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Il ritorno del giorno dopo domani

Potrà sembrare un gioco di parole, ma nella confusione che regna nella corsa alla definizione di futuri disastri climatici, capita sovente che vengano rispolverati vecchi cavalli di battaglia. Uno su tutti, quello della fortunata pellicola The Day After Tomorrow, blockbuster hollywoodiano di qualche anno fa. Un film gradevole ma da annoverare doverosamente nella categoria della Science Fiction, di cui abbiamo recentemente analizzato pregi e, soprattutto difetti.

In quel film, non meglio specificate cause antropiche, innescano un poderoso raffreddamento delle medie latitudini dell’emisfero nord (chissà poi perché non anche in quello sud), piombando il pianeta in una rinnovata età glaciale, nella quale, senza dar troppo peso né conto alla decimazione della popolazione globale, si assiste al contrappasso dei cattivi occidentali inquinatori costretti da un sud del mondo eternamente sfruttato ma disponibile all’accoglienza.

All’origine di tale disastro a lieto fine (a parte la decimazione ovviamente), l’espansione verso sud di gelide masse d’aria artica che avrebbero avuto gioco facile a causa dell’interruzione della Corrente del Golfo devastata dallo scioglimento dei ghiacci artici.

Come da gioco di parole in apertura, nonostante la totale assenza di consistenza scientifica dell’argomento, ecco tornare, direttamente dalla rivista scientifica Nature Climate Change, il cattivissimo “freddo che viene dal caldo”, tormentone che solo poco tempo fa aveva preso una sonora batosta ad opera di altro gruppo di ricerca. Protagonista della vicenda, la corrente a getto polare, cioè il fiume d’aria che scorre ad alta quota a separare l’aria appunto polare da quella delle medie latitudini. Come già tentato di provare senza successo, un eventuale aumento degli ondeggiamenti del suddetto fiume d’aria, sarebbe secondo questa nuova ricerca potenzialmente all’origine dei recenti inverni freddi delle medie latitudini americane ed euroasiatiche.

Nonlinear response of mid-latitude weather to the changing Arctic

Ora, l’ampiezza e la frequenza delle oscillazioni della corrente a getto, sono in effetti i driver del trasporto di masse d’aria fredda verso sud e masse d’aria calda verso nord, meccanismo questo, che si fa carico di buona parte del lavoro che l’atmosfera compie nella sua eterna ricerca di redistribuire in modo equo il calore ricevuto dalla pancia del pianeta verso le alte latitudini. L’intensità della corrente a getto, poi, dipende ovviamente dal gradiente di temperatura nella zone di contatto tra le masse d’aria artica e delle medie latitudini. Primo problema: perché in presenza di un artico che si scalda più delle medie latitudini e quindi di un gradiente che inevitabilmente si attenua, dovrebbe intensificarsi la corrente a getto?

Ma passiamo oltre, perché più che di intensità qui si parla di “vagabondaggio” della corrente a getto, ovvero di sua inclinazione ad assumere con maggiore frequenza ampi moti oscillatori, quelli che chi mastica la materia conosce come “blocchi atmosferici”, ossia situazioni in cui la circolazione è bloccata in un certo modo e chi sta al freddo ci resta a lungo e chi sta al caldo idem. Per esempio le configurazioni di blocco sono all’origine delle ondate di calore estive, ma sono anche la causa degli eventi di freddo intenso nella stagione invernale. Per l’Europa in particolare, esiste una configurazione di blocco abbastanza tipica, che si chiama “Scandinavian Pattern positivo”, che in soldoni significa alta pressione che si incunea fino all’Artico dall’Atlantico e costringe l’aria artica a scorrere attraverso il continente fino all’area mediterranea. Come molte di queste configurazioni, anche questa qui può essere descritta attraverso un indice. La figura che segue, mostra l’andamento dell’indice da quando lo si è definito.

scand-timeseries
Fonte: http://www.cpc.ncep.noaa.gov/data/teledoc/scand_ts.shtml

Ci vedete qualche segnale di cambiamento nel passato e nel presente? A me sembra di no. Però, sono sicuro che se si prendono i dati, li si tortura un po’ e poi magari si danno in pasto ad un bel modello di simulazione climatica che funziona a CO2, salta fuori che, sì, in un futuro prossimo, il cambiamento climatico metterà lo zampino anche nello Scandinavian Pattern positivo e, allora, il freddo finalmente verrà dal caldo. La Science Fiction è servita.

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Published inAttualità

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