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Piano, pianissimo! (a Marrakech)

A dispetto delle premesse a Marrakech ci si muove con passi piccoli piccoli. Stando a qualche osservatore si dice che i lavori fervono e forse è vero, ma, per quello che ho potuto capire, sono praticamente improduttivi. Ieri l’altro 8 novembre si è vissuti nell’attesa dei risultati delle elezioni del Presidente degli Stati Uniti. La delegata francese L. Tubiana aveva fatto i dovuti scongiuri augurandosi di non dover mai assistere alla scalata di Trump alla Casa Bianca.

Ieri credo che si sia mangiate le mani e non solo. Non si hanno notizie di crisi o altri malanni che hanno attanagliato la rappresentante francese, né altri esponenti del movimento salvamondo che hanno dovuto, gioco forza, abbozzare e ingoiare amaro.

Ieri gli osservatori avevano imputato la lentezza dei progressi all’attesa dei risultati delle elezioni USA, oggi hanno completamente dimenticato ciò che avevano detto ieri e, diplomaticamente, hanno fatto finta che nulla sia successo. Secondo gli osservatori sul posto sembra che i lavori siano proseguiti normalmente: figuriamoci se un salvatore del pianeta si fa influenzare dall’elezione di questo o quel presidente o capo del governo!

Questo per restare alla facciata, in realtà la mazzata è stata di quelle che si ricordano a lungo. Ufficialmente si dice che tutto procede secondo i programmi con gli incontri, le conferenze, i work-shop e via cantando, in realtà non si è fatto altro che parlare di Trump e di quello che succederà ora.

Tutte le dichiarazioni dei conferenzieri sono state intonate ad una ostentata sicumera: vediamo che cosa riuscirà a fare costui, se avrà il coraggio di mettere in atto quanto ha minacciato durante la campagna elettorale, se sarà capace di sfidare l’opinione pubblica americana che, ormai, è tutta schierata per l’ambiente e le rinnovabili, contro le fonti fossili e lo sfruttamento dell’ambiente in modo non sostenibile. Sarà, ma i risultati delle elezioni mi sembra che dicano cose diverse da quelle auspicate dai salvatori del pianeta. Particolarmente significativo, in proposito, è stato l’intervento del presidente di WWF USA, C. Roberts.

Egli ha dichiarato che i Presidenti possono anche cambiare, ma le minacce legate al cambiamento climatico restano lì, sempre più pericolose, così come restano quelle legate allo sfruttamento dissennato  ed insostenibile delle risorse. Dopo l’ostentazione delle certezze, subentra, però, una certa inquietudine e si passa alle esortazioni:

“Esortiamo il neo Presidente D. Trump ad accelerare la transizione verso le energie rinnovabili e ad onorare gli impegni presi per risolvere la crisi del clima e preservare gli oceani, le foreste e le specie nel mondo.”

Della serie chi ha avuto, ha avuto e chi ha dato, ha dato: scordiamoci il passato e tiriamo a campare come se nulla fosse successo.

Non si potrà più tornare indietro, sembra dire Roberts perché gli investimenti legati alla conservazione dell’ambiente e alle energie rinnovabili, i progressi fatti in direzione della sostenibilità, sono uno stimolo all’innovazione ed alla creazione di migliaia di posti di lavoro ben retribuiti. Non credo che i milioni di americani che hanno votato per Trump condividano l’analisi di Roberts, altrimenti avrebbero votato per H. Clinton che di questi temi aveva fatto la sua bandiera in campagna elettorale. Con buona pace di Roberts credo che le cose cambieranno e non poco.

Dopo di che Roberts ci spiega perché D. Trump deve proseguire nella linea delineata da Obama che, però, i cittadini USA hanno bocciato sonoramente e per farlo, snocciola la solita litania:

“…. un’azione ambiziosa per il clima è  necessaria per mantenere la promessa [di rendere più sicuri gli USA], dato che il livello dei mari è in aumento e gli eventi estremi legati al cambiamento climatico, come gli uragani, colpiscono duramente e con sempre più frequenza le nostre città.”

Detto in altre parole il presidente eletto D. Trump deve operare per garantire la

“sicurezza globale e la sopravvivenza delle popolazioni mondiali che dipendono dal mantenimento delle risorse naturali, tra cui il clima.”

Ed infine Roberts enuncia il suo programma futuro:

“… continueremo a coinvolgere tutti i paesi del mondo, così come le famiglie americane, le città, gli Stati, le imprese e il governo federale per costruire alleanze e lottare per il cambiamento significativo di cui abbiamo bisogno e per il pianeta, la nostra casa”.

L’impegno dei salvatori del pianeta resterà, quindi, immutato in quanto è per loro inconcepibile che gli USA, di fronte alla scelta tra essere gli apripista nel cammino verso il progresso rappresentato dalle energie rinnovabili e le produzioni eco-sostenibili, scelgano di tornare indietro privilegiando forme di produzione e risorse energetiche che attentano alla salute del pianeta ed alla prosperità del popolo statunitense. Un modo come un altro per esorcizzare la paura che attanaglia buona parte del movimento ambientalista.

Come si vede D. Trump ha monopolizzato l’attenzione della Conferenza intera e di tutto ciò che vi gira attorno e non poteva essere altrimenti.

E’ sciocco pensare che non sia successo nulla. Gli eventi hanno dimostrato che gli “esperti”, gli “analisti”, i “decisori politici”, i “modellisti” e chi più ne ha, più ne metta, non hanno capito un accidente di quello che bolliva nella pentola americana. Sono decenni che ho a che fare con modelli matematici, che bazzico matematica e fisica e sono arciconvinto che se non conosco la fisica del sistema e non sto attento nel mettere i dati nel modello, non otterrò che numeri inutili. Detto in altri termini se immetto immondizia nel modello, otterrò immondizia. L’immondizia potrà piacermi, farmi comodo, ma sempre immondizia è.

Non uno e sottolineo non uno, di coloro che si spacciava per conoscitore del meccanismo elettorale americano, che elaborava scenari secondo i quali H. Clinton avrebbe vinto le elezioni con probabilità tra l’80% ed il 90% (poco lontano da quel 97% tristemente famoso nel dibattito climatologico) ha imbroccato la “previsione”. E questo riguardava la totalità dei modelli matematici che elaboravano i “big data” relativi alle elezioni in USA. Posso dire che intorno alla vittoria di Clinton si era verificato il 100% del consenso degli esperti. Peccato che le elezioni si fanno ogni quattro anni! E’ molto più comodo prevedere a distanza di decenni o di secoli: nessuno se lo ricorderà quando le previsioni faranno cilecca.

E con questo, praticamente con un clamoroso nulla di fatto, possiamo archiviare anche la terza giornata della COP22. Mi sa che lo spirito della COP22 sia splendidamente riassunto da una meravigliosa vignetta pubblicata da “Le Figaro” che non posso riprodurre, ma che è visibile qui.

Mi raccomando, non siate pigri, andate a vederla, non si può perdere.

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Published inAttualitàCOP22 - Marrakech

2 Comments

  1. Franco Zavatti

    Caro Donato,
    molti dei lettori di CM lo sapranno, ma forse a qualcuno interessa consultare un paio di sondaggi sull’interesse (negli USA e nel mondo) per i temi climatici. E’ un commento di Lauren R.
    November 10, 2016 at 4:08 pm su WUWT
    https://wattsupwiththat.com/2016/11/10/wuwt-climate-change-briefing-for-president-elect-trump/

    Gallup (U.S.) – Most Important Problem:
    http://www.gallup.com/poll/1675/most-important-problem.aspx

    U.N. (International) – Public Priorities:
    http://data.myworld2015.org/

    su quest’ultimo sito è possibile aggiungere le proprie preferenze e votare.
    Ciao. Franco
    PS: complimenti per i sempre puntuali resoconti. A giudicare dalla vignetta dovresti essere sul punto di accendere il motore per COP23 … Auguri!

  2. alessandro

    era ora che qualcosa turbasse le acque tranquille dove questi pescivendoli usano pescare

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