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E’ triste, molto triste, ma chi la fa l’aspetti

E’ notizia di questi giorni che il transition team del neoeletto presidente americano abbia chiesto al DOE (dipartimento dell’energia) di venire a conoscenza dei nomi degli impiegati o funzionari che, a vario titolo, abbiano partecipato alle sessioni dei negoziati climatici (COP e meeting ONU vari) degli ultimi cinque anni. Non so se la lista dei quesiti (pare fossero 74) contenesse anche le spiegazioni, ma è facile immaginare che, trattandosi di pubblici funzionari, chi sta preparando il terreno per subentrare voglia sapere con chi avrà a che fare, dato che è noto che Trump ha delle idee abbastanza diverse da quelle del suo predecessore in materia di emergenza climatica.

Questo comunque non va bene, perché genera un clima da caccia alle streghe, sebbene qualcuno potrebbe obbiettare che, proprio in qualità di pubblici funzionari, sarebbe opportuno evitare di cadere nell’attivismo, a prescindere dalla causa per cui ci si “attiva”.

Il DOE, per questa e per diverse altre buone ragioni, ha ufficialmente risposto picche rifiutando di far nomi. Inutile dire che si sono levate subito alte le voci scandalizzate di tutti i duri e puri del clima, alcuni dei quali, tra l’altro, sono da qualche giorno impegnati in una paranoica campagna mediatica per, secondo loro, chiamare tutti quanti possono a “mettere al sicuro” i dati climatici prima che intervenga la scure di Trump. Non è ben chiaro cos’è che dovrebbe essere messo al sicuro, dal momento che i dati sono condivisi e sparsi su tutto il pianeta. Se quel che si vuole salvaguardare dovessero per esempio essere gli spesso imperscrutabili “massaggi” cui le serie storiche sono state sottoposte, ovvero i codici con cui vengono trattati i dateset, il peggio che può accadere è che si rivelino corretti e coerenti ad un esame non proprio benevolo. Ne saremmo tutti più sollevati.

Comunque, tornando alla “caccia alle streghe”, direi sia condivisibile quello che si chiede l’autore di questo post uscito su BloombergView e cioè: dov’erano i difensori della libertà di pensiero e di opinione, quindi di azione, quando vari procuratori generali (che negli USA sono funzionari pubblici eletti) mettevano sotto accusa l’altra parte della barricata perché “colpevole” di avere idee diverse da loro e da quelle del loro mandante politico in materia di clima che cambia? In quel caso, se qualche voce si è levata, lo ha fatto per dire che facevano bene, perché la causa climatica è troppo importante e si può anche derogare alle regole di libertà di opinione e di espressione.

Ecco, il punto è che ci sarà sempre qualcuno (c’è sempre stato in effetti) pronto a far valere il principio per cui certe idee sono più idee di altre, è per questo che esistono le regole, sarebbe opportuno ricordarsene sempre.

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Published inAttualità

7 Comments

  1. Francesco Maria Tontini

    Ben dici, o Guido, ricordo che si invocava l’equivalente americano della nostra Antimafia per perseguire l’evidente malafede dei negatori del Global Warming, Climate Change o come diavolo lo chiamano adesso.
    Comunque pensavo che l’utilizzo politico delle magistrature fosse made in italy, mal comune…
    Buon Natale!

  2. virgilio

    Quando si ha a che fare con questioni religiose è sempre così, si finisce con perseguitati e persecutori che poi s’alternano fra loro, e questa del clima, come osservai altre volte, è questione, forse fin dall’inizio, non scientifica e trattata come quel che normalmente studia la scienza, ma questione religiosa o ideologica (che sono affini). In questi anni abbiamo assistito alla fondazione d’una nuova dottrina a favore o a sfavore della quale si schierano esponenti del potere politico globale. Dopo Cristianesimo, Marxismo, Fascismo, Islamismo… abbiamo infine Ambientalismo climatologico. Anche in questo caso purtroppo c’è il rischio di degenerazioni violente e di scontri fra popoli e all’interno di essi.

  3. mr

    Temo che Trump debba stare molto attento alla propria salute.

    MR

  4. Filippo Turturici

    Basta vedere il clima isterico che si è impadronito dell’amministrazione democratica uscente, ora che nel breve periodo dal 2017 avremo presidenza, congresso, senato e gran parte dei governatori e delle legislature statali repubblicane. Non dico che sia tutto male quel che fanno i democratici, ma non si può farlo all’ultimo minuto con provvedimenti a rischio di sonora bocciatura entro un paio di mesi, e con lo spirito di bruciarsi i ponti alle spalle. Faccio un esempio: le trivellazioni petrolifere nell’Artico. Io dico, benissimo vietarle come vuole Obama, dato che sono altamente inquinanti in loco (e non certo per la CO2 emessa…) e che gli USA con lo shale oil non ne hanno bisogno. Ma è un provvedimento di pura propaganda perché:

    – finché il barile non torna verso i 100$ (e non lo farà per diversi anni, e comunque ci sarà anche l’inflazione) le stesse major petrolifere hanno scarso interesse ad intraprendere trivellazioni così incerte e costose come nell’Artico o in mare aperto (deep water);

    – Obama ha avuto 8 anni per fare provvedimenti simili, ed ora li fa last minute, solo per farli bocciare a breve e poter far gridare ai repubblicani brutti, sporchi e cattivi (sic).

    Sono trucchetti di bassa politica, (in)degna fine degli 8 anni della (forse) peggiore presidenza americana di tutti i tempi.

  5. Franco Zavatti

    Guido, forse vogliono salvare
    http://www.zafzaf.it/clima/noaa/AM01.gif
    in cui la pendenza tra aprile e maggio 2015 (Karl?) raddoppia nelle temperature globali NOAA, considerate da gennaio 2001 ad ottobre 2016.
    Hanno ragione: le salvo anch’io da novembre 2011, tutti i mesi, anche se forse non per lo stesso motivo … 🙂
    Franco

  6. Luigi Mariani

    Caro Guido,
    la banderuola del clima che cambia, un pò come i vestiti nuovi dell’imperatore della fiaba di Andersen, ha lo sgradevole effetto di evidenziare alcuni fra gli aspetti più spregevoli dell’umanità. Tali aspetti sono poi quelli che Dante mise in luce parlandoci degli ignavi, il che ci dice che non vi è nulla di nuovo sotto il sole…. Peraltro senza scomodare le storie americane basta guardare alla vicenda di Philippe Verdier in Francia…
    Luigi

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