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La (dis)informazione scientifica

Sfogliando le pagine dell’ANSA  mi sono imbattuto in un lancio in cui si annunciava che la velocità di variazione  livello del mare è aumentata e che molte città costiere sono a rischio allagamento: 150 milioni di persone rischiano di finire sott’acqua!

Poiché la variazione del trend di aumento del livello dei mari mi ha sempre appassionato, ho cercato di capire di che cosa si trattasse. Ho letto l’articolo e mi sono reso conto che ci si riferiva ad una nota dell’ufficio stampa della NASA con cui si pubblicizzava una teleconferenza di alcuni scienziati facenti parte di un gruppo di ricerca di recente costituzione: Sea Level Change Team.

Nella nota uno dei membri del gruppo di ricerca ci informava che il livello medio del mare negli ultimi 23 anni è cresciuto di ben 8 cm. Un rapido calcolo mi ha consentito di appurare che il trend di variazione del livello del mare è di circa 3,4 mm per anno per cui mi sono incuriosito ancora di più: si tratta di un numero noto, anzi arcinoto e reperibile in moltissime pubblicazioni scientifiche anche piuttosto datate. Sempre nella nota della NASA ripresa dall’ANSA si parla di aumento della velocità di variazione del livello medio dei mari sulla base dei dati di GRACE e si cita l’ultimo report IPCC che fissa il probabile aumento del livello medio dei mari al 2100 in un valore compreso tra i 30 ed i 90 cm. Secondo il dott. S. Nerem, membro del  Sea Level Change Team e noto ricercatore dell’evoluzione del livello del mare, sulla base dei suoi studi l’aumento del livello medio del mare sarà molto vicino ai 90 cm, per cui si dovrebbe collocare nella parte alta della fascia individuata dall’IPCC.

Ho fatto alcuni altri conti e ho visto che se il livello medio del mare aumentasse con il rateo attuale in 85 anni dovrebbe aumentare di soli 29 cm circa e, quindi, vicino alla parte inferiore della forchetta individuata da IPCC. Poffarbacco, mi sono detto, qui c’è qualcosa che non va. E difatti nel comunicato stampa della NASA le cose sono un po’ diverse da quelle del lancio dell’ANSA: il trend di variazione del livello medio del mare, nel futuro, aumenterà e, quindi, sarà maggiore di 3,4 mm per anno. Perché aumenterà? Ovvio: i mari saranno più caldi e quindi il  contributo sterico aumenterà così come quello connesso alla fusione delle calotte glaciali terrestri.

Ho tirato un grosso sospiro di sollievo: niente di nuovo sotto il sole, tutta roba vecchia riciclata come nuova, forse in vista di Parigi 2015. Detto in altri termini non esiste nessun nuovo lavoro scientifico su cui le previsioni del dr. Nerem siano basate.

La metodologia utilizzata da Nerem e colleghi è quella illustrata in un articolo del 2010 (Nerem, R.S., D. Chambers, C. Choe e G.T. Mitchum “Estimating Mean Sea Level Change from the TOPEX and Jason Altimeter Missions.” Marine Geodesy 33, no. 1 supp. 1 (2010): 435). I dati aggiornati sono consegnati nel diagramma seguente, liberamente consultabile sul sito del gruppo di ricerca presso l’Università di Boulder, Colorado.

Fig_1

Sempre nel comunicato stampa della NASA si legge che la velocità di variazione del livello del mare  registrata negli ultimi ventitré anni è la più alta registrata negli ultimi cinquant’anni. Una breve ricerca in rete mi ha consentito di verificare che ciò è vero, ma è anche vero che la velocità odierna è del tutto identica a quella di 80 anni fa.

Fig_2
fonte

Potrebbe trattarsi, però, di un fatto comunque preoccupante in quanto il livello del mare crescerebbe a velocità maggiore di quella fatta registrare nel passato più lontano. Anche questo è un timore infondato.

Fig_3
fonte

Negli ultimi 4000 anni il trend di variazione del livello del mare è del tutto confrontabile con quello odierno.

Ciò che però deve farci riflettere è il tasso di variazione che dovrebbe avere il livello medio del mare per poter raggiungere i valori paventati da Nerem: da ora in avanti dovrebbe variare in modo esponenziale.

Fig_4

fonte

Onestamente mi sembra una cosa poco probabile. Eppure i mezzi di comunicazione di massa (non solo ANSA, ma tutti hanno titolato in modo simile) non ci sono andati molto per il sottile: il livello del mare varia con velocità maggiore rispetto al passato e nel 2100 il livello medio del mare aumenterà di circa un metro sommergendo 150 milioni di persone. Questo è il messaggio che è passato. Ciò è quello che resterà nella mente delle persone.

Il resto? Bisogna essere dei patiti come me per andare a vedere ciò che realmente bolle in pentola e non credo che il lettore medio lo farà.

Ultima chicca presa direttamente dal comunicato stampa della NASA (assente nel lancio ANSA):

Dato quello che sappiamo ora di come l’oceano si espande quando si riscalda e come calotte di ghiaccio e ghiacciai stanno aggiungendo acqua ai mari, è abbastanza certo che l’innalzamento del livello del mare sarà di almeno 3 piedi, e probabilmente di più. Ma noi non sappiamo se accadrà tra un secolo o un po’ più in la…

Parola di Steve Nerem della University of Colorado, Boulder.

Detto in altri termini il livello del mare aumenterà più del previsto, ma non sappiamo quando ciò accadrà. Io avrei detto che temiamo, ma non ne siamo certi, che aumenterà più del previsto e non sappiamo quando accadrà. Detto così, però, non provoca paura, apprensione, interesse, quindi non serve a niente.

Aspetto le vostre opinioni circa la fondatezza del titolo del post ;-).

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Published inAttualità

21 Comments

  1. Donato

    Giulio, nella tua ultima replica hai toccato una lunga serie di problematiche di cui qui su CM ci occupiamo da anni. Si tratta di argomenti estremamente interessanti e per ognuno dei quali ci vorrebbe un post e svariati commenti.
    .
    Per evitare di appesantire troppo la discussione, mi limiterò a tre punti:
    – chiusura delle filiere;
    – energia;
    – interazione uomo-ambiente con particolare riferimento alle altre specie.
    .
    La chiusura delle filiere determina, in via teorica, consumo nullo delle risorse in quanto si ricicla tutto. Tu fai l’esempio degli atomi che costituiscono l’Universo e che sono sempre gli stessi: nulla in contrario, ma non credo che la stessa cosa possa essere trasposta tal quale nel nostro mondo. Riciclare costa in termini energetici. Tu hai giustamente stilato una classifica di organismi viventi in base alla loro efficienza energetica e, giustamente, hai scritto che gli organismi animali sono i meno efficienti. In questa scala noi umani siamo certamente i meno efficienti per cui avremo sempre bisogno di energia per poter riciclare: senza energia non ricicleremo niente e sopratutto senza energia a basso costo. Checché se ne dica l’unica energia a basso costo oggi esistente è quella di origine fossile: le altre, per adesso, sono tutte più costose.
    .
    E con questo siamo piombati a pie’ pari sul secondo punto. L’energia da fusione o quella nucleare basata su reattori al torio potrebbero rappresentare la soluzione per ottenere energia a basso costo e, quindi, risolvere tutti i nostri problemi. Si tratta, però, di soluzioni scarsamente praticabili. Nel caso delle centrali nucleari a reattori al torio vi è la fobia verso tutto ciò che è nucleare per cui c’è poco da stare allegri: per ora non se ne farà niente e solo ed esclusivamente per deprecabili ragioni ideologiche. L’energia da fusione mi sa tanto che è ancora futuribile, per usare un eufemismo. Il reattore in corso di costruzione in Francia (con ritardi sui tempi di marcia di tipo italico 🙂 ) è solo un reattore sperimentale che non produrrà un solo watt di energia commercializzabile: non credo che nel tempo che mi resta da vivere (sulla base della mia aspettativa di vita, ovviamente) vedrò decollare questa tecnologia.
    Non ci resta che puntare sull’efficienza energetica di edifici, veicoli e reti di distribuzione. L’unico problema è che quest’efficienza energetica è molto costosa e solo una piccola fascia della popolazione può permettersela. Le fonti rinnovabili, come tu scrivi, sono anch’esse molto costose in termini di implementazione, gestione e smaltimento.
    Ci troviamo in mezzo al classico guado: ciò che abbiamo non è più sostenibile, ma all’orizzonte non si intravedono alternative economicamente valide. E siamo tornati alla parola che manda tutto all’aria: economicamente (valide). Nel mondo di oggi e credo anche in quello di domani (mi scuserai, ma sono piuttosto pessimista) l’economicità delle soluzioni sarà sempre l’elemento discriminante, ciò che indirizza e indirizzerà le scelte dei molti. In questo mondo va avanti solo ciò che conviene di più, per il resto non c’è spazio. Non è etico, ma funziona così, anche se non ci piace. E’ un fatto antropologico, non c’è nulla da fare.
    .
    E con questo passiamo al terzo punto (sono tutti strettamente connessi, perciò li ho scelti). L’uomo ecologicamente è un animale predatore ed opportunista che cerca di occupare tutto lo spazio a disposizione a spese delle altre specie viventi. Non è giusto, non è etico, ma è così. Anche gli altri animali, e non solo, fanno la stessa cosa, con la differenza che quando scarseggia il cibo cominciano a morire e si ristabilisce l’equilibrio. Noi abbiamo le appendici tecnologiche che ci consentono di superare le crisi.
    Solo nel mondo ricco siamo riusciti ad elaborare un modello socio-culturale che si preoccupa di salvaguardare il mondo, il giardino in cui viviamo. L’unica speranza per il genere umano è raggiungere ovunque un livello socio-culturale tale da consentirgli di preoccuparsi anche degli altri.
    .
    E con questo il cerchio si chiude. Senza energia a basso costo non può esserci sviluppo e crescita socio-culturale; senza crescita socio culturale non ci può essere cura per gli altri (della stessa e di altre specie) e per la casa comune e senza questa consapevolezza non si possono ricercare fonti di energia a basso costo ed abbondanti.
    Io la vedo così, il resto mi sembra un poco utopico. Forse sbaglio, mi auguro di sbagliare, spero di sbagliare, ma fino ad oggi non vedo prove di questi mie errori.
    E se non mi sbagliassi? A meno di rivoluzionarie scoperte scientifico-tecnologiche in grado di soddisfare le nostre esigenze di sviluppo ci scanneremo, ci autodistruggeremo e non ci sarà ubriacatura climatica capace di impedirlo. Nichilismo? Forse, ma più probabilmente pragmatismo.
    Ciao, Donato.

  2. @GMP So bene che la durata media della vita non dipende solo dall’alimentazione. Infatti, quella cinese è ancora inferiore agli standard europei (anche nelle città più ricche credo non si arrivi agli 80 anni), le quali poi probabilmente creano altri problemi come l’inquinamento, che agiscono in senso contrario). Ma all’inverso potrei dire che anche se si mette un sistema sanitario come quello occidentale, lasciando alimentazione scarsa, la durata della vita non sale tanto.

    “con pari soldi, un vegano possa disporre di più cibo e più vario di un onnivoro. ”

    Questo è un controsenso logico. 🙂 Come onnivoro posso scegliere di mangiare tutto quello che mangia un vegano e un vegetariano (il tofu scelgo di lasciarvelo, per generosità) e in più posso mangiare altro.

    Sulla questione delle piramidi insostenibili lascio rispondere chi qui su CM ne sa più di me. Io mi limito a dire che la storia delle piramidi insostenibili è vecchia e secondo le prime versioni già avremmo dovuto cozzare contro un muro. Ma per ora non è successo: per convincermi, quindi, chi predica da quella campana deve dotarsi di un extra per essere convincente…

  3. Giulio Mario Palenzona

    >
    > Giulio
    > Mario Palenzona, molte volte non sai come regolarti: in un’occasione
    > rispondendo ad un commento di un lettore in seconda persona, fui ripreso
    > perché eccedevo in confidenza, un’altra volta fui redarguito in quanto
    > sottovalutavo chi mi trovavo di fronte: da allora ci vado un poco cauto,
    > ma rimedio subito! 🙂
    bene !
    > .
    > Partiamo dalla responsabilità degli esseri umani nel cambiamento climatico.
    >
    > Tutto lo staff di Realclimate, per esempio, sostiene la natura antropica
    > del riscaldamento globale e parliamo di fior di ricercatori.
    >
    > Buona parte dei frequentatori del blog WUWT propende per l’origine
    > naturale del cambiamento climatico attuale. Personalmente concordo con
    > il prof N. Scafetta che attribuisce il 50% del cambiamento climatico
    > alla Natura e la restante parte all’uomo. Non è estranea a questa mia
    > convinzione la posizione di altri scienziati e, in particolare, quella
    > esposta in un lavoro scientifico del 2014 a firma di Macias et al. di
    > cui fornirò il link nei prossimi paragrafi.
    >
    > .
    >
    > In merito alle influenze del Sole sul clima terrestre molti sono i
    > lavori che lo sostengono e molti quelli che non attribuiscono ad esso
    > alcuna importanza.

    sto provando a leggere qualcosa dei numerosi link che hai dato, purtroppo non ho
    competenza specifica che mi consenta di farmi un parere personale al riguardo.
    Prendo solo atto che non c’è consenso unanime verso alcuna delle posizioni.

    >
    > Per restare in Italia il dr. A. Pasini, ricercatore del CNR di Roma che
    > si occupa di climatologia, ha applicato, con alcuni colleghi, la
    > causalità di Granger al record delle temperature globali, ed ha
    > individuato nella variabilità naturale (TSI, in particolare) la
    > responsabile delle variazioni climatiche fino agli anni ’50 del secolo
    > scorso ed ai gas serra quelle successive. (http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/asl.365/abstract)
    >
    > Altri ricercatori che vedono nella irradianza solare totale uno dei
    > driver del cambiamento climatico sono Humlum, Solheim ed altri (http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1364682612000417)
    >
    > Altri ancora reputano le temperature terrestri determinate dall’attività
    > solare modulata da cause astronomiche. Il dr. Scafetta, per esempio ne è
    > convinto
    > http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0378437114005226
    >
    > mentre altri, come il dr. Gil-Alana, lo rifiutano in toto http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0378437113010157 .
    >
    > E questi sono solo alcuni dei lavori che si occupano di Sole e clima terrestre.
    >
    > E tralascio tutti i lavori che ha pubblicato Svensmark sui raggi cosmici e la nucleazione delle nubi.

    beh, su questo punto, cmq, il problema antropico torna ad essere imho assolutamente preminente,
    perché tramite centrali termiche (specie a carbone e a olio pesante) immettiamo un particolato sottile
    notevolmente leggero che interferisce probabilmente in maniera imponente.
    La nucleazione è nuovamente un processo di tipo “cinetico” (in senso chimico-fisico) e non governato
    dalle sole variabili termodinamiche (come T, P, umidità relativa). Se interferisse in senso negativo
    (come pare) sulla nucleazione, siccome l’evaporazione tanta è e tale rimane, implicherebbe solo una
    sfavorevole redistribuzione delle precipitazioni, che verrebbero rallentate sulle aree antropizzate
    (laddove le calotte brune stagnano, come sopra il sud est asiatico e, meno che in passato, sulla mitteleuropa)
    e di conseguenza si incrementerebbero sugli oceani. Molta acqua dolce faticosamente distillata potrebbe
    ricadere “inutilmente” in mare.

    > Come vedi molto bolle in pentola. Non sono del tutto d’accordo
    > sull’esclusiva influenza sul clima terrestre della biosfera in quanto
    non ho mica sostenuto l’univocità, né in un senso né nell’altro, semplicemente un forte e mutuo legame.
    Forte più nella direzione che l’influsso è clima -> vita, ma presente anche quello inverso vita -> clima
    (perché appunto ogni “reazione” ha carattere dissipativo e smorzante, visto che tende ad assorbire la
    causa scatenante. Per dire, una sorta di legge di Lenz generalizzata, col suo bravo segno meno (o
    se preferisci, di Le Chatelier)

    > esistono dinamiche naturali diverse collegate alla distribuzione delle
    > masse atmosferiche quantificata da indici come NAO, AMO, PDO ecc. che
    non li conosco, cercherò su WIKI qualcosa a riguardo

    > modulano gli andamenti delle temperature terrestri contribuendo a quelle
    > oscillazioni ad alta frequenza di cui parlavo nel precedente commento e
    > si innestano su di un trend lineare (o variabile, ma di periodo
    > secolare o millenario). Molto interessante mi è sembrato, in proposito,
    > il lavoro di Macias et al., 2014
    > http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0107222#s2
    >
    > che analizza le variazioni di temperatura ad alta e media frequenza da
    > un punto di vista “naturalistico” e quindi a prescindere dal contributo
    > antropico.

    non l’ho ancora letto, provvederò appena ho tempo

    > Sul problema del Pliocenico avrò modo di parlare in un prossimo post in
    > cui ti dimostrerò che non ci troviamo di fronte ad un equilibrio
    > instabile o ad una fase transitoria.
    >
    > .
    >
    > Mi preme, ora, per rispondere alla critica con cui hai chiuso la tua
    > replica, svolgere delle considerazioni circa le soluzioni da adottare
    > per risolvere le problematiche analizzate.
    >
    > Il nostro pianeta è un luogo finito con risorse finite: prima o poi
    > finiranno.

    questo non è vero in assoluto, ma soltanto se accettiamo come dogmatiche alcune premesse
    (peraltro nostre esclusive ed estranee alla vita) su cui abbiamo fondato il nostro modello
    industriale basato sul consumo irreversibile e sulle esternalizzazioni dei rifiuti.
    Sono 3 miliardi di anni che la vita non procede in questo modo. La vita è sostenibile perché
    è interamente basata su FILIERE CHIUSE, dove ogni scarto non è mai un rifiuto definitivo
    ma parte di un ciclo chiuso, a stretto o largo giro.
    Ebbene la nostra crescita del nostro millennio a venire dovrà adeguarsi a quest’unica ispirazione :
    chiudere tutte le nostre filiere.
    Chimicamente gli stessi atomi, figli di supernova, girano e rigirano. Abbiamo inventato noi umani
    il falso problema del consumo e dell’esaurimento, e abbiamo inventato anche il concetto di
    rifiuto terminale. Dobbiamo fare dietrofront e imparare a sigillare le nostre filiere produttive e
    a rendere circolare il ciclo di vita di ogni materiale che usiamo. E’ un lavoro grosso che comporta
    la ristrutturazione di molti processi produttivi, distributivi e di conferimento finale. Ma è la sola
    e unica chance di tirare avanti in questa unica palla terracquea

    > Premesso che non credo che leggi e regolamenti possano
    > imbrigliare la corsa verso condizioni di benessere maggiori da parte del
    > genere umano nel suo complesso (la storia ce lo dimostra), né che
    > politiche di controllo delle nascite possano essere efficaci (il
    > fallimento dell’esperimento cinese ne è la prova),
    uhm, lo definirei un successo brillante in verità, nonostante chiaroscuri meno evidenti (tra cui
    la pratica nelle campagne ancora non soppressa di annegare le bambine femmine).
    La popolazione cinese ha smesso di esplodere ben prima che nel resto dell’asia, e hanno avuto
    un cinque lustri di crescita media praticamente a due cifre, prima che si arrivasse a un plateau.
    L’India, paese per certi versi comparabile (almeno in senso demografico) ha invece accumulato
    un ritardo di almeno trent’anni.
    Ora non voglio attribuire questo prodigioso sviluppo ESCLUSIVAMENTE alle misure demografiche,
    le variabili sono molte. Ma ecco, prima di ricondurre il “fallimento” a una certa causa, volevo
    sottolineare che imho neppure esiste il fallimento, e quindi è aleatorio spiegarlo

    > concordo con te che
    > il progresso e la cultura possono riuscire dove le leggi e le
    > imposizioni falliscono.
    anche la deregulation spesso fallisce. Le varie crisi subprime e bolle speculative a ritmo accelerato
    e di mole crescente non si sarebbero verificate se Clinton non avesse rimosso controlli e vincoli
    da Wall Street. La politica dovrebbe servire proprio a questo : a evitare le oscillazioni forzate 🙂

    >
    > Io ho una grande fiducia nella scienza e nella tecnologia che ci hanno
    > consentito di incrementare la produzione di cibo (rivoluzione verde),
    > ridurre i consumi energetici, risparmiare acqua nell’irrigazione (vedi
    > impianti a goccia) e via cantando. Gli USA non hanno mai aderito al
    > protocollo di Kyoto, ma hanno fortemente ridotto le emissioni di CO2 in

    se intendi per unità di energia prodotta OK, ma se intendi che l’abbiano ridotta in assoluto, mah,
    non ne sono informato.

    In particolare, una situazione grigia da valutare (ma molto diffusa) è proprio quella in cui uno
    stato aumenti l’efficienza relativa, ossia produca di più emettendo meno CO2 percentualmente,
    ma al contempo ne emetta di più in assoluto perché il volume totale dei prodotti cresce più
    di quanto non migliori l’efficienza. OK, è un segnale di progresso, ma ai fini del raggiungimento
    delle soglie critiche, è ancora allarmante, e lo resta sin quando la curva “assoluta” non flette.

    Tra l’altro, la curva della CONCENTRAZIONE atmosferica non ricalca ovviamente quella delle emissioni.
    E’ il tipico sistema “feed ‘n bleed”, la vasca da bagno dove contemporamente hai
    il rubinetto aperto, il tappo aperto, ed un certo volume (enorme) dentro, che da molta inerzia al sistema.
    Quindi anche chiudendo il rubinetto, non è detto che i tempi di risposta (stante il debito accumulato)
    siano necessariamente sufficientemente rapidi per prevenire qualcosa che dovesse prodursi a causa
    di quel debito.

    >
    > quanto hanno implementato tecnologie più pulite e più convenienti. La
    > mia proposta è molto semplice: consentire alla scienza di progredire
    > senza eccessive pastoie e senza preclusioni a priori.

    una delle poche strategie senza controindicazioni di sorta 🙂
    Se governassimo la fusione nucleare, la nostra capacità di intervento diventerebbe massiccia,
    e la nostra impronta leggerissima.

    > A fine secolo saremo molti di più su questo pianeta e avremo bisogno di
    > mangiare. Tu proponi la soluzione vegana, altri l’alimentazione basata
    > sul consumo di proteine derivate dagli insetti.
    non si tratta di “proposte”, ma di mere osservazioni basate sull’efficienza delle catene alimentari.
    Efficienza in senso lato, valutata su più indicatori complessivi.
    Ossia:
    1) quanta energia primaria occorre per produrre un kg di proteine
    (oppure per produrre 1000 KCal) ?
    oppure
    2) quanta energia acqua potabile occorre per produrre un kg di proteine
    (oppure per produrre 1000 KCal) ?
    oppure
    3) quante proteine /energia da nutrienti (e QUALI nutrienti, magari non adatti all’uomo)
    occorrono per produrre un kg di proteine (oppure per produrre 1000 KCal) adatte all’uomo ?

    da cosa dipende tutto questo ?
    Ci sono vari principi che dipendono da specie a specie, ed altri generali

    A) ci sono specie AUTOTROFE (alghe, piante) che si nutrono solo di sostanze minerali
    facilissime da produrre (e con pretese meno elevate, neppure necessarie da produrre
    artificialmente, essendo rinnovabili e già presenti nel suolo, conservabili con la rotazione
    colturale). Mangiano solo CO2, H2O, energia luminosa, potassio, fosfato, nitrato/ammonio,
    ferro, e poco altro insomma. Alimenti di questa natura hanno un’efficienza elevatissima,
    specialmente dal punto di vista del 3° parametro (denominatore zero).

    B) ad ogni STADIO di una catena alimentare, l’efficienza energetica
    (ed anche quella di conservazione “proteica”) crolla, spesso di un ordine di grandezza.
    Per alcune specie è più vero che per altre. Sono proprio gli animali più evoluti i meno efficienti.
    Gli insetti invero sono abbastanza efficienti. MA come uno stadio in più, innestato sopra
    la biomassa “autotrofa”, introduce una riduzione di rendimento. Tuttavia PUO’,
    non per forza DEVE, ma PUO’ comportare un miglioramento QUALITATIVO che compensi e
    sopravanzi la riduzione quantitativa. Ad es. se la specie allevata riesce a sopravvivere con materie
    prime nutritive per noi di nessun valore biologico, avviene questo. Se le locuste
    sopravvivono divorando soltanto piante erbacee di poche pretese, allora diventano
    vantaggiose anche nel caso in cui la locusta ci fornisce magari solo 10 KCal avendone consumate
    100 per crescere (sono 100 KCAl tratte dalla cellulosa, che non ci serve a niente).

    L’allevamento odierno è qualcosa che diventerà insostenibile, perché è in spregio a questi principi
    generali. Le piramidi alimentari, basate sulla predazione, necessariamente si stringono fortemente
    (di uno o due ordini di grandezza, nelle popolazioni) ad ogni gradino verso l’alto.
    Accorciare la filiera, ossia attingere più vicino alla fonte primaria di tutto (gli autotrofi)
    consente di espandere la popolazione, non si scappa.
    Non possiamo pretendere di comportarci da leoni, anzi da “mangiatori di leoni”, e essere
    numerosi quanto le gazzelle.

    > Io non sono né vegano,
    > né vegetariano, né insettivoro, ma non ho nulla contro chi fa queste
    > scelte (ho amici vegetariani, vegani e crudisti con cui vado
    > perfettamente d’accordo e con i quali ci riuniamo intorno allo stesso
    > tavolo da pranzo senza alcun problema: ognuno rispetta le scelte
    per il momento, e solo “localmente” sono scelte, magari etiche.
    Il discorso che facevo è differente : aumentando ancora, dovremo adeguarci, non sarà
    una scelta, ma un modo per non scannarci contentendoci una risorsa limitata e non
    espandibile. Dovremo cambiare risorsa. E noi “progetti pilota” stiamo solo dimostrando
    che si può fare senza conseguenze o riduzioni del benessere, anzi.

    > dell’altro), ma non credo che il genere umano diventerà vegano o
    > vegetariano in quanto continueremo a consumare forti quantità di
    > proteine di origine animale.
    alle condizioni odierne, non sarà sostenibile. Già oggi l’impronta ecologica MEDIA mondiale è
    di 1,6 “terre equivalenti”. Trattasi di media di TRilussa, tra l’altro.
    E non è sostenibile a lungo termine già oggi, figuriamoci se 1) aumenteremo di numero e
    2) aumenteranno anche le (legittime forse) pretese.
    O le abbassiamo tutti, e ci accordiamo, o ci scanniamo 🙂

    > Esse saranno prodotte, però, in modo
    > diverso e, probabilmente, con minor impatto sull’ambiente: pochi mesi fa
    > ho letto di “fettine prodotte in provetta” da un laboratorio olandese.
    credo che non competerà mai come efficienza con la produzione di vegetali, alghe e funghi etc
    ossia di organismi indipendenti capaci di prosperare con poco. E’ forse più un esperimento
    di auto-rassicurazione psicologica. Noi vertebrati siamo esseri complessi, di elevate pretese e bassa
    efficienza.

    >
    > Nel visitare l’EXPO ho visto nel padiglione israeliano le colture
    > verticali: i campi si sviluppano in verticale e non in orizzontale.

    Occhio che però dobbiamo avere energia poco costosa per surrogare il sole.
    La fusione nucleare ci sbloccherebbe questo senso.
    Oggi come oggi il sole ci da, boh, tipo un 1000 W/mq medio, e se noi in quel mq ci
    stratifichiamoventi livelli di coltivazioni, allora ognuno (assumendo ombreggiatura adatta
    e diradamento opportuno) riceverà 50 W/mq, e la crescita sarà lentissima.
    Oppure avanti tutta con lampade, che però dobbiamo alimentare in qualche modo.

    >
    > Stessa cosa nel padiglione USA. Si tratta di soluzioni che consentiranno
    > la nascita di fattorie urbane che non occuperanno altro terreno e che
    > ridurranno i costi di trasporto sia in termini energetici che economici.

    Ecco questo è interessante, e rientra nella stessa filosofia in fondo, dell’accorciamento delle filiere
    come fonte di risparmio energetico e aumento di efficienza.
    Cmq, ripeto, l’idroponico verticale presuppone di surrogare (o almeno integrare) il sole, che è gratis,
    con qualcosa che non solo non è gratis, ma ora come ora manco sufficiente.

    >
    > Le colture idroponiche sono un ulteriore esempio di produzione senza
    > aumentare il consumo di suolo.
    E’ una potenziale soluzione a un problema (quello dell’erosione anche), che però presuppone la soluzione
    di un altro problema (quello energetico)

    Per inciso, se il problema energetico svanisse e la disponibilità diventasse quasi illimitata, si schiuderebbero
    prospettive anche più ampie di coltivare in grattacieli, ossia operazioni di terraforming dei deserti, con
    dissalazione, pompaggio, irrigazione di aree vastissime ora improduttive.

    >
    > Nel 1700 Malthus preconizzò la fine del genere umano per mancanza di
    > risorse. Rispetto al 1700 la popolazione umana è aumentata a dismisura e
    > non mi sembra che la profezia di Malthus si sia avverata. Ciò grazie ai
    > progressi enormi di scienza e tecnologia.
    Eppure stiamo accumulando debito, nel senso che consumiamo per l’equivalente di oltre una terra e mezzo
    e dobbiamo cambiare strada, andando sotto 1 terra (per recuperare).

    >
    > Personalmente non ho preclusioni verso gli OGM che potrebbero ridurre
    > drasticamente il fabbisogno idrico, l’uso di pesticidi e recuperare alla
    > produzione agricola territori semidesertici.

    argomento spinoso. Personalmente non solo non ho preclusioni scientifiche, ma in teoria
    sarei anche estremamente favorevole.
    Ciò contro cui nutro enorme avversità è deregolarle ed affidarle al meccanismo del profitto
    nelle mani di pochi grandi monopolisti (tipo Mon$anto ed altre big-corp.), che non perseguono
    il bene comune come fine, ma appunto il personale guadagno. Purtroppo tanto per cambiare
    è la direzione che stiamo imboccando, sancita dal TTIP che consentirà a questi privati di
    chiamare in giudizio gli stati che intendessero sovranamente decidere a loro dire a loro danno.
    Gli OGM dovrebbero diventare questione strategica di interesse nazionale, normata e gestita
    in nome del pubblico interesse, se necessario sovvenzionati dallo stato (ossia dalla collettività
    stessa) come le rinnovabili.

    > Esiste, però, una fascia
    > molto vasta della popolazione (almeno in Italia ed in UE) che vede
    > queste innovazioni come il fumo negli occhi: per loro ogni ulteriore
    > crescita è da escludere, per me no.

    dietro la disinformazione si nasconde un frutto dai semi velenosi. Il veleno non sta nello strumento
    in sé stesso, in realtà, ma nella finalità della mano che lo usa. Se la finalità è il massimo profitto,
    allora possiamo scordarci i potenziali benefici, che saranno (e già sono peraltro) superati dagli
    effetti collaterali. Due effetti collaterali che reputo gravissimi e rischiosissimi, e noti da tempo,
    sono 1) l’uniformità genetica (se brevetti una specie, poi venderai piante identiche), che da il fianco
    a potenziali infestazioni dall’esito devastante, e solo la variabilità genetica può smorzare. Magari rare,
    ma la volta che capitasse … 2) la vendita di semi STERILI. La vita ha prosperato, incassando colpi
    tremendi nella lunga e faticosa evoluzione, resistendo col “sesso”. Diffondere ampiamente individui
    sterili che si riproducano solo per attivo intervento umano, è un rischio inaccettabile qualora, per
    qualsiasi ragione imprevedibile, l’uomo dovesse passare una fase critica e non poter più supervisionare
    e gestire tutto.
    Ora è chiaro che per un monopolista il seme sterile è un obiettivo importante, perché costringe
    il contadino a comprare tutti gli anni da lui. Ma imho è qualcosa a cui la collettività dovrebbe porre
    il veto più fermo e totale. Un organismo incapace di auto-riprodursi, non può diventare un pilastro della
    sussistenza. LA sterilità unita all’uniformità genetica configurano uno scenario che speriamo di non dover
    mai fronteggiare in presenza di altri eventi esterni sfavorevoli.
    Sicché dobbiamo governare “eticamente” la scienza e orientare lo strumento, prezioso, dell’OGM, verso
    finalità più compatibili con l’interesse dell’uomo e non di una corporation.

    > Altro spazio immenso in cui operare è l’innovazione per ottenere veicoli
    > ed edifici sempre meno energivori che potrebbero spostare molto in
    > avanti nel tempo l’esaurimento delle risorse energetiche e ridurre
    > fortemente l’impatto antropico sul clima.
    si si, esistono anche le case “passive” …

    >
    > Oddio, se vogliamo produrre come si faceva nel 1800 o quando “i mulini
    > erano bianchi” non riusciremo a sfamare nessuno ed esauriremo le risorse
    > terrestri in un battibaleno.
    >
    > Non credo assolutamente che il futuro del genere umano sia nella
    > decrescita:
    credo che sia sorto un equivoco di fondo su questo termine.
    Non lo pensiamo in senso di “generale impoverimento”, ma solo di cambiamento QUALITATIVO.
    Il risparmio energetico e ogni altra forma ne è certamente un pilastro portante.
    E anche un cambio paradigmatico nell’idea dei processi industraili “aperti”, che dovrebbero
    diventare cicli chiusi.
    E poi una decrescita in senso graduale demografico, senza scossoni e senza crolli.

    > abbiamo visto in questi anni di crisi che la decrescita
    > porta disagio sociale,
    perché è stata solo quantitativa, non solo non compensata da un miglioramento qualitativo,
    ma spesso persino da un contemporaneo peggioramento anche qualitativo.
    Ho letto “essere povero è costoso”. E’ una frase che condivido molto, nel senso che investimenti
    iniziali opportuni, possono poi portare a crolli dei costi di gestione a lungo termine, e risparmi.
    Nelle case a classe energetica A++ o persino passive (costose ora !), una serie di, pure costosi,
    impianti solari termici + FV, o microeolici, o a biomassa, con magari infrastruttura locale e
    generazione distribuita, sicuramente comportano a lungo termine un CROLLO del consumo
    irreversibile dei fossili e una sostenibilità.
    Io questa la chiamo decrescita, decrescita dell’impronta ecologica. Ma è tipica dei popoli ricchi e
    avanzati, non è la decrescita della crisi, dell’impoverimento.

    > aumenta le differenze tra i vari strati sociali
    > ed aumenta i conflitti. Per stare meglio bisogna crescere, meglio di
    come sopra, credo che i termini siano in parte ambigui e abusati nei media.
    Se per crescita intendi evolversi, migliorare il livello qualitativo, allora concordo.
    Se intendi che dobbiamo solo produrre di più, consumare di più (e riprodurci di più),
    allora sono in totale dissenso. Guardiamo l’Austria, la Svizzera

    >
    > come abbiamo fatto in passato, procurando meno danni all’ambiente, per
    > esempio, ma bisogna crescere.
    mah … dipende dal senso del termine

    > Oggi assistiamo alla fuga di centinaia di migliaia di persone da luoghi
    > in cui non vi è benessere verso luoghi in cui questo benessere esiste:
    > migrazioni economiche le chiamano. Non mi risulta che vi sia un esodo
    > contrario di persone che vogliono vivere in condizioni di minor
    > benessere: lo dicono, ma non lo fanno.
    ma nessuno che auspichi la decrescita intende riferirsi all’impoverimento !
    Si intende solo l’alleggerimento della propria impronta ecologica, la riduzione dei consumi
    senza perdere in qualità della vita.
    Io voglio più acqua calda usando meno gas o zero gas, non è che auspico di usare solo
    acqua fredda. La decrescita felice è quella : usare la sonda geotermica, che costa molto,
    al posto dell’economico scaldabagno a gas. La prima però è rinnovabile. E’ una decrescita
    “ricca”, diciamo, ma che finisce per incidere meno sul degrado del pianeta

    > E buona parte di questi migranti
    > economici provengono dalle elites delle società africane, da quella
    > fascia sociale che ha superato la fase del bisogno estremo ed è riuscita
    > a raggranellare la somma necessaria a pagare ad uno di loro il
    > biglietto verso il mondo sviluppato. Le rimesse del fortunato (se
    > riuscirà ad arrivare in Europa) serviranno ad elevare le condizioni
    > economiche di tutta la famiglia. La colf di mia moglie (una signora
    > ucraina) mi dice che nel suo paese è una donna benestante che può
    > permettersi cose che i suoi compaesani si sognano. Tra due anni
    > ritornerà in patria ed aprirà una pizzeria: è cresciuta e da emigrante
    > si è trasformata in imprenditrice. Nessuno emigra per decrescere.
    vabbè, insomma, credo di avere spiegato che non intendevo il termine nel senso in cui lo hai inteso.

    >
    > Un secolo fa nessuno poteva prevedere ciò che è accaduto. Nessuno
    > pensava di poter comunicare con il mondo intero dal salotto di casa o di
    > spostarsi da Napoli a Milano in una mezza giornata con la macchina ed
    > in qualche ora con l’aereo. Oggi è cosa normale. In un prossimo futuro,
    > ne sono convinto, faremo ancora tutto ciò, ma con costi energetici ed
    > ambientali minori di quelli di oggi.
    dobbiamo imparare a farlo con un minore impatto ASSOLUTO, e non soltanto RELATIVO,
    se no saremo nei guai

    > A patto di consentire lo sviluppo
    > di nuove tecnologie. Se invece ci opponiamo a tutto ciò che è novità per
    > paura di chissà quali conseguenze, piomberemo nel sottosviluppo, nella
    > decrescita e non saremo in grado di vincere le sfide che ci porranno di
    > fronte i cambiamenti climatici.
    esiste una decrescita che non è quella della rinuncia, ma della tecnologia scelta in modo
    saggio

    >
    > A me interessa poco se dove vivo pioverà di più o di meno o farà più
    > caldo o meno caldo.
    a me interessa, perché la biosfera non comincia e finisce con homo sapiens, se permetti.
    Siamo coinquilini, non i monarchi assoluti di questo pianeta, e il nostro potere credo che
    comporti anche responsabilità di curare il giardino in buono stato di conservazione anche per
    tutti gli altri utenti. E’ un mondo orribile quello in cui prosperiamo solo noi a scapito di tutto
    il resto.
    Io vivo sepolto tra le piante, e mi riparano dal sole. Non vorrei vivere in un deserto,
    ma con l’aria condizionata, sapendo che me la sono cavata, ma tutto il resto no.

    > Quello che mi interessa è avere a disposizione le
    > tecnologie che mi consentiranno di continuare a produrre come oggi e
    > meglio di oggi: tecnologie di adattamento. Oggi ci stiamo svenando per
    > mitigare il clima senza riuscirci.
    non credo che ci stiamo svenando SOLO per questo ! LE fonti rinnovabili hanno la caratteristica
    intrinseca di non essere esauribili. Alla fine lo faremo per rientrare nella prospettiva dei cicli
    chiusi e delle filiere senza termine.
    L’uso dei fossili sarebbe una follia ANCHE se non producesse nessun aumento della CO2, per
    la sola ragione che un giorno finirebbero lasciandoci in braghe di tela.
    Ben venga una paranoia, persino infondata, sul clima, se ci costringerà ad uscire da un tunnel
    senza uscita per imboccare una strada senza fine.

    > Di questo passo saremo destinati ad
    > essere i candidati della prossima grande estinzione in quanto non
    > abbiamo le difese per sopravvivere (in questo concordo con te). Il
    > cambiamento climatico, di natura antropica o naturale, è ineluttabile,
    > dobbiamo cercare di attrezzarci per sopravvivere: come è stato sempre
    > nella nostra storia.
    Ed è proprio in questo che l’abilità a sopravvivere con le sole fonti rinnovabili (ci includo anche
    il nuclare, ad es. da Torio, che è una fonte abbondante e sufficiente per vari millenni), e un domani
    la fusione, sono necessari. Dobbiamo imparare a fare a meno di qualcosa che tanto finirà in ogni
    caso, a prescindere dal fatto che probabilmente produrrà anche danni collaterali. Il fatto che sia
    una risorsa limitata è più che sufficiente per abbandonarla.

    Detto questo, per il momento non potremo adattarci e prosperare in condizioni
    a cui non saprà farlo nessun’altra specie. Non siamo autosufficienti, dobbiamo difendere
    la biosfera nel suo complesso perché in fondo è il nostro interesse.
    Oltre a mangiarle, o a nutrirci quel che mangiamo, non dimentichiamo che noi respiriamo
    UN SOTTOPRODOTTO della fotosintesi clorofilliana, e per il momento non ci è nemmeno ipotizzabile
    di surrogare questa produzione con elettrolisi dell’acqua, cosa in teoria fattibile.

    Ho letto che, malgrado una perdita secca del 46 % (dall’inizio dell’era industriale), ci sono oggi
    al mondo 3000 miliardi di alberi, 422 alberi per ogni abitante, conteggiati poco tempo fa dalla NASA,
    3000 miliardi di reattori chimici.
    Se dovessimo surrogarli con base tecnologica, allora dovremmo entrare in “total recall” (il
    film degli anni 90 dove un reattore nucleare planetario alieno creava in una mezz’ora
    un’atmosfera di ossigeno, puro ?, mah, su Marte).

    Il nostro interesse è sopravvivere difendendo allo stesso tempo lo stato di salute globale della baracca.

    >
    > Non per niente è stato un cambiamento climatico a fornire la pressione
    > evolutiva per far differenziare le prime specie di ominidi. Oggi questi

    Il cambiamento in sé non è certo il male. E’ la velocità dello stesso che lo può diventare.
    Se il metro che assumiamo come accettabile sia la NOSTRA capacità di adattarci, “dopata” dalle
    extentions tecnologiche, lasciando indietro tutte le altre specie, allora credo che ci fotteremo
    con le nostre mani, perché in realtà non ci bastiamo, in nessun senso.

    >
    > ominidi devono essere capaci di adattarsi alle nove condizioni
    > climatiche prossime venture: ci riusciranno con l’aiuto della scienza e
    > della tecnologia, in caso contrario si estingueranno e la Terra
    > continuerà senza di loro, come è successo a tante altre specie nel
    > passato.

    Io penso che non possiamo escludere che una frazione, magari non definita ancora, dei
    mutamenti “rapidi”, della fluttuazione, sia di origine antropica. E non sappiamo affatto
    quale sarà l’escursione massima, al massimo dell’oscillazione temporanea.
    Alla luce del fatto che un’escursione abbastanza ampia, ma soprattutto rapida, potrebbe
    creare danni a molte altre specie (e poi indirettamente, forse anche a noi stessi : N.B.
    sicuramente ai più poveri tra noi, che i danni li stanno subendo già, perché se arriva un ciclone
    anomalo e hai la casa in calcestruzzo antisismico è un conto, altro è se hai una baracca
    di legno), credo che avremmo precauzionalmente il dovere di tentare di smorzare la velocità
    di variazione per quanto ci è dato di sapere al momento.
    Che poi sia vana, potrebbe essere, come pure potrebbe sembrarci vana in modo temporaneo.
    Tuttavia, siccome molte delle misure interessate in realtà sarebbero utili anche su un altro
    binario : quello della sostenibilità energetica a lungo termine, spero che coglieremo l’occasione
    della fobia climatica semplicemente per liberarci dalle catene (anche geopolitiche) dei
    combustibili fossili. Non dimentichiamo che clima a parte, anche l’INQUINAMENTO dell’aria
    (cappe di smog, polveri sottili, ossidi di zolfo), contribuiscono ad uccidere la biosfera e incrementare
    le nostre malattie. LE fonti pulite, oltre che carbon-neutral, sono nostro interesse diretto
    e urgente, imho.
    Ciao
    G_M_P

    >
    > Ciao, Donato.

    • @Giulio Mario Palenzona
      L’80% del commento è quoting, se possibile cerca di limitarne l’uso. Mi rendo conto che si desideri rispondere punto per punto con precisione, ma così i commenti diventano illeggibili.
      gg

    • Giulio Mario Palenzona

      eh, un conto è discutere, altro è fare una lezione unidirezionale, dove dici quel che vuoi dire e stop. Mi scuso dell’illeggibilità e dell’incapacità di essere più sintetico

  4. “Stanno anche sviluppando alcune nostre malattie da benessere, smettendo di mangiare riso e soia per passare alla bistecca.”

    Sai com’è, quando uno ha fatto la fame per generazioni, poi vorrebbe avere almeno la pancia piena una volta che se lo può permettere. Andate un po’ a guardare foto d’epoca, dei cinesi di venti o trent’anni fa, secchi come chiodi. Direi anche che si potrebbero guardare le foto di chi vive ancora oggi nelle zone povere, se te le fanno prendere. Ancora oggi la differenza tra zone rurali e zone più ricche, ovvero tra quelli che mangiano riso e soia e quelli che mangiano anche carne, si traduce in 5 anni di differenza nell’aspettativa di vita (circa 69 contro circa 74).

    Chi parla oggi di malattie da benessere si dimentica che in passato da noi c’erano le malattie da denutrizione/malnutrizione da carenza. La differenza è che che le prime si possono contrastare con l’educazione sanitaria ed alimentare, perché alla fine è questione di scegliere cosa mettere nel piatto, mentre le vittime delle seconde semplicemente non avevano scelta.

    • PS Le “fettine in provetta”, che peraltro sono in circolazione – a parole – da decenni, le lascio volentieri mangiare agli olandesi. 🙂 La mia opinione personale è che vegetarianismo e veganismo sono mode che dureranno al massimo un paio di decenni, poi finiranno come tutte le altre mode.

    • Giulio Mario Palenzona

      >Sai com’è, quando uno ha fatto la fame per generazioni, poi vorrebbe avere almeno la pancia piena >una volta che se lo può permettere. Andate un po’ a guardare foto d’epoca, dei cinesi di venti o >trent’anni fa, secchi come chiodi. Direi anche che si potrebbero guardare le foto di chi vive ancora >oggi nelle zone povere, se te le fanno prendere.

      la mia era un’osservazione statistico-epidemiologica scevra da qualsiasi rimbrotto moraleggiante. Il termine malattia da benessere (obesità, sindrome metabolica, malattie cardiocircolatorie, diabete, ipertensione, ictus etc), non l’ho coniato io, ma medici dei paesi ricchi.

      >Ancora oggi la differenza tra zone rurali e zone più ricche, ovvero tra quelli che mangiano riso e soia >e quelli che mangiano anche carne, si traduce in 5 anni di differenza nell’aspettativa di vita (circa 69 >contro circa 74).

      mi spiace, ma non stai “dissecting” (non so tradurlo), tutte le variabili operanti. L’alimentazione è solo UNA delle variabili che influiscono sulla durata della vita. Ma in un sistema praticamente privo di sanità pubblica, o cmq scadente, il reddito medio è una variabile importante per l’accesso a cure anche essenziali.
      In altre parole, se mi confronti la salute di un vegano povero, magari con dieta monotona di basso costo, e di un onnivoro ricco, stai facendo un confronto “non equo”, trascurando le altre variabili.
      Non nego quindi il tuo dato, dico solo che ne dai un’interpretazione imho ingenua (mi sento generoso 😉

      >Chi parla oggi di malattie da benessere

      ossia i medici …

      > si dimentica che in passato da noi c’erano le malattie da denutrizione/malnutrizione da carenza.

      affatto, da cosa lo evinci ? Nessuno vuole negarle !

      > La differenza è che che le prime si possono contrastare con l’educazione sanitaria ed alimentare,

      è una questione culturale più complessa in realtà, che passa per la non interiorizzazione di certi status symbol della ricchezza. Cmq informare è un tassello importante, questo è certamente vero.
      Ed è importante anche poter scegliere. Se l’indigenza ti costringe ad una dieta vegana “povera”, monotona e con poche scelte, poco ma sicuro che la salute non ne beneficerà certo.
      Quel che sostengo con forza, è che con pari soldi, un vegano possa disporre di più cibo e più vario di un onnivoro. E questo sarebbe ancor più vero in presenza di “mercato efficiente”, laddove i prezzi rispecchino più fedelmente i valori oggettivi (costi reali di produzione, senza ESTERNALIZZAZIONI).

      >perché alla fine è questione di scegliere cosa mettere nel piatto, mentre le vittime delle seconde >semplicemente non avevano scelta.

      eh già. Diciamo che hai interpretato il mio post leggendo molto tra le righe.
      A proposito di mode passeggere : credo di aver, senza saperlo, già risposto a questa obiezione ideologica con considerazioni più argomentate nella mia altra risposta a Donato, laddove lambisco il tema delle catene alimentari e rispettive piramidi di popolazione. Quella è scienza, ed è scienza che si insegna già alla scuola media, non si tratta di avanzate teorie ancora poco condivise.

  5. Donato

    Giulio Mario Palenzona, molte volte non sai come regolarti: in un’occasione rispondendo ad un commento di un lettore in seconda persona, fui ripreso perché eccedevo in confidenza, un’altra volta fui redarguito in quanto sottovalutavo chi mi trovavo di fronte: da allora ci vado un poco cauto, ma rimedio subito! 🙂
    .
    Partiamo dalla responsabilità degli esseri umani nel cambiamento climatico.
    Tutto lo staff di Realclimate, per esempio, sostiene la natura antropica del riscaldamento globale e parliamo di fior di ricercatori.
    Buona parte dei frequentatori del blog WUWT propende per l’origine naturale del cambiamento climatico attuale. Personalmente concordo con il prof N. Scafetta che attribuisce il 50% del cambiamento climatico alla Natura e la restante parte all’uomo. Non è estranea a questa mia convinzione la posizione di altri scienziati e, in particolare, quella esposta in un lavoro scientifico del 2014 a firma di Macias et al. di cui fornirò il link nei prossimi paragrafi.
    .
    In merito alle influenze del Sole sul clima terrestre molti sono i lavori che lo sostengono e molti quelli che non attribuiscono ad esso alcuna importanza.
    Per restare in Italia il dr. A. Pasini, ricercatore del CNR di Roma che si occupa di climatologia, ha applicato, con alcuni colleghi, la causalità di Granger al record delle temperature globali, ed ha individuato nella variabilità naturale (TSI, in particolare) la responsabile delle variazioni climatiche fino agli anni ’50 del secolo scorso ed ai gas serra quelle successive. (http://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/asl.365/abstract)
    Altri ricercatori che vedono nella irradianza solare totale uno dei driver del cambiamento climatico sono Humlum, Solheim ed altri (http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S1364682612000417)
    Altri ancora reputano le temperature terrestri determinate dall’attività solare modulata da cause astronomiche. Il dr. Scafetta, per esempio ne è convinto
    http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0378437114005226
    mentre altri, come il dr. Gil-Alana, lo rifiutano in toto http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0378437113010157 .
    E questi sono solo alcuni dei lavori che si occupano di Sole e clima terrestre.
    E tralascio tutti i lavori che ha pubblicato Svensmark sui raggi cosmici e la nucleazione delle nubi.
    .
    Come vedi molto bolle in pentola. Non sono del tutto d’accordo sull’esclusiva influenza sul clima terrestre della biosfera in quanto esistono dinamiche naturali diverse collegate alla distribuzione delle masse atmosferiche quantificata da indici come NAO, AMO, PDO ecc. che modulano gli andamenti delle temperature terrestri contribuendo a quelle oscillazioni ad alta frequenza di cui parlavo nel precedente commento e si innestano su di un trend lineare (o variabile, ma di periodo secolare o millenario). Molto interessante mi è sembrato, in proposito, il lavoro di Macias et al., 2014
    http://journals.plos.org/plosone/article?id=10.1371/journal.pone.0107222#s2
    che analizza le variazioni di temperatura ad alta e media frequenza da un punto di vista “naturalistico” e quindi a prescindere dal contributo antropico.
    .
    Sul problema del Pliocenico avrò modo di parlare in un prossimo post in cui ti dimostrerò che non ci troviamo di fronte ad un equilibrio instabile o ad una fase transitoria.
    .
    Mi preme, ora, per rispondere alla critica con cui hai chiuso la tua replica, svolgere delle considerazioni circa le soluzioni da adottare per risolvere le problematiche analizzate.
    Il nostro pianeta è un luogo finito con risorse finite: prima o poi finiranno. Premesso che non credo che leggi e regolamenti possano imbrigliare la corsa verso condizioni di benessere maggiori da parte del genere umano nel suo complesso (la storia ce lo dimostra), né che politiche di controllo delle nascite possano essere efficaci (il fallimento dell’esperimento cinese ne è la prova), concordo con te che il progresso e la cultura possono riuscire dove le leggi e le imposizioni falliscono.
    Io ho una grande fiducia nella scienza e nella tecnologia che ci hanno consentito di incrementare la produzione di cibo (rivoluzione verde), ridurre i consumi energetici, risparmiare acqua nell’irrigazione (vedi impianti a goccia) e via cantando. Gli USA non hanno mai aderito al protocollo di Kyoto, ma hanno fortemente ridotto le emissioni di CO2 in quanto hanno implementato tecnologie più pulite e più convenienti. La mia proposta è molto semplice: consentire alla scienza di progredire senza eccessive pastoie e senza preclusioni a priori.
    .
    A fine secolo saremo molti di più su questo pianeta e avremo bisogno di mangiare. Tu proponi la soluzione vegana, altri l’alimentazione basata sul consumo di proteine derivate dagli insetti. Io non sono né vegano, né vegetariano, né insettivoro, ma non ho nulla contro chi fa queste scelte (ho amici vegetariani, vegani e crudisti con cui vado perfettamente d’accordo e con i quali ci riuniamo intorno allo stesso tavolo da pranzo senza alcun problema: ognuno rispetta le scelte dell’altro), ma non credo che il genere umano diventerà vegano o vegetariano in quanto continueremo a consumare forti quantità di proteine di origine animale. Esse saranno prodotte, però, in modo diverso e, probabilmente, con minor impatto sull’ambiente: pochi mesi fa ho letto di “fettine prodotte in provetta” da un laboratorio olandese.
    .
    Nel visitare l’EXPO ho visto nel padiglione israeliano le colture verticali: i campi si sviluppano in verticale e non in orizzontale. Stessa cosa nel padiglione USA. Si tratta di soluzioni che consentiranno la nascita di fattorie urbane che non occuperanno altro terreno e che ridurranno i costi di trasporto sia in termini energetici che economici. Le colture idroponiche sono un ulteriore esempio di produzione senza aumentare il consumo di suolo.
    .
    Nel 1700 Malthus preconizzò la fine del genere umano per mancanza di risorse. Rispetto al 1700 la popolazione umana è aumentata a dismisura e non mi sembra che la profezia di Malthus si sia avverata. Ciò grazie ai progressi enormi di scienza e tecnologia.
    Personalmente non ho preclusioni verso gli OGM che potrebbero ridurre drasticamente il fabbisogno idrico, l’uso di pesticidi e recuperare alla produzione agricola territori semidesertici. Esiste, però, una fascia molto vasta della popolazione (almeno in Italia ed in UE) che vede queste innovazioni come il fumo negli occhi: per loro ogni ulteriore crescita è da escludere, per me no.
    .
    Altro spazio immenso in cui operare è l’innovazione per ottenere veicoli ed edifici sempre meno energivori che potrebbero spostare molto in avanti nel tempo l’esaurimento delle risorse energetiche e ridurre fortemente l’impatto antropico sul clima.
    Oddio, se vogliamo produrre come si faceva nel 1800 o quando “i mulini erano bianchi” non riusciremo a sfamare nessuno ed esauriremo le risorse terrestri in un battibaleno.
    Non credo assolutamente che il futuro del genere umano sia nella decrescita: abbiamo visto in questi anni di crisi che la decrescita porta disagio sociale, aumenta le differenze tra i vari strati sociali ed aumenta i conflitti. Per stare meglio bisogna crescere, meglio di come abbiamo fatto in passato, procurando meno danni all’ambiente, per esempio, ma bisogna crescere.
    .
    Oggi assistiamo alla fuga di centinaia di migliaia di persone da luoghi in cui non vi è benessere verso luoghi in cui questo benessere esiste: migrazioni economiche le chiamano. Non mi risulta che vi sia un esodo contrario di persone che vogliono vivere in condizioni di minor benessere: lo dicono, ma non lo fanno. E buona parte di questi migranti economici provengono dalle elites delle società africane, da quella fascia sociale che ha superato la fase del bisogno estremo ed è riuscita a raggranellare la somma necessaria a pagare ad uno di loro il biglietto verso il mondo sviluppato. Le rimesse del fortunato (se riuscirà ad arrivare in Europa) serviranno ad elevare le condizioni economiche di tutta la famiglia. La colf di mia moglie (una signora ucraina) mi dice che nel suo paese è una donna benestante che può permettersi cose che i suoi compaesani si sognano. Tra due anni ritornerà in patria ed aprirà una pizzeria: è cresciuta e da emigrante si è trasformata in imprenditrice. Nessuno emigra per decrescere.
    .
    Un secolo fa nessuno poteva prevedere ciò che è accaduto. Nessuno pensava di poter comunicare con il mondo intero dal salotto di casa o di spostarsi da Napoli a Milano in una mezza giornata con la macchina ed in qualche ora con l’aereo. Oggi è cosa normale. In un prossimo futuro, ne sono convinto, faremo ancora tutto ciò, ma con costi energetici ed ambientali minori di quelli di oggi. A patto di consentire lo sviluppo di nuove tecnologie. Se invece ci opponiamo a tutto ciò che è novità per paura di chissà quali conseguenze, piomberemo nel sottosviluppo, nella decrescita e non saremo in grado di vincere le sfide che ci porranno di fronte i cambiamenti climatici.
    A me interessa poco se dove vivo pioverà di più o di meno o farà più caldo o meno caldo. Quello che mi interessa è avere a disposizione le tecnologie che mi consentiranno di continuare a produrre come oggi e meglio di oggi: tecnologie di adattamento. Oggi ci stiamo svenando per mitigare il clima senza riuscirci. Di questo passo saremo destinati ad essere i candidati della prossima grande estinzione in quanto non abbiamo le difese per sopravvivere (in questo concordo con te). Il cambiamento climatico, di natura antropica o naturale, è ineluttabile, dobbiamo cercare di attrezzarci per sopravvivere: come è stato sempre nella nostra storia.
    Non per niente è stato un cambiamento climatico a fornire la pressione evolutiva per far differenziare le prime specie di ominidi. Oggi questi ominidi devono essere capaci di adattarsi alle nove condizioni climatiche prossime venture: ci riusciranno con l’aiuto della scienza e della tecnologia, in caso contrario si estingueranno e la Terra continuerà senza di loro, come è successo a tante altre specie nel passato.
    Ciao, Donato.

  6. Giulio Mario Palenzona

    Chiedo scusa del quoting estensivo, ma è inevitabile perché il commento era molto articolato

    > La prima questione, a mio giudizio quella di osmio, 🙂
    > riguarda la non linearità del sistema climatico e, in ultima analisi,
    > le racchiude un po’ tutte. Io sono del tutto d’accordo con lei: il
    > sistema climatico è un sistema dinamico non lineare di estrema
    > complessità. Tali sistemi sono caratterizzati, come giustamente mette in
    > evidenza, da condizioni di equilibrio metastabili che possono essere
    > facilmente alterate portando il sistema in una situazione di instabilità
    > che può o meno convergere verso una nuova condizione di equilibrio. In
    > questa ottica la necessità di non perturbare l’equilibrio appare di
    > grande importanza, oserei dire di vitale importanza.
    >
    > Bisogna tener presente, però, che il sistema climatico sembra essere
    > dotato di uno o più attrattori strani che tendono a stabilizzarlo. Tale

    in parte lo penso anche io (e non solo per il fascino degli attrattori strani), per la parte “passiva” del clima diciamo.
    Penso anche che una parte del clima sia “smorzata”, nelle sue variazioni di lungo termine, dalla resistenza “attiva” (o meglio adattiva, ma in ogni caso dissipativa) della biosfera.
    Per fare un esempio banale : l’aumento di CO2 velocizza la captazione da parte di alberi, erbe, fitoplancton, che quindi immobilizzano biomassa più velocemente.
    E’ pur vero che dalle variazioni dei parametri, alcune specie si avvantaggiano, altre no, altre ne soffrono (nel banale esempio sopra, i coralli sono falcidiati dall’acidificazione)
    > convinzione, almeno per quel che mi riguarda, si basa sull’analisi di
    > quanto è accaduto a tale sistema nel corso delle ere geologiche. Per sua

    questa considerazione include le ricorrenti estinzioni di massa come fisiologici riassetti verso nuovi equilibri ? Dovrebbe, in ogni caso.

    > natura il sistema climatico è caratterizzato da una molteplicità di
    > variabili (alcune ancora sconosciute, secondo me)

    più che le variabili in sé, sono ignote le correlazioni “complete” tra esse.
    E, soprattutto, laddove sono note in senso qualitativo, non lo sono affatto in senso quantitativo.
    Un’equazione di struttura nota ma con parametri (pesi) variabili, non consente nessuna modellizzazione, nessuna previsione se non a cortissimo raggio e orizzonte temporale, nel campo della evoluzione non lineare.

    > > che rendono
    > estremamente complesso lo spazio delle fasi in cui tale sistema deve
    > essere descritto (diciamo che ad oggi non riusciamo a descriverlo) per
    ammetto la mia incompetenza circa lo spazio delle fasi (al meglio mi richiama la regola delle fasi di Gibbs, sui gradi di libertà di un sistema termodinamico). Che però credo sia un’interpretazione riduttiva e fuori tiro di quel che volevi dire realmente, intuisco. Ma non sono un fisico 🙁

    > cui la grande capacità che ha avuto il sistema climatico di mantenersi
    > stabile in condizioni tali da consentire lo sviluppo della vita così
    > come la conosciamo,

    come sopra, penso che la parte del leone di questa stabilizzazione l’abbia recitata la vita stessa, adattandosi e dissipando plasticamente le variazioni rapide.
    I sistemi termodinamici inanimati non hanno finalismo : la vita si, lo ha, e nel suo interesse cerca di sfruttare le variazioni (questo è intrinsecamente un feed back negativo, smorzante).

    Tornando all’esempio banale, se aumenta la CO2, le piante mangiano più gas e crescono meglio. Ma se crescono tanto, e aumenta il livello di ossigeno, gli incendi tendono a divampare in modo più virulento.
    Più che un attrattore strano, la vita è un sistema (molto intrecciato) che tende a smorzare per quanto riesce le variazioni di condizioni (non dico in modo conscio ovviamente)

    > rende indispensabile l’esistenza di questo
    > attrattore. In caso contrario non riusciremmo a spiegare le glaciazioni e
    > le deglaciazioni, ma neanche fenomeni minori, ma comunque traumatici.
    questo punto non l’ho capito …

    > A solo titolo esemplificativo vorrei citare il caso del Periodo caldo
    > del medio Pliocene che si sviluppò circa 3,3-2,9 milioni di anni fa. In
    > tale periodo abbiamo perso tutta la calotta glaciale groenlandese, la
    > calotta glaciale dell’Antartico occidentale e consistenti percentuali di
    > quella orientale. La concentrazione di CO2 atmosferica era circa quella
    > attuale e le temperature medie globali di 2-3 gradi centigradi maggiori
    > di quelle odierne. Eppure il sistema ha superato questo stato di
    > equilibrio

    magari non era di equilibrio … (nemmeno in senso metastabile) …

    > pervenendo ad altre condizioni di equilibrio tanto che le
    > temperature medie globali e le concentrazioni di CO2 sono scese a valori
    > ben più bassi (nuove glaciazioni e deglaciazioni).

    beh, quanto alla concentrazione di CO2, assunto che non sussistano imponenti variazioni del vulcanesimo, i fattori che possono “consumarla” non sono poi tantissimi.
    Il più rapido (ma non di piccola portata) è l’aumento nella velocità di fissazione della biomassa.
    Alcune specie (le C-5, tipo il mais) si sono evolute in modo da avere enzimi più efficienti anche a basse conc. e la fissano con grande efficienza.
    Altre vie “chimiche” sono la dissoluzione di rocce carbonatiche (con formazione di bicarbonati), che è certo più lenta, ma ha una scorta quasi illimitata di materiali (il calcare e la dolomite sono abbondanti).
    Siccome, mediamente parlando, il mondo è “basico”, ha un mantello essenzialmente basico, la CO2 è un sottoprodotto che galleggia su una trappola sempre presente.
    Ai tempi del vulcanismo imponente il motore termico che rimescola il mantello espelleva questa CO2 catturata in superficie e subdotta.
    Ora questo fenomeno procede a rilento rispetto ad altre variabili antropiche (come il fatto di disboscare, bruciare biomassa, disseppellire carbonio fossile).
    Rimane il fatto che la riserva basica delle rocce, lenta quanto si vuole, è di vari ordini di grandezza superiore e potrebbe senza problemi fissare tutto il carbonio esistente come carbonati (immagino che diventerebbe limitante l’ossigeno molecolare però)

    > > Il periodo attuale,
    > almeno dall’inizio dell’Olocene, è stato caratterizzato da una costante
    > (lineare) tendenza al riscaldamento inframezzata da oscillazioni al alta
    > frequenza confrontabili se non superiori a quella che stiamo vivendo.

    Purtroppo non ho idea di quali e quante “armoniche” ci siano nascoste dietro grafici come quelli che emergono.
    Quindi non siamo molto sicuri se l’attuale oscillazione abbia frequenza alta, media, lenta, o una sovrapposizione di più termini concomitanti

    > Lei obietterà,
    🙂 Obietto a che mi si dia del lei su internet 🙂

    > presumo e mi scusi se mi permetto di farlo, che nel
    > passato le variazioni delle condizioni erano tali da consentire il
    > raggiungimento di condizioni di equilibrio intermedie senza troppi
    > “strappi”.
    Più che altro, ci sono stati anche strappi. La vita sopravvive, ma non uguale a sé stessa, ad ognuno di essi.
    Ad es. non dubito che le zanzare sapranno sopravvivere alle mutate condizioni.

    > In questo caso dovremmo, però, considerare il sistema
    > climatico di tipo lineare e ciò lo abbiamo escluso a priori. In altri
    > termini il superamento di una condizione di equilibrio metastabile in un
    > sistema complesso non lineare non dipende dalla velocità con cui
    > variano i parametri che lo caratterizzano.

    non so se ho capito giusto : intendi che quel che conta è il valore assoluto di “soglie critiche” ?
    Se si, probabilmente mi trovo d’accordo in gran parte (*), anche se non ci avevo mai pensato prima :
    i sistemi termodinamici non hanno “memoria”, l’istante Y dipende soltanto dai parametri dell’istante X, non da W o prima ancora.
    (*) per la parte in cui non sono d’accordo, mi riferisco sempre alla biosfera. Essa ha una limitata velocità di adattamento.
    Se le variazioni sono troppo elevate e RAPIDE, alcune specie non ce la fanno a seguirle.
    Estinguendosi, possono anche trascinarne altre. E le nicchie vengono riempite da altre ancora.
    Questo è inquietante per noi, che siamo rapidissimi in senso tecnologico, mentre siamo praticamente immobili in senso genetico (selezione zero).

    >
    > Questo non significa che noi umani non stiamo alterando il clima
    > terrestre: il riscaldamento attuale è conseguenza anche (ma non
    > esclusivamente) delle nostre attività.

    quali sarebbero gli altri parametri noti con sicurezza ? La costante solare ha subito variazioni stabili di lunga durata ?
    Non è una domanda retorica

    > Il problema è il quantum: di
    > quanto è responsabile l’opera dell’uomo? Ad oggi nessuno è in grado di
    > dirlo. Secondo alcuni del 100%, secondo altri dello 0%, secondo me di un
    > 50% (non è un numero a caso, ma è basato su studi scientifici che in

    siccome ho chiesto quali altri sarebbero a prescindere, magari un link non sarebbe sgradito.

    > questa sede sarebbe troppo lungo citare ed argomentare). Il problema
    > successivo riguarda la capacità del sistema climatico di riequilibrarsi
    > che secondo alcuni è nulla, secondo altri, tra cui io, notevole.

    Secondo me è semplicemente imprevedibile, perchè non sappiamo quanto siamo vicini o lontani dalle soglie critiche, né riferite a quali parametri.

    > Per il resto sono d’accordo con lei: i rischi che ha citato sono tutti reali.
    >
    > Ciò su cui probabilmente non saremo d’accordo riguarda le soluzioni da
    > porre in atto per evitare il superamento delle attuali condizioni di
    > equilibrio. Secondo me è pura utopia riuscire a regolare il
    > comportamento dell’umanità in modo tale da evitare nuove emissioni di
    > CO2. Anche il genere umano è, a mio giudizio, un sistema dinamico
    > comlesso non lineare che NON può essere governato. Ogni essere umano è
    > dotato di raziocinio, libero arbitrio e via cantando, ma la collettività
    > umana si comporta in modo irrazionale ed obbedendo a pulsioni che con
    > il libero arbitrio hanno poco a che fare. La dimostrazione possiamo
    > cercarla nel Protocollo di Kyoto. Da quando esso fu siglato, circa due
    > decenni fa, le emissioni di CO2 globali non sono diminuite, anzi sono
    > aumentate portandosi stabilmente a circa 400 ppmv con tendenza ad
    > aumentare. E se non fosse stato per la crisi economica globale,
    > sarebbero aumentate ancora di più. Appurata l’impossibilità
    > antropologica di orientare le scelte del genere umano nel suo complesso
    > (l’esempio dell’ISIS è fin troppo banale), sono dell’avviso che sarebbe
    > buona cosa orientare le risorse umane nell’individuare misure di
    > adattamento alle condizioni climatiche che ci attenderanno nel prossimo
    > futuro.

    mah, credo che più che le variabili sociali o geopolitiche, l’evoluzione delle tecnologie non fossili tali da renderle non bisognose di incentivi ed accessibili a tutti con risparmio, potranno più delle decisioni politiche.
    Le resistenze di chi occupa le rendite di posizione sui fossili si vanno attenuando. E il progresso prima o poi le metterà fuori mercato, semplicemente.
    Quel che non sappiamo, è se accadrà in tempo (posto che già ora siamo ancora in tempo … l’inerzia del sistema non è piccola, il che non è una forma di “memoria” del passato, ma ci va vicino)

    > A questo punto sorge, però, un altro grosso problema: quali
    > saranno queste condizioni visto che non siamo in grado di prevedere il
    > comportamento di un sistema dinamico complesso come quello climatico?
    a me, che non vico vicino al mare, la T media interessa in senso relativo.
    Quel che invece mi preoccupa di più è : come si distribuiranno, geograficamente e temporalmente, le precipitazioni ?
    L’acqua dolce e potabile è una risorsa straordinariamente strategica e limitante, e non è surrogabile con niente.
    Per poterla creare in modo artificiale, anche coi filtri al grafene di dopodomani, pomparla e tutto, servirebbe energia a un costo fantasticamente basso.
    Per cui se col nuovo clima, piove tanto, ma in mare o dove già pioveva molto, e meno dove piove poco, un sacco di posti intermedi si desertificheranno, altri perderanno suolo per erosione.
    Giusto ieri, guardando la terra con google map (sat view) mi rendevo conto di come siamo mal distribuiti e di quanto mediamente inospitale sia già oggi la terra.
    In america (US) per mettere fuori gioco alcuni opec ostili, si stanno sforacchiando il sottosuolo riducendo gli acquiferi profondi a colabrodi. Io penso che più che irrazionali siamo completamente pazzi 🙂
    Il giorno che potranno innaffiare le colture a petrolio è ancora lontano

    > L’IPCC dice che saranno più calde sulla base del consenso della comunità
    > scientifica basato sugli output di modelli del clima terrestre che,
    > tranne alcuni, si stanno dimostrando del tutto incapaci di modellarlo in
    > modo realistico. Nel frattempo il trend di aumento delle temperature
    > sembra essersi ridotto rispetto al passato (cosiddetta pausa). Che
    > bisogna fare?

    ah … non sapevo. Mi era parso che si stracciasse record dopo record (ma in effetti, questa è una questione di livelli assoluti, e non di variazioni relative)

    > Applichiamo il famigerato “principio di precauzione” e ce ne stiamo
    > immobili? Riduciamo drasticamente le emissioni di CO2 con costi sociali
    > immensi?
    non capisco la necessità di questa correlazione. La decrescita soddisfaciente (o una crescita qualitativa) sarebbero possibili, ma manca la volontà di chi prende decisioni e le resistenze di chi sta bene così sono forti.

    > Impediamo agli esseri umani di procreare per ridurre la
    > popolazione mondiale?

    questa sarebbe, da sola, la singola misura più efficace in assoluto, per quanto impopolare.
    Purtroppo non si è preparato il terreno adatto : intendo dire che l’economia ha impostato tutto sempre sulla crescita (pur sapendo che i bordi della scatola non erano parametri liberi), e non su meccanismi di accantonamento di risorse. Inoltre forze ostili enormi (le religioni in primis) rendono accessibile questa misura solo a pochi stati (un unico lo ha fatto concretamente). Ora se la stasi si raggiunge lentamente, la curva di distribuzione demografica assume un certo aspetto (sostenibile diciamo). Ma se la frenata si presenta brusca, a seguito di un boom, allora la curva poi si impenna nella parte di vecchi e anziani, e non essendo ancora estesamente “robotizzati”, diventa problematico far funzionare il mondo civile. Quindi la frenata deve essere abbastanza dolce da garantire una certa quantità di forza lavoro (tenuto conto di aumenti o diminuzioni di produttività).
    Probabilmente lasceremo fare alla selezione, guerre per l’acqua, guerre per il cibo, che è eticamente più accettabile delle restrizioni programmate, fredde e razionali.
    Non è necessario che sia così ovunque. Si è visto che l’aumento del benessere associato a un aumento dell’istruzione, sono già da soli fattori almeno di contenimento, e a lungo termine di decrescita. Tutti i paesi civili ad alto reddito hanno tassi di natalità inferiori a 2 figli/donna, che è la soglia nominale di mero mantenimento.
    L’Africa (a macchie) e l’India sono ancora zone fuori controllo

    > Ci riduciamo tutti alle condizioni pre industriali rinunciando a tutte
    > le attività che ci hanno consentito di raggiungere lo stato di benessere
    > attuale? Impediamo a chi non ha raggiunto lo stato di benessere di
    > raggiungerlo?

    eh eh eh ! Infatti è la misura che si è tentato di fare. Il problema, è che nessuno ha più la forza materiale di farlo.
    In Africa forse, ma il baricentro dell’umanità è ormai in Asia, e l’Asia picchia i pugni sul tavolo per raggiungere in tutti gli aspetti gli standard di vita che erano stati occidentali.
    Stanno anche sviluppando alcune nostre malattie da benessere, smettendo di mangiare riso e soia per passare alla bistecca.
    Però confido che l’Asia, se da un lato ripercorra tutti i nostri errori, con una massa molto maggiore, dall’altro lo faccia a tappe accelerate.
    Di fatto la Cina (che ha emissioni di CO2 appaltate da mezzo mondo) sta tentando con ogni mezzo di orientarsi più massicciamente possibile al rinnovabile, e non nei tempi che abbiamo impiegato noi a digerire l’idea.

    Penso inoltre che entro 50 anni dovremmo diventare tutti vegani per essere sostenibili. Nel frattempo, mi sono portato avanti (sono diventato vegetariano nel 1990, e vegano 15 anni dopo).

    > Il ragionamento diventa lungo e capzioso per cui è opportuno fermarsi. 🙂
    no beh, è giusto che dopo la parte analitica, sia necessario porsi il tema in modo propositivo, altrimenti non varrebbe nemmeno la pena di capire il problema, se poi si decide a priori di contemplarlo in modo nichilista.
    Ciao e grazie della discussione :
    > Ciao, Donato.

  7. Giulio Mario Palenzona

    mi chiedo cosa consenta di escludere una seconda deglaciazione simile a quella dell’olocene (stavolta di origine antropica), relativa alle calotte.
    Il tasso di fratturazione e distacco di icebergs, persino da quella antarctica, è in aumento e quella artica in estate si avvia talvolta alla sparizione.
    I fenomeni di tipo “transizione di fase” sono spesso altamente non lineari, spesso perché possono innescarsi (almeno sino al raggiungimento di nuovi equilibri metastabili in condizioni però diverse da quelle iniziali) processi di feed-back positivo, che sottendono appunto le dinamiche esponenziali date per escluse.
    Per citare alcune possibili cause di retroazione positiva ci sono le seguenti “bombe” latenti
    1) sia sui fondali (clatrati o idrati di metano) sia nel permafrost siberiano (forse anche canadese) sono intrappolate quantità elevate di bolle di metano di origine organogena, e il metano è un gas di molte volte più efficiente come greenhouse della CO2.
    2) il disgelo di una calotta (o anche il dis-innevamento di ghiacciai), altamente riflettenti, per esporre mare, peggio terraferma, altera l’ALBEDO, ossia il rapporto tra l’energia solare assorbita e riemessa.
    Un albedo negativo tendenzialmente fa raggiungere l’equilibrio termico a T inferiori, uno positivo a T superiori.
    3) esistono molti “termoclini” e zone a salinità diversa stratificate nell’oceano, che sono metastabili sul fil di lana (ossia alterazioni piccole possono perturbare gli equilibri). E’ molto poco prevedibile come un’alterazione di questi gradienti “congelati” possa ridistribuire il calore a livello globale. Anche assumendo la parità di albedo medio globale (ipotesi arbitraria) una mera alterazione stile gulf-stream o el nino di nuova formazione, che portasse a raffrescamento delle acque alle basse latitudini ed un riscaldamento relativo di quelle a latitudini elevate, contribuirebbe a sciogliere calotte, ghiacciai e quant’altro.
    Ci andrei quindi coi piedi di osmio più che di piombo, nell’estrapolare gli scenari lineari al futuro, come fossero una necessità perché bene si adattano alla sfera percettiva quotidiana. Le transizioni di fase non sono mai lineari, e un mucchio di sabbia, prima di franare, stava assolutamente immobile

    • Donato

      Giulio Mario Palenzona, la ringrazio per il suo interessante commento in cui ha sollevato una serie di questioni piuttosto “pesanti”.
      .
      La prima questione, a mio giudizio quella di osmio, 🙂 riguarda la non linearità del sistema climatico e, in ultima analisi, le racchiude un po’ tutte. Io sono del tutto d’accordo con lei: il sistema climatico è un sistema dinamico non lineare di estrema complessità. Tali sistemi sono caratterizzati, come giustamente mette in evidenza, da condizioni di equilibrio metastabili che possono essere facilmente alterate portando il sistema in una situazione di instabilità che può o meno convergere verso una nuova condizione di equilibrio. In questa ottica la necessità di non perturbare l’equilibrio appare di grande importanza, oserei dire di vitale importanza.
      Bisogna tener presente, però, che il sistema climatico sembra essere dotato di uno o più attrattori strani che tendono a stabilizzarlo. Tale convinzione, almeno per quel che mi riguarda, si basa sull’analisi di quanto è accaduto a tale sistema nel corso delle ere geologiche. Per sua natura il sistema climatico è caratterizzato da una molteplicità di variabili (alcune ancora sconosciute, secondo me) che rendono estremamente complesso lo spazio delle fasi in cui tale sistema deve essere descritto (diciamo che ad oggi non riusciamo a descriverlo) per cui la grande capacità che ha avuto il sistema climatico di mantenersi stabile in condizioni tali da consentire lo sviluppo della vita così come la conosciamo, rende indispensabile l’esistenza di questo attrattore. In caso contrario non riusciremmo a spiegare le glaciazioni e le deglaciazioni, ma neanche fenomeni minori, ma comunque traumatici.
      A solo titolo esemplificativo vorrei citare il caso del Periodo caldo del medio Pliocene che si sviluppò circa 3,3-2,9 milioni di anni fa. In tale periodo abbiamo perso tutta la calotta glaciale groenlandese, la calotta glaciale dell’Antartico occidentale e consistenti percentuali di quella orientale. La concentrazione di CO2 atmosferica era circa quella attuale e le temperature medie globali di 2-3 gradi centigradi maggiori di quelle odierne. Eppure il sistema ha superato questo stato di equilibrio pervenendo ad altre condizioni di equilibrio tanto che le temperature medie globali e le concentrazioni di CO2 sono scese a valori ben più bassi (nuove glaciazioni e deglaciazioni). Il periodo attuale, almeno dall’inizio dell’Olocene, è stato caratterizzato da una costante (lineare) tendenza al riscaldamento inframezzata da oscillazioni al alta frequenza confrontabili se non superiori a quella che stiamo vivendo.
      .
      Lei obietterà, presumo e mi scusi se mi permetto di farlo, che nel passato le variazioni delle condizioni erano tali da consentire il raggiungimento di condizioni di equilibrio intermedie senza troppi “strappi”. In questo caso dovremmo, però, considerare il sistema climatico di tipo lineare e ciò lo abbiamo escluso a priori. In altri termini il superamento di una condizione di equilibrio metastabile in un sistema complesso non lineare non dipende dalla velocità con cui variano i parametri che lo caratterizzano.
      Questo non significa che noi umani non stiamo alterando il clima terrestre: il riscaldamento attuale è conseguenza anche (ma non esclusivamente) delle nostre attività. Il problema è il quantum: di quanto è responsabile l’opera dell’uomo? Ad oggi nessuno è in grado di dirlo. Secondo alcuni del 100%, secondo altri dello 0%, secondo me di un 50% (non è un numero a caso, ma è basato su studi scientifici che in questa sede sarebbe troppo lungo citare ed argomentare). Il problema successivo riguarda la capacità del sistema climatico di riequilibrarsi che secondo alcuni è nulla, secondo altri, tra cui io, notevole.
      .
      Per il resto sono d’accordo con lei: i rischi che ha citato sono tutti reali.
      Ciò su cui probabilmente non saremo d’accordo riguarda le soluzioni da porre in atto per evitare il superamento delle attuali condizioni di equilibrio. Secondo me è pura utopia riuscire a regolare il comportamento dell’umanità in modo tale da evitare nuove emissioni di CO2. Anche il genere umano è, a mio giudizio, un sistema dinamico comlesso non lineare che NON può essere governato. Ogni essere umano è dotato di raziocinio, libero arbitrio e via cantando, ma la collettività umana si comporta in modo irrazionale ed obbedendo a pulsioni che con il libero arbitrio hanno poco a che fare. La dimostrazione possiamo cercarla nel Protocollo di Kyoto. Da quando esso fu siglato, circa due decenni fa, le emissioni di CO2 globali non sono diminuite, anzi sono aumentate portandosi stabilmente a circa 400 ppmv con tendenza ad aumentare. E se non fosse stato per la crisi economica globale, sarebbero aumentate ancora di più. Appurata l’impossibilità antropologica di orientare le scelte del genere umano nel suo complesso (l’esempio dell’ISIS è fin troppo banale), sono dell’avviso che sarebbe buona cosa orientare le risorse umane nell’individuare misure di adattamento alle condizioni climatiche che ci attenderanno nel prossimo futuro. A questo punto sorge, però, un altro grosso problema: quali saranno queste condizioni visto che non siamo in grado di prevedere il comportamento di un sistema dinamico complesso come quello climatico? L’IPCC dice che saranno più calde sulla base del consenso della comunità scientifica basato sugli output di modelli del clima terrestre che, tranne alcuni, si stanno dimostrando del tutto incapaci di modellarlo in modo realistico. Nel frattempo il trend di aumento delle temperature sembra essersi ridotto rispetto al passato (cosiddetta pausa). Che bisogna fare?
      Applichiamo il famigerato “principio di precauzione” e ce ne stiamo immobili? Riduciamo drasticamente le emissioni di CO2 con costi sociali immensi? Impediamo agli esseri umani di procreare per ridurre la popolazione mondiale?
      Ci riduciamo tutti alle condizioni pre industriali rinunciando a tutte le attività che ci hanno consentito di raggiungere lo stato di benessere attuale? Impediamo a chi non ha raggiunto lo stato di benessere di raggiungerlo?
      .
      Il ragionamento diventa lungo e capzioso per cui è opportuno fermarsi. 🙂
      Ciao, Donato.

    • Luigi Mariani

      Donato, concordo con quasi tutto quel che hai scritto.
      C’è solo una cosa che non mi torna e cioè la frase ” Il periodo attuale, almeno dall’inizio dell’Olocene, è stato caratterizzato da una costante (lineare) tendenza al riscaldamento inframezzata da oscillazioni al alta frequenza confrontabili se non superiori a quella che stiamo vivendo.”
      -> dai dati io deduco invece che dopo il Grande Optimum Postglaciale il sistema è stato caratterizzato da una costante (lineare) tendenza al raffreddamento culminata nella PEG e inframezzata da oscillazioni ad alta frequenza confrontabili se non superiori a quella che stiamo vivendo.”
      Riscaldamento o raffreddamento?
      Ciao.
      Luigi

    • Donato

      Luigi, hai ragione. Ho modificato la frase scritta in precedenza, ma non so per quale accidente la modifica è stata scritta solo in parte. La frase da te citata doveva essere, in realtà, questa:
      “Il periodo attuale, almeno dall’inizio dell’Olocene, è stato caratterizzato da una costante (lineare) tendenza al riscaldamento, seguita da una tendenza costante (lineare) al raffreddamento molto meno accentuata della precedente, inframezzata da oscillazioni ad alta frequenza confrontabili se non superiori a quella che stiamo vivendo.”
      Credo che adesso vada meglio. Chiedo scusa per l’errore.
      Ciao, Donato.

    • Luigi Mariani

      Donato, grazie. Luigi

  8. Donato

    Noto con piacere che il titolo è stato azzeccato: su di esso (ed anche sul contenuto, fortunatamente) si è verificato un notevole consenso (superiore al 97%). 🙂
    .
    La disinformazione continua comunque a dilagare.
    Credo che tutti abbiate sentito parlare dello scienziato africano “sparito” dopo essere stato in visita al Vaticano: tutti ne parlano come di un premio nobel.
    Una breve ricerca in rete è stata sufficiente per accertare che si tratta di una bufala: non la sparizione, ma il nobel. 🙂
    Christopher Magadza, lo scienziato scomparso, faceva parte del team dell’IPCC quando questo organismo fu insignito del Nobel insieme ad Al Gore. Non si tratta di un Nobel laureate, quindi. Ulteriore esempio di correttezza dell’informazione.
    p.s.: anche la notizia della sparizione alla fine si è rivelata una bufala in quanto lo scienziato (non nobel 🙂 ) si era tranquillamente ritirato a casa propria e, grazie al cielo, gode ottima salute insieme alla sua gentile consorte.
    Ciao, Donato.

  9. Luigi Mariani

    Caro Donato,
    il testamento morale del nonno di un mio caro amico si concludeva con la frase in cui l’autore inviata i figli ad “amare la libertà e a combattere la superstizione e l’ignoranza”, frase a mio avviso attualissima e di cui il tuo scritto rende puntualmente testimonianza.
    Cercando di comprendere le motivazioni degli operatori del mondo dell’informazione che vivono diffondendo menzogne o verità deformate ad arte mi vengono in mente tante ragioni fra cui:
    – il fine della salvezza del pianeta giustifica i mezzi
    – la verità nuda e cruda attira poco il pubblico mente una menzogna verosimile o una verità infiorata sono molto più efficaci
    – è necessito diffondere solo le informazioni che piacciono alla proprietà delle testate, altrimenti non ti pagano.
    – ecc.
    Da piccolo tuttavia mi è stato insegnato che non si dicono le bugie, per cui a fronte di tale andazzo non provo altro che l’impulso irrefrenabile a non leggere i quotidiani ed a cambiare canale ogni volta che inizia un giornale radio o un telegiornale.
    Per fortuna che c’è internet che ci consente ancora di rimettere le cose a posto. C’è solo da domandarsi fino a quando dureranno questi scampoli di libertà….
    Luigi

  10. Bravo Donato! Fai benissimo a guardare “in bocca” a questi annunci roboanti, conditi in salsa piccante COP21, che ripetono cose vecchie. E il titolo del post va benissimo anche se ad ogni importante appuntamento sul clima deve (dovrebbe) essere ripetuto fino allo sfinimento.
    Franco

  11. Al giorno d’oggi c’è più disinformazione scientifica che informazione.
    Il problema è che tale disinformazione viene spacciata per verità sacrosanta, insegnata nelle sQuole e utilizzata come base culturale per le nuove generazioni!
    E tutto ciò non è solo vergognoso… ma anche criminale!
    Tra qualche decennio se i ragazzi sapranno che 2+2 fa 4 credo ci si possa ritenere più che soddisfatti!

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