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Danni da global warming

Con El Niño a ruggire nel Pacifico equatoriale, il 2015 salirà certamente ai piani alti della speciale classifica del riscaldamento globale. Ciò significa che, al 1° gennaio 2016, se non addirittura in quel di dicembre perché alcuni gestori di dataset contano gli anni da novembre a novembre ai fini della temperatura, sentiremo la grancassa del disastro climatico imminente battere a ritmo forsennato.

In effetti, siamo reduci da un’estate bella calda, soprattutto per il mese di luglio, con giugno, agosto e quel poco che è passato di settembre più indietro ma non certo freschi. Un problema? Dipende dai punti di vista. Per esempio, non lo è affatto per la produzione di uva. Pare infatti che le stime della vendemmia 2015 siano talmente favorevoli da far ritenere prossimo un nuovo sorpasso ai danni dei cugini d’oltralpe. E, questa volta, anche con ottime premesse dal punto di vista qualitativo.

E’ una notizia uscita su corriere.it venerdì scorso. Sarà prematura? In genere queste previsioni sono di gran lunga migliori di quelle meteorologiche, perciò ci farei un pensierino. Un po’ di pioggia, tantissimo sole e stagione che non si è protratta più di tanto, la combinazione ideale per la base della vinificazione.

Nel frattempo, Bloomberg fa sapere che i prezzi delle materie prime alimentari continuano a scendere per, udite udite, eccesso di offerta.

food prices
Sarà la crisi, sarà il prezzo del petrolio, sarà quel che sarà ma tutto sembra meno che un effetto di catastrofico impatto del clima sulle risorse alimentari. Sicché, la lunga (neanche tanto) estate calda ci porterà vino ottimo e abbondante, mentre il (forse) anno più caldo di sempre accompagna un miglioramento delle possibilità di accesso alle risorse alimentari.

Al riguardo, forse non del vino ma di tutto il resto sì, vorrei segnalare l’evento che si terrà nell’ambito di EXPO il 23 settembre pv, un convegno organizzato da Edison, che produce e vende energia, con il tema “Global Warming and the world food supply”. Il relatore principale sarà Paul Allan David, noto economista che si chiede: “Must we choose between designing “tech fix” policies for timely climate stabilization or for mitigating the damage?“, cioè, giochiamo per vincere o per pareggiare? Strano, il fatto che il mondo, con tutte le sue storture, la partita della fame la stia già vincendo complice un clima favorevole e non malgrado un disastro alle porte è tertium non datur.

 

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Published inAttualità

2 Comments

  1. Luigi Mariani

    Guido, in viticoltura ogni anno ha le sue pene,e d’altronde se si guardano le serie storiche delle date di vendemmia, che in Francia sono disponibili per la Cote d’or in Borgogna fin dal 1370 e che su CM ci è capitato di commentare in passato, ci si avvede che questo è un dato strutturale del clima europeo e non un portato degli ultimi decenni.
    L’anno scorso il problema enorme per la viticoltura italiana fu l’eccessiva piovosità che aveva dato uve poco sane per attacchi fungini e dunque molto difficili da gestire in cantina. Quest’anno abbiamo avuto il periodo da luglio alla prima decade di agosto (e cioè il periodo in cu gli acini si sviluppano) caratterizzato da poca pioggia, alte temperature (tre principali heat waves) ed escursioni termiche ridotte. Ciò ha dato un quadro non sempre favorevole alla qualità. In ogni caso è a mio avviso molto meglio il 2015 rispetto al 2014, nel senso che quest’anno l’enologia può fare molto per sistemare le cose, specie per le varietà medio-tardive. Tali varietà hanno inoltre beneficiato di un tempo che dalla seconda metà d’agosto si è fatto più fresco, spesso soleggiato e con escursioni termiche più accentale, il che si è tradotto in una ripresa dell’accumulo zuccherino.
    Sottolineo infine che l’agricoltura di mercato (quella che nutre il mondo) si svolge oggi su un areale vastissimo, per cui spesso i problemi in Europa vengono compensati dagli Stati Uniti, dall’Asia o addirittura dai paesi dell’Emisfero sud (che peraltro hanno raccolti sfasati di 6 mesi, il che contribuisce a stabilizzare i mercati). Da ciò il fatto che gli scoop giornalistici sono spesso inopportuni, nel senso che non colgono il fenomeno. I mercati sono spesso più sensibili alla realtà e ben fai a citare i prezzi bassi come sintomo di produzioni mondiali sopra la norma.

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