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In Difesa dei Cacciatori

A testimonianza della libertà di parola e di opinione che contraddistingue questo Blog, mi permetto di fare il controcanto all’Editore con riferimento alla caccia alle streghe di cui si parla nell’articolo pubblicato ieri (Climatemonitor 2016a), senza aspettarmi di essere messo alla porta per questo. Anche perché in vicinanza del Santo Natale, conto sul fatto che siano tutti più buoni.

Impegno, quello della bontà natalizia, dal quale mi sento personalmente e intellettualmente esentato quest’anno. Vuoi per le frustrazioni accumulate in tanti anni di clima-terrorismo, vuoi per l’atmosfera plumbea che sembra segnare queste festività. Intrise dell’ipocrisia dei Migliori che proprio in questi giorni si esercitano in spericolate esegesi a difesa dei criminali e in attacchi spudorati ai pochi simboli religiosi del Natale che ci permettiamo ancora il lusso di concederci. Non mi sento per niente buono e in vena di perdonismi, in questi giorni in cui il politicamente corretto sacrifica quel poco che resta di una festività religiosa sull’altare pagano di un sincretismo sciocco, ignorante e autolesionista.

Cosa c’entra questo con il clima? C’entra, eccome: perché sono gli stessi sacerdoti del Natale senza presepi e degli equilibrismi giustificazionisti della peggiore feccia umana, che oggi si scagliano a difesa degli alti principi della scienza libera e apoliticizzata. E da quando? Da quando i loro minions sono finiti, inopinatamente, sotto la lente di ingrandimento di un barbaro esterno al sistema di allegre manipolazioni dei dati climatici, di ostracismo dei dissidenti, di paper sottoposti a peer review all’acqua di rose, di familiarità con i media asserviti alla causa, e di eventi mondani annuali in cui si proclama la “fine del mondo salvo che”.

  • Ma dov’erano, questi campioni del libero pensiero, quando i dissidenti venivano irrisi, insultati, ostracizzati, tacciati di “negazionismo” come dei volgari criminali? Inseriti nei poster segnaletici come dei ricercati (Climatemonitor 2016b). Aggrediti come dei pentiti di camorra per essersi lievemente allontanati dalle posizioni del mainstream (Climatemonitor 2016c). Privati di fondi e sponsorizzazioni per le loro ricerche scomode o accusati di collaborazionismo al soldo delle solite majors. E infine, una volta passati a miglior vita (è il caso di dirlo), fatti oggetto di scherno e dichiarazioni di giubilo (Guardian 2009)? Facevano spallucce, i campioni del libero pensiero.
  • E dov’erano, i mecenati della scienza, quando i cable di wilikeaks sbugiardavano i taroccatori di dati a un tanto al chilo (Telegraph 2009)? Piagnucolavano, i mecenati, perché i loro minions sostenevano di meditare il suicidio dopo l’imbarazzante pubblicazione delle loro scandalose email (Telegraph 2010).
  • E dov’erano, i paladini della libertà, quando di fronte alla rogatoria del Senato americano i liberi, anzi, liberal scienziati dell’IPCC si sono rifiutati di consegnare le loro email in merito al famigerato paper di Karl et al. 2015 (Climatemonitor 2016d) nascondendosi dietro risibili questioni di confidenzialità? Li difendevano a spada tratta, chiedendogli di non assecondare la rogatoria in questione. Come se ci fosse qualcosa da nascondere, in una ricerca scientifica fatta onestamente, e rigorosamente.
  • E dov’erano, gli occhiuti censori delle “fake news”, quando la panzana crassa, spudorata e ridicola del consensus al 97% veniva spiattellata e rimbalzata milioni di volte a convincere le masse che il disastro climatico fosse verità acclarata e non suscettibile di alcun challenge accademico (Forbes 2015, Forbes 2016)? Se la coccolavano, la loro preziosa “fake news”, ché false e odiose sono solo le tesi dei nemici, oggetto di un fact-checking molto speciale, perché affidato agli inquisitori della casa.
  • E dov’erano, i pasdaran della libertà di parola e di pensiero, quando il meteorologo francese Philippe Verdier veniva licenziato in tronco dalla TV di Stato  per aver pubblicato un libro in cui esprimeva posizioni scettiche in fatto di deriva catastrofica del clima, per giunta durante la fatidica COP21 di Parigi, negli intendimenti transalpini la Norimberga del negazionismo climatico (Climatemonitor 2015)? Se ne infischiavano, perché c’era una causa molto più urgente, a cui pensare.

Si potrebbe continuare all’infinito ma mi fermo qui, per sfinimento personale più che per mancanza di argomenti. Una cosa è certa: niente di male, a mio parere, nel fatto che si chiedano nomi e cognomi di chi ha lavorato in questi anni alla causa del clima che cambia e cambia male. Se hanno fatto il loro lavoro onestamente e in modo scientificamente rigoroso, come sostengono, non hanno nulla da temere. In caso contrario, fanno bene a preoccuparsi, perché uno scienziato che si mette al servizio di una causa politica, e nel nome di quella causa si fa beffe dei fondamenti del metodo e dell’etica scientifica, non è degno di esercitare la professione, ed è giusto che si trovi un altro lavoro, magari più onesto.

E nessuno si scandalizzi del fatto che siano Trump & Friends a fare i revisori oggi. Non credo che faranno peggio di chi ha accettato di pubblicare lo studio di Karl et al. 2015, per esempio. Il problema, infatti, è alla radice: ché se si abdica al dovere di sottoporre certi articoli ad una peer review seria, obbiettiva, ed estranea a logiche di parrocchia, non ci si deve stupire del fatto che chi viene dopo si serva degli stessi metodi, magari animato da intenti opposti.

E allora lunga vita ai cacciatori, che di streghe da cacciare ce ne sono tante da quella parte, mentre dall’altra non è rimasta neppure legna da ardere, tale e tanta è stata la furia incendiaria dei Migliori. E visto che la religione cattolica non va molto di moda tra i Salvamondo in questione, non ci si preoccupi di porgere l’altra guancia. Meglio rispondere nell’unico modo che i Migliori conoscono, praticano e idolatrano, quello laico: con una salva di schiaffoni.

Adesso tocca a loro, e l’arretrato è lungo.

 

Buon Santo Natale a tutti.

 

 

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Published inAttualità

11 Comments

  1. Complimenti a Ebenezer Scrooge alias Lupicino! Nelle sue parole si coglie in pieno lo spirito cristiano del Natale.

    Si goda lo sguardo delle montagne senza neve , la foto di Capitan America-Trump e se ne faccia una ragione: non c’è nessun complotto. Ma la prego di continuare così, mi piace rileggerLa quando sono triste.
    Buon Natale, se riesce ancora a capire il significato di questa frase.

  2. gian marco

    Sottoscrivo in pieno.
    E poi, basterebbe diffondere il motore ibrido per ridurre gli inquinanti
    Il resto è fuffa/truffa.
    Complimennti e auguri a tutti!

  3. Francesco Marangi

    Sottoscrivo Lupicino parola per parola

  4. mr

    A parziale integrazione di quanto sopra vorrei ricordare anche questi:
    – I “Pasdaran” ecofascisti https://www.youtube.com/watch?v=G34mLtC_4sk
    – E questo esimio studioso, Peter Gleick e il suo capolavoro dimenticato dal mainstream-97%consensus, il Fakegate.
    https://wattsupwiththat.com/category/fakegate/

    Dopo aver commesso il fatto, il cialtrone in lacrime di coccodrillo promise di sparire, ma va da sé che non lo fece che per pochi minuti.
    Oggi è stimato conferenziere e consigliere governativo

    mr

  5. Diego

    Su un piatto della bilancia, un elenco di fattoidi:
    • un poster esposto a Parigi da non meglio precisati “attivisti” (le risulta che qualcuno dei personaggi ritratti sul poster abbia ricevuto minacce?)
    • una serie di critiche, condivisibili o meno, alle posizioni di un quartetto di scienziati che si sono spesi a favore del nucleare: non mi pare che Hansen o qualcuno degli altriautori dello studio sia stato costretto a dimettersi…
    • l’ennesimo riciclo di una storia vecchia di anni su cui 9 (leggere bene: 9) commissioni di inchiesta indipendenti si sono pronunciate dichiarando che non c’è stata nessuna truffa, i dati non sono stati truccati, le mail sono state decontestualizzate e strumentalizzate;
    • sulle mail della NOOA: non le hanno consegnate a Smith, e hanno fatto bene. I dati sono pubblici, quelli chiunque li può vedere, gli scambi personali no. Come si sentirebbe se una commissione governativa le chiedesse di rendere pubblici i suoi scambi di mail?
    • Il 97%: probabile che in realtà la percentuale sia anche più alta. In ogni caso, questi sono altri studi sul consenso: Oreskes 2004, 100%; Doran 2009, 97%; Anderegg 2010, 97%; Cook 2013, 97%; Verheggen 2014, 91%; Stenhouse 2014, 93%; Carlton 2015, 97%. Come mai nessuno li menziona mai?
    • Karl 2015: lo studio è solido, anche gli ultimi dati lo confermano. Dove sono le prove della falsificazione? È un’accusa pesante, va sostenuta in modo inoppugnabile, non basta qualche post su qualche blog.

    Sull’altro piatto della bilancia: fatti. Per 8 anni, dal 2000 al 2008, l’amministrazione statunitense ha interferito con la ricerca scientifica (non solo quella sul clima). Cito a caso, con un elenco parziale e incompleto, qui si che si potrebbe andare avanti a lungo: si può partire con i divieti imposti agli scienziati di parlare con i media, per farlo serviva un’apposita autorizzazione (Hansen è stato preso di mira con particolare accanimento); Philip Cooney (avvocato che per 15 anni ha lavorato per l’American Petroleum Institute) e il suo staff al CEQ, che riscrivevano i rapporti dell’EPA enfatizzando le incertezze; il senatore Inhofe, che oltre a presentare una palla di neve come prova dell’inesistenza del riscaldamento globale, si è speso in tutti modi possibili per intralciare la ricerca sul clima citando a sostegno delle proprie tesi anche Stato di paura di Crichton; Barton e Whitfield, a capo di una commissione che interferito con il lavoro del team dell’hockey stick (studio confermato innumerevoli volte, peraltro); ancora Barton e il famigerato Wegman Report, tanto rumore per nulla; il procuratore Cuccinelli…
    E oggi: basta Rex Tillerson per chiudere qualunque discorso e dare ragione a chi sostiene che gli Stati Uniti sono a un passo dal trasformarsi in una plutocrazia petrolifera. E non dubiti: faranno peggio, molto peggio di chiunque li abbia preceduti.
    Per una volta, sono d’accordo con Guidi. Proteggere la ricerca scientifica e la libertà di fare scienza dagli interessi di parte è fondamentale per il buon funzionamento dei sistemi democratici, compreso quello in cui noi, io e lei, viviamo. Non scherziamo.

    • Massimo Lupicino

      Caro Diego, questione di opinioni come al solito. Io ad esempio sui tuoi piatti della bilancia vedo i soliti esercizi lessicali e filologici con cui si cerca di giustificare il solito punto di vista, a posteriori. Quanto all’uso del termine “fattoide” e’ uno dei cavalli di battaglia dei fact checkers della casa: quelli che diedero del falsario a Trump per aver accusato Clinton di aver ripulito i suoi PC con l’acido. Era un fattoide, perche’ il software che Clinton aveva usato si chiamava “candeggina”. Questo rende piu’ accettabile la definizione stessa di fattoide per quanto mi riguarda.
      Quanto ai punti sollevati, che meriterebbero altro spazio che non una sezione di commenti, mi limito a sottolineare alcuni aspetti a mio parere importanti:
      – Consensus: penso che quei dati non vengano citati per una semplice questione di pudore. Parlare di 100% di consensus e’ qualcosa che fa a pugni con la definizione stessa di scienza, o di ricerca. Specie se si considera che teorie considerate ormai inattaccabili (o quasi) come quella evoluzionistica non arrivano a vantare la totalita’ assoluta del consenso. Figuriamoci un qualcosa in cui non si riesce a mettersi d’accordo su nulla: dai dataset del passato (continuamente massaggiati) a quelli presenti (satelliti vs. stazioni, per esempio) alla forzante antropica vs. naturale o persino al fatto che il riscaldamento stesso abbia conseguenze negative prevalenti sulle positive. Comunque sia, il trucco, come al solito, sta nello scegliere nel modo giusto il campione ‘rappresentativo’.
      – Karl et. al: non ho usato il termine “falso” per l’articolo in questione: l’hai fatto tu. E non l’ho usato per la stesso motivo per cui non si puo’ dire che sia “vero”. Si puo’ solo dire che e’ metodologicamente corretto, forse. E qui i dubbi sono tanti, come per esempio descritto in modo magistrale da Donato in tempi non sospetti, quando Karl ancora non aveva pensato di sistemare lo Hiatus a secchiate: http://www.climatemonitor.it/?p=28190. Bisogna intendersi una buona volta: tanti studi del passato sono stati “corretti” metodologicamente, e pur in tale presunta correttezza hanno sfornato modelli di simulazione climatica che in massima parte si sono rivelati comicamente fallaci. Karl si spinge oltre: sottopone (nella migliore tradizione IPCC) i dati del passato ad una re-interpretazione sulla falsariga della questione del campionamento delle acque marine con secchi di legno, secchi isolati piuttosto che per rilevazione diretta. Un esercizio che ha margini di errore altissimi in se’, come spiegato da Donato. Un esercizio che andando a manipolare dati del passato non puo’ neanche essere soggetto a quella rettifica (vogliamo chiamarlo sputtanamento?) che ha messo alla berlina studi metodologicamente ineccepibili in partenza ma alla prova dei fatti (ovvero dei dati reali di qualche anno dopo) rivelatisi per quello che erano: immondizia. Di questa immondizia modellistica sono piene le fosse degli ultimi 30 anni. A volerla mettere sul filosofico, i dati reali sono quelli campionati, punto. L’esercizio manipolatorio a babbo morto, pur metedologicamente corretto (forse), si presta ad abusi di ogni genere, sotto la forma delle assunzioni a monte dello studio stesso. La cosa particolarmente grave e’ che qualcuno ha preteso di mettere fine a 20 anni di discussioni sullo hiatus con uno studio accomodato in prossimita della COP21 basato su una serie di assunzioni per lo meno discutibili. Perche’ se Karl avesse ragione, allora bisognerebbe spiegare che i millemila tentativi di interpretazione dello hiatus sotto la forma di centinaia di paper pubblicati in diversi lustri allora sono solo immondizia, la dimostrazione ultima dell’inutilita’ stessa, di certa ‘ricerca’ climatologica. Certo, Karl poteva pensarci prima, a reinterpretare un dataset di dati planetari multidecennale sulla base di alcune assunzioni su secchi di legno e secchi isolati. Del resto la materia era nota. Non l’aveva fatto per un semplice motivo: perche’ pensava non servisse.
      – Rex vs. Hillary. Io non so se Rex Tillerson fara’ meglio della predecessora. Schemi pay-for-play, fondazioni familiari opache finanziate anche da fondi sovrani di stati-canaglia, disastro libico, disastro siriano, disastro egiziano, disastro yemenita, guerra in ucraina, sanzioni alla russia, nuova guerra fredda, terrorismo scatenato, medio oriente allo sbando…Forse non fara’ meglio, ma in tutta onesta’ mi pare francamente difficile fare peggio.

  6. Maurizio Zuccherini

    Condivido ogni parola, e condivido anche l’amarezza e la rabbia di fondo presente nell’articolo, augurandomi che col nuovo anno qualcosa cambi e ……che gli schiaffoni comincino ad arrivare davvero…..sono tanti quelli che li meritano

  7. Mauro

    Leggo sul quotidiano “La Stampa” che anche Luca Mercalli è preoccupato per i tagli dei fondi alla “scienza” del riscaldamento globale della nuova amministrazione Trump. Tutto a favore dei “negazionisti” dice.
    Trovo scandaloso che due volte a settimana gli sia permesso di pubblicare sul quotidiano il pistolotto sulla pseudo-teoria del riscaldamento globale accusando tutti quelli che non la pensano come lui di non fare scienza.

    Auguri di Buone Feste
    Mauro

    • Massimo Lupicino

      Mauro, ma tu leggi ancora La Stampa? Il mare e’ pieno di pesci… 😉

  8. Giuliano

    Splendido articolo. Grazie per averlo scritto. Questo sito puo’ solo essere scritto e letto da soli Italiani, quelli veri, con la I maiuscola.
    Buon Natale e felici Festivita’ a tutti Voi.
    P.S. Concordo molto favorevolmente con l’idea degli schiaffoni……

  9. stefano piccinini

    Applausi

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