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In Antartide si assiste ad un Effetto Serra negativo che si potenzia al crescere dei livelli atmosferici di CO2

Il grande altipiano antartico è l’area più fredda della superficie terrestre, con una temperatura minima assoluta registrata da satellite di ben -93.2°C (Rosen, 2013). A temperature così basse il tenore atmosferico di vapore acqueo è ridottissimo per cui l’effetto serra è affidato quasi unicamente a CO2. E qui emerge un fatto stranissimo in quanto siamo di fronte all’unica regione del pianeta in cui la CO2 agisce producendo un effetto serra medio annuo negativo e dunque un raffreddamento. Tale effetto è peraltro destinato ad intensificarsi al crescere dei livelli atmosferici di CO2 in virtù dell’incremento dell’emissività atmosferica.

Inquadramento del tema

La superficie del nostro pianeta si caratterizza per la presenza di un robusto effetto serra positivo che garantisce quel bonus di 33°C che porta la temperatura media di superficie dai proibitivi -19°C agli assai più gradevoli +14°C. Uno dei sintomi della presenza di un effetto serra positivo è costituito dallo spettro di emissione verso lo spazio al TOP dell’atmosfera il quale manifesta una caratteristica firma spettrale nell’infrarosso lontano (figura 1 a) con un massimo emissivo in corrispondenza con la finestra atmosferica fra 8 e 13 micron, in coincidenza della quale il vapor acqueo non è in grado di assorbire la radiazione uscente, e un minimo emissivo intorno ai 15 micron, legato all’assorbimento della radiazione uscente da parte della CO2 che si verifica soprattutto in stratosfera.

Figura 1 – Spettro emissivo della terra verso lo spazio ottenuto da Schmithusen et al, 2015 con il modello ALFIP. In alto (1a) lo spettro emissivo medio del pianeta e in basso (1b) quello relativo all’Antartide. Si noti che nella figura in basso la situazione a 15 micron è invertita rispetto a quella della figura in alto. Infatti in 1a c’è un minimo emissivo a 15 micron e inoltre con CO2 di 380 o 1000 ppmv si emette meno che in assenza di CO2 mente in 1b si ha l’opposto (massimo emissivo a 15 micron e inoltre con CO2 di 380 o 1000 ppmv si emette più che in assenza di CO2).
Figura 1 – Spettro emissivo della terra verso lo spazio ottenuto da Schmithusen et al, 2015 con il modello ALFIP. In alto (1a) lo spettro emissivo medio del pianeta e in basso (1b) quello relativo all’Antartide. Si noti che nella figura in basso la situazione a 15 micron è invertita rispetto a quella della figura in alto. Infatti in 1a c’è un minimo emissivo a 15 micron e inoltre con CO2 di 380 o 1000 ppmv si emette meno che in assenza di CO2 mente in 1b si ha l’opposto (massimo emissivo a 15 micron e inoltre con CO2 di 380 o 1000 ppmv si emette più che in assenza di CO2).

Le cose non stanno così in un’unica zona della Terra e cioè il plateau antartico, il quale si caratterizza per un effetto serra medio annuo negativo, come evidenziano Schmithusen et al, 2015 nel lavoro dal significativo titolo “How increasing CO2 leads to increased negative greenhouse effect in Atarctica” pubblicato su Geophysical Research Letter.

Nel plateau antartico la firma spettrale nell’infrarosso lontano è del tutto diversa da quella del resto del pianeta (figura 1b) in quanto vede un’emissione nella finestra atmosferica fra 8 e 13 micron assai ridotta, il che fa sì che il massimo emissivo si registri in coincidenza con la banda di emissione di CO2 (intorno a 15 micron). In altri termini l’emissione verso lo spazio proveniente dalla banda di emissione di CO2 è superiore a quella proveniente dalla superficie e che fluisce tramite la finestra atmosferica.

Schmithusen et al. segnalano che i dati da satellite avevano già permesso di porre in evidenza il fenomeno (Thomas e Stamnes, 1999) il quale tuttavia non era stato mai indagato modo sistematico.

Come descrivere l’effetto serra negativo utilizzando la legge di Stefan – Boltzmann

La legge di Stefan – Boltzmann (SB) fu ricavata sperimentalmente da Stefan nel 1879 ed è un corollario della legge di Planck, che è stata invece formulata nel 1900. SB è utile per ragionare in modo sintetico ma efficace del rapporto fra l’irraggiamento di un corpo e la sua temperatura e degli scambi di energia fra due corpi.

La legge è la seguente:

E=epsilon * sigma * T4                                  (1)

ove epsilon è l’emissività del corpo considerato (che ha valore fra 0 e 1, con 1 che è l’emissività del corpo nero), sigma è una costante e T è la temperatura assoluta del corpo in K.

Se si considera un semplice modello a due strati (suolo con emissività=1 e atmosfera con emissività che è funzione del contenuto in sostanze ad effetto serra), SB consente di stimare l’emissione verso lo spazio della cima dell’atmosfera FTOA (emissione del Top Of Atmosphere TOA) e l’entità dell’effetto serra (GreenHouse Effect GHE).

FTOA è pari all’emissione dell’atmosfera AE=epsilon_atm*sigma*Tatm4 più l’emissione netta della superficie NSE che è data dall’emissione della superficie  epsilon_surf*sigma*Tsurf4 meno la radiazione del cielo epsilon_atm*sigma*Tsurf4. Pertanto, posta pari a 1 l’emissività della superficie terrestre, avremo che

FTOA= NSE + AE = (1-epsilon_atm) *sigma*Tsurf4 + epsilon_atm*sigma*Tatm4 = sigma * Tsurf4 – epsilon_atm*sigma*(Tsurf4 -Tatm4                                                    (2)

ove l’effetto serra GHE è espresso dal secondo termine e dunque

GHE = epsilon_atm*(Tsurf4 -Tatm4)                                      (3)

Si noti che se Tsurf > Tatm avremo GHE positivo, per cui l’atmosfera scalda la superficie come un secondo sole; al contrario se Tsurf < Tatm avremo GHE negativo, come avviene nel caso del plateau antartico. Il diagramma in figura 2 mostra i risultati ottenuti inserendo in un foglio excel il modello a due strati sopra descritto parametrizzato come segue:

epsilon_atm = 0.08 (Staley e Jurica, 1972)

sigma= 5.6644*10-8

Tatm=-60°C

Figura 2 – Andamento dell’effetto serra al crescere della temperatura di superficie nell’ipotesi di una temperatura stratosferica di -60°C. L’effetto serra diviene negativo in presenza di temperature di superficie inferiori a quella stratosferica.
Figura 2 – Andamento dell’effetto serra al crescere della temperatura di superficie nell’ipotesi di una temperatura stratosferica di -60°C. L’effetto serra diviene negativo in presenza di temperature di superficie inferiori a quella stratosferica.

Si noti anche che al crescere del tenore in gas serra cresce l’emissività atmosferica (epsilon_atm) e dunque cresce il valore assoluto di GHG. Ciò si traduce in un aumentato riscaldamento della superficie in presenza  di un GHE positivo o in un aumentato raffreddamento in presenza  di un GHE negativo.

Dobbiamo a questo punto domandarci dove possa verificarsi la presenza di GHE negativo e qui possiamo proporre i seguenti casi:

  • Il plateau antartico soprattutto in primavera e autunno, perché in queste stagioni secondo la differenza di temperatura fra superficie e stratosfera esso raggiunge il suo massimo (Schmithusen et al., 2015).
  • La Siberia orientale e il plateau groenlandese per alcuni periodi dell’anno (forse in primavera ed autunno come accade in Antartide).
  • La freddissima cima delle nubi, specie di quelle che si formano in atmosfera tropicale.
  • La cima delle montagne più elevate (es: Himalaya).

Schmithusen et al in base alle misure da satellite TES ed delle simulazioni svolte con il modello meteorologico di ECMWF ottengono che se dai valori stagionali si passa alle medie annue, l’unica area del globo che manifesti un effetto serra negativo è il plateau antartico.

Ciò secondo gli autori potrebbe rivelarsi almeno in parte la causa del fatto che negli ultimi decenni l’Antartide  lungi dal riscaldarsi manifesti temperature stazionarie, volume glaciale in aumento ed estensione della copertura glaciale marina in crescita. Una concausa da non escludere potrebbe inoltre essere l’intensificazione delle inversioni termiche sull’area, fenomeno questo che dovrebbe aver origine nella frequenza e persistenza dei tipi circolatori che dominano l’area antartica.

Come ulteriore elemento critico si deve segnalare il fatto che che l’accuratezza delle misure di temperatura in Antartide è modesta, sussistendo svariati problemi gestionali dei termometri in ambienti così estremi.

Domande aperte

Gli autori presentano il valore medio annuo dell’effetto serra per il 2006 (figura 3). Potrebbe essere interessante conoscere la variabilità interannuale di GHE.

Inoltre l’effetto di raffreddamento da CO2 si registra a livello di stratosfera ma non vi è certezza circa i meccanismi che lo porterebbero a trasferirsi al suolo (Sumner, 2015).

Inoltre se il fenomeno dell’effetto serra negativo è oggi rilevante solo per l’Antartide, sarebbe a mio avviso utile domandarsi se nel corso delle ere glaciali il fenomeno sia in grado di stabilizzare verso il basso le temperature di più vaste aree del pianeta. C’è infine da chiedersi se gioca un ruolo climatico anche negli ambienti in cui si manifesta anche solo per periodi molto limitati dell’anno.

Figura 3 – Effetto serra da CO2. Valore medio per il 2006 misurato dal sensore satellitare TES [Schmithusen et al, 2015]. Per l’emisfero nord i valori più bassi ma comunque positivi si osservano in Groenlandia e Siberia ed un minimo relativo è evidente anche nel Tibet. Per l’emisfero sud si osserva l’unica area del pianeta con valori negativi è cioè il plateau antartico. L’orbita del satellite impedisce di acquisire informazioni riferite ai poli.
Figura 3 – Effetto serra da CO2. Valore medio per il 2006 misurato dal sensore satellitare TES [Schmithusen et al, 2015]. Per l’emisfero nord i valori più bassi ma comunque positivi si osservano in Groenlandia e Siberia ed un minimo relativo è evidente anche nel Tibet. Per l’emisfero sud si osserva l’unica area del pianeta con valori negativi è cioè il plateau antartico. L’orbita del satellite impedisce di acquisire informazioni riferite ai poli.
Bibliografia

  • American Chemical Society, 2015. A Single-Layer Atmosphere Model – ACS Climate Science Toolkit – How Atmospheric Warming Works http://www.acs.org/content/acs/en/climatescience/atmosphericwarming/singlelayermodel.html
  • Rosen M., 2013. Coldest place moves from one Antarctic site to another. New record low measured by satellite, https://www.sciencenews.org/article/coldest-place-moves-one-antarctic-site-another
  • Schmithusen H., Notholt J., König-Langlo G., Lemke P., Jung T., 2015. How increasing CO2 leads to increased negative greenhouse effect in Atarctica, Geophysical Research Letter,  10.1002/2015GL066749, 1-7.
  • Staley D.O. and Jurica G.M., 1972. Effective atmospheric emissivity under clear sky, Journal of applied meteorology, n. 35, 349-356 (figure 1)
  • Sumner T., 2015. Warming culprit CO2 has a cool side — and it’s in Antarctica, https://www.sciencenews.org/article/warming-culprit-co2-has-cool-side-%E2%80%94-and-it%E2%80%99s-antarctica
  • Thomas, G. E., and K. Stamnes (1999), Radiative Transfer in the Atmosphere and Ocean, Cambridge Univ. Press, Cambridge, U. K.
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Published inAttualitàClimatologia

4 Comments

  1. gess

    Secondo me dipende dall’inclinazione della terra e del sistema solare , rispetto alla direzione della rivoluzione del sistema solare stesso nella galassia.
    Abbiamo il polo sud rivolto verso la direzione di marcia , quindi si sposta tutto verso nord.

  2. Donato

    Caro Luigi, è indubbio che i fenomeni in gioco siano molti e non tutti molto chiari altrimenti avremmo già scritto l’equazione del clima e bonanotte. La seconda parte del mio commento era un po’ ironica in quanto volevo mettere in evidenza che la sola CO2 non riesce a spiegare tutto, nonostante si sostenga da più parti che senza la CO2 in eccesso emessa dalle attività umane il mondo sarebbe perfetto.
    Luigi, sono anni che ci affanniamo a spiegare che il sistema climatico non è solo CO2, che i modelli non riescono a rappresentarlo efficacemente perché non conosciamo a fondo la fisica che lo sottende, che l’equazione maggiori temperature=maggiore concentrazione di CO2 non è in grado di dar conto dei dati osservativi eppure si cerca sempre di ridurre tutto alla CO2 ed all’uomo che rovina il mondo. Mah!
    Anche in questo caso siamo giunti alle identiche conclusioni: la CO2 non spiega tutto il problema, ma solo una sua parte. Speriamo che l’anno che verrà porti maggiore saggezza a tutti noi.
    A proposito ti auguro un 2016 sereno e prospero e soprattutto in buona salute!
    Ciao, Donato.

  3. Donato

    Caro Luigi, mi complimento per il tuo post che ha portato alla nostra attenzione l’articolo di Schmithusen H. et al., 2015. Nel corso degli anni ci siamo sempre chiesti come mai in Antartide la tendenza delle temperature superficiali è negativa quando nel resto del mondo è positiva. La spiegazione fornita da Schmithusen et al, 2015, mi sembra convincente ed anche abbastanza robusta dal punto di vista fisico nonostante tutti i caveat ed i quesiti che tale meccanismo lascia ancora aperti. Il meccanismo illustrato lascia intravedere, inoltre, il perché i due poli si comportino in modo così differente tanto che per quello settentrionale parliamo di amplificazione artica contrariamente a quanto avviene per il polo sud.
    .
    In proposito mi resta un dubbio che, alla luce di quanto hai scritto, diviene ancora più angosciante. L’effetto serra dovuto alle sostanze contenute nell’atmosfera dovrebbe essere maggiore nelle aree in cui la temperatura superficiale è maggiore e minore nelle altre regioni della Terra. La figura 3 del tuo post sembrerebbe avvalorare tale circostanza: l’effetto serra da CO2 tende a diminuire man mano che si sale di latitudine. A questo punto come spieghiamo l’amplificazione artica da AGW CO2 dipendente? C’è qualcosa che non quadra. E non credo che sia imputabile alle misure che mi sembra siano abbastanza oneste e concordi con il modello a due strati.
    Ciao, Donato.

    • Luigi Mariani

      Caro Donato,
      grazie anzitutto per il commento. Circa la tua obiezione, se guardi la figura 3 ti accorgi che in effetti, sia nell’emisfero boreale sia in quello australe, il fenomeno dell’effetto serra inverso aumenti con la latitudine (e dunque con il diminuire delle temperature). Tuttavia non è il solo fenomeno in gioco, nel senso che nel riscaldare i poli inrervengono fra gli altri due fattori molto potenti:
      1. il trasporto latitudinale di energia condotto dalle correnti aeree e oceaniche (in proposito tieni conto che a livello annuo il polo Nord riceve mediamente 75 W/m-2 dal sole ma ne emette ben 190 -> la differnza è fronita dalla circolazione atmosferica e oceanica). Su questo agisce anche il fatto che al polo Nord non c’è terra per cui le correnti oceaniche possono giocare un ruolo assai maggiore che al polo sud, che peraltro è isolato dal resto degli oceani da un vortice circumpolare marino molto intenso (https://daltonsminima.wordpress.com/2009/10/22/la-corrente-circumpolare-antartica/)
      2. i feedback legati alla riduzione nell’estensione delle coltri nevose le quali hanno albedo molto elevato.
      In sostanza penso che l’effetto di effetto serra negativo segnalato debba leggersi solo come uno dei tanti fattori coinvolti, per la cui lettura complessiva penso sia necessario avvalersi di un modello matematico da calibrare e validare con dati osservativi.
      Ciao.
      Luigi

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