lineari, che fanno diventare matti a volte; comunque dannatamente più semplici di un ecosistema, un sistema economico, del clima terrestre, eccetera. Lo stato dell’arte che dice? Dice che ci sono una serie di piccoli accorgimenti che si possono adottare a priori, perché non fanno danno, proprio come certi accorgimenti della vita quotidiana, ma poi quando si supera un certo livello _ogni previsione è inutile, anzi dannosa nell’economia del progetto_ e si parla di “ottimizzazione prematura”. Ci sono innumerevoli esempi di scenari in cui uno crede di aver fatto delle grandi furbate (che hanno dei costi) le quali, purtroppo, servono a poco o niente. L’approccio corretto è: fuori dai piccoli accorgimenti, progettate il sistema liberamente, poi quando avete un prototipo fatelo girare, _misurate_ con gli appositi strumenti ed intervenite a ragion veduta sui punti problematici indicati dallo strumento. Con il software, che alla fine è un mondo _virtuale_ semplificato, si può fare benissimo. Nel mondo reale, no.

      E mi scuso con Guido e CM tutta se questo commento è venuto fuori così lungo.

    • simone gioppo

      perfetto.era proprio il senso del mio discorso: non essere bambini spreconi, nè fanatici integralisti.
      grazie per la risposta.

  2. “Magari molte volte è così, ma non è matematico. I sistemi complessi non sono regolati da leggi, sono probabilistici e talvolta possono evolvere in maniera del tutto imprevista o singolare, basta un niente. ”

    Ecco, però questa frase si può applicare anche alla considerazione “le risorse non sono infinite”. Non c’è proprio niente di matematico, se la vogliamo riportare alla correttezza formale: ovvio che le risorse non sono infinite, ma non è necessario che siano infinite, perché la popolazione rimarrà sempre finita. Le risorse dovranno essere pertanto finite, seppur in quantità sufficiente. Fatta questa banale considerazione quantitativa, tutto il resto diventa la solita chiacchiera e lasciamo perdere la comunità scientifica, sennò mi vien da ridere. Quello che provò a metterla giù quantitativamente negli anni ’70 fu Ehrlich e fece previsioni per il 2000 talmente ridicole che bisognerebbe dargli una pacca sulla spalla e dirgli: senti, fesso, approfitta della tua età e goditi la pensione (evidentemente rubata, ma pazienza). In mancanza di un qualsiasi decente straccio di modello in grado di fare previsioni su risorse e popolazione, per favore, evitate di parlare di scienza. Sono opinioni e basta. Quando qualcuno sarà in grado di fare previsioni decenti ne riparleremo.

    PS Considerazione a latere: mi risulta che gli eventi che hanno fatto più danni e morti sono state le due Guerre Mondiali, quelle sì causate dall’uomo e non c’entrava nessun fenomeno naturale. Previste da… quale scienziato?

  3. Maurizio Zuccherini

    “..non fare più di un figlio…”…..forse sarebbe bene inviare una copia del Fatto alla famiglia Kyenge, magari ad ognuno dei suoi 38 fratelli….

  4. EnzoR

    Forse al Sig. Luca è sfuggita qualche informazione a riguardo del mese di luglio, a detta dell’ente statunitense il più caldo di sempre. Il luglio 2015 è risultato il più caldo per i dati Noaa (rilevamento in superficie) ma non per i dati satellitari UAH e RSS che risultano molto al di sotto di tale affermazione.
    Ora sappiamo che i dati con rilevamento da satellite sono di gran lunga più precisi che i rilevamenti presi in superficie, questo per vari motivi, isole di calore, centraline guaste o usurate, dismissione delle stesse o addirittura mancanza di copertura.
    Quindi in definitiva, perché dovremmo credere più ai dati Noaa che ai dati UAH-RSS, e di conseguenza credere che il mese di luglio 2015 sia risultato il più caldo?

  5. Fabio Vomiero

    Il dibattito si è fatto interessante. Personalmente sono pienamente d’accordo con la riflessione di Francesco T semplicemente perché è una riflessione di buon senso, logica, coerente e oltretutto condivisa dalla maggior parte degli scienziati e della comunità scientifica. A mio avviso non si può dimostrare che questa posizione non sia realistica, purtroppo, e in questo senso credo non possano ritenersi sufficienti nemmeno i confortanti elementi riportati dal sempre preciso e interessante prof.Mariani. Maggiolini poi riporta Lomborg, qualcuno potrebbe riportare Ridley, ma chi sono costoro, le metanalisi delle migliori conoscenze scientifiche specialistiche disponibili? Io ho letto entrambi questi libri e devo dire che mi sono rimaste dentro molte perplessità. Una su tutte il fatto di guardare al passato per scongiurare i pericoli del futuro. Magari molte volte è così, ma non è matematico. I sistemi complessi non sono regolati da leggi, sono probabilistici e talvolta possono evolvere in maniera del tutto imprevista o singolare, basta un niente. Il pensare come Francesco T non è ambientalismo, non c’entra niente con l’ideologia o con i quadretti catastrofisti disegnati da incompetenti scientifici tipo l’avvocato riportato da Guidi, autore dell’articolo sul fatto quotidiano. Qui si tratta di scienza e pensiero scientifico, ed è soltanto lì che dobbiamo guardare, pur consapevoli dei limiti metodologici DICHIARATI, purtroppo non abbiamo molte alternative, mi pare. Essere preoccupati per l’impatto antropico sul pianeta terra, nelle sue mille sfaccettature, è del tutto lecito e logico a mio avviso, basta guardarsi attorno con attenzione per riuscire a percepire le decine e decine di possibili fonti di rischio per la salute umana ad esempio, io stesso feci una tesi di laurea su un importante rischio tossicologico, già vent’anni fa. Ci troviamo di fronte a sfide ecologiche e socio-politiche epocali, io penso che in generale non possiamo permetterci di essere superficiali e antiscientifici. E questo non significa non riconoscere che grazie alla tecnologia e allo sfruttamento dell’ambiente (non solo in senso negativo) siamo arrivati a condizioni di benessere (almeno per i paesi sviluppati) mai conosciute prima, o necessariamente proporre modelli di sviluppo inverosimili tipo “Mulino Bianco”. Ma le cose cambiano ed evolvono continuamente, “panta rei”, ricordava Guidi qualche giorno fa, forse Eraclito inconsapevolmente aveva già capito la dinamica dei sistemi complessi 2500 anni fa. Questo però implica che anche le società devono essere pronte a cambiare di conseguenza. Personalmente ritengo sia più utile consultare un buon testo universitario di ecologia per analizzare e riflettere su concetti tipo ecosistema, capacità portante, fattore limitante, cooperazione e competizione, principio di Alee, e molto altro, e ampliare le letture considerando il punto di vista di molti altri scienziati-ecologi, prima di prendere per oro colato le prospettive soggettive e scientificamente opinabili suggerite da un Lomborg o da un Ridley. Saluto sempre cordialmente.

  6. Io rispondo con la mia risposta standard per i (neo)malthusiani: la strategia più efficace è il suicidio. Iniziate voi a dare l’esempio.

  7. Luca

    Bravo Francesco T.
    Però forse non sai che gli amici di questo Blog ritengono che dobbiamo stare al passo con la Cina, l’India e gli States, e quindi abbiamo licenza di disporre del mondo e delle sue limitate risorse tanto quanto loro, a nostro esclusivo piacimento. Le questioni ecologiche e ambientaliste sono nulla di più che un ingiustificato fastidio per il colonnello e i suoi estimatori.
    Ah, naturalmente, sempre a sentire loro, il mondo da una quindicina d’anni non si sta assolutamente scaldando, pertanto notizie come queste sarebbero totalmente campate per aria:

    http://www.meteogiornale.it/notizia/39661-1-luglio-2015-il-piu-caldo-di-sempre-a-livello-globale-noaa

    E poi ci si chiede perché la gente non si converte col capo cosparso di cenere ai negazionisti (e ai petrolieri, alle multinazionali, ecc…)

    • Luca, è curioso, qui ognuno parla per se, motiva le proprie opinioni e le discute con gli altri. Tu invece parli per tutti.
      gg

    • Paolo da Genova

      Se l’Italia non sta al passo col resto del mondo, perderemo tutti il lavoro, perderemo la casa, ci ridurremo a vivere di stenti o a emigrare. Ovvio che le questioni ambientali hanno la loro importanza, ma si è disposti a riconoscergliela solo quando non si hanno problemi più urgenti. Finché in Italia si moriva per carestie e pestilenze, nessuno ha mai pensato che l’ambiente andasse difeso. Durante la seconda guerra mondiale, nessuno si preoccupava che la temperatura globale fosse (come era) in aumento.

      Nel 2013 in vacanza, al pozzo di San Patrizio a Orvieto (scavato nel 1500 per dare acqua alla cittadella di Orvieto), fotografai la lapide che i costruttori del pozzo posero a coronamento dell’opera. Recita così: “Quod natura munimento inviderat, industria adiecit”, ovvero “Quanto la natura negava alla fortezza, l’operosità umana ha aggiunto”. Per i costruttori del pozzo, la natura era talvolta “avara” e l’operosità umana (l’industria) “buona”, che praticamente è l’opposto della mentalità di certo ambientalismo moderno, per cui sempre “buona” è la natura e sempre quanto meno “sospetta” l’attività umana.

      Detto questo, capisco però che questo sedicente ambientalismo, che pure non condivido, ha ragioni profonde e profondamente umane. Quando scavarono il pozzo di San Patrizio, la gente sapeva perché viveva, nel senso che aveva fiducia che la propria vita avesse senso. Potevi anche non contare nulla, morire di fame, essere solo e disprezzato, ma c’era un Padre in Cielo che ti amava, per cui eri importante, che aveva dato la vita per te. Potevi pure essere malato, rovinato, carcerato, subire le peggiori ingiustizie, ma era tutto temporaneo, perché sarebbe venuto il Giorno in cui tutti i conti sarebbero stati pareggiati. In pratica la tua vita aveva senso comunque, indipendentemente dalle circostanze. Oggi di tutto questo resta molto poco, tuttavia l’uomo è rimasto lo stesso, e non può rassegnarsi a vivere una vita senza un senso, uno scopo. Non credendo più nell’Aldilà, ci siamo quindi concentrati sull’Aldiquà, e il senso della vita è diventato “senso della storia”, che in anni diversi ha assunto forme diverse: la Rivoluzione, la Patria, il Partito, il Mercato, l’Ambiente, l’Individuo, ecc.

  8. simone gioppo

    beh,certo gli inviti come quello a stare con le stufe spente d’inverno sono palesemente risibili,però concordo con Francesco: a guardare il modello economico che oggi impera nel mondo non viene da ben sperare per il futuro.l’uomo dovrebbe entrare nella fase della reale maturità scientifica,ovvero usare con consapevolezza ciò che ha conquistato e imparato.e invece sentiamo ancora cose che nella migliore delle ipotesi sono semplicemente sciocche.sentiamo che il clima ci ucciderà tutti, sentiamo che dei nostri simili vanno bombardati solo perchè sono su un barcone,e tante altre che chi vuole poi conosce già.
    forse aveva ragione krishnamurti: “man is still as it was.it’s still brutal,violent,aggressive,acquisitive,competitive, and he’s built a society along these lines.”

  9. Luca Maggiolini

    Francesco T, il problema è il solito, e cioè che si parte sempre dal concetto che i beni di cui godiamo siano un “dato”. Il pensiero malthusiano ha fatto più danni di tante tremende guerre e pestilenze.
    Il cibo non è un dato, l’energia disponibile non è un dato. Il cibo, come tutto quanto serve all’uomo moderno, viene da lui creato trasformando altre cose (acqua, minerali, terreno, sole) in cibo. Leggiti il libro “L’ambientalista scettico” di Bjorn Lomborg e scoprirai che il “mondo” non è affatto al collasso. Ahimè, quanti profeti di sventura!!!! Per certi soloni già nel 1975 o giù di lì avremmo dovuto finire: petrolio, gas, oro, zinco, rame, cromo, cibo. Son passati 40 anni e siamo ancora qui vivi e vegeti….
    Per tacere di questi personaggi scribacchini da quattro soldi, con tre telefonini, due tablet, un paio di auto, che usano solo la TAV, gli aerei (in business magari, tassativo no low-cost), un bel phon da 4 kW, un climatizzatore a manetta: comincino loro a vivere con quanto offre naturalmente il deserto di Atacama.

  10. Francesco T

    Però un minimo di riflessione su se stiamo vivendo al di sopra delle nostre possibilità la farei.

    L’homo sapiens sapiens ha circa 100/150.000 anni, eppure in una minima frazione di questo tempo le risorse del nostro pianeta sono state oggettivamente messe a dura prova ed è in atto un esplosione demografica che pare inarrestabile.
    Ora, pur volendo ottimizzare al massimo il territorio, le risorse etc. per quanto si potranno sostenere tali ritmi di crescita o meglio di consumo? 100 anni 200 anni forse 1000, ma pur sempre una frazione minima del tempo che si spera l’umanità sia destinata a durare. Tanto più che viviamo in un’epoca nella quale pare che l’economia non riesca ad andare bene se non si cresce all’infinito.
    Certo non è un problema della nostra generazione, di quella dei nostri figli o nipoti, ma verrà il tempo in cui qualcuno dovrà pur prendere atto che le risorse non sono infinite. Perchè non iniziare sin da ora?

    PS: complimenti per il blog, davvero interessante e scientificamente esaustivo. Complimenti anche per le trasmissioni meteo in tv, peccato che mamma rai dedichi poco spazio del suo palinsesto alle rubriche meteo ..

    • Luigi Mariani

      Gentile Francesco T, sono pienamente d’accordo con lei sul fatto che occorra prendere atto della limitatezza delle risorse. E’ che la presa d’atto non dovrebbe essere declinata in salsa catastrofica ignorando gli enormi progressi in termini di razionalizzazione dell’impiego delle risorse che la tecnologia odierna ci consente e che sono stati compiuti in questi decenni.
      Un esempio per tutti riferito alla zootecnia: secondo un recente lavoro di Capper (2008) l’impatto ambientale legato alla produzione di un litro di latte si è ridotto ad 1/3 dal 1937 ad oggi; inoltre quasi tutto l’incremento mondiale nel numero di capi è oggi osservabile per i suini e gli avi-cunicoli, che sono poi le specie con indici di conversione degli alimenti in carne più favorevoli).
      A mio avviso la presa d’atto di questi progressi è il necessario presupposto per indirizzare gli sforzi futuri nella giusta direzione.

  11. Luigi Mariani

    Caro Guido,
    nel “paradiso terrestre” di 10 mila anni orsono (prima che giungessero l’agricoltura e l’allevamento a “distruggere” l’ecosistema) il territorio della Gran Bretagna poteva sostenere una popolazione di poche decine di migliaia cacciatori-raccoglitori perennemente affamati, che praticavano l’infanticidio nonché il cannibalismo per ragioni di sopravvivenza. Oggi invece lo stesso territorio è in grado di sostenere una ben pasciuta popolazione di 60 milioni di individui. Dall’esempio (che cito a memoria da un libro di Luca Cavalli Sforza) emerge con chiarezza la sostenibilità ambientale è un concetto relativo. Penso anche che se l’obiettivo di alcuni individui o gruppi è quello di restaurare il “paradiso terrestre” di cui sopra, la cosa migliore che possono fare è quella di iniziare a sperimentarlo su se stessi ritirandosi in qualche giungla remota a vivere di caccia e raccolta.
    Per quanto mi riguarda invece, fintanto che la legge non me lo impedirà, gradirei trascorrere i miei giorni in una società evoluta i cui livelli di benessere sono fondati su tecnologie evolute nei settori della medicina, dell’agricoltura, dell’industria, del commercio, ecc.
    Luigi

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