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Bandiere al vento

Danni da disfacimento climatico, il vento cambia in continuazione. C’è però chi riesce a seguirlo sempre. Pratica, questa della banderuola, che alcuni portano in dono come un gene. Ricordate Lord Stern, l’autore del report sugli impatti sul PIL globale dei cambiamenti climatici? Quello che ha di fatto spalancato le porte dei salotti buoni della finanza e della politica al tema del riscaldamento globale?

Beh, per rafforzare la sua convinzione che l’impatto di cui sopra sarebbe devastante (50 punti di GWP), qualche tempo fa diceva che l’occidente avrebbe dovuto dimenticarsi della crescita se aveva davvero intenzione di contrastare il disfacimento climatico.

Ora no, ora è diverso. Lord Stern fa sapere che quella di mettere la crescita economica e l’azione per il clima in contrapposizione è una tattica diversiva per minare il buon esito dei negoziati per la Conferenza di Parigi.

Per la proprietà transitiva, stando alle sue precedenti dichiarazioni, sarebbe lui stesso ad averli minati. Il Guardian, che porta sempre alto il vessillo del movimento salva-pianeta, per non sbagliare mette tutte e due le ‘dicotomiche’ uscite del noto economista sulla stessa pagina.

Aaahhh, questi software per la scelta automatica degli articoli correlati a volte fanno delle vere e proprie magie.

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Published inAttualità

2 Comments

  1. Donato

    Quindi: contrordine compagni, dobbiamo crescere; abbasso la decrescita.
    Chissà cosa diranno i nostri ideologi della decrescita felice?
    .
    Ad onor del vero, mi è sembrato di capire che quando Stern parla di crescita fa riferimento ad una crescita a bassa emissione di carbonio, fondata, cioè, su attività che producano poche emissioni di carbonio.
    Questo fatto per me è, però, fonte di notevoli perplessità. Sarei felice se qualcuno mi spiegasse come si fa a crescere senza emissioni di carbonio. Qualcuno mi dirà che ciò è possibile implementando sistemi di produzione energetica a bassa emissione come centrali a biomasse, solari, eoliche e via cantando. A costoro rispondo che si tratta di attività costose ed intermittenti (almeno le ultime due) che manderebbero a farsi benedire ogni ipotesi di crescita (come stiamo sperimentando in Italia, per esempio).
    Si potrebbe optare per il nucleare, ma questa parola non è politicamente corretta per cui non se ne può fare nulla.
    Detto in altri termini o crescita con emissioni in quanto basata su combustibili fossili a basso costo (vedi prezzo attuale del petrolio, per esempio) o decrescita: bere o affogare, non c’è via di mezzo. Il resto sono solo favole.
    .
    Leggendo l’articolo mi sono ricordato di aver fatto una previsione circa gli esiti della COP di Parigi: prevedevo un ennesimo nulla di fatto.
    Il discorso di Stern e la posizione di alcuni paesi (vedi la Polonia, per esempio, ma anche Canada ed Australia, a quanto ne so) mi fanno capire che le probabilità di riuscita della mia previsione sono in netto aumento.
    E che dire della posizione del presidente Obama a favore delle trivellazioni nell’Artico?
    http://www.theguardian.com/environment/2015/aug/29/obama-arctic-drilling-alaska-trip-climate-change
    Quante banderuole all’orizzonte!
    Ciao, Donato.

    • Filippo Turturici

      “Chissà cosa diranno i nostri ideologi della decrescita felice?” Tranquillo, i mantra malthusiani non muiono mai, nonostante 200 anni di legnate sui denti (a essere gentili) sulla crescita demografica, tecnologica, economica e sociale globale (e sottolineo globale: cioè nonostante alcuni disastri locali, spesso nei paesi socialisti). Semplicemente hanno aggiunto al loro carnet il disfacimento climatico, o come vorranno chiamarlo. Siccome poi sono più realisti del re, tireranno dritto senza revisionare dati e congetture: basti pensare che sono appunto 200 anni che giudicano il mondo sovrappopolato e l’agricoltura insufficiente a sfamarci (e invece siamo aumentati…da 1miliardo a 7miliardi?)

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