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L’unica vittima

La storia a volte insegna, a volte no. Viene da chiedersi, le volte che non impariamo nulla, quali siano le cause per tanta refrattarietà. E non stiamo parlando di modelli matematici che dovrebbero insegnarci il da farsi per eventi che forse un giorno accadranno, stiamo invece parlando di fatti concreti avvenuti e digeriti nelle vite di altri essere umani. Oggigiorno non passa attimo senza un nuovo annuncio sulla lotta al cambiamento climatico, fondamentale per salvaguardare le vite dei popoli nei paesi in via di sviluppo (PVS).

La domanda che ci poniamo è: cosa potrà mai portare (di positivo) la lotta ai cambiamenti climatici, rispetto alle numerose politiche ed ai numerosi impegni fino ad oggi sottoscritti da tutti i paesi sviluppati, negli ultimi 70 anni (e molto spesso disattesi)? Davvero le nuove politiche ambientali costituiranno la panacea anche in questo caso? Oltre ai milioni di nuovi posti di lavoro, oltre ad un nuovo stimolo economico globale, anche la soluzione ai problemi dell’Africa?

Sia chiaro, l’Africa non è l’unico continente ad avere stati così definiti “del terzo mondo”, tuttavia proprio ad essa ci riferiamo perchè spesso viene tirata per l’angolo della giacca, una volta dagli ambientalisti, una volta dai politici. Oggi vi mostreremo dei numeri e dei dati che, siamo certi, vi faranno riflettere. Avremmo potuto mettere la foto di un bambino denutrito, della zona sub-sahariana: ma questa sarebbe stata l’ennesima spettacolarizzazione dei drammi (questi sì, sono veri) di milioni di persone che, a loro insaputa, sono sempre state pedine di un gioco più grande, che cambia nome ma che vede sempre gli stessi alla plancia di comando. Per una trattazione analitica dell’argomento, si rimanda allo studio di Bill Easterly1 : “Can the West Save Africa?”. L’ultimo paragrafo di questo intervento è dedicato agli aspetti più tecnico-economici del modello sulla povertà.

Ieri (1938) vs oggi (2005)

Confronto2 tra i problemi evidenziati nel 1938 da Lord William Hailey3 e nel 2005 dall’ONU4.

Problema 1938 2005
Malaria “… zanzariere cosparse di piretro …” “… zanzariere trattate con insetticida … insetticidi a base di piretroidi …”
Alimentazione “… gli africani soffrono di una insufficienza di vitamina A …” “… la malnutrizione è anche causata da un insufficiente apporto di vitamina A …”
Fertilità del suolo “… metodi per migliorare la fertilità del suolo, come il sovescio…” “… utilizzare il sovescio per migliorare la fertilità del suolo …”
Erosione del suolo “… aumentare l’assorbimento (delle acque) e ridurre lo scorrimento superficiale sulle terre coltivate, mediante l’utilizzo di terrazzamenti …” “… terrazzamenti, necessari su terreni in pendenza, utilizzo di alberi per ridurre l’erosione del suolo …”
Catasto “… registrando i terreni si può aumentare il livello di sicurezza …” “… registrazione dei terreni per aumentare la sicurezza delle proprietà private …”
Acqua “… pozzi a immersione …” “… aumentare la quantità di pozzi …”

L’Africa è un continente molto importante dal punto di vista delle politiche di cooperazione. La peculiarità di questo continente è data da una combinazione davvero sfortuita di fattori: da un lato è la regione più povera del mondo, dall’altro lato mostra i peggiori tassi di crescita del reddito pro capite. Nel 2005 quasi il 50% della popolazione viveva al di sotto della soglia di estrema povertà individuata dalla World Bank Organization (WBO), ovvero 1,24$ / giorno. Il consumo medio giornaliero di un abitante del continente africano ammonta a 0,75$. Un altro dato significativo (ma l’internet è davvero ricolmo di queste statistiche): per quanto riguarda l’aspettativa di vita, i paesi africani occupano circa l’80% delle peggiori posizioni della classifica, pur costituendo solo il 30% circa dell’intero campione analizzato. Potremmo continuare ancora a lungo, ma probabilmente è chiaro a tutti il messaggio. Tra l’altro, fermo restando quanto detto poc’anzi, vale la pena ricordare che non tutto va così male in Africa, e tra poco vedremo perchè.

Tecnologia, soldi o politica?

A questo punto è lecito chiedersi cosa sia mancato in questi decenni, affinchè non sia stato possibile raggiungere tutti gli obiettivi? Si tratta di limiti tecnologici, ovvero tanto nel 1938 quanto oggi non disponiamo degli strumenti necessari per risolvere, ad esempio, il problema dell’acqua potabile in Africa? Ovvero si tratta di investimenti troppo onerosi, quindi vi è stata una endemica insufficienza di denaro negli ultimi 70 anni? Ovvero ancora, è una mancanza di una politica economica chiara e con gli strumenti adatti per fare uscire questa Africa dalla trappola della povertà?

Oggi registriamo segnali contraddittori che di certo non aiutano a semplificare la questione ma, anzi, la complicano ulteriormente se possibile. Da un lato abbiamo l’Unione Africana che chiederà 300 miliardi di dollari al summit di Copenhagen5 . Questi soldi serviranno ad affrontare i costi per la mitigazione degli effetti dei cambiamenti climatici, interventi necessari, a detta del portavoce, per salvaguardare la vita delle popolazioni africane attuali e future. D’altro canto è stato da poco pubblicato uno studio di Oxfam che avverte i paesi Occidentali di non distogliere gli aiuti ai PVS per trovare fondi da destinare alla lotta ai cambiamenti climatici: ciò determinerebbe la morte di almeno 4,5 milioni di bambini e ne allontanerebbe decine di milioni dal sistema scolastico6 . Per non parlare della perdita di vite umane che si registra da sempre, per tutti i motivi fin qui analizzati.

Conclusioni

Lo scopo di questo articolo non è suggerire una soluzione ai problemi dei PVS, avevamo promesso di presentare dati e situazioni per riflettere su questi aspetti. Sicuramente non è un problema tecnologico, lo diamo per scontato perchè o non ci siamo evoluti dal 1938 a oggi, oppure la tecnologia da sola non è sufficiente a far uscire un continente dalla trappola della povertà. Delle due, una. Potrebbe trattarsi di un problema di soldi? Ci sentiamo di escludere anche questo, dimentichiamo per un momento l’attuale crisi economica mondiale: nei passati 70 anni il mondo intero ha vissuto momenti davvero favorevoli in quanto a cicli economici. Il denaro c’era e, diciamolo, c’è anche adesso sebbene la sua ri-allocazione oggi risulti, forse, più rigida. Tuttavia, se l’Occidente a Copenhagen deciderà di affrontare costosi sistemi di riduzione delle emissioni, vorrà dire che questi soldi ci sono. Sono stati investiti molti soldi per l’Africa, ma anche in questo caso i risultati non si sono esplicitati come era lecito attendersi. Probabilmente anche il denaro è una condizione necessaria, ma non sufficiente. E’ un problema politico? Nella sua accezione più ampia, ovvero un problema di decisioni di politica economica, allora sì, ne siamo certi. Fino ad oggi, è chiaro che le politiche intraprese abbiano considerato le variabili tecnologiche e monetarie come sufficienti: tuttavia gli stimoli economici non sono stati in grado di innescare alcun circolo virtuoso. Va detto, a onor del vero, che in Africa registriamo anche situazioni positive, dovute più a una differenza nelle condizioni iniziali che ad un successo a livello sistemico delle politiche.

La lotta ai cambiamenti climatici potrà aiutare l’Africa a salvare vite umane? Chi lo sa, forse, ma a noi questo approccio sembra fondamentalmente ipocrita, perchè l’unica vittima da un secolo a questa parte, alla fine, è sempre e solo l’Africa.

Un breve approfondimento economico: la trappola della povertà

La trappola della povertà7 ,8 o Poverty trap è una condizione, analizzata in economia, nella quale è presente un meccanismo che si rinforza autonomamente nella direzione di una maggiore povertà. In questo paragrafo approfondiamo gli aspetti più tecnici.

Prendiamo in considerazione una serie di fattori, quali ad esempio: investimenti, risparmi, infrastrutture, educazione, sanità, istituzioni pubbliche e identifichiamoli con [pmath]chi[/pmath] . Con y invece indicheremo il reddito pro capite. Vale la pena sottolineare la relazione che lega y a [pmath]chi[/pmath] : infatti i fattori racchiusi in quest’ultimo influenzano indirettamente il livello di reddito della popolazione. Un esempio su tutti: un elevato livello infrastrutturale consentirà l’insediamento di più industrie, aumentando l’offerta di lavoro e di conseguenza il reddito della popolazione.

Riassumendo:

[pmath] y = f(chi) [/pmath]

[pmath]chi=g(y)[/pmath]

Il problema della trappola della povertà risiede, disarmante semplicità, in questa relazione. In base alla sensibilità che lega i due fattori (livelli di [pmath]chi[/pmath] e livelli di reddito), si potrà uscire o meno dalla trappola della povertà. In particolare se l’elasticità complessiva delle due variabili supera 1, allora si innescherà una trappola della povertà.

Gli studi condotti, specificamente per la situazione in Africa (dove le condizioni di partenza differiscono non poco da altri casi in esame), mettono in luce come un flusso di aiuti volti ad aumentare il reddito pro capite non sia in grado di innescare un circolo virtuoso, che allontanerebbe l’Africa dalla poverty trap. Quello che invece è necessario è un unico flusso di aiuti volti ad aumentare il livello di [pmath]chi[/pmath] che, invece, si ipotizza poter esser sufficiente a sostenere da solo un aumento del reddito pro capite, innescando il fatidico circolo virtuoso.

Un breve approfondimento economico: la trappola della povertà

La trappola della povertà9 ,10 o Poverty trap è una condizione, analizzata in economia, nella quale è presente un meccanismo che si rinforza autonomamente nella direzione di una maggiore povertà. In questo paragrafo approfondiamo gli aspetti più tecnici, eventualmente si può saltare al paragrafo successivo senza pericolo di perdere il filo del discorso.

Prendiamo in considerazione una serie di fattori, quali ad esempio: investimenti, risparmi, infrastrutture, educazione, sanità, istituzioni pubbliche e identifichiamoli con [pmath]chi[/pmath] . Con y invece indicheremo il reddito pro capite. Vale la pena sottolineare la relazione che lega y a [pmath]chi[/pmath] : infatti i fattori racchiusi in quest’ultimo influenzano indirettamente il livello di reddito della popolazione. Un esempio su tutti: un elevato livello infrastrutturale consentirà l’insediamento di più industrie, aumentando l’offerta di lavoro e di conseguenza il reddito della popolazione.

Riassumendo:

[pmath] y = f(chi) [/pmath]

[pmath]chi=g(y)[/pmath]

Il problema della trappola della povertà risiede, disarmante semplicità, in questa relazione. In base alla sensibilità che lega i due fattori (livelli di [pmath]chi[/pmath] e livelli di reddito), si potrà uscire o meno dalla trappola della povertà.

[GRAFICO] + spiegazione

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  1. http://www.nyu.edu/fas/institute/dri/Easterly/File/can%20the%20west%20save%20africa.pdf []
  2. fonte: http://www.nyu.edu/fas/institute/dri/Easterly/File/can%20the%20west%20save%20africa.pdf []
  3. African Survey; http://openlibrary.org/b/OL22392863M/Lord_Hailey%27s_African_survey []
  4. UN Millennium Project []
  5. http://www.climatemonitor.it/?p=3819 []
  6. http://www.oxfam.org/en/pressroom/pressrelease/2009-09-16/beyond-aid-climate-debt []
  7. http://www.economicshelp.org/2008/03/poverty-trap-and-how-to-overcome-it.html []
  8. http://gregmankiw.blogspot.com/2008/02/poverty-trap.html []
  9. http://www.economicshelp.org/2008/03/poverty-trap-and-how-to-overcome-it.html []
  10. http://gregmankiw.blogspot.com/2008/02/poverty-trap.html []
Published inAttualitàEconomia

2 Comments

  1. Anonymous

    I enjoyed this! Well done!

  2. […]Africa, politiche economiche, politiche ambientali e sviluppo: quale il nesso? L’unica vittima | Climate Monitor […]

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