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COP21- Parigi – Giorno 1: Preliminari e passerella

Inizia oggi un diario in cui cercherò, nei limiti delle mie possibilità, di seguire l’evolversi della 21a Conferenza delle Parti in corso a Parigi.
Contrariamente a quanto è avvenuto per le precedenti Conferenze (almeno le ultime 2) i riflettori dei media sono puntati su Parigi e su quanto avviene a Le Bourget, il centro in cui, materialmente, avvengono incontri, relazioni e via cantando. Io cercherò di seguire gli aspetti che più ci riguardano, qui su CM, ovvero l’evoluzione delle trattative tra i delegati in vista dell’accordo finale. Oggi mi consento, però, una divagazione guardando un po’ in giro per vedere che cosa succede: un po’ come quando si entra in una fiera, una mostra et similia e, prima di concentrarsi sul settore di interesse, si girovaga senza meta.

Seguendo i media generalisti si ha l’impressione di assistere alle fasi iniziali delle kermesse in cui si assegnano i premi cinematografici. In questi casi i divi e le dive arrivano sul red carpet accolte da fotografi e cineoperatori e da torme di tifosi urlanti. Per la COP21 sono i Capi di Stato e di governo ed i vertici delle organizzazioni internazionali ad arrivare sul green carpet ove trovano il Presidente Holland ad attenderli. I “tifosi” si sono esibiti domenica, ma sorvoliamo.

Nelle due sale destinate alle riunioni plenarie troviamo quasi tutti i vertici mondiali che si alternano dal palco dei relatori. Oltre 150 tra Capi di Stato e di Governo hanno preso la parola e questo la dice lunga sulla quantità di chiacchiere che si stanno dicendo a Parigi.

Nei corridoi si punta a capire, invece, le probabilità di successo del meeting: si punta ad un accordo legalmente vincolante cui dovranno aderire tutti i partecipanti, un aumento degli impegni dei singoli Stati in quanto quelli annunciati non sono sufficienti a mantenere le temperature entro i 2° C di aumento rispetto all’epoca pre-industriale, ad un trasferimento di risorse ai paesi in via di sviluppo di 100 miliardi di dollari all’anno anche oltre il 2020 e, dulcis in fundo, un prezzo unico per il carbonio sul mercato mondiale.

Secondo gli osservatori il problema principale della conferenza è che a farla sono i politici che più che agli aspetti etici e climatici, guardano a quelli propriamente politici ovvero elettorali. Un piccolo esempio è rappresentato dalla posizione del premier australiano che aveva preannunciato un forte sostegno alla proposta neo-zelandese di eliminare ogni forma di sostegno ai combustibili fossili. Ciò avrebbe determinato in primo luogo la cancellazione delle agevolazioni per gli agricoltori e gli altri imprenditori che utilizzano il gasolio per la produzione. I gruppi di pressione hanno cominciato a far sentire la propria voce e ciò ha determinato un fulmineo ripensamento dell’interessato.

L’intervento del presidente Hollande ha delineato i tre obiettivi da raggiungere per poter parlare di successo della conferenza:
1) Definire un percorso che consenta di contenere l’aumento delle temperature a meno di 2°C, il che comporta l’istituzione di un meccanismo di revisione quinquennale per monitorare i progressi.
2) La solidarietà di tutti i partecipanti: ogni paese deve contribuire, anche se ci sarà un meccanismo di differenziazione che tenga conto dei vari stadi di sviluppo.
3) Tutti i membri della società civile devono essere chiamati a partecipare.
Ha anche detto che le dichiarazioni d’intenti e la buona volontà dei partecipanti non saranno sufficienti a Parigi.
Il terzo punto mi sembra un poco equivoco: a pensar male mi sembra che si voglia chiedere il contributo (economico, ovviamente) di noi tutti. Non si parla più di mercato unico del carbonio, ma la sostanza cambia poco.

Il premier indiano fa notare che le emissioni devono essere valutate su base individuale: l’India che emette una quantità enorme di CO2, a livello pro capite emette enormemente meno di Cina ed USA. Cominciamo a prenderci in giro.
Se è l’anidride carbonica a causare il cambiamento climatico la colpa è dei principali emettitori: a livello globale l’Asia (Cina ed India in testa) seguita da USA e UE. Nel frattempo a New Delhi il livello di PM 2,5 è a 331 microgrammi per metro cubo (1/3 di Pechino, ma circa 15 volte più del limite consigliato da OMS). A margine della Conferenza si è saputo di una non meglio precisata alleanza solare globale tra India, Francia, Canada, Cile, Etiopia, Messico ed USA. Vedremo di che si tratta nei prossimi giorni.

Il Presidente cinese nel corso del suo intervento cala il carico: i Paesi industrializzati devono aiutare in modo sostanzioso i paesi in via di Sviluppo (tra cui la Cina) nella transizione verso un’economia decarbonizzata “senza negarne le legittime esigenze” di sviluppo. Xi Jinping ha anche messo in evidenza che non bisogna forzare gli altri Paesi in quanto ognuno è libero di applicare le proprie ricette.
Detto in altri termini riducete le emissioni, dateci i soldi e non cercate di limitare il nostro sviluppo. Inoltre è meglio che vi date da fare perché il tempo stringe.

Il presidente Putin ha detto che i delegati russi hanno fatto molto per combattere il riscaldamento globale. Cosa avrà voluto dire, che ora tocca a qualcun altro?
Molto si è discusso tra Putin e gli altri partecipanti, ma non di clima, ovviamente.

Il presidente della Bolivia, Evo Morales, ha snocciolato una delle sue consuete filippiche contro il capitalismo e le responsabilità dell’Occidente sviluppato reo di attentare alla vita di Madre Terra.

La cancelliera Merkel ha tuonato contro il cambiamento climatico di origine antropica ed ha garantito il proprio impegno e quello dell’intera Europa per raggiungere gli obiettivi più ambiziosi della Conferenza (in linea con Hollande). Stessa posizione anche del nostro premier Matteo Renzi (una volta tanto l’UE parla una sola lingua).

Gli altri interventi seguono la falsariga che già conosciamo: i Paesi in via di sviluppo chiedono soldi, gli altri si impegnano a fare di più (non si sa, però, né quando, né come, né quanto).
Bello il commento di Martin Kaiser di Greenpeace:
“Abbiamo ascoltato cose buone e cose cattive dal podio, ma a conti fatti c’è un senso di grande potenziale qui a Parigi”.
Particolarmente apprezzato il riferimento di Hollande alle energie fossili come “energie di ieri” e l’annuncio di Obama di nuovi investimenti per le energie rinnovabili e di un accordo con il presidente indiano Modi per “una rivoluzionaria alleanza solare globale”.
Egli si è rammaricato, però, del fatto che pochissimi leader hanno annunciato nuovi tagli delle emissioni di carbonio.

Com’è andato il primo giorno? Secondo me molta retorica e pochi fatti concreti, ma siamo solo all’inizio. Se il buon giorno si vede dal mattino, però, mi sa che di fatti concreti ne vedremo pochi anche alla fine.

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Published inAttualitàCOP21 - Parigi

15 Comments

  1. Maurizio Rovati

    Gentilissimo Fabio:

    1- Credo nell’evoluzione selettiva e alle sinergie, non ai complotti.

    Se osserviamo il problema climatico penso che tu continui a sottovalutare alcuni aspetti extra scientifici che hanno ricaduta diretta sulla scienza.

    Chiedi “quante probabilità ci sono che scienziati corrotti, incompetenti, furbi, malintenzionati possano reggere all’interno di una comunità scientifica”?

    Ti rispondo che nel mondo in cui vivo i soldi, la carriera, il potere, la politica in cui sono immersi i centri di ricerca, hanno certamente effetti collaterali sulle carriere e sulle pubblicazioni revisionate, su ciò che passa o meno ai media.

    Senza bisogno di complotti (vabbè qualche email denuncia un certo stile, vedi climategate, ma non diamo troppo peso), tutto ciò ha effetto immediato sulla scienza che viene prodotta, perchè se non pensi come il mainstram rischi l’emarginazione, la non pubblicazione, la derisione. Tra 100 anni la Scienza si sarà corretta? Possibile, ma ora? Ora anche lo scienziato tiene famiglia!

    O vuoi negare che questo effetto selettivo (Darwiniano), indotto dalle sinergie che si creano un un ambiente dove i cordoni della borsa sono in mano alla politica, alla burocrazia statale, alla finanza e all’industria, non rappresenti un grave rischio per la Scienza? La corruzione non è ovunque direttamente proporzionale alla quantità di denaro in gioco?

    Questo non conta solo per la climatologia, vale anche per la medicina, perchè la salute è uno di quegli argomenti che vanno molto al di là dell’ambito scientifico, oppure per l’energia (Freeman Dyson sostiene che i progetti di ricerca sulla Fusione Nucleare sono arrivati a un binario morto, diventando una sorta di welfare -stipendificio- per alcuni addetti ai lavori), e non possiamo ridurre la questione a velate insinuazioni di complottismo o di irrazionalità, ignoranza e dabbenaggine.

    E allora Fabio, vuoi vedere che “Sono tutti al soldo di chissà chi” e senza nemmeno bisogno di complotti?

    Mi chiedo Fabio, sono più irrazionale io o lo sei di più tu?

    2- Della Scienza e delle Masse

    Non è neppure l’aspetto probabilistico della Scienza (del clima o meno) ad indurmi a dubitare.

    Gli studi sugli effetti del fumo, alcol, zuccheri, carne, grassi etc hanno almeno un fondamento scientificamente valido. Salvo errori o deliberate mistificazioni, non nascono dall’osservazione di un singolo evento e non predicono effetti individualmente certi ma solo statistici. Casomai il problema sorge quando certe organizzazioni, tipo OMS, partono lancia in resta trascinando i media e la politica.

    Col clima non esiste nulla di tutto questo, abbiamo infatti un solo pianeta e lo stiamo misurando con una certa precisione da pochissimo tempo.

    Secondo la tua visione, la scienza non piace alla gente perchè (al contrario delle ideologie e delle religioni) non dà certezze. C’è evidentemente del vero, perchè la climatologia mainstream offre certezze di catastrofi future senza avere nemmeno le basi statistiche.

    Non è nemmeno scienza! E tu ti ci adegui! E perchè? Per il Principio di precauzione, infatti scrivi:

    ” non è affatto certo che il riscaldamento globale attuale possa essere in buona misura sostenuto dal contributo dell’aumento dei gas serra antropici, anche se la scienza, giustamente ci sbatte in faccia tutta una serie di rischi anche importanti. E allora cosa facciamo, continuiamo a fumare, a bere alcolici, a riempirci di dolciumi e a non fare una piega in merito alle emissioni di gas serra?”

    Peccato che per i primi conosciamo decentemente gli effetti statistici, che sono scienza. Per gli effetti delle emissioni antropiche non sappiamo quasi nulla ma abbiamo già bell’e pronto il thermageddon per le masse in stile Dr Schneider:

    On the one hand, as scientists we are ethically bound to the scientific method. On the other hand, we are not just scientists but human beings as well. To do that we need to get some broad based support, to capture the public’s imagination. That, of course, means getting loads of media coverage. So we have to offer up scary scenarios, make simplified, dramatic statements, and make little mention of any doubts we might have. Each of us has to decide what the right balance is between being effective and being honest.”

    E’ questo il significato di “giustamente [la scienza]ci sbatte in faccia”…?
    E visto che Shneider stesso ammette che anche gli scienziati sono esseri umani, allora si torna al punto 1. Così, tragicamente, si dimostra anche che alcuni scienziati sono disonesti e che non c’è bisogno di nessun complotto, l’inganno infatti funziona benissimo alla luce del sole grazie a “loads of media coverage, etc”.

    Concludo su “non fare una piega in merito alle emissioni di gas serra”.

    Da sempre sostengo il concetto che l’età della pietra non è finita per mancanza di sassi, quindi se troviamo qualcosa che sostituisce le lampadine a incandescenza ed è economicamente conveniente non mi oppongo, anzi. Vale anche per i combustibili fossili, per le auto (elettriche se funzionassero), per il risparmio energetico etc. Ma non mi vengano a dire che le rinnovabili sono l’alternativa, perchè è una balla le cui ragioni stanno al punto 1.

    Nel frattempo continuo a constatare che gli “scary scenarios” non trovano posto nel presente ma restano confinati nel futuro. Certo, certissimo anzi, come dici tu, PROBABILE!

    Sempre cordialmente.

    M.

  2. Fabio Vomiero

    Vedi Maurizio che alla fine un po’ di accordo lo troviamo. Condivido il fatto che ci sia differenza tra scienza e scienziato, infatti questo concetto l’ho messo anch’io bene in evidenza proprio nella risposta per Franco, citando i vari Zichichi e Battaglia. Lo stesso concetto può valere naturalmente per tutti i campi della scienza. Semplificando molto, quante volte per esempio può succedere (e capita anche relativamente spesso) che un medico, un dietologo o uno psicologo nella vita di tutti i giorni, se ne escano con delle trovate che non hanno nessun fondamento scientifico? Ho detto anche che per fortuna, nella scienza moderna esiste una comunità scientifica (che generalmente fa testo), ciò significa che esiste una scienza, intesa anche come insieme di dati e di conoscenze, acquisita tramite pubblicazioni revisionate, che viene condivisa dai vari gruppi di ricerca che operano in tutto il mondo. Anche per la climatologia è così, e quindi se i Zichichi e i Battaglia avessero veramente qualcosa di interessante da dire, non dovrebbero fare altro che pubblicare i risultati delle loro ricerche e confrontarsi con la comunità scientifica. A questo punto, nella riflessione, pongo anche una domanda: quante probabilità ci sono che scienziati corrotti, incompetenti, furbi, malintenzionati possano reggere all’interno di una comunità scientifica? O vuoi vedere che i tutti i gruppi di ricerca americani sono al soldo di chissà chì, così come tutti i gruppi di ricerca israeliani, coreani o giapponesi? Sono tutti al soldo di chissà chì? Suvvia, cerchiamo di essere razionali, altrimenti si rischia veramente di snaturare la scienza e di farla passare per complottismo. “Gli scienziati hanno opinioni scientifiche, la Scienza ha certezze condizionate dalla resistenza della teoria alla falsificazione sperimentale”, si e no, secondo me, nel senso che la scienza non ha proprio certezze. Questo concetto l’ho già espresso più volte. Tolto il pendolo, i piani inclinati, le leggi dei gas perfetti e poco altro, la realtà concreta è fatta di sistemi complessi, per cui, l’unica possibilità per la scienza, purtroppo, è quella di pronunciarsi in termini di possibilità e probabilità. Secondo me è questo il grande problema della climatologia e di tutta la scienza dei sistemi complessi: l’impossibilità di esprimersi in termini di certezza, e questo alla gente, che in genere capisce poco di scienza, non piace. Non è certo che il fumo di tabacco, l’abuso del consumo di alcol o di carni conservate o abbrustolite mi facciano venire il cancro, non è certo che il colesterolo LDL troppo alto mi possa provocare un evento cardiovascolare, così come non è affatto certo che il riscaldamento globale attuale possa essere in buona misura sostenuto dal contributo dell’aumento dei gas serra antropici, anche se la scienza, giustamente ci sbatte in faccia tutta una serie di rischi anche importanti. E allora cosa facciamo, continuiamo a fumare, a bere alcolici, a riempirci di dolciumi e a non fare una piega in merito alle emissioni di gas serra? Perché poi il ragionamento è più o meno sempre lo stesso. Alla fine è sempre questione di scelta e ogni scelta implica sempre dei rischi e delle responsabilità.
    Ti ringrazio comunque per le risposte e per partecipare al dibattito che mi auguro sempre costruttivo.
    Saluto cordialmente

  3. Donato

    La COP21 ha ben poco di scientifico, anzi niente, secondo me. E’ una kermesse in gran parte inutile e costosa in cui i politici di mezzo mondo si esibiscono cercando di spararla più grossa di tutti gli altri. Il lavoro grosso è quello che si fa dietro le quinte, ma non durante la COP, bensì negli incontri preparatori. A Parigi circolano la bellezza di 40.000 persone tra delegati, politici, ong, staff, servizi e via cantando: figuratevi cosa si riuscirebbe a decidere se li mettessimo tutti insieme. Nelle plenarie non si decide un bel niente: sono solo delle vetrine e nulla più. Nelle stanze interne, al riparo dai riflettori, gli sherpa tessono le loro tele che verranno esposte al sole nelle fasi finali della conferenza. A parole sono tutti pro-scienza, pro-morale, pro-etica, pro-poveri, pro-pianeta, pro-clima; nella sostanza l’unica cosa che conta sono i soldi e gli interessi nazionali. Per noi europei ciò che succederà a Parigi non conta un fico secco: gli accordi sottoscritti tra i 28 Paesi membri sono già vincolanti ed enormemente più ambiziosi di quelli che, forse, si sottoscriveranno a Parigi (veramente si sottoscriveranno nel 2016 in occasione di un’altra cerimonia megagalattica, ma questo è un altro discorso).
    La scienza di cui si parlava nei commenti è a monte e rappresenta la leva che consente di aprire i forzieri delle varie Nazioni, un semplice strumento e nulla più.
    Sto seguendo la lunga evoluzione della situazione da mesi e, alla fine, questa è l’amara conclusione. Se la scienza fosse al centro di tutto non ci sarebbe motivo di giocare a tira e molla tra chi vuole di più e chi vuole dare di meno: si seguirebbero le indicazioni degli scienziati corrette o sbagliate che siano.
    Ciao, Donato.

  4. Fabio Vomiero

    Gentile Maurizio, un giorno magari cercherò di argomentare bene i motivi per cui in genere tendo a credere nella scienza, la quale, nonostante i limiti, rappresenta comunque l’unico sistema che abbiamo per poter tentare di costruire una interpretazione della realtà con il più basso grado di approssimazione possibile, fino a prova contraria. La scienza quindi è obiettiva, non catastrofista, ed è nata proprio con lo scopo di riuscire ad arginare l’innata tendenza al pregiudizio e all’opinione soggettiva. E la scienza del clima è scienza, non stregoneria. Detto questo, mi permetto di farti notare che le fonti che hai citato, tranne forse Hansen, non costituiscono assolutamente esempi di evidenza scientifica, ma tentativi, peraltro maldestri, di interpretazione mediatica di contenuti scientifici. Dobbiamo sempre stare molto attenti a non confondere i due domini, altrimenti rischiamo di fare un danno alla scienza, quella vera.
    Saluto cordialmente

    • Maurizio Rovati

      Gentilissimo Fabio, forse c’è un equivoco. O forse c’è solo confusione di ruoli, ma è un discorso fatto mille volte che purtroppo stenta ad essere compreso.

      Bada bene che anch’io non solo tendo a credere, ma ci credo proprio nella Scienza, ne ho la massima fiducia.
      Per esempio, se prendo un pendolo, lo porto a una certa altezza e lo rilascio so che oscillerà in un certo modo e posso metterci la testa che alla successiva oscillazione questa altezza non verrà superata in assenza di un apporto esterno di energia. (e non tiriamo in ballo la meccanica quantistica!)

      Il discorso cambia quando si ha a che fare con gli scienziati e le connesse accademie, associazioni etc .
      Non è la Scienza ad essere catastrofista? Ok.
      Lo sono però certi scienziati, anche perché l’essere scienziato non è sinonimo di onestà e tanto meno di infallibilità.
      Gli scienziati hanno opinioni scientifiche, la Scienza ha certezze condizionate dalla resistenza della teoria alla falsificazione sperimentale.
      Gli scienziati sono esseri umani e possono benissimo essere in malafede, amare il denaro ed il potere, essere condizionati dall’ideologia, la Scienza NO. Infatti la Scienza come persona umana non esiste nemmeno.
      Esiste come schema di regole ed informazioni codificate da esseri umani, i quali, come talvolta accade per altre leggi, possono violarle, o provare ad aggirarle.

      Detto questo, mi aspettavo anche che, applicando la consueta tecnica, avresti avuto da eccepire riguardo alle fonti citate e quindi vorrei farti notare a mia volta che tali fonti riportano proprio quello che produce l’apparato scientifico “climaisterico”, cioè gli studi, le ricerche, le analisi che poi passano ai media, ai politici, alle associazioni, un po’ come succede coi magistrati che passano le carte processuali alla stampa. (mi raccomando, si tratta solo di un esempio non intendo spostare il discorso sui magistrati)

      La puntuale smentita della catastrofe vaticinata, non occorre dirlo, passa poi sotto silenzio.

      Sempre cordialmente.

      M.

  5. Pierluigi

    Mi permetto di segnalare questo articolo: http://nucleareeragione.org/2015/11/30/memorandum-cop21/, nel quale viene presentata un’analisi dell’attuale situazione energetica del nostro paese e dell’evoluzione dello scenario energetico italiano negli ultimi cinquant’anni.
    Può essere un’utile supporto per discutere e commentare le attuali trattative alla conferenza di Parigi.

  6. Fabio Vomiero

    Mi permetterei di rispondere a Franco, di cui rispetto naturalmente il pensiero, ma per cogliere l’occasione per ribadire, altrimenti si rischia di uscire dal seminato, che generalmente non basta essere scienziati per potersi esprimere adeguatamente sul clima e sui cambiamenti climatici. Di solito nell’ambito della comunità scientifica, per esseri esperti di settore, bisogna lavorare in quel settore e pubblicare su riviste specializzate.
    Mi risulta che nessuno tra quelli che lei ha citato rientri in questa categoria, tranne Franco Prodi, autorevole climatologo dalla posizione moderata e rispettabilissima dal punto di vista scientifico. Per quanto riguarda Giaever, Zichichi, o aggiungo Battaglia, lascierei perdere, e il buon Mullis forse è meglio ricordarlo per aver inventato la PCR, che non per aver visto gli alieni o credere negli oroscopi. Consideri che generalmente nella scienza è la comunità scientifica specialistica che fa testo, non il singolo scienziato, magari anche incompetente in quel settore, perchè nel suo lavoro e nella sua formazione, si occupa di altro. Poi, naturalmente, che dal punto di vista socio-politico ci siano sempre dei grossi interessi in gioco, sono naturalmente d’accordo con lei.
    La saluto cordialmente.

    • Maurizio Rovati

      Mi scuso in anticipo per l’intrusione, ma sento la necessità di esporre un appunto e un’osservazione.

      Di solito nella comunità scientifica si tiene conto delle evidenze, fa eccezione il clima, pare, dato che le previsioni faticano a collassare in osservazioni, qualche esempio.

      – In 2007 National Geographic proclaimed the Arctic’s ice would vanish by 2012.

      – In 2007 the BBC reported that the Arctic would be ice-free by the summer of 2013.

      – In 2008 former NASA climate fixer James Hansen told the Argus Press (publisher of numerous small newspapers) that the Arctic would be free of sea ice in “5 to 10 years.”

      – In 2009 Al Gore was quoted in USA Today saying the polar ice cap may disappear by as early as 2014.

      – In March of 2013 the Sierra Club proclaimed the Arctic ice would totally melt that very summer.

      Mi compiaccio del continuo appiattimento del gentilissimo Fabio sulle posizioni del cosiddetto mainstream scientifico-catastrofico perché confermano le mie precedenti osservazioni in merito.

      Trovo anche che questo post e il precedente siano i più tecnicamente… “democristiani” che abbia mai letto.
      Il divo Giulio ne sarà compiaciuto.

      Sempre cordialmente.

      M.

  7. Guido

    Non mi risulta che in cielo ci siano confini inviolabili per la CO2 (né per nessun altro gas), e la CO2 emessa a Parigi può ritrovarsi ovunque, come quella indiana.
    Legare il discorso al procapite vuol dire premiare gli aumenti di popolazione (come quelli in corso in India) e castigare chi subisce cali di popolazione (come l’Est europeo).
    Eppure c’è una correlazione tra la popolazione e le emissioni di CO2 (non quella assurda di Bill Gates, sintetizzata nella formula CO2=PSEC, dove la P sta per “popolazione”, visto che quando l’uomo non c’era ancora [ P=0 ], la CO2 stava tranquillamente a livelli di migliaia di ppm, mentre adesso si attesta sulle 400), e le emissioni tendono a salire all’aumentare della popolazione, non fosse altro che perché le persone (a gli animali) hanno il vizio di emettere CO2, respirando. Più persone, più auto, più tutto, più emissioni, elementare Watson.
    Insomma, potremmo avere il paradosso di una Nazione che invece di diminuire le emissioni le aumenti, e venga premiata per aver diminuito il procapite!
    Mi pare davvero una forzatura inaccettabile.
    A Paesi estremamente popolosi, come l’India e la Cina, convine il procapite per passare per virtuosi, anche se emettono molto, ma molto, ma molto di più di Paesi come il Canada o l’Australia. Al limite, potrebbe sembrare che salviamo il pianeta se limitiamo le emissioni del Vaticano o di San Marino, che, in assoluto, sono assolutamente trascurabili.
    Qualche dato esemplificativo (da wikipedia) sulle popolazioni:
    Cina 1.401.586.000 ab. (2015) … (1º)
    India 1.276.267.000 ab. (2015) … (2º)
    Russia 143 975 923 ab. (2015) … (9º)
    USA 325 127 000 ab. (2015) … (3º)
    Italia 60 690 345 ab. (31-07-15) … (23º)
    Australia 23,932,100 ab. (2015) … (53º)
    Canada 35 749 600[2] ab. … (2011)
    San Marino 32.821 ab. (31-03-2013) … (190º)
    Vaticano 836[5] ab. (07/2012) … (194º)
    diamo un’occhiata anche alle estensioni (per avere un’idea della densità di emissione)
    Cina 9.706.961 km² … (3º)
    India 3.287.263 km² … (7º)
    Russia 17 098 242 km² … (1º)
    USA 9 372 614 km² … (4º)
    Italia 301 340 km² … (72º)
    Australia 7 617 930 km² … (6º)
    Canada 9 864 670 km² … (2º)
    San Marino 61,19 km² … (231º)
    Vaticano 0,44 km² … (260º)

    Mi pare dunque che il procapite sia un modo più politico ed ideologico che scientifico per affrontare la questione delle emissioni.
    Secondo me.

  8. franco bacci

    Interessante e’ l’articolo di oggi su Libero di cui riporto alcuni stralci:” A sostenere che la terra non sta andando a fuoco,o che l’uomo non ha alcun ruolo in una normale fase di riscaldamento del pianeta,dovuta semmai all’attivita’ delle macchie solari (come durante il periodo caldo medioevale), sarebbero solo scienziati corrotti e politici ignoranti.Eppure tra chi non accetta il mantra ci sono premi nobel come il fisico norvegese Ivan Giaever ,che di recente ha attaccato obama definnendo ridicola la sua campagna sul riscaldamento globale, e il biochimico Kary Mullis.Cauto,ma comunque dubbioso e ‘ il piu’ noto climatologo italiano Franco Prodi ,convinto che prima di scaricare ogni colpa sull’uomo occorra studiare gli effetti che sul clima hanno sole,vulcani,oceani e atmosfera.Solo allora si sapra’ come e dove intervenire in modo efficace.
    Scettico anche Antonino zichichi,che pure e’ uno scienziato anche lui.
    L’articolo prosegue dicendo che simili distinguo sono inaccettabili per i condottieri convenuti a Parigi.
    “Se davvero l’uomo non stesse riscaldando il pianeta ,Obama,Renzi e tutti gli altri starebbero sprecando una quantita’ immensa di risorse”.
    “insomma ,la teoria in nome della quale i leader mondiali stanno accrescendo il controllo sull’economia e sulle nostre tasche e’tutta da dimostrare .
    Di sicuro c’e’ il business e tanto basta.
    Le industrie della green economy hanno imparato ad essere molto persuasive e ora raccolgono i frutti.Cosi’ l’isis puo’ attendere(si era parlato in precedenza di un investimento di 13,5 migliaia di dollari per gli impegni sul clima che potrebbero essere spesi per combattere l’isis appunto),ma l’incentivo ai pannelli solari cinesi e alle batterie tedesche no.
    Personalmente non credo affatto ad un riscaldamento globale dovuto all’uomo e non perche’ sia un esperto come i sopracitati scienziati ma perche’ dopo oltre 30 anni che ripetono la solita solfa e dopo che niente di quello che prevedevano i catastrofisti si e’ verificato(nel 2000 non avremmo piu’ visto la neve,le perturbazioni viaggeranno ormai stabilmente solo a nord,ci saranno le guerre per l’acqua ecc…) francamente me ne e’ venuto a noia.

  9. Filippo Turturici

    Diciamoci la verità:
    – le emissioni per punto di PIL, su scala globale, stanno diminuendo ovunque;
    – gli USA e l’UE hanno già archiviato sostanziose diminuzioni delle emissioni, pro capite o assolute, ed altre ne archivieranno nei prossimi anni.
    Un miracolo? Un effetto dei sussidi ad eolico e solare? No e no: è l’effetto combinato della crescita dell’efficienza di tutti i sistemi, quindi la parte tecnologica generale (perfino per quanto riguarda i combustibili fossili), e della crescita economica di lungo periodo, che negli ultimi decenni ci permette di permetterci (scusate il gioco di parole) gli ultimi e più puliti ritrovati tecnologici, dalle abitazioni in classe A ai veicoli ibridi alle centrali termoelettriche con efficienze fino al 50% ecc. E anche gli stessi, costosi impianti solari ed eolici, che in realtà hanno aiutato solo in piccola parte la riduzione delle emissioni: post-2011, ad esempio, in Germania si è avuto un lieve incremento delle stesse, nonostante la produzione da fonti rinnovabili raggiungesse circa 1/3 dell’elettricità prodotta in un anno. Banale ma utile ripetere che questo è l’effetto di decisioni populistiche e sconsiderate, solo falsamente ambientaliste (perdonate la cattiveria), come chiudere le centrali nucleari per lasciare aperte quelle a carbone e lignite. Obama e Hollande, invece, hanno pubblicamente riconosciuto il nucleare come parte fondamentale del mix energetico low carbon (si dirà anche carbon-free, ma non esiste nessun processo perfettamente senza emissioni); il presidente americano lo ha ribadito ieri via Twitter. Senza tutto questo, le varie regolamentazioni ambientali e conferenze sul clima rimarrebbero lettera morta. Meglio quindi aiutare lo sviluppo tecnologico ed economico, e dosare bene soldi ed energie tra le varie fonti, invece che inseguire il vento del momento o preferire una lobby all’altra (sì esatto, anche le energie rinnovabili sono capaci di muovere molti miliardi).

  10. Fabrizio Giudici

    “Particolarmente apprezzato il riferimento di Hollande alle energie fossili come “energie di ieri””

    È il caso di ricordare a qualche lettore casuale che la Francia ha un’ottantina di reattori nucleari in funzione…

    • Fabrizio Giudici

      Correzione: una sessantina (alcuni sono stati messi fuori servizio dal mio precedente aggiornamento). Ma il concetto rimane.

    • Pierluigi

      Non mi risulta che il nucleare sia considerato una fonte fossile.

  11. Fabio Vomiero

    Ottima iniziativa Donato quella di seguire da vicino e condividere le tue impressioni, cercando di interpretare al meglio gli sviluppi della COP21. Anch’io come te, nutro forti dubbi sul possibile esito della conferenza, in termini di fatti concreti, però, ci spero. Beh, sull’aspetto del “divismo”, siamo tutti d’accordo, penso, ma in fondo questo fa parte del gioco, non è quello che mi preoccupa. Che siano i politici a tenere questo tipo di conferenza, anche questo lo trovo logico, in fondo la scienza, dopo trent’anni di ricerca, ha già fornito il suo responso in merito, e anche se tutti sappiamo che i risultati non sono nè definitivi, nè assoluti, sono comunque risultati assolutamente rilevanti dal punto di vista scientifico e significativi sotto il profilo probabilistico, ad oggi. Ci sarà anche da mettere la mano al portafoglio, certo, ma, se ci pensiamo, quante volte le società e i singoli cittadini mettono la mano al portafoglio, anche inconsapevolmente e pesantemente, per le motivazioni più assurde e voluttuarie. Una volta tanto che la politica e l’economia cercano di conformarsi alle indicazioni della scienza… A meno che, naturalmente, e questo è il nocciolo della questione, non si pensi che trent’anni di ricerca climatica moderna siano da buttare nel cestino, ma questa è un’altra storia.
    Saluto cordialmente

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