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Se una Teoria è contraddetta dai fatti occorrerebbe modificare la Teoria

La testimonianza di John Christy al congresso Usa del 2 febbraio u.s.

Premessa

Uno dei principali pilastri della teoria dell’Anthropogenic Global Warming (AGW) è costituito dai modelli climatici globali (GCM), modelli di simulazione dinamica di tipo deterministico basati sulla meccanica newtoniana della continuità e con i quali si ricostruiscono i climi del passato e si “prevedono” quelli del futuro.

La metrica con la quale si verificano oggi le prestazioni dei GCM è costituita dalle temperature al suolo, i cui dataset globali sono gestiti da grandi enti ed in particolare gli statunitensi NASA e la NOAA  e quelli britannici Hadley Centre e East Anglia University, i quali sulla scorta di questi dati hanno ad esempio affermato che il 2015 è stato l’anno più caldo da quando si fanno misure.

E’ indubbio tuttavia che l’uso dei dati da reti al suolo per verificare le prestazioni dei GCM soffra di tutta una serie di imitazioni legate in particolare al fatto che molte stazioni al suolo manifestano trend non climatici frutto ad esempio dei vistosi processi di urbanizzazione cui sono soggette le aree circostanti ai siti di installazione, processi che limitano talora in modo drastico la rappresentatività delle stazioni rispetto al global warming.

Si osservi inoltre che fra le cose più difficili da descrivere e prevedere per i modelli previsionali deterministici utilizzati per le previsioni a medio termine è il comportamento delle variabili meteorologiche  (temperatura, umidità, vento, radiazione, ecc.) all’interno degli strati limite (boundary layer) e cioè di quelli strati atmosferici che sono significativamente alterati dalle superfici sottostanti ed il cui spessore medio varia da pochi cm nel caso ad esempio di una foglia a alcune decine di metri nel caso di un campo coltivato a 1000 m circa se si considera il pianeta nel suo complesso. Se il problema sussiste per i modelli a breve e medio termine e che operano con riferimento a celle di lato di alcune decine di km, immaginate come il problema sia più avvertito dai GCM che operano su celle il cui lato è di alcune centinaia di km.

Sulla necessità di cambiare metrica per la verifica dei GCM spostandosi al di fuori dei Boundary Layers si è espresso in modo forte John Christy nella sua testimonianza al Congresso degli Usa resa il 2 febbraio scorso, disponibile nella versione scritta qui.

La metrica proposta da Christy per verificare i GCM

Christy ha in sostanza proposto di utilizzare a scopo di verifica dei GCM i dati relativi alla media troposfera (MT) misurati con i sensori satellitari MSU le cui misure sono a loro volta validate con i dati da radiosondaggio. Per inciso l’immagine in figura 1 mostra una validazione dei dati MSU relativi alla media troposfera eseguita con dati delle radiosonde Statunitensi e australiane e da essa si può dedurre una concordanza estrema fra le due fonti di dati.

Fig_1 Mariani_Christy
Figura 1 – Andamento dei dati da radiosonda e da satellite MSU per la media troposfera dal 1979 al 2005. Dati riferiti agli Usa e all’Australia.

Il risultato dell’applicazione della metrica proposta è illustrato in figura 2, sempre tratta dalla testimonianza di Christy e che illustra le temperature medie globali annue dal 1979 (anno d’inizio delle misure da satellite) simulate dai GCM utilizzati per l’ultimo report IPCC e misurate da satellite e da radiosonda. Come si vede i GCM indicano un incremento di 0.8°C (passando da 0.05 a 0.85°C) mente le misure appaiono in buon accordo fra loro e indicano un incremento di + 0.26°C (passando da 0.06 a 0.32°C) per il satellite e di +0.30°C (passando da 0.06 a 0.36°C) per le radiosonde. In sintesi l’incremento stimato con i GCM è rispettivamente di 3.1 volte (0.8/0.26) e di 2.7 volte (0.8/0.3) rispetto a quello misurato.

Figura 2 – Andamento delle temperature globali fra il suolo e 15.000 m di quota misurate da satellite (quadrati verdi), da radiosonda (tondi azzurri) e simulate dai modelli GCM utilizzati per il report IPCC del 2013 (linea rossa). L’incremento delle temperature simulato dai modelli è più che doppio rispetto a quello misurato.
Figura 2 – Andamento delle temperature globali fra il suolo e 15.000 m di quota misurate da satellite (quadrati verdi), da radiosonda (tondi azzurri) e simulate dai modelli GCM utilizzati per il report IPCC del 2013 (linea rossa). L’incremento delle temperature simulato dai modelli è più che doppio rispetto a quello misurato.

Gli stessi dati di figura 2 sono riproposti nella figura 3 ove vengono anche riportati gli andamenti dei singoli modelli. Infine la figura 4 riporta dati analoghi a quelli delle figure 2 e 3 ma riferiti alla media troposfera tropicale, quella che secondo le attese della teoria AGW dovrebbe presentare il famoso hot spot che dovrebbe costituire la pistola fumante del global warming antropogenico.

Fig_3 Mariani_Christy
Figura 3 – Andamento delle temperature globali per la media troposfera globale misurate da satellite (quadrati verdi), da radiosonda (tondi azzurri) e simulate dai modelli GCM utilizzati per il report IPCC del 2013 (la linea rossa spessa riporta la media di tutti i modelli mentre le singole linee indicano le performance dei singoli modelli).
Fig_4 Mariani_Christy
Figura 4 – Andamento delle temperature globali per la media troposfera tropicale misurate da satellite (quadrati verdi), da radiosonda (tondi azzurri) e simulate dai modelli GCM utilizzati per il report IPCC del 2013 (la linea rossa spessa riporta la media di tutti i modelli mentre le singole linee indicano le performance dei singoli modelli).

Da questi dati trae origine la radicale obiezione che Christy fa rispetto all’uso dei GCM come strumento regolatorio, uso che è stato ampiamente fatto in sede di COP21 quando si sono assunti come obiettivo i livelli atmosferici di CO2 che secondo i GCM dovrebbero dar luogo a incrementi delle temperature globali di 2°C ovvero di 1.5°C. Per inciso ricordo che l’uso di modelli a scopo regolatorio si è affermato con l’uso dei modelli diffusionali di inquinanti atmosferici ed in proposito c’è da domandarsi chi sarebbe oggi disposto ad utilizzare per scopi regolatori modelli che sovrastimano di 3 volte il livello degli inquinanti a una data distanza dalla sorgente.

Peraltro una sovrastima così rilevante si manifesta su una serie ormai molto lunga (37 anni) e dunque pone con forza il problema della parametrizzazione dei GM in uso ed in particolare della sensibilità alla CO2 che viene imposta ai modelli dai modellisti. In proposito si noti da figura 3 che un solo modello riproduce in modo accurato i dati con riferimento alla media troposfera globale ed è un modello russo. Penso che andare a vedere come questo modello lavora potrebbe essere istruttivo per capire cosa fare per migliorare le prestazioni dei GCM.

ALTRI ELEMENTI DELLA TESTIMONIANZA DI CHRISTY

Fra gli altri elementi chiave della testimonianza segnalo anzitutto l’analisi impietosa del sistema statunitense di finanziamento alle ricerche, che secondo Christy soffre di un gretto conformismo che impedisce di finanziare le linee di ricerca che sarebbero oggi più utili per chiarire i dubbi che ancora ci attanagliano e che impediscono ad esempio ai GCM di descrivere il modo realistico il comportamento del sistema climatico. Fra queste linee di ricerca, le  prioritarie secondo Christy sarebbero le seguenti:

(a) analisi delle evidenze in favore di una ridotta sensibilità del clima rispetto ai gas serra

(b) ruolo e importanza della variabilità naturale non forzata

(c) verifica rigorosa e indipendente degli output dei modelli climatici

(d) discussione approfondita sull’incertezza

(e) focus sull’accumulo di energia nel sistema climatico e sul modo migliore per monitorarla

(f) analisi delle principali conseguenze, benefici inclusi, dell’incremento di CO2

(g) importanza di fonti energetiche sostenibili e accessibili per la salute e il benessere umano.

In particolare l’ultimo di questi temi è da sempre caro a Christy che in gioventù si è molto occupato di cooperazione allo sviluppo e che contesta l’idea di imporre ai Paesi in via di sviluppo limitazioni miopi all’uso di combustibili fossili (ricordo ciò per averlo letto in una sua intervista di vari anni orsono).

Infine Christy nella sua testimonianza ha riportato una serie di dati relativi ai trend degli eventi estremi e che contestano l’opinione dominante circa l’aumento parossistico di tali fenomeni.  Due dei diagrammi mostrati da Christy sono riportati nelle figure 5 e 6. In particolare la figura 6 pone in evidenza un proxy d’eccezione e cioè il trend produttivo globale delle tre principali colture, la cui positività non si giustificherebbe a fronte di un clima fattosi più estremo e meno favorevole alle attività umane.

Fig_5 Mariani_Christy
Figura 5 – Frequenza delle ondate di caldo in USA espressa come numero medio di giorni con temperature superiori a 100°F per le 982 stazioni della rete climatologica storica degli USA.
Fig_6 Mariani_Christy
Figura 6 – Trend produttivo globale di mais, frumento e riso (rese unitarie in tonnellate per ettaro).

 

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Published inAttualità

9 Comments

  1. alessandrobarbolini .critico meteo

    La climatologia e meteorologia è diventata un mercato un business e perciò vale la regola di chi la spara più grossa…tra 1000 anni saremmo ancora qua a domandarci dei banani a Oslo e del mare a Bologna. ..che mondo patetico

  2. Alessandro

    Stavo leggendo qui:
    https://www.researchgate.net/publication/227251252_Simulating_present-day_climate_with_the_INMCM40_coupled_model_of_the_atmospheric_and_oceanic_general_circulations
    che questo modello russo rispetto al vecchio modello ha raddoppiato l’area di permafrost da 8,2 *10^6 km^2 a 16,1*10^6 km^2 e aumentato notevolmente il “River runoff into the ocean, 10^3 km^3/year” da 21,6 a 31,8. Mi pare che ci sia più vapore acqueo presente in questo modello di previsioni climatiche rispetto agli altri modelli.

  3. Alessandro

    Il modello russo ha sicuramente una marcia in più di tutti gli altri. Sarei curioso di analizzare il modello.

  4. Fabio Vomiero

    Premettendo, per evitare equivoci o fraintendimenti che io non sono né scettico né catastrofista, ma possibilista sì, provo a fornire alcune riflessioni in merito a quanto trattato nell’articolo, che potrebbero essere utili al dibattito.
    Innanzitutto una premessa doverosa, a scanso di equivoci: la teoria dell’AGW, non dice che il riscaldamento globale (inequivocabile) è provocata dalle attività umane. Bisogna essere precisi, dice che è altamente probabile che la maggior parte del riscaldamento globale osservato possa essere imputabile alle attività umane. Attenzione, perché c’è una bella differenza tra i due enunciati, quello corretto infatti non esclude la concomitanza di fattori naturali che sono invece riconosciuti. Passiamo poi ai tre temi principali discussi nell’articolo.
    1. Limiti dei dati. Certo, li conosciamo bene, tutti i dati di cui disponiamo sono affetti da margini di errore di consistenza variabile, anche quelli satellitari. Tuttavia mettendo tutto assieme, indicatori climatici compresi, emerge abbastanza chiaramente un riscaldamento globale di circa 0,6°C negli ultimi quarant’anni. La domanda è: rifacendosi ai margini di errore dei dati, al possibile effetto “isola di calore”, ai dati satellitari, ai dati della media troposfera, cosa si vorrebbe dimostrare, che il riscaldamento globale non esiste?
    2. Limiti dei modelli fisico-matematici. Anche questi li conosciamo bene, anzi, in questo caso lo dice la parola stessa, modello. Tutti sanno che i modelli sono ancora una rappresentazione abbastanza sommaria ed approssimativa della realtà ipercomplessa, e di sicuro i climatologi sono i primi a conoscere e a riconoscere questi difetti. Di conseguenza appare ovvio che i dati da una parte e i pronostici modellistici dall’altra, non potranno mai coincidere perfettamente. Tuttavia (e mi ripeto), in climatologia non esistono solo modelli fisico matematici, ma esistono anche dati, statistiche, conoscenze scientifiche di base, modelli concettuali, per esempio.
    3. I fenomeni estremi. Non è una novità, la questione è anche scientificamente ancora aperta. Probabilmente non si conoscono ancora bene i meccanismi fisici e termodinamici (oltre alla loro natura spesso stocastica) che stanno all’origine dei fenomeni stessi e le osservazioni risultano ancora difficoltose. Rimane poi tuttora irrisolto il problema della definizione dei fenomeni estremi, che in realtà comprende una grande varietà di eventi meteoclimatici. Se ci riferiamo però alle ondate di calore, come accennato nell’articolo, mah, io comunque una sicurezza almeno ce l’ho. Guardacaso, dalle mie parti la gaussiana dei fenomeni termici negli ultimi quarant’anni si è notevolmente spostata verso una maggiore frequenza degli episodi caldi o molto caldi e una contemporanea diminuzione degli episodi freddi o molto freddi.
    Insomma, in base a quanto detto e a molto altro che si potrebbe ancora dire, mi sembra che la teoria dell’AGW, ad oggi, non sia affatto contraddetta dai fatti. E poi mi chiedo: e quale sarebbe la teoria alternativa in grado di spiegare meglio i fatti, ma che siano fatti e non fattoidi? Il Sole forse? Ne ho parlato anche in un mio recente articolo:http://meteolive.leonardo.it/news/In-primo-piano/2/dai-satelliti-il-global-warming-meno-warming-ma-/52546/
    Cordiali saluti

    • @tutti
      Errore imperdonabile, il post è di Luigi Mariani, con il quale mi scuso pubblicamente. Ho quindi provveduto ad aggiornarne la firma.
      gg

    • Luigi Mariani

      Gentile Fabio,
      quello che dice Christy è che i GCM non descrivono quanto sta accadendo nella media troposfera e che lo fanno sistematicamente da 37 anni. Sarà tanto o sarà poco ma questo è quanto lui ci dice.
      Il titolo che ho dato all’articolo è preso da una frase che Christy ha pronunciato nel corso della sua testimonianza e credo stia a significare che da cambiare sono i modelli GCM ovvero la sensibilità dei modelli al forcing antropico. Su questo tema concordo con lui per i seguenti motivi:
      1. i GCM funzionano correttamente dal 1977 al 1998 e cioè negli anni in cui le temperature salgono a rotta di collo. Tenga peraltro conto che in quel periodo le temperature salgono perché spinte dalla concomitante fase positiva di alcuni indici atmosferici e oceanici (AMO, NAO e PDO), indici il cui comportamento non viene ancor oggi decritto in modo realistico dai GCM (pare perché trattasi di variabilità naturale)
      2. prima del 1977 i modelli stessi non riescono a riprodurre correttamente i fenomeni e in particolare il riscaldamento degli anni 30 e il grande iato del 1950-76 (i modellisti che interpelli ti dicono che ciò accade perché trattasi di variabilità naturale)
      3. analogamente i modelli, come ci mostra Christy con i suoi dati della media troposfera, non riproducono correttamente la realtà dopo il 1998.
      Tenga poi conto del fatto che la comunità scientifica climatologica (ivi compresi Nir Shaviv o Richard Lindzen) converge sul fatto che l’uomo influenza il clima e lo fa in tanti modi fra cui emettendo gas a effetto serra (vapore acqueo, CO2, CH4, N2O, aerosol) o cambiando l’uso del suolo. Le differenze vengono a valle su due temi cruciali e cioè:
      – la sensibilità del clima all’aumentare del forcing antropico (i modellisti per star dietro all’aumento a rotta di collo del periodo 1977 1998 hanno dovuto adottare sensitivities molto elevate che oggi si ritorcono conto di essi producendo i problemi di non realismo evidenziati da Christy)
      – gli effetti del cambiamento climatico sull’uomo e sugli ecosistemi: sarà catastrofe o meno? Io personalmente non mi sento catastrofista perché colgo anche svariati aspetti positivi nella fase climatica attuale.
      Sul tema infine degli eventi termici estremi (ondate di caldo) sono d’accordo con lei che sull’Europa sono aumentati e l’ho anche scritto su questo sito. I dati di Christy si riferiscono agli Usa e dicono cose diverse, e per inciso a conclusioni analoghe sono arrivati coloro che hanno lavorato sulle medie latitudini dell’emisfero Nord nel loro complesso (Screen e Simmonds I., 2014).

    • Fabio Vomiero

      Grazie prof.Mariani per l’esaustiva risposta. In effetti mi trovo a concordare con tutto quanto lei dice. Le mie forse sono riflessioni più di carattere generale che mi portano ad essere francamente cauto nel rigettare la teoria dell’AGW, nella versione corretta che ho riportato in quanto, al momento, non riesco a trovare fatti di una certa rilevanza che possano decretarne la sua fallacia e nemmeno ipotesi alternative ben supportate o meglio supportate e coerenti. Naturalmente sono il primo a sperare che prima o poi la teoria si riveli scorretta.
      Saluto cordialmente.

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