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Da leggere, da formiche.net

Il commento (controcorrente) di Umberto Minopoli sull’intesa firmata alla conferenza sul clima Cop21

Dai giornali: “Accordo raggiunto a Parigi. Si cambia il clima!”. C’è qualcosa di offensivo, di utopia supponente e divinatoria, di arrogante falsità e velleità, di puro esibizionismo narcisistico spettacolare sia nella bugia che l’uomo possa aver cambiato il clima con le sue attività, sia che possa ora ricambiarlo a sua volontà. Ma tant’è.

La verità? I governi del mondo si sono ficcati, con la complicità di un apparato culturale compiacente e interessato, nella trappola della CO2 e ora tentano di uscirne in modo ridicolo e sfrontatamente artefatto. Qual è la trappola? La trappola è che avendo stabilito (ad capocchiam) la bugia che la sola quantità di CO2 umana, cioè quella emessa dall’industria e dalla generazione di energia da fonti fossili, aggiuntiva a quella che circola naturalmente in atmosfera, è la causa dell’aumento della temperatura, si è stati costretti a stabilire dei parametri quantitativi (ad capocchiam) al di sotto o al di sopra dei quali si è stabilito (ad capocchiam) che avverranno catastrofi da Armageddon e la fine del mondo (sic).

L’ultima trovata è che il mondo finisce se nel 2100 il caldo avrà superato i 2 gradi. L’uomo, manovrando a sua cura la quantità di CO2 immessa con le sue attività, sarebbe in grado, miracolo, di determinare l’altezza del termometro. Spudorata bugia. Ma trappola.

L’accordo di Parigi viene definito “storico”. Uno si immagina che tale definizione corrisponda ad impegni precisi, stringenti, controllabili ed esigibili che tengano la temperatura (secondo la favola della trappola del rapporto meccanico CO2 antropica/clima) sotto i 2 gradi di aumento. Niente di tutto questo, invece. L’accordo sarebbe “storico”, leggete i contenuti, solo perché un gruppo di signori avrebbe convenuto di “impegnarsi” perché le temperature aumentino nel 2100 (quando dei firmatari di Parigi resterà solo polvere e vago ricordo) non più di due gradi. Anzi 1,5. Campa cavallo. Per tale vaghissimissimo impegno, che verificheranno i nostri nipoti, si sprecano aggettivi come “storico”. E qualche spudorato (alle prese con elezioni) si mostra pure commosso in tv.

Nell’accordo di Parigi non ci sono impegni concreti. La “trappola della CO2″, infatti, è concepita in modo che non possano esserci obiettivi concreti perseguibili. Perché impossibili da realizzare. La cosa, infatti, sta così: avendo (cervelloticamente) stabilito, da vent’anni e più, che la causa del riscaldamento (da quasi due secoli di industrializzazione) è la CO2 antropica (e solo essa), e non essendo mai riusciti in questi vent’anni di denuncia inutile, a ridurre le emissioni di CO2 (che al contrario sono sempre aumentate), ora si pretenderebbe di fare tutto nei prossimi settanta anni. In essi noi dovremmo annullare le emissioni di CO2 antropica fino a zero. Idiotissima velleità. Che nessun Paese in via di sviluppo è disposto a trasformare da proclama (scritto nei documenti come quello di Parigi) a impegno concreto. Cioè a rinunciare all’energia, alle centrali elettriche, alle fabbriche, ai trasporti, alla produzione agricola necessaria al proprio sviluppo. Così: i poveri della Terra o quelli in via di sviluppo si impegnano a scrivere, per le lacrime di François Hollande, che ci si dà l’obiettivo di stare sotto i 2 gradi di aumento nel 2100 (tanto non costa nulla) ma senza alcun impegno concreto. Tutto sarà soltanto “volontario”.

Niente di certificabile. Non ci sarà, ad esempio, nessuna carbon tax. Fino a ieri ci avevano detto che solo una carbon tax avrebbe potuto costringere i Paesi sviluppati a ridurre le emissioni. Non solo. Gli stessi soloni che hanno (cervelloticamente) stabilito che sopra i due gradi di aumento ci sarà la catastrofe, hanno fatto i calcoli. E hanno (orrore) verificato che, in realtà lo “storico” accordo di Parigi porterebbe, per quel che si è potuto stabilire degli impegni concreti dei governi firmatari, automaticamente ad un aumento di temperatura di quasi tre gradi (2,7). Come la mettiamo? “Storico” accordo, lacrime e abbracci. E, invece, abbiamo già sforato dall’inizio. La verità? Sanno che tutto è una balla: la CO2 antropica che da sola aumenta le temperature, la CO2 che da gas benefico e vitale si trasforma in killer, il tetto dei due gradi al di sopra del quale c’è la catastrofe, la possibilità di azzerare le emissioni antropiche di CO2 entro questo secolo. Balle. Ma costose.

Per i Paesi sviluppati, infatti, l’accordo di Parigi significherà continuare con politiche energetiche cervellotiche che non riducono le emissioni di CO2, ma aumentano il prezzo dell’energia e frenano la crescita. I ricchi si impegnano, in nome del clima, a dare 100 miliardi di dollari ai poveri (e questo è sempre un bene) ma i poveri (giustamente) non rinunciano (in nome del clima) a produrre l’energia che gli serve per svilupparsi. Ovvio. A Parigi, insomma, si è solo organizzato uno spettacolo. Ricco di lacrime, ma povero di fatti ed impegni. E perciò inutile. Ma costoso.

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Published inAttualitàCOP21 - Parigi

18 Comments

  1. Fabio Vomiero

    Sig. Fabio, quando ho scritto nel commento, intendevo se mi mandava il curriculum di Minopoli, il quale probabilmente avrebbe confermato le mie perplessità riguardo ad una sua competenza o meno in ambito scientifico, non il suo, non mi sarei mai permesso, mi creda. Il suo, oramai che l’ha gentilmente comunicato, peraltro è di assoluto rispetto, e quindi credo che sicuramente sarà in grado di capire, senza pregiudizi, il senso dei miei numerosi interventi in tema di scienza ed epistemologia, prima ancora che di climatologia. La ringrazio e mi scuso per l’equivoco.
    Buona domenica anche a lei.

  2. Il mio curriculum vitae lo trova sul mio profilo FB, anche se non è aggiornato agli ultimi 3 anni.
    In ogni caso Le dico che sono laureato in ingegneria civile indirizzo idraulica con 110/110 cum laude, sono Master Of Science in “modellazione matematica di catastrofi idrogeologiche” grazie a un master di II livello di 2000 ore (durata 2 anni) finanziato dall’UE (quindi non uno di quei master a pagamento per figli di papà), e ho un Dottorato di ricerca su ingegneria civile per ambiente e territorio. Inoltre gestisco, insieme ad altre 3 persone, il sito internet http://www.meteoincalabria.it, molto apprezzato per il suo rigore.
    Non sarò un fisico dell’atmosfera, per carità, ma credo di essere un “tantinello” più attinente alla meteorologia rispetto a un biologo.
    Ora capisco che quando scriveva di “tizio”, “caio” e “sempronio” che discettano di clima, si trovava di fronte ad uno specchio.
    Buona domenica!! 😉

  3. Fabio Vomiero

    “A proposito di iperspecializzazione: accusando qualcuno di essere “antiscientista” dimostra di non conoscere neanche il significato della parola “scientista”.
    Allora, sig. Fabio, il discorso dell’iperspecializzazione in ambito scientifico, non c’entra niente con la mia critica fatta alla frase di Minopoli. Il sig.Minopoli, è sicuramente bravo nel suo lavoro, ma credo che esprima qualche lacuna nella sua preparazione scientifica, almeno a sentire da come si pronuncia, ma nel caso io mi sbagliassi, mi può sempre fornire un suo curriculum vitae, che vediamo. Sul significato del termine antiscientista, quindi ripeto, utilizzato nella critica alla frase di Minopoli riportata nel mio commento, le faccio presente che si tratta di concetti molto articolati e dal significato non sempre univoco, se vuole approfondire le consiglio la lettura di “scientisti e antiscientisti” di Massimiliano Bucchi. E comunque, a parte le disquisizioni semantiche, il concetto (avrei potuto dire antiscientifico) mi sembra sia chiaro. A meno che anche lei non pensi, come Minopoli, che trent’anni di ricerca scientifica climatologica siano una “balla”, perchè allora se siamo a questi livelli è inutile proseguire ogni genere di discorso. E questo indipendentemente dal fatto che si sia scettici o catastrofisti, etichette per personalmente tendo a ripudiare e nelle quali non mi riconosco, perchè possono significare tutto o il contrario di tutto.
    “Ritorni ai suoi studi, alle sue equazioni alle derivate parziali non lineari, e alle sue convinzioni scientiste”
    Su questo non saprei neanche come risponderle, visto che non si tratta di obiezioni, ma soltanto di un suo giudizio personale, peraltro anche sbagliato, in quanto io, essendo un biologo e non un fisico, tendo proprio generalmente ad esprimermi in termini che spesso vanno anche al di là dell’equazione, e su questo blog peraltro l’ho già fatto più volte.
    La saluto cordialmente

  4. Fabio Zimbo

    @ Fabio Vomiero:
    a proposito di iperspecializzazione: accusando qualcuno di essere “antiscientista” dimostra di non conoscere neanche il significato della parola “scientista” attribuendole un’accezione positiva (in modo che con il prefisso -anti assuma, secondo le sue illusioni, un significato dispregiativo) che, almeno in lingua italiana, non possiede.

    Allora faccia una cosa: non parli con chi tenta di avere uno sguardo complessivo sulla realtà che lo circonda.
    Ritorni ai suoi studi, alle sue equazioni alle derivate parziali non lineari, e alle sue convinzioni scientiste (nell’unica accezione prevista per questa parola dalla lingua italiana). Si rivolga alle sue “altre vie molto più attendibili e autorevoli” per giungere alla Verità…e se la tenga stretta. Continui ad ignorare i “retroscena politici, sociologici, economici” alla base di questo “accordo”: continui a vivere nella bambagia di un ricercatore che vive di soli numeri.

    p.s. perchè Tizio, Caio e Sempronio non dovrebbero esprimere un’opinione in merito ad un argomento su cui il massimo “organo scientifico” mondiale (l’IPCC) ha mostrato di non capire una mazza, fornendo previsioni palesemente, grossolanamente, offensivamente errate?

  5. Fabio Vomiero

    Mah, non mi sembra però che l’autrice dell’articolo di “The Guardian”, che infatti è un quotidiano serio ed autorevole, si sia mai permessa di screditare trent’anni di ricerca scientifica climatologica internazionale come l’illuminante frase del buon Minopoli: “La verità? Sanno che tutto è una balla: la CO2 antropica che da sola aumenta le temperature, la CO2 che da gas benefico e vitale si trasforma in killer, il tetto dei due gradi al di sopra del quale c’è la catastrofe, la possibilità di azzerare le emissioni antropiche di CO2 entro questo secolo. Balle. Ma costose”.
    Per carità, una sua opinione, ma questo è antiscientismo bello e buono, giusto per creare ancora più caos, la scienza del clima, ripeto, è tutta un’altra cosa e non si esprime assolutamente in questi termini.
    Ciao, Fabio

    • Filippo Turturici

      ““The Guardian”, che infatti è un quotidiano serio ed autorevole”: ma anche no. E’ anzi il più schierato, dichiaratamente per giunta, sul fronte di sinistra ed anticapitalista del Regno Unito. E’ come leggere un quotidiano di partito, e quasi tutte le notizie che passa sono abbondantemente filtrate secondo la linea editoriale di parte che rappresenta. L’affermazione citata era davvero troppo, per non rispondere; sullo scientismo (deformazione e perversione del positivismo liberale, che invece mi sembra abbastanza condiviso in questo blog tra autori e commentatori) e su altre questioni Le hanno già risposto.

  6. Paolo da Genova

    Leggevo come l’unica cosa seria della conferenza sul clima di Parigi sia l’aspetto di “prova generale di governo mondiale”, per certi versi geniale, in quanto sposta il dibattito su un tema, l’ambiente, che riguarda tutti e che in teoria divide meno della politica.

  7. Fabio Vomiero

    Sapete come la penso. Potrei anche essere d’accordo con Minopoli per quanto riguarda i retroscena politici, sociologici, economici, sui quali non mi pronuncio più di tanto, conscio della mia parziale ignoranza. Per quanto riguarda invece i soliti, noiosi, ripetitivi, maldestri tentativi di entrare nel merito della questione scientifica, meglio stendere un velo pietoso, al pari quantomeno di altri suoi colleghi tipo Vietti, Taino e company. Per carità bravissimi, ma purtroppo la scienza o la si capisce e la si studia, oppure c’è ben poco da fare, se pensiamo che a volte, anche alcuni scienziati, fuori dal loro orticello di iperspecializzazione, fanno già fatica a comprenderla. Io per esempio ho già escluso da anni la categoria dei giornalisti generalisti come possibile fonte di informazione in merito a questioni scientifiche, e inviterei chiunque a farlo, ci sono altre vie molto più attendibili e autorevoli da percorrere se si vuole veramente tentare di “conoscere” dal punto di vista scientifico. Perché poi conoscere veramente la scienza vuol dire anche possedere gli strumenti per riuscire ad interpretarla in modo corretto, quindi secondo me, la “balla” più grande è permettere che gli “ignoranti scientifici”, per natura o per scelta, parlino di scienza e non che la vera scienza del clima, per la natura stessa del campo di applicazione in cui deve operare, si trovi ovviamente in grande difficoltà nella ricerca e che debba esprimersi necessariamente in termini probabilistici. A supporto del mio pensiero, per chi fosse interessato, linko anche un mio articolo recente.
    http://meteolive.leonardo.it/news/I-vostri-articoli/10/l-opinione-il-riscaldamento-globale-secondo-tizio-caio-e-sempronio/51367/
    Saluto cordialmente.

  8. Filippo Turturici

    Volevo commentare in breve i risultati della conferenza sul clima di Parigi, ma mi sono lasciato prendere la mano. Avrebbe la lunghezza di un articolo, ma eccedo in malizia e scarseggio di fonti a sostegno della mia tesi. Lo lascio dunque qui nei commenti.
    Benché sia risaputo da tempo che i gas con molecole triatomiche, come la CO2, causano un riscaldamento dell’ambiente in cui sono confinati, la determinazione di tale effetto con sufficiente precisione non è mai stata sperimentalmente raggiunta. Abbiamo da lungo tempo equazioni empiriche che determinano approssimativamente tale effetto in laboratorio e nell’atmosfera (es. Beer, Arrhenius), ma in realtà è molto difficile calcolare al decimo di grado le variazioni di temperatura in funzione es. della CO2 già in un ambiente confinato e controllato: figurarsi nella libera atmosfera, per di più in un sistema caotico e con numerose variabili (e qualche costante) in più. Perdonate se l’ho presa così alla larga, ora vengo al punto.
    La questione del riscaldamento globale alias cambiamento climatico, dal lato politico, inizia sostanzialmente negli anni ’80 del XX secolo, nonostante numerose pubblicazioni precedenti. In quegli anni si comincia a formare una certa consapevolezza delle emissioni di CO2, sia nei movimenti ambientalisti, sia nei governi: si forma l’IPCC in ambito ONU, si fanno le prime audizioni di scienziati (es. Hansen al Congresso americano), alcuni governi propongono le prime politiche per contenere tali emissioni ecc. Abbiamo dunque circa un quarto di secolo di proiezioni sulla temperatura, e di politiche statali sulle emissioni di CO2. Essendo breve, dopo questi 25 anni più o meno, possiamo giungere a due conclusioni:
    – le proiezioni di riscaldamento globale sono risultate finora esagerate (non basta esserci riscaldati: bisogna anche definire il “quanto”), con il minimo riscaldamento e le massime emissioni;
    – le emissioni pro-capite e per punto di PIL stanno continuamente diminuendo, ma più grazie allo sviluppo tecnologico che alle norme di legge.
    Dal lato politico ed economico, giungiamo ad altre tre conclusioni un po’ ciniche sulla lotta alla CO2:
    – muove enormi flussi di denaro, ed in particolare promette una redistribuzione dei profitti dall’industria petrolifera e carbonifera, a quella delle energie rinnovabili (ed in misura minore a quella nucleare), garantendo anche una sorta di indulgenza plenaria laica per gli investitori in fonti “pulite” (marketing is money, potremmo dire);
    – dà grande visibilità ai movimenti ambientalisti, fornendo loro un nuovo obiettivo dopo le vittorie degli anni ’70-’80 (aree protette, inquinamento ecc.), e dà nuova linfa anche ai movimenti anticapitalisti, che vedono nella CO2 il grimaldello per scardinare i paradigmi dell’economia di mercato (avendo già fallito con il crollo di tale modello economico, mai verificatosi nemmeno dopo le peggiori crisi; con l’aumento del numero di poveri ed esclusi, dato che al contrario essi diminuiscono globalmente; e l’implementazione di modelli alternativi, tutti falliti e spesso tragicamente);
    – è la “tempesta perfetta” di ogni governo e burocrazia, dato che gli permette di disporre di più potere e denaro secondo norme da lui stesso decise, e di ottenere un facile consenso come “salvatore del pianeta” anche presso la gente comune, giustamente preoccupata (diciamo che il tarlo del dubbio lo abbiamo tutti, sempre).
    Si è dunque creata questa tempesta autoalimentata: grandi flussi di normative, denaro e consenso politico, che permeano larghi strati della società e dell’economia (ed incidono anche sulla ricerca scientifica, beneficiaria di una piccola parte di questa ricchezza non solo finanziaria). Abbiamo però detto che gli allarmi, dettati dagli scenari what-if che tutti conosciamo (i +6°C nel 2100, no +8.5°C nel 2300 ecc.), sono finora risultati esagerati; e alcune proiezioni future, pur tenendo conto dell’effetto riscaldante della CO2 antropica, non sono molto benevole in termini di ulteriore riscaldamento climatico, tanto che pure il 2015 “anno più caldo di sempre” è una mezza forzatura dovuta ad alcuni pesanti ritocchi nelle serie di temperatura al suolo (mentre i satelliti non vedono affatto questo record).
    Con la COP21 arriva con un accordo strabiliante, mai raggiunto prima, e che a detta di molti – io per primo – è tecnicamente e finanziariamente impossibile, secondo quanto dovremmo sapere sulla CO2 e la temperatura media globale. Manterremo il riscaldamento rispetto all’era pre-industriale (ca. 1850) entro i +2°C al 2100, anzi forse pure entro i +1.5°C: e di questi, +0.7/+1.0°C se ne sono già andati dal 1850 al 2015. Insomma siamo già a metà strada, eppure emettiamo CO2 come se non ci fosse un domani. Passeremo allora immediatamente al 100% di rinnovabili e nucleare, viaggiando tutti in auto elettrica? Costruiremo immensi impianti di cattura e stoccaggio della CO2 nei deserti? Opzioni evidentemente, per i numeri coinvolti, impossibili sia tecnicamente che finanziariamente: ci vorrebbero comunque decenni, mentre in teoria dovremmo agire ora.
    Ecco allora il mio cattivo pensiero: si sa che gli allarmi sono esagerati, si sa che l’economia e la tecnologia continueranno (in gran parte) a sfuggire al controllo governativo, ma si vuole comunque apparire come coloro che hanno risolto il problema, nonché continuare a disporre di tutto il denaro ed il potere regolatorio di cui sopra. Si vende dunque il risultato “naturale” più probabile, ma forse pure un pelo pessimistico, come il risultato del proprio lavoro. Tutti sono contenti, nessuno (o quasi) è danneggiato. E in fondo abbiamo salvato il pianeta, o no?

    • Fabrizio Giudici

      Be’, ovviamente va considerato che la storia mica è finita. Sulla base di Parigi ora è possibile fare propaganda ulteriore e rafforzata. Da questo punto di vista, è una loro vittoria.

    • Filippo Turturici

      Sì ma credo che l’argomento sia ormai stato scippato ad ambientalisti e movimentisti vari, per mano della politica e della burocrazia. Meno catastrofismo, meno “balzi in avanti”, più pragmatismo: tanto i soldi continueranno a girare per tutti, politici, ambientalisti, petrolieri ecc. Attueremo una transizione soft verso un’energia a basse emissioni, che in fondo è già i natto da anni in Occidente: ma non nulle emissioni, né completa eliminazione dei combustibili fossili (almeno per diversi decenni). Io credo però che abbiamo passato il picco politico e psicologico del movimento globale anti-AGW.

  9. Maurizio Zuccherini

    Va bene, mi arrendo: il tono di trionfo che ha accolto l’insensato accordo di Parigi segna l’apice, almeno fino ad oggi, della stupidità umana….ma leggo che anche il papa partecipa alla stessa festa. Ormai a porsi dubbi sull’AGW si rischia anche la scomunica, oltre alla pubblica gogna… ok ok avete ragione voi che avete tanto a cuore la salute del pianeta. Mi raccomando, ruotate con attenzione la manopola della temperatura terrestre, sai, per non fare errori…nel 2100 faremo i conti!..))))))

    • Mario, real non ...

      Egregio Maurizio Zuccherini ignoro quanti anni tu abbia e ti auguro comunque una lunga vita ma … nel 2100 faranno in conti senza di noi (perlomeno senza di me) che avremo da tempo ingrossato la lista dei trapassati da questa vita 🙁
      .
      Il problema e che anche se non potremo partecipare alla verifica delle veridicità delle asserzioni siamo chiamati a pagare noi il conto 😉

    • Maurizio Zuccherini

      …il riferimento al 2100 era volutamente ironico, ero cosciente che tutti gli attuali lettori, come anche i firmatari dell’accordo, saranno polvere a quel momento….

  10. Maurizio Rovati

    ” I ricchi si impegnano, in nome del clima, a dare 100 miliardi di dollari ai poveri (e questo è sempre un bene)”

    Dubito che sia sempre un bene, dipende da cosa ci fanno i “poveri” con quei soldi.
    Di solito comprano armi e potenziano la corruzione affinché poi ci siano ancora dei “poveri” che hanno bisogno di nuovi “aiuti” da parte dei “ricchi”.

    Ora bisogna chiarire che per “poveri” intendo le cleptocrazie sanguinarie dei paesi sotto sviluppati e per “ricchi” quelle meno feroci ma più burocratizzate dei paesi occidentali o comunque più avanzati e, per finire, gli “aiuti” sono normalmente risorse che vengono sottratte dai “ricchi” alle popolazioni da essi amministrate e che normalmente causano nuovi guadagni a “ricchi&poveri”.

  11. Sergio

    La più grossa e vergognosa bufala mai costruita! !!!
    Quello che più mi rode è che con i soldi sprecati appresso ad essa, e che hanno fatto arricchire non so chi, si sarebbe potuto aiutare veramente tutti i poveri del pianeta, non solo quelli dei paesi in via di sviluppo, anche quelli della nostra vecchia casa europea, che non sono pochi.

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