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Esiste un legame tra attività solare ed eventi ENSO?

El Niño è uno dei fenomeni che maggiormente influenza l’evoluzione del tempo in zone molto estese del globo terrestre tanto da essere considerato un indice climatico globale. Tutti i lettori di CM conoscono il fenomeno: periodicamente una porzione ben precisa della superficie dell’Oceano Pacifico si riscalda o si raffredda determinando le condizioni per generare ondate di siccità o di precipitazioni intense sulle coste occidentali americane e non solo. Il fenomeno è molto complesso e coinvolge le acque oceaniche e l’atmosfera che le sovrasta. Detto in termini estremamente sintetici gli alisei spingono le acque calde della superficie oceanica verso ovest e richiamano acque fredde dalle profondità oceaniche. In tal modo si accumulano grandi quantità d’acqua calda sui bordi occidentali del Pacifico e la superficie oceanica orientale diventa più fredda. Tale situazione non può durare all’infinito e difatti appena gli alisei si attenuano o si invertono, l’acqua accumulata ritorna verso est e raggiunge le coste americane del Pacifico originando la fase positiva dell’ENSO che si individua comunemente con il termine El Niño in quanto raggiunge il suo apice alla fine dell’anno cioè, intorno a Natale.
Il fenomeno è estremamente importante, ma altrettanto misterioso: non ha una periodicità ben precisa per cui è scarsamente prevedibile, diciamo che non abbiamo ancora compreso in modo completo il meccanismo che determina l’inversione degli alisei e le alternanze di fasi positive o neutre (a volte negative) dell’ENSO.

Da circa dieci anni è stata scoperta una componente di El Niño ancora più misteriosa di cui sappiamo poco o niente e che interessa il Pacifico centrale da cui diffonde verso oriente e che viene individuato come El Niño Modoki. Nel tentativo di spiegare le cause di tale ultimo fenomeno, H. Wen-Juan e X. Zi-Niu hanno da poco pubblicato un articolo

The impact of solar activity on the 2015/16 El Niño event

(da ora Wen-Juan et al., 2016) in cui sostengono di aver individuato un legame tra il fenomeno e l’attività solare. Essi ritengono, infatti, che esiste una relazione tra il massimo solare ed il ciclo con cui si verifica l’evento El Niño Modoki. Studi recenti hanno consentito di individuare per questo fenomeno un periodo decennale, per cui è sembrato logico confrontare il periodo dell’evento con il periodo solare di undici anni.

I due ricercatori hanno calcolato gli spettri di potenza dei due set di dati a disposizione: quello del numero di macchie solari (SSN) del SILSO di Bruxells e quello delle temperature superficiali del mare (SST) della NOAA. L’elaborazione statistica effettuata ha consentito di individuare in entrambe le serie di dati il periodo di dieci anni, per cui la tesi degli autori sembra dimostrata. Nel grafico seguente, tratto da Wen-Juan et al., 2016, sono state riassunte le conclusioni dello studio.


Il coefficiente di correlazione calcolato per il composito delle due curve assume il valore massimo se le due curve vengono sfasate di 2 o 3 anni.

Sulla base di tali risultati gli autori sostengono che esiste una correlazione (che ricordo non è causalità) tra i due fenomeni per cui giungono alla conclusione che gli eventi di massimo solare sono seguiti a distanza di qualche anno (2 o 3) da un evento di El Niño Modoki. Essendo quest’ultimo una componente di El Niño, dal contesto traspare chiaramente che Wen-Juan et al., 2016 sono dell’avviso che anche gli eventi intensi di El Niño potrebbero essere legati, in qualche modo, con i massimi solari.

Wen-Juan et al., 2016 individua anche un meccanismo per giustificare il fatto che il massimo solare determina El Niño Modoki: durante i massimi solari si verificano dei riscaldamenti in alta ed in bassa stratosfera in corrispondenza del Pacifico equatoriale e tropicale. Questo eccesso di calore viene trasferito verso il basso e verso le zone polari dalle onde planetarie. Giunta nell’atmosfera polare, l’aria calda tropicale modifica l’Oscillazione Artica e l’indice North Anular Mode generando anomalie che, a loro volta, determinano anomalie nelle SST, probabilmente a causa di variazioni della quantità di radiazione che raggiunge la superficie oceanica in conseguenza delle anomalie nella circolazione atmosferica e, forse a causa della variazione della copertura nuvolosa connessa alla variazione degli indici di circolazione atmosferica.

Nell’articolo originale, liberamente accessibile, si può approfondire l’argomento che io ho cercato di riassumere in questo post.

Per chiudere, come al solito, qualche considerazione personale. Lo studio è particolarmente intrigante in quanto fa balenare la possibilità che il Sole sia in grado di determinare direttamente un evento globale come ENSO, ma i dati non sembrano confermare questa tesi affascinante. Guardando il grafico riportato nel corpo del post, si vede chiaramente (ad occhio) che mentre esiste una certa coerenza tra gli ultimi tre cicli solari e gli ultimi tre episodi di El Niño Modoki, tale coerenza si perde nei decenni precedenti. Possiamo concludere, pertanto, che la corrispondenza tra massimi solari ed eventi Modoki potrebbe benissimo essere una semplice coincidenza e, quindi, non avere alcun significato fisico.

Altro aspetto che depone male per Wen-Juan et al., 2016 è il valore del coefficiente di correlazione: 0,186215 (correlazione debole in quanto inferiore a 0,3) che corrisponde ad un R2=0,035. Significa che solo il 3,5% della variabilità è spiegato dalla correlazione. La correlazione sparisce se si eliminano gli ultimi tre cicli solari. In buona sostanza una tesi affascinante, ma scientificamente debole.

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Published inAttualitàClimatologiaSole

11 Comments

  1. Donato

    Calore geotermico. Ho cercato di capire quanto vale in termini assoluti questo contributo al bilancio termico del pianeta e non sono riuscito a trovare valori molto diversi da quelli indicati nel post di Skeptical Science indicato da Alvaro.
    Detto in altri termini il paragone tra il contributo solare e quello geotermico è a dir poco impari.
    In mancanza di dati diversi da quelli indicati, non me la sento di condividere l’origine di El Nino nel calore geotermico. Qualche contributo potrebbe anche esserci, ma lo reputo secondario. Le quantità di energia in gioco sono immense e il contributo solare mi sembra prevalente se non esclusivo. 341 W/mq è qualcosa di molto più rilevante di 0,09 W/mq.
    Sempre pronto a cambiare idea se mi si dimostra di essere in errore, ovviamente. 🙂
    Ciao, Donato.

  2. A. de Orleans-B.

    Qui:
    http://www.skepticalscience.com/heatflow.html
    una introduzione divulgativa sulle fonti di energia interne ed esterne del sistema “terra”.
    .
    L’energia fornita alla terra dal sole sarebbe circa 3500 volte superiore a quella proveniente dall’interno della terra, ma il commento 14. non sembra essere d’accordo…
    .
    Per quanto ignorante, ho una forte sensazione che, in questo campo, resti ancora tanto da scoprire!

    • Franco Zavatti

      Grazie per il link, interessante per avere un primo quadro del problema: anche io credo ci sia molto da fare e da capire sull’argomento e che vengano dati per certi alcuni risultati che come minimo sono vaghi, tipo la misura (molto importante in linea di principio) dei geoneutrini. Se non la ricerca teorica, credo che almeno la ricerca tecnologica debba evolversi ulteriormente prima di produrre numeri credibili sulla frazione di calore da decadimento rispetto al calore geotermico complessivo della terra.
      Ho provato a fare una ricerca per ” eruzioni sottomarine alle isole Vanuatu” ma ho trovato solo articoli di giornale e pseudo articoli su blog, dove gli unici a lavorare davvero sono i traduttori automatici. Proverò in inglese per trovare qualche dato ma ho poche speranze …
      Franco

  3. Luigi Mariani

    Caro Donato,
    anche una ricerca che dia risultati negativi potrebbe avere diritto a essere pubblicata, nel senso che può rivelarsi utile per evitare ad altri di imbarcarsi in indagini senza prospettive. In questo specifico caso però concordo con te sul fatto che gli autori si arrampichino un pò troppo sugli specchi per evidenziare una correlazione positiva che in effetti appare troppo debole per considerare il modello proposto utile a scopi previsionali.
    Luigi

  4. Donato e Franco,

    dai miei contatti americani (in lingua inglese… che mastico poco e male… quindi con tutti i limiti che ho nel comprendere tutto ciò che mi riferiscono), emerge già da qualche anno, che l’ENSO ha una componente principale di tipo VULCANICO (eruzioni sottomarine alle isole Vanuatu in primis) ed una componente secondaria di tipo SOLARE.
    Le eruzioni alle Vanuatu sono praticamente continue e avvengono in profondità. Da quello che ho capito, l’acqua calda subisce una sorta di “confinamento” in una zona ben precisa finché non raggiunge una certa “quantità”… dopodiché si sposta in superficie e si muove formando il fenomeno El Nino.

    Se questo fosse vero… la componente Solare individuata nella ricerca di cui all’articolo sopra, darebbe buoni risultati di correlazione solo qualora ci fossero le condizioni affinché la “bolla d’acqua calda” sia pronta a dare i suoi “frutti” (ENSO+).

    Il perché negli ultimi 3 cicli solari c’è correlazione mentre per il resto no è presto detto…
    …l’attività solare non influenza solo le temperature degli oceani e della stratosfera, ma influenza, pesantemente, anche l’attività geologica. Nello specifico c’è una correlazione inversa… pertanto più diminuisce l’attività solare (che sta diminuendo progressivamente dal ciclo 22 in poi), più aumentano le attività geologiche a livello planetario… specialmente quelle vulcaniche.

    Bisognerebbe fare qualche verifica per quanto riguarda le ciclicità delle eruzioni alle Vanuatu… ma non ho modo (e tempo) di farlo 🙁

    • Franco Zavatti

      Bernardo
      l’ENSO ha una componente principale di tipo VULCANICO (eruzioni sottomarine alle isole Vanuatu in primis) ed una componente secondaria di tipo SOLARE.
      Le eruzioni alle Vanuatu sono praticamente continue e avvengono in profondità. Da quello che ho capito, l’acqua calda subisce una sorta di “confinamento” in una zona ben precisa finché non raggiunge una certa “quantità”… dopodiché si sposta in superficie e si muove formando il
      fenomeno El Nino.

      Non avevo mai letto di questa teoria e non saprei bene cosa dire: a prima vista la teoria classica di El Nino (il Sole scalda il mare e gli alisei fanno il loro lavoro) mi sembra più concreta anche perché l’area interessata a El Nino attraversa (e non costeggia) la Cintura di fuoco del Pacifico; quindi il contributo al riscaldamento dell’oceano da parte delle eruzioni sottomarine mi sembra marginale, relativamente a ENSO.

      Detto questo, però, da tempo mi chiedo quale può essere il contributo all’energia complessiva del sistema Terra delle eruzioni sottomarine. Non ho mai letto di contributi vulcanici sottomarini, ad esempio nei modelli, e di
      come una più o meno intensa loro attività (ciclica?) possa influire sul riscaldamento degli oceani. Però sono tanti e hanno energia sufficiente a spostare le placche tettoniche.

      Purtroppo non ho mai trovato (ma ho cercato senza una sufficiente convinzione) dati da studiare. Se qualcuno potesse fornirmi indicazioni, anche vaghe, sulla frequenza e la distribuzione delle eruzioni sottomarine, potrei
      studiare i dati e scrivere qualcosa su CM.
      Franco

  5. Caro Donato, ho calcolato proprio questa notte lo spettro delle SST nelle 4
    regioni El Nino (1+2, 3, 3.4 e 4) che, nell’ordine elencato, coprono il
    Pacifico equatoriale da est verso ovest e quindi l’area interessata da ENSO.
    Ho usato i dati settimanali da gennaio 1990 ad agosto 2016 (quasi 1400 dati per ogni regione).
    Prima di leggere il tuo post non avevo mai sentito nominare
    l’El Nino Modoki e non avevo letto l’articolo di Huo e Xiao (2016),
    però posso dirti che lo spettro dei dati settimanali mostra un picco a 12 anni più altri, come si vede nella tabella

    Periodo in anni
    nino 1+2 18 5 3.7 2.9 2.3 1.9 1.5 0.90
    nino 3 12 6 4 3.1 2.3 1.8 1.5 0.91
    nino 3.4 12 6 4 3.1 2.3 1.8 1.5 0.96
    nino 4 12 6 4 3 2.4 1.7 1.5 0.95

    La regione 1+2 dà risultati un po’ diversi ma non troppo.
    Avendo calcolato i periodi in settimane, ho dovuto trasformare in anni assumendo un numero medio di settimane/mese pari a 4.31, da cui 51.72 settimane in un anno, piccole differenze con la realtà che non mi fanno credere troppo ai valori dell’ultima colonna (da considerare 1 anno).
    Se in qualche modo possiamo ritenere “solare” il massimo di 12 anni (ma non ne sono tanto convinto) allora sì, un’influenza solare si vede, e anche senza tirare in ballo Modoki.
    Quindi anche a me nasce qualche perplessità sul lavoro che citi (che però ho solo letto al volo).

    Ciao e ancora grazie per le informazioni che continui a darci. Franco

    • Donato

      Caro Franco, Wen-Juan et al., 2016 mi sembra estremamente debole dal punto di vista matematico in quanto riesce a trovare solo una debole correlazione tra l’indice SSN e l’indice SST nelle zone NIno che tu hai studiato. Tale correlazione dipende, inoltre, dal periodo considerato e quindi dimostra di essere ancora più debole di quanto sembri.
      Le tue elaborazioni analitiche individuano un periodo di circa 12 anni nelle SST che è, però, diverso da quello di circa 11 anni delle macchie solari, per cui la matematica che sottende lo studio risulta ancora più traballante di quanto pensassi.
      Diciamo che ci troviamo di fronte ad un bell’esempio di mediocre ricerca. 🙂
      Grazie per i tuoi sempre puntuali ed importantissimi contributi.
      Ciao, Donato.

  6. Mario

    E si, così ad occhio e croce la correlazione sembra molto debole. Ma merita di essere approfondita 🙂

  7. maurizio rovati

    Il “solito” Willis Eshenbach su WUWT
    https://wattsupwiththat.com/2016/09/12/chinese-sunspots/
    discute e demolisce lo studio cinese.

    “I see that there is a new paper from China causing a great disturbance in the solar force … as discussed here on WUWT, the claim is that the El Nino Modoki Index, which is an index of sea surface temperatures, is significantly affected by some sunspot-related solar variable.

    The first problem with their study is that the sea surface temperature (SST) “data” they have used to establish the relationship is not data as we understand it. It is not observations. It is not measurements of the actual sea surface temperature (SST). It is not stout-hearted men of oak going out and dipping up a bucket of water and inserting a thermometer.

    Instead, their sea surface temperature “data” is the output of a climate model, a type called a reanalysis model. This reanalysis model is “tested” and adjusted by comparing it with the output of another climate model. That model is called the GFDL CM2.1.

    So, we’re not looking at observed SST. Instead, we’re looking at the output of a couple of climate models.

    This means the Chinese have found a correlation between sunspots and climate model output.

    Now, having considered the OUTPUT of the climate models, would you care to guess what is used as the INPUT to the climate models?

    According to one of the cited underlying documents, the inputs include variations in forcings by greenhouse gases, aerosols, and the “best available estimates of solar radiation changes”.

    That means that the authors claim to have found statistically significant evidence of sunspot-related variations in the output of a climate model whose input includes sunspot-related variations … sorry, not impressed even if it were true.

    However, there is a much deeper problem, which is that the claim of statistical significance is not true. Their results are not statistically significant, it’s just statistics gone bad. Let me see if I can explain the problems using mostly pictures. I’ll start by clarifying their underlying hypothesis.

    Their basic claim is that the small ~11-year variations in the sun affect the sea surface temperature in some unspecified manner and by means of some unspecified solar phenomenon (TOA, solar wind, sunspots, heliomagnetism, etc.). And to their everlasting credit, and unlike far too many climate science authors, they have provided links in the paper to the datasets used in the study….”

    • Donato

      Maurizio, il “solito” W. Eschembach questa volta ha sparato sulla Croce Rossa! 🙂
      Ha scritto un post lunghissimo sottoponendo a ben quattro prove di significatività statistica un lavoro molto debole: ha usato una mazza per schiacciare una nocciolina. E’ vero che questo è il metodo che utilizza ogni qualvolta riesce a mettere le mani sui dati su cui si basa un lavoro che cerca di individuare dei cicli o periodi di tipo astronomico nelle serie di dati, ma in questo caso ….
      .
      Entrando nel corpus del problema una cosa mi lascia perplesso. Il Sole è la principale fonte di energia (se non la sola) per il sistema Terra e tutto ciò che accade al sistema climatico terrestre deve essere determinato dal Sole. Detto in altre parole la quantità di energia che entra nel sistema deve essere uguale a quella che ne esce, in caso contrario il sistema si riscalda o si raffredda. Gli oceani accoppiati all’atmosfera fungono da tampone e da cinghia di distribuzione del calore nel senso che lo immagazzinano e lo distribuiscono a livello planetario. Se la sorgente di calore (Sole) emette in modo costante, allora il sistema raggiunge una condizione di equilibrio termico che può essere modificata solo da cause che dipendono dal sistema e non dalla fonte di energia. Dal punto di vista termodinamico c’è poco da fare è così. I cambiamenti climatici rappresentano, pertanto, un fatto interno al sistema ed indipendente dalla fonte di energia. L’attuale riscaldamento del pianeta che sembra essere un dato di fatto, deve, pertanto, essere attribuito a cause endogene per cui la causa antropica non può assolutamente essere esclusa, anzi…
      .
      Escludere ogni forma di influenza esterna (astronomica, ciclicità solare, influenza dei pianeti e via cantando) comporta due conseguenze: il riscaldamento globale non esiste, oppure il riscaldamento globale dipende da cause interne e, quindi, dall’equilibrio (o squilibrio) radiativo. In altre parole dalla CO2.
      C’è poco da discutere.
      Abbiamo voglia a dire che il sistema climatico è caotico, non lineare, che esistono attrattori strani che lo stabilizzano e via cantando, ma se non li individuiamo fisicamente restano chiacchiere campate per aria.
      A. Pasini e colleghi hanno visto che l’irradianza solare determina, nel senso di Granger, le temperature terrestri fino agli anni cinquanta del secolo scorso, poi perde importanza a vantaggio della CO2. La cosa per me ha un significato di grande importanza: per tutta la vita della Terra, cioè per miliardi di anni il Sole ha determinato il clima terrestre attraverso la TSI. Essa ha un andamento ciclico come hanno messo in evidenza molti studiosi, primo tra tutti N. Scafetta. Molti tendono a considerarla costante ed incapace di determinare il clima terrestre, ma io non la penso così.
      Per concludere può anche essere che i ricercatori cinesi abbiano toppato (e hanno toppato), ma escludere a priori un’influenza delle ciclicità solari sulle temperature globali come fa W. Eschembach, mi sembra un po’ esagerato.
      Ciao, Donato.

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