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Energia reale e virtuale

Historia magistra vitae“. Già diversi anni or sono, i climatologi ci dicevano che, per mantenere entro i 2°C l’aumento di temperatura dovuto all’effetto-serra antropico, le nostre emissioni di gas-serra avrebbero dovuto raggiungere il massimo non dopo il 2015, e quindi scendere del 3% all’anno. Ora siamo nel 2015, ma, salvo una crisi persistente e crescente della Cina, le emissioni continueranno a crescere come il consumo mondiale di energia primaria (circa del 2% all’anno, come da molti anni).

Oggi la potenza primaria utilizzata dall’Umanità è circa 15 TW, per il 90% da fonti fossili. Per bloccare le emissioni dovremmo ogni anno aggiungere quel 2%, cioè 300 GW, completamente “carbon free”. Se poi volessimo ridurre le emissioni del 3% l’anno, come chiedono i climatologi, dovremmo sostituire fonti fossili con fonti “carbon free” per altri 450 GW l’anno: in tutto dovremmo attivare 750 GW “carbon free” l’anno.

Supponendo per le centrali termoelettriche e le nucleari un rendimento medio del 33%, quei 750 GW da sottrarre ogni anno alle fonti fossili potrebbero essere forniti da 250 GWe nucleari o idroelettrici (ad acqua fluente), oppure da 2500 GW di picco di solare (per un fattore di carico del 10%) o da 1250 GW di picco di eolico (per un fattore di carico del 20%). Questi fattori di carico, piuttosto ridotti, tengono conto dell’utilizzo di aree geografiche anche poco dotate di sole o di vento. Si tenga poi presente che solare ed eolico sono intermittenti e richiedono comunque la coesistenza di generatori od accumuli regolabili di una potenza paragonabile. Inoltre solare ed eolico hanno un impatto molto rilevante sull’ambiente, ed in particolare sul consumo di suolo. Il parco fotovoltaico di Rovigo ha una potenza di picco di 70 MW e occupa 85 ettari: in proporzione, i suddetti 2500 GW di picco richiederebbero di coprire ogni anno di pannelli (2.500.000/70)x85 = 3.036.000 ettari = 30.360 kmq. Il parco eolico di Whitelee, presso Glasgow, con 215 turbine offre una potenza di picco di 500 MW e “artificializza” 50 kmq: in proporzione, i suddetti 1250 GW di picco richiederebbero di “artificializzare” ogni anno con torri eoliche alte anche più di un centinaio di metri un’area di (1.250.000/500)x50 = 125.000 kmq (più di un terzo della superficie dell’Italia).

Se i decisori politici credessero veramente alle previsioni dei climatologi, ed ai conseguenti disastri previsti dai “catastrofisti”, dovrebbero avviare immediatamente programmi energetici realistici, non basati su estrapolazioni arrischiate di installazioni prototipali, ma sulle opzioni che storicamente si sono dimostrate fattibili sotto tutti gli aspetti (tecnologico, ingegneristico, logistico e ambientale), e che siano realizzabili negli stretti tempi richiesti dall’evoluzione del clima.

L’articolo che allego fornisce una accurata analisi storica di due programmi del passato (anni ’70 e ’80 del secolo XX), che si sono rivelati degli innegabili successi per il fine che si erano posti (l’indipendenza energetica dalle importazioni degli idrocarburi), ma che hanno avuto come effetto collaterale una drastica riduzione delle emissioni di CO2 dei Paesi interessati: si tratta dei programmi di costruzione delle centrali elettronucleari di Svezia e Francia, che hanno permesso a quei due Paesi di disporre, ormai da molti anni, di sistemi elettrici sostanzialmente “carbon free”, basati sull’integrazione di nucleare e idroelettrico. Questi Paesi inoltre stanno estendendo sistematicamente l’uso dell’elettricità, così decarbonizzata, anche in altri settori tradizionalmente grandi consumatori di fonti fossili, come la climatizzazione degli edifici (con pompe di calore) ed i trasporti (con veicoli elettrici, ed in futuro forse anche a idrogeno, ottenibile sia per elettrolisi che per scissione diretta dell’acqua in reattori nucleari ad alta temperatura).

L’analisi dell’articolo estrapola a livello mondiale le esperienze di Svezia e Francia, dimostrando che, nella produzione di energia elettrica, per quanto riguarda gli aspetti tecnologici e industriali, sarebbe possibile sostituire in circa trent’anni tutte le fonti fossili attualmente in uso con la fissione nucleare, coadiuvata, ove possibile e conveniente, con le energie rinnovabili, in particolare la idroelettrica, che è agevolmente accumulabile e regolabile. Evidentemente, l’effettiva attuazione di una simile impresa dipenderà dalla volontà politica e dalla accettazione dell’opinione pubblica.

Qui, per l’articolo: Potential for Worldwide Displacement of Fossil-Fuel Electricity by Nuclear Energy in Three Decades Based on Extrapolation of Regional Deployment Data

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Published inAttualitàEnergia

7 Comments

  1. Paolo Errani

    A me invece piacerebbe vedere qualche dato sulla radioattività effettivamente misurata riguardo ai rifiuti che la Francia avrebbe “per decenni” scaricato nelle acque antistanti la Somalia. E possibilmente anche qualche dato riguardante la concentrazione dei vari radioisotopi individuati nei suddetti rifiuti. Grazie in anticipo.

  2. “Quanto a Chernobyl e Fukushima, temo che abbiano fatto molte meno vittime di un qualunque Vajont, per dire.”

    Ecco, appunto. Ad un articolo che, criticabile o no, pone questioni in modo quantitativo, mi aspetto che si risponda in modo quantitativo; non con parole in libertà. In altre parole, mi piacerebbe vedere un calcolo con il numero di vittime per terajoule di energia prodotta, o cose simili. Temo che l’energia nucleare non sarebbe in cima, e non solo per via degli incidenti.

  3. “ignorare Černobyl’ e Fukushima è vergognoso”

    Puoi elencare in breve quali sono le cose che non si dovrebbero ignorare sui due episodi?

    Per quanto riguarda la tua conclusione: il senso dell’articolo è che, con un paio di conti, l’opzione “carbon free” non è applicabile. Forse non era chiaro? Liberissimo di pensarla diveramente, però bisognerebbe entrare nel merito dei dettagli dei calcoli.

    Sono curioso di sapere cos’è l’opzione “energy free”.

    • A Černobyl’ e Fukushima ci sono stati degli incidenti nucleari che nessuna persona al mondo dovrebbe ignorare. Da sempre, un impianto grosso (e quindi remunerativo), è di gran lungo più pericoloso di 10 impianti piccoli… che, però, non rendono (economicamente) come quelli grossi.

      Il discorso è quindi….:

      1) mantenere l’attuale crescita dei consumi e cercare in tutti i modi di produrre quanta più energia possibile…..?

      2) ridurre la dipendenza energetica favorendo l’uso di tecnologie “energy free”, ovvero che NON RICHIEDONO energia elettrica. (Esempi? Case con riscaldamento e raffreddamento “passivo”….)

      Poi ognuno è libero di pensarla come meglio crede. Ho lavorato nel settore dei semiconduttori per 5 anni e so che nessuna industria di quel tipo può lavorare con centrali elettriche a produzione “non lineare” (come il fotovoltaico). A meno di non sovradimensionarle in modo esagerato. E comunque è difficile essere “carbon free” e autosufficiente se nello sviluppo di nuove tecnologie e prodotti si parte dal presupposto che abbiamo tutta l’energia che vogliamo per fare qualsiasi cosa.
      Pensate ad esempio a quanto spreco di energia c’è nell’ambito dell’illuminazione pubblica… dove solo da pochi anni si iniziano a vedere le tecnologie a led. Oppure, come accennato prima, nel riscaldamento e raffreddamento delle case. Eppure ci sono zone del mondo, come le oasi dei deserti, dove le case venivano raffreddate con sistemi “passivi”… esattamente come facevano gli antichi romani con le loro case. Tecnologie che oggi si chiamano, ad esempio, “pozzo canadese”. Ma so che a molti l’idea di tornare a tecnologie “passive” non piacerà… quindi spingete pure per il nucleare… e mi raccomando, offritevi volontari per avere un bel deposito di scorie radioattive nella vostra cantina di casa!

    • Luca Maggiolini

      Cos’è l’opzione “energy free”? Non scrivere con un pc su un sito web, ad esempio. Non usare il cellulare, il frigorifero, la stufa, l’automobile, il computer, la luce.
      Son tutti bravi con la bocca, ma nessuno che davvero applichi quel principio: tornarndosene a vivere di raccolta, caccia e pesca nelle caverne. Meglio farlo al calduccio sparando frasi ad effetto su internet.
      Quanto a Chernobyl e Fukushima, temo che abbiano fatto molte meno vittime di un qualunque Vajont, per dire.
      E continuare a dire che i reattori a fissione producono “montagne di rifiuti” è una bugia bella e buona, nemmeno una inesattezza.

  4. Donato

    “Evidentemente, l’effettiva attuazione di una simile impresa dipenderà dalla volontà politica e dalla accettazione dell’opinione pubblica.”
    .
    Quanto scrive il prof. Mathis nelle due righe citate rappresenta l’epitaffio su tutte le politiche energetiche possibili e razionali. Manca, infatti, qualsiasi volontà politica di attuare politiche energetiche efficaci ed efficienti e l’opinione pubblica è d’accordo su questo immobilismo assoluto. Nel frattempo ci si bea dei “successi” delle energie alternative i cui effetti positivi sono sbandierati ai quattro venti senza che nessuno si preoccupi di considerare i numeri che il prof. Mathis ha efficacemente indicato nel suo articolo.
    E’ in questa “terra di nessuno” che separa l’utopia delle rinnovabili senza se e senza ma (biocombustibili, biomasse, solare ed eolica, principalmente) dalla realtà energetica attuale (fonti fossili) che prosperano i business dell’energia, dei certificati verdi e di tutti i palliativi che rendono fosco il nostro futuro energetico.
    Oggi come oggi, stante l’aleatorietà della fusione nucleare (la ricerca scientifica non è riuscita a realizzare neanche un prototipo di reattore funzionante) e l’improbabile copertura dell’intero orbe terracqueo con pannelli fotovoltaici e turbine eoliche, l’unica fonte di energia veramente rinnovabile ed economica è il risparmio energetico. L’utilizzo di pompe di calore ad alimentazione elettrica in edifici pesantemente isolati anche con tecniche innovative come i materassini a vuoto (come i thermos, per intenderci) e lo sviluppo di tecnologie in grado di garantire performance dei motori (elettrici ed a combustibile fossile) uguali o superiori a quelle attuali, ma con fabbisogno energetico molto inferiore rappresenta l’unica soluzione valida che ci consentirà di ridurre le emissioni attraverso una drastica riduzione dei consumi e senza rinunciare agli standard di vita cui siamo giunti.
    Altre forme di approvvigionamento energetico sono del tutto illusorie in quanto i tempi necessari alla transizione energetica dal fossile alle alternative richiede circa un secolo. Ammesso e non concesso che le tecnologie per produrre energie alternative siano mature al punto giusto da consentire tale transizione energetica.
    Ciao, Donato.

  5. Pensare di utilizzare l’energia nucleare per alimentare tutto il consumo di energia attualmente raggiunto è utopistico e totalmente privo di logica e fondamento.
    Pensare infatti all’energia nucleare come un qualcosa di “pulito” è totalmente sbagliato: La FUSIONE nucleare richiede ancora parecchi decenni prima di diventare “matura” ed iniziarne l’uso sistematico. La FISSIONE nucleare, già matura da un pezzo, genera un’infinità di RIFIUTI RADIOATTIVI e potenziali problemi (ignorare Černobyl’ e Fukushima è vergognoso) che le prossime generazioni dovranno in qualche modo bonificare. Non è accettabile, neanche in linea teoria, continuare ad accumularne nel SOTTOSUOLO o in fondo al mare (come ha fatto la Francia, per decenni, scaricando rifiuti radioattivi e tossici nelle acque antistanti la Somalia).

    L’unico modo che abbiamo per andare avanti ed evitare un collasso sociale dovuto all’esaurimento delle fonti fossili o comunque a problemi di approvvigionamento dell’energia elettrica, è quello di ridurre i consumi e adottare tecnologie “carbon free” ed “energy free”, cosa che, negli ultimi anni, viene vista come aberrante!

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