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OGM e climate change, qualcuno non ha fatto i conti

L’impegno per salvare il pianeta dal clima che cambia e l’avversione per le colture geneticamente modificate sono comuni a molti gruppi di pensiero. Sapendo di provocare potenzialmente un vespaio, perché se c’è qualcosa che fa scattare sulla sedia l’eco-consapevole generico medio più dei dubbi sull’AGW sono proprio gli OGM, mi limito a proporre la lettura di un articolo uscito di recente sul Journal of Environmental Protection, con questo titolo:

Evaluating the Economic and Environmental Impacts of a Global GMO Ban

Si tratta ovviamente di un’indagine sui costi economici e ambientali (nella metrica del climate change) di un’eventuale abolizione a scala globale delle colture OGM. Il risultato è tutt’altro che sorprendente, ma proprio perché lapalissiano, è anche ignorato dai gruppi di pensiero di cui sopra. Ed è presto detto: i prezzi delle materie prime alimentari aumenterebbero, per la gioia di quanti sul pianeta sono più esposti a queste conseguenze, e ci sarebbe un netto aumento delle emissioni di CO2, perché le colture tradizionali rendono di meno e hanno bisogno di più terra.

Se volete un riassunto, andate qui su Science Daily.

Se invece volete leggere tutto il paper andate qui.

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Published inAttualità

6 Comments

  1. Donato b

    Ricollegandomi al commento di L. Mariani non posso fare a meno di sviluppare alcune considerazioni personali.
    Egli scrive: “il 50% dei cereali per fare pane e pasta lo importiamo dall’estero e così il 35% dei mangimi con cui nutriamo gli animali con i cui prodotti realizziamo le nostre “eccellenze” da esportazione (i due grana e i prosciutti di San Daniele e Parma).”
    Io aggiungo che le imprese agricole tendono a diventare meno redditizie, con il brillante risultato di renderle non economiche e, quindi, metterle fuori mercato facendole chiudere. Il prodotto autoctono venuto meno sarà rimpiazzato con maggiori importazioni di prodotto OGM (perché all’estero non sono sciocchi come noi). Il risultato netto può essere così sintetizzato: cornuti e mazziati. Nel senso che paghiamo per importare prodotti OGM che non vogliamo produrre in Italia in quanto ci fregiamo del motto “OGM free”.
    Se qualcuno pensa che stia dicendo sciocchezze, si facesse una camminata in una qualunque stalla italiana e si facesse mostrare il sacco della farina di colza o di soia con cui si alimentano i bovini, i suini e via cantando: potrà accertare che i semi sfarinati sono prodotti all’estero e, particolarmente, in Paesi dove è consentito l’uso di OGM, anzi sono OGM in quanto la norma europea stabilisce che ciò deve risultare dalle etichette se la percentuale di OGM supera lo 0,9%.
    Se non ci si vuole prendere, però, il disturbo, si potrà andare a leggere questo “vecchio” articolo del Corriere della Sera:
    http://www.corriere.it/cronache/10_gennaio_28/sarcina_2dc5e87c-0bd9-11df-bc70-00144f02aabe.shtml
    Lo si troverà molto, ma molto istruttivo, in quanto si capirà che i nostri prestigiosi DOP sono prodotti a partire da prodotti rigorosamente OGM.
    Ciao, Donato.

    • Luigi Mariani

      Caro Donato,
      condivido in tutto quello che scrivi. Da parte mia cerco da anni (seguendo nel mio piccolo le orme di illustri scienziati del mainstream come Umberto Veronesi, Elena Cattaneo e altri) di sdoganare la tecnologia OGM nel nostro paese.
      Purtroppo è come cavare un ragno da un buco per cui i nostri ragionamenti sono del tutto teorici salvo poi trovarci di fronte alle contraddizioni giganti dei mangimi OGM usati nelle nostre stalle o al fatto che, nonostante gli OGM sono usati in alimentazione umana da decenni, non muore nessuno, anche perché i controlli prima dell’immissione sul mercato sono molto più stringenti di quelli adottati nel caso di nove varietà ottenute con metodi tradizionali (es. incrocio e selezione).
      Se il problema centrale degli oppositori a tale tecnologia è quello del trasferimento di geni da una specie all’altra ritenuto innaturale, occorre considerare che ciò avviene in natura dal milioni di anni ad opera ad esempio di batteri (per i vegetali Agrobacterium tumefaciens) o di insetti ematofagi (per gli animali e l’uomo). Peraltro in assenza di tale trasferimento non avremmo il grano tenero (42 cromosomi) e il grano duro (28 cromosomi) che sono specie “aliene” nate fra 6 e 9000 anni orsono dall’incrocio seguito da poliploidizzazione dei frumenti a 14 cromosomi con graminacee infestanti del genere Aegilops (Aegilops speltoides e Aegilops squarrosa). Si tratta di un metodo efficace e del tutto naturale e che ciò nondimeno ha portato da una specie all’altra migliaia di geni di cui non si aveva la più pallida idea di cosa facessero (i nostri progenitori, “bestioni ignoranti” che ignoravano il principio di precauzione, videro spighe più grandi, le raccolsero e se ne nutrirono).
      Nell’ingegneria genetica l’uomo in sostanza imita quanto accade in natura ma anziché trasferire migliaia di geni trasferisce solo quel gene o quei pochi geni che gli sono utili, ad esempio per ottenere prodotti migliori in quantità e qualità (es. il golden rice che a differenzia del normale riso è ricco di provitamina A e dunque evita le avitaminosi che nei bambini che si nutrono solo di riso possono potare alla cecità; vite che resiste alla peronospora ed evita di effettuare trattamenti chimici; mais che resiste a un insetto, la Piralide, e dunque non viene interessato dalle tossine cancerogene prodotte dai funghi che la piralide porta nel mais).
      Peraltro gli stessi metodi usati in medicina umana non destano da anni alcuno scandalo (es: un gene dell’uomo trasferito nel batterio Escherichia coli è oggi universalmente utilizzato per produrre insulina umana, che per i diabetici evita i problemi che davano le insuline estratte dal pancreas di animali).
      Ovviamente questo non esaurisce le obiezioni (estendibili all’infinito se ci mettiamo a parlare delle “perfide multinazionali”) e peraltro il problema non si esaurisce con gli OGM ma secondo i seguaci delle agricolture pre-scientifiche (biologico, biodinamico) si estende a tutte le tecnologie usate in agricoltura (concimazioni, diserbi, insetticidi, fungicidi, ecc.), che secondo i seguaci di tali agricolture sono state qualcosa di disastroso mentre le statistiche FAO ci dicono che hanno portato a nutrire oggi il mondo molto meglio di quanto abbiamo mai fatto in passato.

  2. Luigi Mariani

    Caro Guido, con questo breve scritto hai messo il dito in una delle più rilevanti contraddizioni del movimento salva-pianeta e ciò quella legata al processo d’innovazione tecnologica in agricoltura (e gli OGMsono una delle tanti componenti, non la sola).
    Con l’innovazione infatti hai:
    – cibi più salubri (l’esempio delle tossine cancerogene in mais che in Italia – come ci ha ricordato più volte Umberto Veronesi – non ci facciamo mai mancare grazie al rifiuto preconcetto della tecnologia OGM BT su mais)
    – cibi meno costosi (si produce di più e con costi di produzione più bassi: se con un frumento allo stato dell’arte produci 80 quintali di granella per ettaro e con un frumento “antico” ne produci 30, secondo voi quale sarà il costo della pasta derivante dall’uno e dall’altro?)
    – minori emissioni per unità di prodotto (es: per produrre 1 litro di late con tecnologie del 1940 negli Usa si emettono 3 kg di Co2 contro gli 1 kg per litro prodotto con tecnologie di oggi)
    – meno terre sottratte alla prateria e al bosco (dal 1900 ad oggi la produzione delle grandi colture grazie all’innovazione è sestuplicata. Se ciò non fosse avvenuto avremmo dovuto impiegare 6 volte la terra coltivata che oggi usiamo, con effetti ambientali che possiamo solo immaginare).
    Nonostante tali evidenze su cui abbiamo una letteratura scientifica sterminata, la moda vuole agricolture medioevali a produttività bassissima (biologico, biodinamico) , pesantemente finanziate con denaro pubblico, che non producono necessariamente cibi più salubri ma che sicuramente però producono cibi molto più costosi.
    E a questa innovazione che vogliamo? E’ questa l’attenzione alle esigenze delle classi popolari che manifestano alcuni sedicenti “progressisti” che non sanno distinguere “un ramo da una foglia” e che la i grassi borghesi di città stanno ad ascoltare come si ascoltano tanti nuovi profeti (penso a Vandana Shiva, Petrini, il ministro Martina, ecc.) ?
    Noi italiani pagheremo molto caro l’oscurantismo di questi anni e anzi lo stiamo già pagando:
    1. la produzione del mais in Italia secondo i dati ISTAT non sale più da oltre 20 anni (fino a 40 anni orsono le rese unitarie in italia erano molto più elevate che negli Usa; oggi siamo sotto.). Colpa del cambiamento climatico diranno i seguaci del “politically correct”. Colpa delle tecnologie lesinate, dico io.
    2. il 50% dei cereali per fare pane e pasta lo importiamo dall’estero e così il 35% dei mangimi con cui nutriamo gli animali con i cui prodotti realizziamo le nostre “eccellenze” da esportazione (i due grana e i prosciutti di San Daniele e Parma).
    Goodbye Italia, goodbye Europa: continuiamo a tenere la testa sotto la sabbia e vedrete che andremo lontani.

    • alessandro

      Signor Mariani, mi piacerebbe replicare ad ogni suo punto e dimostrarle che la soluzione ai problemi che lei cita non sono per niente ricollegabili al non utilizzo di OGM ma non lo farò, per il semplice motivo che questo argomento è assai complesso e di certo non si può esaminare attraverso qualche botta e risposta via internet.
      Mi limito a dirle che non essere d’accordo con la diffusione degli OGM non è per niente una posizione da ambientalista sempliciotto e di non fare lo stesso errore dei tifosi dell’ambiente riducendo tutto a una soluzione assai semplicistica come quella che sembra proporre.

      Saluti

    • Luigi Mariani

      Gentile Alessandro,
      la mia non è soluzione semplicistica ma è semplicemente la proposta di applicare l’insieme dei metodi (genetica e tecniche colturali)che rivoluzione verde ha messo a disposizione negli ultimi 100 anni e che ci hanno portato a nutrire il mondo assai meglio in quantità e qualità di quanto si sia mai fatto in passato. Essendo agronomo, avendo insegnato per molti anni agronomia oltre che agrometeorologia e avendo altresì sott’occhio le statistiche FAO mi sento sicuro di quello che dico.
      Tenga peraltro conto che nell’agricoltura italiana, oltre all’oscurantismo che attanaglia la nostra società, c’è un altro enorme problema che è quello della dimensione aziendale che la rende non competitiva (e questo spiega molte cose circa le performance del sistema e la necessità di sussidi pubblici): con una superficie media aziendale di 7 ettari non si può fare agricoltura a un buon livello. Compito dei governi dovrebbe essere quello di favorire l’aggregazione fondiaria e l’afflusso di capitali e non mi pare che lo stiamo facendo, mentre gli slogan che va per la maggiore da noi sono “piccolo è bello”, “grandi eccellenze” e quant’altro.

    • Alessandro(Foiano)

      Secondo me l’oscurantismo fa sì che gli speculatori all’estero si arricchiascano con i soldi dei consumatori. L’OGM brutto e cattivo che toglie all’industria una bella fetta di ciechi consumatori borghesi di città è l’ennesima fake news che ci ricorda come si possa guidare i consumi instillando paura nella popolazione. La popolazione non deve sapere che col mais OGM si produce di più e mais più salutare. Quando finirà questo analfabetismo funzionale italiano?
      Chissà cosa succederebbe se tutte le piccole aziende potessero acquistare seme di mais OGM:
      le piccole aziende guadagnerebbero e sarebbero indipendenti dall’acquistarne per dare da mangiare agli allevamenti. I benefici di questo surplus di produzione da mais andrebbe ad abbassare i consumi del mais estero voluto dagli ignoranti borghesi di città che purtroppo sono la maggioranza della popolazione.
      L’urbanizzazione ha creato persone che vivono in “grandi alveari (città)” un mondo tutto loro, oscurato, in pratica un “allevamento umano” che soddisfi il consumismo dilagante di speculatori senza scrupoli.

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