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Hip hip hurrà!

Su l’Unità di questa mattina è uscito un articolo con questo titolo: “Per un meteo nazionale più operativo”. Non ho resistito alla tentazione di integrarlo con il titolo di questo post 😉

Si parla dell’assetto che ha avuto, dovrebbe avere e forse avrà il servizio meteorologico nel nostro Paese, argomento spinoso e controverso nel quale non entrerò perché non intendo trasformare CM in un’arena nella quale dovrei fare sia l’arbitro che il giocatore che l’allenatore, cosa evidentemente impossibile. Se vorrete approfondire basta aspettare domani, perché immagino che il pezzo a firma di Carlo Cacciamani e Sergio Castellari andrà on line una volta perse le caratteristiche di esclusiva della notizia fresca di giornata.

Ne parlo oggi però perché l’articolo comincia così:

Negli ultimi anni il nostro Paese ha subito eventi meteorologici estremi, che hanno provocato inondazioni, allagamenti, morti, feriti, danni di ogni genere. Eventi di questo tipo sono già accaduti in passato, ma ora accadono con più intensità e più frequentemente. I cambiamenti climatici che si sono manifestati rapidamente in questi ultimi decenni, possono creare condizioni peggiori.

Appena due giorni fa, abbiamo pubblicato un breve post a firma di Sergio Pinna nel quale si affronta proprio questo tema e in cui, basandosi solo sull’analisi dei dati disponibili e commentando uno dei pochissimi lavori pubblicati in Italia su questo argomento si scriveva così:

[…] non emerge alcuna variazione significativa nei caratteri generali delle precipitazioni, e tanto meno alcun aumento nell’entità degli eventi estremi, che – semmai – paiono mostrare un debole calo, nel lungo periodo.

Del resto, l’IPCC, nel suo special report proprio sugli eventi estremi, sempre attenendosi alla letteratura disponibile ha scritto nel Summary for Policy Makers:

There have been statistically significant trends in the number of heavy precipitation events in some regions. It is likely that more of these regions have experienced increases than decreases, although there are strong regional and subregional variations in these trends. [3.3.2]

There is low confidence in any observed long-term (i.e., 40 years or more) increases in tropical cyclone activity (i.e., intensity, frequency, duration), after accounting for past changes in observing capabilities. It is likely that there has been a poleward shift in the main Northern and Southern Hemisphere extratropical storm tracks. There is low confidence in observed trends in small spatial-scale phenomena such as tornadoes and hail because of data inhomogeneities and inadequacies in monitoring systems.  [3.3.2, 3.3.3, 3.4.4, 3.4.5]

There is limited to medium evidence available to assess climate-driven observed changes in the magnitude and frequency of floods at regional scales because the available instrumental records of floods at gauge stations are limited in space and time, and because of confounding effects of changes in land use and engineering. Furthermore, there is low agreement in this evidence, and thus overall low confidence at the global scale regarding even the sign of these changes. [3.5.2]

Riassumendo lo stato delle cose:

  • E’ più probabile che le piogge siano aumentate d’intensità piuttosto che diminuite da qualche parte;
  • Non c’è confidenza in alcun genere di trend sugli eventi estremi più estremi di tutti, i cicloni tropicali;
  • E’ probabile che le perturbazioni extratropicali (che fanno il maltempo da noi) abbiano spostato un po’ più a nord il loro raggio d’azione;
  • C’è bassa confidenza nei trend osservati di eventi a piccola scala spaziale a causa di dati non omogenei e inadeguatezza dei sistemi di monitoraggio;
  • Ci sono limitate o medie evidenze disponibili per attribuire i cambiamenti osservati nell’intensità e nella frequenza delle alluvioni a scala regionale ancora per inadeguatezza delle serie e a causa di effetti che confondono il segnale come l’uso del suolo e le infrastrutture; inoltre su questa (pur bassa evidenza) c’è scarso accordo e quindi risulta generalmente bassa la confidenza a scala globale anche circa i segnali che questi cambiamenti siano avvenuti.

Ora, come anticipato in apertura, non voglio entrare nel merito dell’articolo, però, per quale ragione due esperti di spicco del nostro Paese su questa materia (Sergio Castellari è stato a lungo focal point per l’Italia all’IPCC) devono affrontare una materia come quella dell’assetto del servizio meteorologico dicendo cose che non hanno alcuna robustezza scientifica? Gli unici lavori che hanno affrontato questi argomenti per il nostro Paese, dove i dati sono ancora più disomogenei ove non del tutto assenti e dove l’assetto del territorio non confonde il segnale, lo determina totalmente, sono quelli presi in considerazione anche dall’IPCC (la serie Brunetti et al.) da cui scaturiscono segnali molto controversi e certamente inadeguati a supportare l’incipit di questo articolo. Ripeto, perché?

Mi dispiace, ma non so darmi una spiegazione, né per la divulgazione, né per la scienza, né per la sicurezza, né, se queste sono le premesse, per l’autorevolezza di un sistema meteorologico al servizio del Paese.

PS: Voglio lasciare una porta aperta: se qualcuno fosse a conoscenza di lavori più recenti ce li segnali. Siamo ansiosi di capire quanto è piovuto, quanto piove e quanto pioverà in questo Paese.

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Published inAttualitàClimatologiaMeteorologia

7 Comments

  1. Antonio

    Mettere mano nelle serie storiche pluviometriche italiane è un’impresa. Recentemente avevo cercato di provare a fare una sistemazione per la serie storica di Capri A.M., ma mi sono reso conto che è un’ impresa impossibile a causa di dati mancanti, buchi nelle segnalazioni, pluviometro guasto.

    • Donato

      Antonio, grazie per la tua preziosissima testimonianza.
      Ho sempre considerato le serie storiche delle varie stazioni di misura un dato attendibile, ma dopo il tuo intervento, forse, mi devo ricredere. La cosa mi sembra, inoltre, piuttosto diffusa tanto in Italia che all’estero per cui ho la netta impressione che quando si parla di serie di misurazioni ci troviamo di fronte a “oggetti” piuttosto misteriosi che dopo i trattamenti di omogeneizzazione diventano ancora più “strani”.
      Di tutto questo insieme di oggetti più o meno reali noi consideriamo la media globale e, dulcis in fundo, confrontiamo i dati attuali con l’approssimazione del decimo o centesimo di grado (nel caso delle temperature) o del decimo di millimetro (nel caso del livello del mare o delle serie pluviometriche) per individuare trend da estrapolare per decenni se non secoli.
      Mah!
      Ciao, Donato.

  2. Uberto C rescenti

    Non capisco come questi signori che si piccano di essere ricercatori di livello internazionale possano produrre tali articoli. Eppure chi è nell’IPCC dovrebbe sapere che Christopfer Landasea si dimise da quell’organismo perché non accettava la affermazione che gli uragani erano aumentati, almeno secondo le sue ricerche. I due autori non hanno letto il lavoroo di Sergio Pinna, forse perchè leggono solo pubblicazioni referate. Non so che dire.

  3. Alessandro

    Attendiamo Guido, forse almeno questa volta ci apriranno gli occhi con delle ricerche che hanno fatto su dati certi e non stimati. 🙂

  4. Alberto R.

    “Sergio Castellari è stato a lungo focal point per l’Italia all’IPCC” e ti sembra strano che sostenga posizioni senza alcun fondamento? L’IPCC è un farsa fin dalla sua costituzione. È BASATA sulla bugia sistematica. Da un po’ di tempo non si accontentano più di raccontare frottole sul futuro ma modificano anche i dataset passati per rafforzare le loro frottole (vedi NOAA e NASA).

  5. Fabrizio Giudici

    “dovrei fare sia l’arbitro che il giocatore che l’allenatore, cosa evidentemente impossibile”

    Sei molto corretto. In realtà l’accumulo dei ruoli citati è ormai prassi comune ovunque.

    • Credimi Fabrizio, nella fattispecie mi chiamo fuori volentieri 😉
      gg

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