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Nel paese dei mulini a vento le auto elettriche vanno a carbone

electriccarsIl fatto che in Olanda i mulini fossero a vento e da noi essenzialmente ad acqua probabilmente non è casuale. Costantemente esposta alle westerlies, le intense correnti occidentali che soffiano dall’Atlantico verso l’Europa, l’Olanda è un paese dal forte potenziale eolico. Prova ne sia il fatto che tra produzione sulla terraferma, le classiche pale, e off-shore, torri ancorate ai fondali marini, alla fine del 2014 è arrivata ad una produzione di poco inferiore ai 3GW, poco più di un terzo di quella Italiana, a fronte di un territorio decisamente inferiore.

Un territorio percorribile in poche ore in ogni direzione, è l’ideale per l’impiego di auto elettriche, il cui basso impatto ambientale per veicolo, si sconta però, con le attuali tecnologie disponibili, con una scarsa autonomia di percorrenza. Infatti, pur nel suo piccolo, l’Olanda è il secondo paese al mondo per numero di auto elettriche. Soltanto l’anno scorso, ben il 4% dei veicoli venduti è stato elettrico. Il tutto, ovviamente, con lo scopo di affrancarsi dall’impiego di combustibili fossili (di cui comunque il porto di Rotterdam è fulcro europeo e globale – not in my backyard, verrebbe da dire) e di ridurre l’impatto ambientale e climatico della mobilità.

Da che mondo è mondo, tuttavia, l’aumento della disponibilità di una commodity, ne ha aumentato i consumi. Sicchè, non può essere una sorpresa il fatto che l’aumento del numero di auto elettriche circolanti abbia fatto crescere molto la domanda di energia. Del resto, la ricarica completa di un’auto consuma quanto un frigorifero in 40 giorni. Come soddisfare quindi tale accresciuto fabbisogno? Con le pale in oppure off-shore? Niente di tutto questo: per far fronte all’aumento della domanda, che per il 2030 si prevede cresca del addirittura del 50%, nel paese dei mulini a vento sono state costruite tre nuove grandi centrali a carbone, di cui due proprio a Rotterdam (qui e qui). Le risorse rinnovabili, sono troppo più care di quelle tradizionali, dicono. A patto poi di trovare anche il posto per tutte le pale che servirebbero, c’è da aggiungere.

Sicché, tra breve nel centro di Rotterdam si potrà girare solo con auto a impatto zero, dal tubo di scappamento, ma a impatto massimo per tutto il resto. Boh…

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Published inAttualità

28 Comments

  1. Giacomo

    Mi pare che a molti sfugga una cosa. I problemi delle auto a combustione odierne sono 2: sanitario (diesel e benzina emettono in aria sostanze cancerogene) e ambientale (CO2 e altri gas nocivi).

    Produrre energia in pochi impianti controllati e non con milioni di piccoli motori inquinanti sparsi per la nazione è un SENSAZIONALE passo avanti! Anche se in questa prima fase storica magari non abbatto molto la CO2 complessiva.

    Una domanda: ma voi le immondizie a casa vostra le spargete qui e là in ogni stanza, o le raccogliete in un bidone? Pensate sia meglio smaltirsi la spazzatura ognuno nel proprio giardino, o avere una discarica controllata e controllabile in un unico luogo?

    La questione è tutta qui signori, ben venga l’auto elettrica in questi termini!!! Si avrebbe aria PULITA nelle città e in tutti i centri abitati.

    • Fabrizio Giudici

      Giacomo, la considerazione che fai sulla concentrazione dei problemi è corretta, e penso che non ci siano persone che non la condividono. Per cui, forse è a te che sfugge un altro particolare: la sosteniblità della soluzione. Perché un conto è dire “che bello le auto elettriche, che permettono di concentrare in pochi posti il problema dell’inquinamento”; altro è verificare se la cosa è veramente fattibile con le tecnologie odierne. La tua considerazione è qualitativa, ma non quantitativa. Sopra sono state poste obiezioni quantitative alla realizzabilità della soluzione, legate alla disponibilità di energia elettrica, sia come produzione che come distribuzione.

      Permettimi anche di portare avanti la tua considerazione sulla concentrazione dei rischi: è perfettamente applicabile all’energia nucleare. Infatti non esiste altra forma di creazione di energia dove i rischi sono concentrati così come per il nucleare, tenendo presente oltretutto la sua resa elevatissima. Se si ragionasse con questa coerenza, ben vengano le auto elettriche in città (fuori città è tutta un’altra storia, perché ci sono grossi limiti di prestazioni).

  2. sonia

    Cortesemente, chiedo di conoscere da quale fonte si è appresa la notizia della costruzione di queste 2 nuove centrali a carbone a Rotterdam e quando sono state costruite. Grazie

  3. Donato

    @ Claudio

    Tra il primo plasma e la produzione ce ne passa. Poi una volta prodotto il primo plasma e ottenuta la reazione che si autosostiene, completata la fase sperimentale, verrà tutto distrutto e si procederà con nuovi impianti appositamente destinati alla produzione.
    Concordo sul fatto che il tempo passa molto più velocemente di quanto sembri e proprio per questo sono pessimista: considerando la mia aspettativa di vita, credi che ce la faremo in 25 anni? Se si forse la vedrò questa benedetta fusione, se no …. pazienza. 🙂
    Ciao, Donato.

  4. Mario

    Fusione, fusione, fusione, secondo me 🙂

    • Donato

      Magari! Il problema è che è ancora molto lontana, troppo lontana: diciamo che è una speranza. 🙂
      Ciao, Donato.

    • Claudio

      ….beh, dai: aspettiamo almeno il 2020 (Il primo plasma dovrebbe essere generato entro 2019-2020) Il tempo passa molto + velocemente di quanto sembri…

  5. Fabrizio Giudici

    Benedetto, una domanda da totale ignorante.

    “Questo perché un buon impianto moderno turbogas, per esempio, ha rendimenti vicini al 50% (con cogenerazione) ed inoltre gli scarichi sono sempre filtrati e controllati. Oltre a questo, le auto elettriche hanno un rendimento molto elevato (90% teorico contro 30% […]”

    Il rendimento “finale” non dovrebbe essere il prodotto dei rendimenti (centrale * motore auto)? 50% * 90% fa 45%, da paragonare con il 30%. Ma poi non dovremmo mettere in conto anche la dispersione sulle linee elettriche? Che magari in Olanda sarà bassa, perché il paese è piccolo. Quanto è la dispersione media della rete italiana?

    Grazie.

    • Benedetto Tozzi

      Non so sinceramente quanto sia la perdita sulle reti elettriche. Il ragionamento sui rendimenti non è semplice, io l’ho fatto in via qualitativa. Considerando 1 litro di benzina, potremmo immaginare che 1/2 litro diventa energia elettrica e il 90% di questo mezzo litro diventa energia cinetica di una ipotetica auto elettrica (a meno delle dispersioni sulla linea e del rendimento in fase di ricarica). Nel caso di auto tradizionale 0,3 litri diventano energia cinetica (idealmente, perché nella pratica è molto di meno: fermi al semaforo, punti di funzionamento non al massimo rendimento praticamente sempre).

    • Maurizio Rovati

      – La perdita di trasporto dell’energia elettrica va dal 5 al 12 %

      – Il ciclo carica e scarica delle batterie comporta una perdita del 25%, più la carica e la scarica sono rapide minore è il rendimento.

      – Il recupero dell’energia cinetica utilizzando il motore come generatore non supera il 25%, ma solo in condizioni ideali, in autostrada o su lunghe percorrenze a velocità costante tale recupero è ininfluente.

      – Le polveri sottili non sono prodotte solo dal traffico di veicoli a motore termico e dal consumo dei freni(!) molte sono di origine naturale. Mi meraviglio che non si calcoli il consumo degli pneumatici che è di gran lunga maggiore di quello dei freni, forse è perché le auto elettriche hanno anche loro ruote di gomma (sennò sarebbero tram) e allora si deve glissare…

      Saluti.

    • Fabrizio Giudici

      Grazie Maurizio. Effettivamente sono molti i fattori di inefficienza che bisogna considerare, e alla fine riducono il vantaggio. Un 10% di dispersione nella rete riduce ulteriormente quel 45% al 40%, a confronto con il 30%. E bisognerebbe fare un calcolo più preciso che tiene conto di tutto.

      Detto questo, io non sono contrario alle auto elettriche: in generale, per quanto mi riguarda, dovrebbero esistere due tipi di auto, quelle da città e quelle per il resto dei casi. In città mi andrebbe benissimo usare quasi sempre un’utilitaria, magari elettrica, e affittata. Secondo me è su questo modello che bisognerebbe insistere, e non puntare tutto sul trasporto pubblico, che necessita di infrastrutture costose e, per quello che vedo, è sempre in ritardo sulle esigenze degli utenti.

      Il punto è che bisogna vedere quale modello è sostenibile anche economicamente. Essendo favorevole al nucleare, dal mio punto di vista, l’auto elettrica potrebbe benissimo trarne vantaggio. L’importante è che si discuta su casi reali e non su modelli teorici.

    • Rinaldo Sorgenti

      Le perdite di rete, dovute alla trasmissione elettrica via cavo sull’intero territorio nazionale, sono meno del 5%.

    • Maurizio Rovati

      SE si tratta di linee ad alta tensione le perdite sono abbastanza contenute ma poi occorre arrivare all’utenza finale in media e bassa tensione e lì le cose cambiano parecchio, infatti….

      “le dispersioni naturali di energia durante il trasporto dell’elettricità dalla centrale elettrica al luogo di fornitura. Sono fissate in modo convenzionale dall’Autorità pari al 10,4% dell’energia prelevata: cioè, se per conto del fornitore vengono immessi dalla centrale nella rete di trasporto 110,4 kWh di elettricità, al Punto di prelievo (ad esempio nell’abitazione del cliente), ne arriveranno 100 kWh

      http://www.autorita.energia.it/it/glossario/termini/termine-perdite.htm

      E se lo dicono loro che hanno il coltello dalla parte del manico…

      Saluti.

  6. Donato

    Tra i paesi UE l’Olanda è uno dei meno accomodanti in fatto di mitigazione, di adattamento e di sostegno economico ai Paesi in via di sviluppo. In occasione dell’ultimo incontro preparatorio della COP21, a Bonn, fu proprio il delegato olandese a battere i pugni sul tavolo dicendo chiaro e tondo che i paesi in via di sviluppo non possono pretendere soldi ed essere esentati dal rispetto dei vincoli cui sono sottoposti tutti gli altri. A Parigi ne vedremo delle belle! 🙂
    La vicenda delle centrali a carbone è emblematica di questa posizione internazionale dell’Olanda.
    Ciao, Donato.

    • Rinaldo Sorgenti

      La vicenda delle centrali a Carbone in Olanda è emblematica … della razionalità, in questo campo, degli olandesi, che estraggono il Gas Naturale sul proprio territorio e lo esportano ad altri Paesi, tra cui l’Italia, e loro importano Carbone (che non producono sul proprio territorio), per produrre abbondante elettricità a condizioni davvero ragionevoli e sostenibili a casa loro.
      L’esatto opposto di quanto succede in Italia, ancora pare, il 2° Paese manifatturiero d’Europa, che utilizza pochissimo il Carbone per la produzione elettrica nazionale ed è costretto ad importare l’elettricità d’Oltralpe per circa il 15% dei propri consumi elettrici nazionali, nonostante l’Italia oltre il doppio della teorica potenza installata. Teorica, perché è difficile definirla tale, quando tale “potenza” è in buona misura intermittente; quando contempla anche una discreta quantità di vecchi impianti obsoleti e spendi da molti anni (ma non smantellati per ragioni di costo) e come risultante abbiamo l’elettricità più cara d’Europa, a tutto danno della competitività del ns. sistema manifatturiero Paese! Fantastico, vero? Ma siamo divenuti il Paese che produce più elettricità da Solare al mondo! Caspita, dei veri geni!

  7. Maurizio Zuccherini

    Da Quattroruote, per un servizio su un auto plug in: “A dispetto delle più rosee previsioni, le auto elettriche a batteria hanno tuttora una diffusione assai limitata, condizionata dalla disponibilità di punti di ricarica e dalla generosità degli (eventuali) incentivi. Non è un caso, infatti, che la Norvegia sia il paese con la maggior presenza di veicoli a batteria: là le agevolazioni sono tali (a partire dall’esenzione dell’IVA e dalla capillarità della rete di ricarica) da renderli convenienti nonostante il loro maggior costo e le limitazioni all’uso che essi comportano. Di sicuro, però, nel prossimo futuro saranno lanciati numerosi modelli ibridi plugin. Il perché è presto detto: danno un importante aiuto alle Case a raggiungere gli obbiettivi di abbattimento dell’anidride carbonica, grazie alla normativa a loro favorevole che di fatto non considera nel calcolo dei consumi e delle emissioni di CO2 la percorrenza effettuata con le batterie. Su questo fronte sono più attivi i Costruttori premium, visto che i loro modelli sono mediamente più grossi e potenti e quindi sfavoriti dal punto di vista dei consumi.” Mi sembra chiara la vera ragione che spinge i costruttori. Ribadisco pertanto che, a mio giudizio, le vetture elettriche sono una bufala.

  8. Benedetto Tozzi

    Buongiorno,

    La mobilità elettrica risolve, sostanzialmente, l’inquinamento in città. Anche se tutta l’energia elettrica necessaria a ricaricare le auto venisse prodotta con fonti fossili e non con fonti rinnovabili, il rendimento complessivo del “sistema mobilità urbana” sarebbe comunque elevato. Questo perché un buon impianto moderno turbogas, per esempio, ha rendimenti vicini al 50% (con cogenerazione) ed inoltre gli scarichi sono sempre filtrati e controllati. Oltre a questo, le auto elettriche hanno un rendimento molto elevato (90% teorico contro 30% teorico di un motore a combustione interna) e, soprattutto, consumano solo quando sono in movimento (al semaforo sono spente) e possono ricaricare le batterie in frenata. La frenata, inoltre, potrebbe essere solo “elettrica” evitando quindi anche la produzione di particolato dovuto all’usura delle pasticche dei freni. Ultimo, ma non ultimo, sono silenziose e riducono quindi anche l’inquinamento acustico.

    Nel complesso, quindi, un sistema di questo tipo permetterebbe un consumo complessivo di combustibile fossile inferiore e consentirebbe di avere aria pulita nelle città.

    Unico vero problema, ad oggi, è la gestione delle batterie (durata e smaltimento) nonché l’accesso alle materie prime per costruirle. Il vero salto verso la trazione elettrica avverrà grazie a batterie a carica rapida e poco costose.

    Cordiali saluti

    • Benedetto, ma se le cose stanno così – e non ho ragione di non crederci – perché si risponde all’aumento di domanda costruendo centrali a carbone? Perché costa meno? E allora di cosa stiamo parlando?
      gg

    • Benedetto Tozzi

      La scelta del carbone è ovviamente dettata da motivi economici. Sinceramente non conosco i rendimenti di una centrale a carbone né quanti inquini (soprattutto paragonata ad una centrale a gas). A livello qualitativo, comunque, il discorso non cambia (a meno che il carbone non sia talmente inquinante da ribaltare il discorso).
      Portando però il ragionamento a casa nostra, il tutto funzionerebbe molto bene dato che produciamo molta energia elettrica con il gas (sempre se, come già detto, ci sarà un salto tecnologico per le batterie)

    • Rinaldo Sorgenti

      E’ indubbio che il poter disporre di abbondante elettricità a condizioni davvero ragionevoli e sostenibili sia un fattore importante di benessere e di sviluppo.
      La mobilità elettrica, nei grandi centri abitati, indubbiamente consentirebbe un’importante riduzione degli inquinanti nocivi in atmosfera (Particolato fine, Ossidi di Zolfo e di Azoto).

      Si costruiscono Centrali termoelettriche a Carbone, perché questo è un modo razionale di produzione dell’elettricità in abbondanza ed a condizioni ragionevoli e davvero sostenibili.
      Infatti, una moderna Centrale a Carbone ha il medesimo impatto ambientale di una moderna Centrale alimentata a Gas Naturale, soprattutto se si considera il modo in cui tali moderne centrali a Gas possono essere utilizzate nel nostro paese. Vale a dire ad intermittenza ed a ridotto regime, causa l’elevato costo del combustibile. Anche dal punto di vista delle emissioni di CO2, non è affatto vero che uytilizzare il Gas Naturale comporti minori emissioni di GHG, perché questi, se del caso, vanno valutati nell’intero “Ciclo di Vita”, dall’estrazione dai giacimenti all’utilizzo finale. Chissà pèerchè, delle emissioni “pre-combustione” del Gas Naturale non si parli praticamente mai e le relative emissioni in fase di estrazione NON siano affatto conteggiate dagli scienziati UN-IPCC. Per non parlare mdel parametro di equivalenza tra le molecole di CO2 e di CH4 (Metano), che non vanno certo considerate in un lungo lasso temporale (100 anni come proponevano UN-IPCC!), ma eventualmente in un lasso di tempo ridotto: 20 anni. Ed allora si che i numeri ballano, alla grande. Ma basta non dirlo a nessuno!

    • Filippo Turturici

      Mettiamo che invece siano solamente e puramente centrali a carbone, per semplicità. Il rendimento totale del sistema magari migliora, mettiamo un 40% (45% X 90%) contro un 30%. Il carbone però emette decisamente più CO2, all’incirca 1 contro 0.75 come proporzione: a livello di emissioni di anidride carbonica, rientriamo dunque in pari. In compenso, dobbiamo costruire una rete di distribuzione nuova e più complessa, oltre ai veicoli che di loro sono anch’essi più complessi e costosi, con parti delicate (anche come smaltimento una volta esaurite) quali le batterie. E sono veicoli che vanno benissimo a chi deve spostarsi sempre e solo in un raggio limitato, non certamente a chi deve “viaggiare”, fosse per affari o per diletto. Non si vede dunque un netto guadagno ambientale, in questo caso; coi cicli combinati a gas le cose migliorerebbero, ma in maniera forse “non decisiva”.

    • Benedetto Tozzi

      Infatti il vantaggio evidente non si avrebbe a livello globale quanto, piuttosto, a livello locale. In città non si avrebbero più polveri sottili, né da combustione né da usura dei freni. Inoltre, i filtri e i sistemi di abbattimento degli inquinanti (quelli veri, non la CO2) di una centrale elettrica sono nettamente pù efficienti di quelli di un’auto con motore a scoppio. Va anche considerato che il rendimento termodinamico di una centrale è un valore misurabile in maniera accurata e da cui non ci si discosta (gli impianti lavorano a punto fisso di massimo rendimento). Il rendimento del motore a scoppio arriva al 30% in condizioni ottimali ma, utilizzato in città crolla drammaticamente: le auto funzionano spesso da “stufe” e i motori non lavorano mai al punto di rendimento massimo.

      Per ciò che riguarda la complessità del mezzo, ritengo l’auto elettrica più semplice: non ha molti componenti e non c’è necessità di trasformare il moto da alternato a rotatorio inoltre non ha bisogno di un cambio (coppia massima allo spunto che decresce al crescere dei giri motore). Basta guardare un semplice tram cittadino e confrontarlo con un autobus per farsi una idea.

    • Filippo Turturici

      Intendo, che l’auto elettrica è più costosa a parità di potenza, almeno per ora: non intendevo la semplice complessità tecnica, mi sono espresso male.
      Sul discorso sono certamente d’accordo – soprattutto sui “veri” inquinanti – e aggiungerei che anche in altri ambiti si potrebbero usare molti più veicoli elettrici es. negli aeroporti. L’auto elettrica sarebbe anche un ottimo “cliente” per i reattori nucleari, volendo, oltre che per gas o rinnovabili – non esagererei coll’uso del gas, non sempre i fornitori sono affidabili sul lungo periodo, oltre ai costi della materia prima. Credo che però finché non risolveremo i 3 problemi delle batterie: durata di carica, velocità di carica ed affidabilità (sicurezza*); non ci sarà l’auspicato boom dell’auto elettrica, nemmeno a livello locale. Però, credo che il futuro a breve e medio termine sarà verso auto ibride, non più solo a combustione interna ma nemmeno solo elettriche.

      * Es. il rischio incendio delle batterie litio-ioni:

      https://en.wikipedia.org/wiki/Plug-in_electric_vehicle_fire_incidents

  9. Maurizio Zuccherini

    Pur non avendo alcuna competenza specifica nel settore, da anni sostengo che quella delle vetture elettriche plug in non è una soluzione. L’alto costo degli accumulatori, la loro limitata durata e l’assorbimento di corrente sono ostacoli di rilievo. La realizzazione delle infrastrutture per consentire un uso generalizzato comporta costi altissimi. E l’inquinamento viene solo spostato nello spazio, dal tubo di scappamento alla centrale di produzione. Lo scrivo da anni. Il mainstream non ha mai tenuto conto di questi fatti e insiste da anni in questa direzione, con le case automobilistiche che sbandierano la loro produzione di auto elettriche come un progresso ecologico. E’ un’altra bufala. La Toyota è l’unica ad aver cambiato direzione, con i sistemi ibridi e le fuel cell, queste si sono la soluzione.

    • Di Fuel-cells ne esistono di vario tipo ma quelle maggiormente utilizzate o previste per l’autotrazione sono alimentate a Idrogeno (le altre vengono alimentate a Metano).
      Se questa è una soluzione valida, allora io sono Paperon De’ Paperoni.
      Motivo?
      L’Idrogeno è un gas che non esiste nella sua forma LIBERA in Natura, sul nostro pianeta. L’unico modo per averlo è estrarlo da altre molecole. E farlo comporta un dispendio di energia molto elevato.
      Inoltre l’Idrogeno ha la brutta abitudine di permeare qualsiasi materiale, anche multistrato. Pertanto il tempo di stoccaggio, nei serbadoi, deve essere limitato.
      Vi è poi un problema di sicurezza… in quanto i veicoli che lo utilizzano, fanno uso di serbadoi ad alta pressione. Sicuri, certo, ma in caso di esplosione sono guai.

      In definitiva… qual’è la soluzione?
      Limitare gli spostamenti. E’ impensabile usare auto elettriche o a fuel-cells per farne un’uso come quello delle auto a benzina, gasolio o gas… ovvero uno status-symbol da mostrare a tutti e utilizzarle anche per fare 100 metri, da casa alla scuola dei figli, lasciandola in 2a fila ad ostruire magari il passaggio di un’ambulanza in codice rosso.

      Ma il discorso, riduzione dei consumi, va applicato anche alla CASA….

    • Rinaldo Sorgenti

      Le hanno mai detto che la produzione elettrica concentrata in grandi impianti, dotati delle moderne tecnologie di filtrazione ed abbattimento delle emissioni nocive è certamente una soluzione razionale e che riduce drasticamente l’inquinamento?
      Questo è nella realtà.
      Per rendersene conto potrebbe anche valutare quali sono le emissioni delle singole caldaiette domestiche alimentate a Gas Naturale, che nel passato hanno sostituito in molti casi il riscaldamento centralizzato. Ebbene, se si moltiplicassero i fattori emissivi e di efficienza di quelle caldaiette per il loro numero ed i dati si comparassero poi con quelli di un’equivalente grande impianto centralizzato, il risultato sarebbe eclatante.

      Ma la moda ed i luoghi comuni spesso confondono le idee.

  10. Luca Maggiolini

    Fantastico.
    Come sempre, tutti bravi a parole. Poi arriva il momento in cui ci si deve confrontare con la dura e cruda realtà e allora…..

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